Intelligenza artificiale

L’IA contro la corruzione? Una bella idea con qualche problema



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L’Italia ha un rapporto complicato con lapercezione del cittadino nei confronti dell’amministrazione pubblica. Ma nel decennio 2012-2022, il Paese si è mosso verso un percorso virtuoso. Ecco come l’IA può aiutare la lotta alla corruzione, risparmiando risorse e velocizzando i processi

Pubblicato il 17 ago 2023

Lorenzo Quadrini

Legal Counsel – Privacy presso Aris



IA e lotta alla corruzione

Il Codice dell’Amministrazione Digitale italiano ha istituito la Piattaforma digitale nazionale dati (PDND), ufficialmente attiva da meno di un anno.

La piattaforma, prevista all’articolo 50-ter, nasce con l’intento di creare un ambiente virtuale di scambio e interoperatività dei dati della PA, al fine di permettere l’utilizzo e l’implementazione di sistemi di analisi ed elaborazione basati sui big data. Per molti analisti, si tratta di un primo passo, necessario per aprire la strada all’utilizzo di sistemi tecnologici sempre più avanzati, tra i quali l’intelligenza artificiale.

Ecco come l’IA può aiutare la lotta alla corruzione, scoprendo quali vantaggi offre e quali rischi si corrono.

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L’intelligenza artificiale nella PA

Si tratta di una tecnologia già adottata dalle nostre pubbliche amministrazioni,
pur non ancora nei termini quasi “fantascientifici” con i quali viene dipinta molto spesso l’intelligenza artificiale all’interno dei discorsi e della cronaca generalista. Ad oggi, infatti, molte PA si sono dotate di strumenti chatbot (tra cui il comune di Siena, che permette al suo chatbox “Caterina” di fornire direttamente i certificati anagrafici agli utenti), nonché di implementazioni più votate al back-end (come per esempio il protocollo automatico di smistamento delle istanze PEC sviluppato da INPS).

Spingendo un poco più in là lo sguardo verso le possibili evoluzioni della IA nel campo
della PA, esiste già oggi un vivace dibattito dottrinale sull’applicazione della stessa
all’interno del controllo e della lotta alla corruzione nelle pubbliche amministrazioni
.

IA e lotta alla corruzione: il fenomeno in cifre

L’Italia ha un rapporto complicato con la lotta alla corruzione ed in generale con la
percezione del cittadino nei confronti dell’amministrazione pubblica.

Nel corso del tempo sono state introdotte numerose norme, tutte nell’ottica dell’eradicazione del fenomeno corruttivo, con un focus particolare incentrato sulla prevenzione e sui codici di condotta.
Nel decennio 2012-2022, il Paese si è mosso verso un percorso virtuoso, tanto da migliorare di 14 punti nell’indice di percezione della corruzione di Transparency International. La media europea però (66 punti) è ancora distante dai nostri 56 punti, a tutto il 2022.

L’introduzione di un sistema che possa aiutare gli operatori ad intervenire e prevenire il
fenomeno corruttivo risulta quindi più che attuale.

Come si applica l’IA in questo campo

Un primo elemento di discussione è la tipologia di IA utilizzabile. Suddividendo, con grande approssimazione, i sistemi di IA in due categorie possiamo distinguerli in artificial general intelligence (AGI) e artificial narrow intelligence (ANI). La prima, definita anche “forte”, rappresenta la capacità dell’elaboratore di completare compiti intellettuali allo stesso livello di un essere umano. Il grado di elaborazione di una AGI dovrebbe poter arrivare alla capacità di acquisire, analizzare, processare e riadattare le informazioni, con il fine ultimo di raggiungere l’obiettivo attraverso procedure non schematiche ma se vogliamo quasi cognitive (tant’è che per parte della comunità scientifica il termine AGI sarebbe da usare solo ed esclusivamente per le IA dotate di capacità senziente).

Le capacità di una ANI al contrario, si limitano all’esecuzione ottimale – anzi, perfetta – di un singolo compito o comunque di un insieme di compiti che non richiedano elaborazioni cognitive. Un classico esempio di intelligenze “deboli” (è così che vengono chiamate le ANI in italiano) sono tutti i device di domotica vocale, come Siri o Alexa o l’assistente vocale di Google.

Chiaramente una IA forte potrebbe supportare elaborazioni complesse di compiti e di
analisi dei dati, ma è anche vero che in un contesto come quello della prevenzione alla
corruzion
e, ossia un contesto dove vengono vagliati i comportamenti di operatori umani, affidare delle task ad una IA che non abbia processi trasparenti e chiari potrebbe risultare dannoso più che proficuo. Al contrario, l’utilizzo di intelligenze “deboli” potrebbe comportare grossi vantaggi in termini di risparmio di risorse e velocizzazione dei processi.
Bisogna infatti ricordare che una ANI, pur se definita “debole” non è caratterizzata da
scarsa efficienza, tutt’altro. Semplicemente si tratta di IA che non intervengono attraverso elaborazione autonoma o cognitiva, applicando regole e modelli prestabiliti pur essendo caratterizzati da grandissima precisione ed elevata percentuale di successo.

L’IA nel contrasto alla corruzione della PA

Un primo passo consiste nel machine learning e nella possibilità di elaborare i big data, nell’ottica di velocizzare le procedure di analisi ed integrazione dei dati. Il registro dei Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), per esempio, si presterebbe benissimo a un’applicazione dell’intelligenza artificiale basata sul machine learning e sul rapido reperimento dei dati.

Analisi dei big data e strumenti di controllo predittivo e statistico

In maniera analoga, ma con un’ottica predittiva, si potrebbe sposare lo stesso concetto anche per lo studio e l’analisi degli indicatori di monitoraggio e dei key risk indicators. Si tratta di una raccolta di dati che vengono utilizzati per capire e prospettare il profilo di rischio all’interno dei processi adottati dalle PA. Un sistema di machine learning, sulla base di questi dati, potrebbe analizzare i comportamenti e gli indicatori messi a fattor comune per ogni processo registrato, restituendo un’analisi predittiva molto accurata in merito ai rischi concreti della singola attività esaminata.

In tutti questi casi si parla di analisi dei big data e di strumenti di controllo predittivo e statistico dei rischi legati a determinati processi e comportamenti elaborati dalla IA. Tuttavia l’intero processo di gestione del rischio e di lotta alla corruzione passa poi per le fasi di “analisi del contesto” e “valutazione del rischio”, all’interno delle quali il nostro sistema legislativo ha introdotto tutta una serie di norme e codici di comportamento e che non possono che essere vagliate dall’operatore umano. Per due motivi:

  • il primo, quasi lapalissiano, è la capacità ad oggi esclusiva dell’uomo di poter giudicare e contestualizzare i profondi e complessi meccanismi sociali alla base di quei processi interni alla PA in grado di comportare rischi in merito alla corruzione o alla mancanza di trasparenza;
  • il secondo è la necessità di dover affidare, eventualmente, tale compito ad una intelligenza artificiale “forte”, quindi cognitiva e perciò essa stessa foriera di ragionamenti e deduzioni non sempre facilmente rappresentabili nell’ottica della trasparenza (anche) dei processi di lotta alla corruzione.

Applicazioni negli appalti pubblici

Il machine learning ha buona predisposizione allo sviluppo di indici red flag (ovvero gli indici composti da una o più variabili che concorrono ad identificare l’esistenza di del rischio di corruzione) predittivi, soprattutto negli appalti pubblici. Il settore è fortemente soggetto ai fenomeni corruttivi. Ma è anche facilmente analizzabile in virtù della struttura piuttosto schematica dei processi di adozione.

Infine, l’intelligenza artificiale ben potrebbe sposarsi con tutte le fattispecie collegate all’analisi dei dati ed all’incrocio degli stessi sulla base di parametri preimpostati. Giusto per esemplificare:

  • controllo dei costi inerenti alle spese della PA;
  • raffronto della veridicità degli stessi;
  • sistema di filtraggio;
  • applicazione a bandi e gare d’appalto automatizzato;
  • analisi dei big data;
  • prevenzione dei casi di corruzione attraverso studi predittivi;
  • molto altro ancora.

Conclusioni

Questi processi non si possono affidare esclusivamente e pedissequamente alla sola intelligenza artificiale. A prescindere dal grado di evoluzione e dalla capacità elaborativa raggiunta dalla IA, infatti, bisogna tenere a mente che i processi di prevenzione, predizione e lotta alla corruzione coinvolgono in maniera diretta gli operatori umani, che siano dipendenti della PA o utenti.

Un algoritmo, pur nella migliore intenzione di chi lo sviluppa ed applica, può instaurare
processi tanto trasparenti ed equi sulla carta, quanto stereotipati e discriminatori nella pratica
(soprattutto in tema di profilazione).

Anche l’adozione di calcoli e processi decisori, se mal gestita, può comportare risultati sperequati ed ingiusti. Infine, non bisogna sottovalutare il problema non secondario del rispetto della privacy e del mantenimento degli standard imposti dal GDPR e dalle normative sul trattamento dei dati europee, problema non affrontabile in questa sede ma rilevante nella stesura dei pro e dei contro dell’utilizzo delle IA all’interno dei processi anticorruzione della PA.

Auspicando un utilizzo delle IA all’interno delle elaborazione dei dati delle pubbliche
amministrazioni, nel cui ambito l’aiuto di una intelligenza artificiale potrebbe ridurre i
costi e diminuire le sacche di inefficienza, rimane, però, il monito circa un’adozione armonica che tenga conto di tutte quelle istanze: trasparenza, uguaglianza, non discriminazione e rispetto dei principi costituzionali, adottabile solo con uno sforzo congiunto degli operatori umani.

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