Il 4 aprile è stata depositata la prima sentenza di Cassazione, datata al giorno prima, che recepisce i principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite della Corte sull’acquisizione dei messaggi Whatsapp nel contesto del procedimento penale. Una sentenza interessante perché, pur pronunciandosi in materia cautelare, approfondisce il tema dell’acquisizione dei messaggi criptati da server esteri dopo l’informazione provvisoria delle Sezioni unite del 29 febbraio 2024. Vediamo cosa è cambiato e perché.
Acquisizione messaggi criptati da server esteri: la sentenza
La Prima sezione penale della Cassazione ha annullato un’ordinanza cautelare confermata dal Tribunale del riesame di Bari per l’erronea procedura adottata nell’acquisizione di messaggistica criptata.
La procedura adottata- di regola – era quella prevista dall’articolo 234 bis del Codice di procedura penale, che rubricato “Acquisizione di documenti e dati informatici” e che dispone quanto segue: “È sempre consentita l’acquisizione di documenti e dati informatici conservati all’estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico, previo consenso, in quest’ultimo caso, del legittimo titolare”.
Applicare sic et simpliciter l’articolo 234 bis del Codice, però, significa ridurre significativamente le garanzie di libertà delle comunicazioni tra privati, ragion per la quale le Sezioni unite della Cassazione sono intervenute di recente, ossia il 29 febbraio 2024.
Le Sezioni unite hanno quindi stabilito la necessità di un vaglio di legalità.
La decisione della Cassazione
Nello specifico “Dalle informazioni provvisorie appena esaminate si evince che le Sezioni unite hanno superato il principio affermato dalla giurisprudenza maggioritaria in forza del quale la messaggistica oggetto di esame può essere sempre acquista nel procedimento ai senso dell’articolo 234 bis cod. proc. pen., alla stregua di dati informativi di natura documentale conservato all’estero, per approdare alla diversa conclusione che l’acquisizione ed utilizzazione dei messaggi in questione è sottoposta a regole, limiti e garanzie diverse che dipendono dalle modalità con cui l’autorità estera ha, a sua volta, acquisito i dati conservati nel server. In particolare, se ciò è avvenuto mediante la captazione, condotta in tempo reale, di un flusso di comunicazioni in atto si è realizzata attività di intercettazione in procedimento separato con la conseguenza che, pur potendo essere richieste dal pubblico ministero italiano tramite ordine di indagine europeo, trova applicazione l’articolo 270 cod. proc. pen. Spetta, comunque, al giudice dello Stato di emissione dell’ordine europeo di indagine, la competenza a valutare il rispetto dei diritti fondamentali, del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. Qualora, invece, fossero ottenute da autorità giudiziaria estera trascrizioni di comunicazioni già avvenute e conservate nella memoria dei supporti utilizzati dai dialoganti, allora i relativi dati sarebbero da considerare documenti, acquisibili ai sensi dell’articolo 238 cod. proc. pen.”
La sentenza depositata il 4 aprile 2024, quindi, ha preso atto di questa distinzione e la ha applicata al caso giunto al suo vaglio.
L’errore individuato dagli Ermellini
La Prima sezione penale ha quindi stabilito che “il Tribunale del riesame, conformandosi ai principi enunciati dall’orientamento superato, ha erroneamente ritenuto ininfluente accertare le modalità con cui l’autorità francese aveva acquisito le conversazioni conservate nel server e poi trasmesse in esecuzione del nuovo ordine europeo di indagine, al pubblico ministero italiano che ne aveva richieste. Tale accertamento, opportunamente sollecitato dalla difesa con una richiesta di riesame doveva, invece, essere effettuato perché, come chiarito da una sopravvenuta pronuncia a Sezioni unite del 29 febbraio 2024, funzionale a stabilire le regole di acquisizione della messaggistica nel procedimento penale e, conseguentemente, nei limiti della sua utilizzabilità ai fini della decisione cautelare”.
L’esito non è stato, comunque, l’annullamento completo dell’ordinanza cautelare, ma un annullamento con rinvio “ per un nuovo giudizio al Tribunale di Bari che, nel rispetto dei principi enunciati colmerà le lacune motivazionali e, in particolare, quelle relative al procedimento probatorio seguito dall’autorità straniera per acquisire i dati informativi trasmessi a seguito di ordine europeo di indagine”.
L’analisi del caso
In attesa di leggere le motivazioni estese delle due questioni gemelle, si può comunque notare come gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità prima che fossero investite le Sezioni unite lasciassero ampiamente a desiderare sia in quanto garanzie difensive, sia quanto ad approfondimento giuridico in materia.
L’orientamento minoritario si basava sull’assunto – palesemente erroneo – che le conversazioni criptate non fossero da considerare dati a tutti gli effetti: e questo si commenta da solo.
L’orientamento prevalente, invece, sovrapponeva situazioni diverse offrendo una soluzione normativamente unitaria – ossia il ricorso all’articolo 234 bis del Codice di procedura penale.
Questa soluzione si è dimostrata, a sua volta, insufficiente perché, come si è compreso, le tipologie di acquisizione di conversazioni da autorità estere presentano casistica diversa con peculiarità operative che devono essere valorizzate quando viene individuata la norma di riferimento.
Conclusione
In realtà anche la soluzione indicata dalle Sezioni unite si presta a critiche ma, allo stato, è necessario attendere le motivazioni per capire funditus quale sia l’iter logico-argomentativo e quali siano gli strumenti concreti attraverso cui deve essere effettuato il vaglio di legalità sull’operato dell’autorità straniera.