La trasformazione digitale del settore della giustizia auspicata dal PNRR si inserisce nella scia di riforme che già da tempo stanno mirando a migliorare l’efficienza dei procedimenti e degli uffici giudiziari attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. In alcuni settori la trasformazione 4.0 è stata particolarmente evidente negli ultimi mesi: si pensi alla progressiva digitalizzazione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, incentivata fortemente nel nostro Paese con vari provvedimenti che hanno favorito l’utilizzo dell’identità digitale.
Nel contesto giudiziario, invece, la transizione verso la dimensione digitale aveva avuto in Italia una spinta iniziale già alcuni anni fa con l’introduzione del Processo Civile Telematico, ma ha dimostrato una certa fatica durante il periodo delle chiusure dovute al Covid-19, nel quale i ritmi della digitalizzazione non si sono dimostrati del tutto adeguati a consentire un proseguimento lineare dell’attività delle Corti.
Pandemia e Giustizia, le difficoltà
Del resto, la digitalizzazione della società è un elemento sempre più centrale nelle riforme sia del legislatore europeo che di quello nazionale, come si è visto di recente nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza di cui il 27% delle risorse è dedicato alla transizione digitale del Paese. L’utilizzo delle nuove tecnologie, che ha permesso a molti settori di continuare la propria attività anche durante la pandemia, è ormai un elemento imprescindibile negli Stati che vogliano mantenere una posizione di spicco nel panorama mondiale: rinunciare alle opportunità date da questo settore significherebbe rimanere indietro rispetto alle realtà economiche e sociali.
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Al dato empirico delle difficoltà che ogni giorno incontrano i professionisti nel settore legale nell’interfacciarsi con una burocrazia solo in parte telematica si affiancano i numeri del documento di lavoro allegato alla Comunicazione della Commissione “Digitalizzazione della giustizia nell’Unione Europea – Un pacchetto di opportunità”, da cui emerge che l’Italia non si colloca tra i Paesi nei quali Corti e Procura hanno potuto proseguire le proprie attività senza problemi da remoto, né tra quelli dove è possibile utilizzare un modo efficiente la video-udienza nei casi civili, commerciali o penali. È chiaro che siamo in un settore particolarmente attaccato alle procedure e alla forma con la quale queste vengono portate a termine. Tuttavia, la società avanza a un ritmo vertiginoso, e così le sue esigenze, e la giustizia non può più arrancare dietro al suo sviluppo tecnologico inevitabile. D’altronde, è ormai chiaro che i nuovi strumenti digitali potrebbero essere la soluzione a problemi strutturali del sistema giudiziario italiano, primo fra tutti la lentezza dei procedimenti. È su questo problema in particolare che si concentra il PNRR.
Cosa dice il PNRR sulla digitalizzazione della giustizia
Il fattore tempo è al centro degli obiettivi di riforma previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con lo “scopo di riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività”. Per fare questo serviranno varie riforme dell’organizzazione, tra cui un incremento del personale e una sua formazione specifica, oltre che interventi sulle procedure processuali per favorire uno snellimento dell’attività giudiziaria. Anche la digitalizzazione ricopre un ruolo fondamentale: si parla, in particolare, di “aumentare il grado di digitalizzazione della giustizia mediante l’utilizzo di strumenti evoluti di conoscenza (utili sia per l’esercizio della giurisdizione sia per adottare scelte consapevoli), il recupero del patrimonio documentale, il potenziamento dei software e delle dotazioni tecnologiche, l’ulteriore potenziamento del processo (civile e penale) telematico”.
Le riforme, specifica il Piano, si inseriscono comunque in un processo già avviato di digitalizzazione: si fa riferimento al processo civile telematico, già da tempo funzionante, con 80 milioni di atti nativi digitali depositati dal 2014 e che si sta cominciando ad applicare anche nei giudizi della Cassazione. Per quanto riguarda il processo penale telematico, invece, siamo ancora indietro, nonostante l’accelerata che il suo sviluppo ha avuto a causa delle esigenze derivanti dalla pandemia.
Il ruolo dell’intelligenza Artificiale e l’Italian way
La digitalizzazione del settore giustizia non si ferma al processo telematico, ma coinvolge idealmente tutti gli aspetti operativi, sfruttando al massimo le opportunità delle nuove tecnologie. Si è parlato molto, negli ultimi anni, della giustizia predittiva, ossia dell’utilizzo di Intelligenze Artificiali come ausilio dell’organo giudicante (o, nei casi più estremi, in sua sostituzione) per prendere decisioni. Tuttavia, da questo punto di vista è interessante la lettura della “Ricognizione della digitalizzazione del processo civile e penale e della transizione digitale” del Ministero della Giustizia (del febbraio 2021), nel quale viene presentato un “Italian way” di usare l’IA in questo settore.
Infatti, il Ministero afferma espressamente di non mirare affatto, nei suoi progetti di ricerca, alla realizzazione di “processi decisionali alternativi (giudice robot)” che rischierebbero di comprimere, direttamente o indirettamente, la discrezionalità del giudice umano, bensì a una messa a frutto della dematerializzazione di gran parte della documentazione giudiziaria per favorire, con l’ausilio delle Intelligenze Artificiali, l’organizzazione e l’utilizzo di dati rilevanti per le decisioni, la messa in evidenza di bias cognitivi e consentire di avere un quadro completo della giurisprudenza da cui far emergere le linee di tendenza per facilitarne anche un’analisi critica. Il PNRR, in effetti, sembra richiamare questa impostazione quando fa riferimento all’utilizzo di strumenti evoluti di conoscenza per adottare scelte consapevoli. Il metodo italiano per l’adozione dell’IA nel settore giustizia sembrerebbe quindi un’impostazione cauta, volta principalmente a mettere a frutto tramite algoritmi di analisi dei testi le enormi banche dati che si stanno sempre più arricchendo con il passaggio dal cartaceo al documento digitale.
Un cloud privato dedicato alla giustizia
Sempre nella ricognizione del Ministero si legge inoltre che “è stata appena attivata la prima pietra miliare del cloud privato del Ministero della Giustizia, gestita interamente dalla DGSIA”. Tale azione si inserisce nell’ottica dell’organizzazione dei servizi della PA secondo una logica “Cloud first”, per finalità di razionalizzazione dei procedimenti e dell’allocazione delle risorse. L’obiettivo di questa iniziativa, oltre alla ottimizzazione dal punto di vista organizzativo e di gestione delle risorse, è quella di consentire anche un’armonizzazione tra questo cloud privato del Ministero e quello pubblico offerto da operatori nazionali e internazionali.
La strategia “Cloud first” viene richiamata anche dal PNRR, che afferma che “Le Amministrazioni possono scegliere se migrare verso una nuova infrastruttura cloud nazionale all’avanguardia (“Polo Strategico Nazionale”, PSN) o verso un cloud “pubblico” sicuro, a seconda della sensibilità dei dati e dei servizi coinvolti”. In questo senso il Ministero della Giustizia sembra essere già un passo avanti rispetto alle dichiarazioni programmatiche del Piano.
Conclusioni
La lentezza dei procedimenti nel nostro Paese è ormai un problema conclamato che, come afferma il PNRR, ha ricadute anche dal punto di vista economico: si fa riferimento al fatto che una riduzione da 9 a 5 anni dei tempi di definizione delle procedure fallimentari potrebbe generare un incremento di produttività dell’economia italiana dell’1,6%, mentre una riduzione della durata dei procedimenti civili potrebbe facilitare la crescita della dimensione media delle imprese manifatturiere italiane. La trasformazione digitale nel settore giustizia offre le soluzioni per efficientare i processi e migliorare la qualità dell’attività degli uffici e degli operatori del diritto, creando così le basi per un’Italia non solo più giusta, ma anche più ricca.