L'analisi

NFT e proprietà intellettuale: ecco come la blockchain supporta la tutela dei diritti

La diffusione degli NFT nel mercato dell’arte e le caratteristiche intrinseche della tecnologia blockchain portano a riflettere sull’utilità di tali strumenti nel combattere le violazioni della proprietà individuale: ecco la situazione

Pubblicato il 12 Lug 2021

Rosa Mosca

IP specialist - Rödl & Partner

blockchain IoT

La modalità operativa della blockchain e degli NFT ovvero le loro caratteristiche di tracciabilità, immutabilità e trasparenza possono permettere di avere una prova certa riguardo la provenienza ed autenticità di un determinato dato e oggetto. Di conseguenza, è utile approfondire se queste tecnologie potrebbero essere un utile strumento nella lotta alla violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e se è possibile una sinergia tra blockchain e sistemi di AI.

Il caso dell’opera di Bansksy trasformata in NFT

La società di blockchain Injective Protocol, dopo aver acquistato un’opera dello street artist Banksy e averla convertita in NFT (Non Fungible Tokens) ovvero materiale digitale, l’ha bruciata. Oltre che di impatto visivo, questa azione ha un forte valore concettuale e finanziario. In primis, il valore dell’opera non è più legato alla mera fisicità della stessa ed inoltre il valore economico dell’opera è aumentato drasticamente.

Le opere d’arte generalmente sono considerate beni mobili, per cui non esiste un sistema di pubblicità legale, come ad es. il registro dei beni immobiliari o dei beni mobili registrati ma l’era in cui viviamo non permette più di essere legati a fattispecie ferme ed immutabili nel tempo. Il gesto di Injective Protocol aveva proprio questo obiettivo. Un nuovo orizzonte nell’economia dell’arte (e non solo) digitale si è ufficialmente aperto.

Non fungible token (NFT): così la blockchain cambia il mercato dell’arte

NFT per la tutela della proprietà intellettuale

Gli NFT rappresentano una proprietà digitale supportata su blockchain e possono essere scambiati manualmente e tramite smart contract. Sono a tutti gli effetti degli asset immateriali che è possibile comprare e vendere. Non vi è alcun divieto di trasformare in NFT qualsiasi tipo di dato. Anzi, nell’ultimo periodo questa applicazione sta prendendo piede in diversi mercati: arte, musica, nomi a dominio, dati personali e persino calcio. Un esempio pioniere è rappresentato dalla vendita del fondatore di Twitter del suo primo Tweet trasformato proprio in un NFT.

L’utilizzo della tecnologia blockchain e degli NFT permetterebbe l’autenticazione temporale del momento in cui un dato viene inserito e i relativi usi successivi nonché l’autenticazione del momento in cui un prodotto viene immesso nel mercato e la verifica della sua provenienza, garantendo così un ulteriore tutela in caso di contraffazione. Inoltre, la tracciabilità dei prodotti tramite blockchain potrebbe aiutare i titolari di marchi a far rispettare i propri accordi di distribuzione monitorandone la posizione e riducendo così la perdita di prodotti e le importazioni parallele. La diffusione di certificati blockchain che mostrino le informazioni del prodotto, consentirebbero anche al consumatore finale di distinguere realmente un prodotto autentico da un falso. In questo modo si semplifica il processo volto ad ottenere una tutela giuridica immediata ed efficace dei propri diritti di privativa nei confronti di contraffattori e concorrenti sleali nonché nei confronti delle violazioni relative ai dati personali ed ai loro usi promiscui.

NFT e diritto d’autore

Dietro alla infinte opportunità che queste tecnologie sembrano garantire, in realtà ci sono molti temi che potrebbero portare a conseguenze non del tutto positive. Partiamo dalla normativa attuale e applicabile alla fattispecie ovvero il diritto d’autore, le cui fonti principali sono state scritte in tempi decisamente anteriori allo sviluppo della tecnologia blockchain ed affini.

Si pensi alla Convenzione d’Unione di Berna, siglata nel 1886 e modificata più volte sino al 1971, alla Convenzione Universale per il diritto d’autore (1952), agli accordi Trips del 1995 nonché a livello nazionale alla nostrana legge sul diritto d’autore (1941) e successive modifiche. A livello Europeo, invece, negli ultimi anni sono state emanate la Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, e la Direttiva n. 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella “società dell’informazione” nonché la Direttiva 2019/790/UE “Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale”, recentemente recepita anche a livello nazionale.

In base alla normativa nazionale vigente, le opere che sono protette secondo la legge del diritto d’autore sono le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. La legge sul diritto d’autore prevede che la trasmissione dei diritti di utilizzazione debba essere provata per iscritto. In Italia, sono presenti registri fisici pubblici (SIAE- Società Italiana degli Autori ed Editori) dove vengono trascritti tutti i fatti riguardanti un’opera compresi gli autori e le relative cessione di diritti.

Considerando che questo sistema non è più in grado di gestire la tutela dei diritti d’autore, la blockchain rappresenta un’ottima soluzione in quanto sfruttata per la creazione di database decentralizzati delle opere che garantirebbero anche una miglior monitoraggio delle opere. A riprova dell’importanza di queste nuove tecnologie, SIAE e Algorand hanno creato una piattaforma open basata su tecnologia blockchain che permetta di gestire in maniera trasparente e “by design” i diritti degli autori. Obiettivo di SIAE e Algorand è quello di internazionalizzare la piattaforma e poter trasferire la gestione direttamente agli aventi diritto, che potranno quindi avere il governo dei metadati relativi ai loro diritti.

Intervento della tecnologia blockchain: le norme

Ad oggi, non ci sono ancora normative e regolamenti né nazionali né internazionali chiari ed univoci e realmente attuali in materia e non vi è neppure una reale sicurezza, o uno strumento per verificarla, delle piattaforme che custodiscono queste tecnologie. Le normative esistenti non sempre sono applicabili per analogia. Come ci si comporterebbe ad esempio in caso di una doppia registrazione della stessa opera su piattaforme differenti? Oppure nel caso di certificazione di proprietà tramite NFT di un’opera identica ad un’altra, ma con una minima modifica rispetto all’originale? Nel caso di un’immagine o un video basta un pixel differente a creare una diversità.

La blockchain stabilisce solo chi sia il proprietario e non analizza il contenuto, che online potrebbe teoricamente diffondersi all’infinito. Quindi, proprio a causa di questa falla normativa, si potrebbe creare un sistema di firts to file, fattispecie presente in diversi Paesi in ambito di proprietà intellettuale, dove è tutelato chi registra per primo e non il reale avente causa. Nonostante questi vuoti normativi, la tecnologia ci viene in aiuto. Infatti, tramite gli smart contract (protocolli informatici automatizzati), alle opere sarà, inoltre, possibile – ove consentito – perseguire l’obiettivo della remunerazione diretta dell’autore nonché amministrare licenze di sfruttamento economico dell’opera da parte del titolare dei relativi diritti, incorporando tali licenze nello smart contract.

Blockchain e AI: la possibile sinergia

Ormai, quando si parla di proprietà intellettuale e tutela tramite le nuove tecnologie non è possibile non interfacciarsi con il tema dell’intelligenza artificiale. I dati sono un asset sempre più importante e remunerativo che non solo deve essere archiviato in sicurezza ma anche scambiato. I sistemi AI efficaci dipendono fortemente dai dati, dati che le blockchain possono archiviare con un elevato grado di affidabilità. Questi sistemi creano anche asset immateriali nuovi.

I sistemi di intelligenza artificiale sono ormai sistemi complicati e veloci. Spesso le “decisioni”, ed i relativi processi, assunte da questi sistemi possono essere di difficile comprensione per un essere umano. L’AI è fonata su algoritmi che possono elaborare un numero di dati così elevato che sarebbe davvero improbabile per un essere umano verificane e replicarne il processo decisionale. Se le decisioni, invece, venissero registrate a ogni punto di dati, ci sarebbe un controllo maggiore da parte dell’umano con relativo aumento della fiducia nelle decisioni prese dall’AI. Se queste due tecnologie riuscissero a realizzare il loro potenziale, creerebbero senza dubbio un impatto più duraturo e porterebbeo miglioramenti in molti aspetti della nostra economia.

Conclusioni

Sta prendendo piede anche un ambizioso progetto basato su una blockchain pubblica e pensato per reinventare il modo in cui vengono assegnati i nomi di dominio Internet. Questi domini sarebbero resistenti alla censura, alle crisi e alle manomissioni (blockchain dell’Handshake Network). Nonostante questi esempi virtuosi e che permetterebbero all’proprietà intellettuale “tradizionale” di fare quel salto nel futuro necessario per adeguarsi ai tempi, si rende necessario, prima di sposare ciecamente la causa degli NFT, porre l’attenzione su alcuni temi giuridici controversi quali la tutela del consumatore, antiriciclaggio e contraffazione.

Questa bolla sta per scoppiare senza che una reale infrastruttura regolatoria sia stata costruita. Questa mancanza può essere sopperita solo dalla collaborazione di tutti gli stakeholder necessari ovvero i giuristi e i tecnici. Fine ultimo: costruire un ecosistema digitale dove i problemi fisici della tutela diventano digitali e si creano le soluzioni per affrontarli.

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