L’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle entrate per i commercianti al minuto e assimilati è scattato dal primo luglio 2019 per gli operatori che nel 2018 realizzarono un volume d’affari superiore a 400.000 euro e dal primo gennaio 2020 per gli altri operatori. L’obbligo ha riguardato oltre ai commercianti al minuto, anche coloro che in precedenza emettevano ricevute fiscali (per esempio artigiani, alberghi, ristoranti).
Gli adempimenti fiscali relativi alla certificazione delle operazioni non sono stati tarati in maniera coerente con le esigenze di controllo ed accertamento delle eventuali violazioni, soprattutto per i soggetti che si avvalgono di regimi semplificati o forfettari e che quindi non hanno traccia delle eventuali discrasie tra momento di emissione del documento fiscale e incasso, se non contestuale.
C’è anche la complicazione dovuta alla divaricazione tra il momento di effettuazione della operazione per le cessioni dei beni (consegna/spedizione)[1] rispetto alle prestazioni di servizi (pagamento). Insomma ci sono tutte le condizioni sia per giustificare eventuali asimmetrie, sia per agevolare i contribuenti a sanare eventuali errori facendo ricorso al “ravvedimento operoso” previsto dall’articolo 13 del Decreto legislativo 472/1997.
Ma poiché il ravvedimento è possibile solo se la violazione non sia già stata constatata dagli organi di controllo, ecco che il legislatore è intervenuto con l’articolo 4 del D.L. 131/2023 per consentire la sanatoria delle irregolarità commesse in materia di certificazione dei corrispettivi. In maniera quasi simultanea, l’Agenzia delle Entrate ha emanato un provvedimento per preannunziare una attività di controllo incrociato tra i dati dei corrispettivi tramessi dagli operatori commerciali e quelli relativi ai pagamenti che i medesimi hanno ricevuto con mezzi elettronici.
Il quadro sanzionatorio per le omissioni in materia di corrispettivi telematici
Anticipiamo che è necessario chiarire alcune differenze: tra la “constatazione“ e la “contestazione” delle violazioni e quali sono le sanzioni pecuniarie e le sanzioni accessorie[2]. Intanto viene da pensare che la sincronizzazione tra l’intervento legislativo e quello regolamentare dell’Agenzia delle Entrate non sia casuale; così come appare probabile che al momento della conversione in legge del provvedimento normativo ci potrebbero essere variazioni nei termini e nelle date di riferimento delle violazioni. Infatti – come appresso verrà meglio illustrato – l’inoltro delle comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, oggi fissato al 15 dicembre 2023, si sovrappone col termine di predisposizione ed inoltro delle dichiarazioni dei redditi dell’anno d’imposta 2022, e l’analisi da parte degli “intermediari” delle anomalie che verranno segnalate dall’Agenzia delle Entrate richiederà certamente un impegno non indifferente.
La condizione per poter aderire alla sanatoria è che la violazione non sia stata già contestata; è quindi importante ricordare i “momenti” che caratterizzano l’azione di controllo e verifica da parte degli Organi della Amministrazione Finanziaria.
La constatazione e la contestazione della violazione
La “constatazione” delle violazioni è una attività nel corso della quale – come dice il termine – gli organi addetti al controllo prendono e danno atto formalmente, mediante la redazione di un processo verbale di constatazione, della trasgressione di un obbligo[3]. La constatazione inibisce la possibilità di attivare il ravvedimento previsto dall’articolo 13 del decreto Legislativo 471/1997[4].
L’atto di “contestazione” per le violazioni previste in materia di certificazione dei corrispettivi deve essere notificato al trasgressore entro novanta giorni dalla constatazione della violazione, ovvero entro centottanta giorni se la notifica deve essere eseguita nei confronti di soggetto non residente. Subito dopo la notifica dell’atto di contestazione, del provvedimento di irrogazione della sanzione o del processo verbale di constatazione “… l’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido, e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda. Quando l’Amministrazione Finanziaria ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido, e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda” [5].
Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie, tra le quali assume un ruolo di primo piano la sospensione/chiusura dell’esercizio commerciale di cui si dirà infra. E’ questa la sede in cui l’Ufficio è obbligato ad applicare gli istituti previsti dall’articolo 12 del Decreto legislativo 472/1997 per il concorso di violazioni e per la continuazione, di cui si approfondirà più avanti.
Le sanzioni pecuniarie
Le sanzioni per la mancata emissione dei documenti commerciali (detti anche comunemente “scontrini” o “ricevute fiscali”) sono fissate nella misura del 90% dell’imposta corrispondente all’imponibile non documentato, con un minimo di 500 Euro per ciascuna violazione, ridotta a 250 Euro dall’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 6, decreto legislativo 471/1997, quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo[6].
Ma le violazioni (e le connesse sanzioni) non si esauriscono qui. Infatti la omissione del corrispettivo genera una serie di violazioni a catena, quali per esempio l’omesso versamento dell’IVA, la errata comunicazione LIPE, la presentazione della dichiarazione IVA con dati inesatti[7], violazioni che rendono complesso il ricorso al ravvedimento operoso, ed oneroso, perché non consentono la applicazione di norme attenuatrici[8] che hanno lo scopo di evitare la dilatazione orizzontale e verticale delle sanzioni. Infatti il contesto normativo[9] attuale rende impossibile il ricorso al predetto istituto in caso di ravvedimento del contribuente, per cui occorrerà tener conto di ciò nell’effettuare ogni valutazione di opportunità di avvalersi del ravvedimento. In in linea di massima, la convenienza al ravvedimento mantiene la stessa validità se si fa riferimento all’imposta dovuta, ma occorre considerare che in relazione alle sanzioni la convenienza è inversamente proporzionale al numero delle violazioni commesse[10].
Le sanzioni accessorie
Qualora nel corso di un quinquennio siano state contestate[11] quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese [12]… Se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi. Le sanzioni di cui ai periodi precedenti si applicano anche nelle ipotesi di cui all’articolo 2, commi 1, 1-bis e 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, se le violazioni consistono nella mancata o non tempestiva memorizzazione o trasmissione, ovvero nella memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri”.
Il ravvedimento delle violazioni in materia di certificazione dei corrispettivi e la “spinta” dell’Agenzia delle Entrate
Con Provvedimento n. 352652/2023 del 3 Ottobre 2023 sono state determinate e comunicate le procedure con le quali l’Agenzia delle Entrate, riesumando una bella intenzione contenuta nella legge di bilancio dell’anno 2015[13], ne ha regolamentato l’attuazione. Il provvedimento direttoriale segue di poco la emanazione della norma, sopra citata, con cui il legislatore ha previsto la possibilità di ravvedere entro il 15 dicembre 2023 le violazioni commesse dal primo gennaio 2022 sino al 30 giugno 2023 in materia di “certificazione dei corrispettivi di cui all’articolo 6, commi 2-bis e 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n.471 anche se le predette violazioni siano state già constatate non oltre la data del 31 ottobre 2023, ma a condizione che la regolarizzazione avvenga prima della notifica dell’atto di contestazione.
Proprio la possibilità di esercizio del ravvedimento pur in presenza di constatazione rappresenta la eccezione alla regola generale ed attribuisce alla norma l’appeal che farà riflettere molti contribuenti, soprattutto se saranno destinatari delle comunicazioni che l’Agenzia delle Entrate sta predisponendo per far emergere le discrepanze tra quanto risulta dalle trasmissioni telematiche dei corrispettivi e quanto risulta dalle transazioni finanziarie che gli intermediari sono tenuti a comunicare alla Agenzia delle Entrate[14].
Appena le comunicazioni perverranno ai destinatari si potrà valutare se esse hanno le caratteristiche previste per essere considerate “constatazioni” ai sensi della citata legge 4/1929. Io ritengo di no, sia perché non verrà redatto alcun processo verbale, che richiede la partecipazione alla attività anche del presunto trasgressore, sia perché i dati che fornirà l’Agenzia delle Entrate saranno utili solo in casi particolari, primo fra tutti quello in cui abitualmente l’operatore commerciale incassa somme con mezzi tracciabili senza emettere alcun documento fiscale.
Occorre tuttavia tenere presente – e non so se e come il software in dotazione dell’agenzia delle Entrate ne terrà conto – che la emissione dello scontrino per una cessione di beni e l’incasso possono anche non essere contestuali, per cui potrebbe esserci una sfasatura temporale tra la entità dei corrispettivi e i relativi incassi. Tuttavia va anche detto che tale sfasatura potrebbe trovare una naturale compensazione considerato che l’Agenzia delle Entrate potrebbe non operare distinzione tra le modalità di pagamento indicate nello scontrino e trasmesse al Sistema di Interscambio; così come va evidenziato che il sistema è comunque monco perché l’incasso di un corrispettivo a credito per una cessione di beni non è soggetto ad alcuna formalità IVA, posto che il corrispettivo è stato assoggettato agli obblighi strumentali al momento di effettuazione della operazione, determinato ai sensi dell’articolo 6 del DPR 633/1972[15].
Per le prestazioni di servizi c’è un altro problema che deriva dalla previsione normativa secondo cui l’operazione si considera effettuata ai fini IVA al momento del pagamento. Astrattamente ciò dovrebbe implicare che nel caso in cui si fruisca del servizio di un artigiano (si pensi ad una riparazione di un’autovettura) e il corrispettivo non fosse pagato contestualmente alla conclusione della prestazione, non esiste alcun obbligo di emissione dello scontrino, posto che l’operazione non è ancora effettuata ai fini IVA.
Tuttavia l’Agenzia delle Entrate ha espresso l’orientamento[16] secondo cui in tale ipotesi il documento fiscale debba essere emesso sia al momento di effettuazione della operazione (con la indicazione di corrispettivo non pagato) sia al momento del pagamento posteriore alla conclusione della prestazione. Il problema sta nel fatto che attualmente non esiste un collegamento logico tra le due operazioni che di fatto operano una duplicazione la cui gestione non appare di semplice attuazione.
Come evitare che una agevolazione si trasformi in complicazione
Sono dell’opinione che la omissione di un corrispettivo o fattura incassato con mezzi tracciabili è più frutto di un errore, di una dimenticanza, che non la conseguenza di intento fraudolento finalizzato alla evasione tributaria. A mio modesto avviso l’Agenzia delle Entrate ha risposto eccessiva fiducia nei risultati dell’attività di incrocio tra i dati delle transazioni finanziarie e i dati dei corrispettivi/fatture elettronici.
Per la mia esperienza professionale, ritengo che solo una persona non sana di mente possa avere evaso somme rilevanti non battendo scontrini a fronte di incassi elettronici. Il mio timore è che il meccanismo di incrocio, se non adeguatamente tarato, faccia finire nella rete una considerevole quantità di pesciolini che magari hanno commesso errori nel batter gli scontrini e hanno fatto confusione tra incassi in contanti e incassi a mezzo pos, oppure hanno corrispettivi non riscossi per cui la asincronia è la regola. Più in generale diffido fermamente della cosiddetta Intelligenza Artificiale quando viene applicata dalla Amministrazione Finanziaria, considerato che la complessità delle fattispecie oggetto di verifica mal si presta a “campagne massive” di rilevazioni di anomalie, soprattutto perché gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate non sono sempre nelle condizioni di gestirne il “ritorno”[17].
In sintesi: considerato il naturale rischio di presenza di “falsi positivi” e data anche la vastità della platea dei soggetti interessati ai controlli, è necessario che gli Uffici si dotino di canali privilegiati per la gestione dei “ritorni”, in modo da rendere efficace e rapida la emersione delle reali anomalie.
Ulteriori rischi
Ma potrebbero esserci anche altre complicazioni, Come sopra accennato, il ravvedimento di una mancata emissione di uno scontrino o di una fattura relativi ad una annualità per cui sia stata già presentata la dichiarazione IVA e dei redditi, presenta profili di complessità, dovute alla catena di inadempimenti conseguenti la omissione, che difficilmente potranno essere affrontati in maniera rapida e sicura dagli operatori commerciali o dai professionisti da essi delegati, e ciò potrebbe anche generare errori che vanificherebbero in parte lo spirito agevolativo della norma.
Per rendere il processo più efficace ed efficiente, di dovrebbe agire immediatamente su più fronti:
- consentire – se necessario con una modifica anche in sede di conversione in legge del Decreto Legge – l’applicazione dell’istituto del concorso di violazioni e della continuazione anche al ravvedimento. Ciò attribuirebbe appeal alla norma ed eviterebbe che le buone intenzioni del legislatore e dei contribuenti si infrangano sulle difficoltà oggettive e – diciamolo – anche sulla ingiusta asimmetria nel profilo sanzionatorio oggi esistente tra ravvedimento operoso e constatazione della violazione da parte degli Uffici;
- predisporre una piattaforma online, accessibile dai canali web dell’Agenzia delle Entrate, per rendere il ravvedimento operoso una operazione agevole e sicura; dovrebbe essere il software, a fronte di una casistica predefinita, a fare i calcoli del dovuto e a predisporre il modello F24[18] considerando la catena di omissioni eventualmente verificatesi[19];
- fare in modo che a seguito del ravvedimento vi sia la integrazione automatica dei dati e degli adempimenti che sono stati già trasmessi all’Agenzia delle Entrate. Per esempio, se faccio il ravvedimento per una omessa fattura elettronica, il software ADE dovrebbe essere in condizioni sia di predisporre il corretto versamento del tributo e delle sanzioni, sia di integrare il database dei dichiarativi in possesso dell’agenzia delle Entrate[20].
Così agendo, il ravvedimento sarebbe sicuro e veloce, e metterebbe la parola “fine” sulla omissione; oggi invece paradossalmente il ravvedimento è spesso fonte di ulteriori attività accertative.
Conclusione
Il rapporto tra cittadino e Amministrazione Finanziaria cambierà solo quando gli Uffici saranno in grado di prendere meglio la mira, evitare campagne massive di comunicazioni, e soprattutto agire con la consapevolezza che combattere l’evasione non è una partita che si può giocare sulle presunzioni, ma sui dati effettivi.
Sotto questo profilo, aver puntato i riflettori sulle anomalie tra dati dei corrispettivi e le transazioni finanziarie è certamente un buon inizio, ma la questione dovrebbe essere estesa anche alle fatture elettroniche, con la consapevolezza che è solo la manifestazione finanziaria che rende reale e vera una operazione commerciale. Il sistema di interscambio e gli intermediari finanziari dovrebbero dialogare per far sì che la tracciabilità dei pagamenti passi dal SDI, che diventi una informazione supplementare della fattura elettronica e questo semplificherebbe enormemente la contabilizzazione e farebbe emergere le anomalie, soprattutto se collegate a false fatturazioni[21].
Gli Uffici dovranno rispondere con prontezza alle istanze dei contribuenti e l’Intelligenza, artificiale o naturale, dovrà essere impiegata non solo per tentare di recuperare materia imponibile, ma per rendere più semplice la vita ai contribuenti e ai professionisti intermediari. Questi ultimi dovranno “rassegnarsi” a dedicare i loro studi e le loro attenzioni a cose più serie che registrare una fattura o predisporre un dichiarativo o un modello F24, o a predisporre un ravvedimento.
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Note
[1] Salvo che il pagamento non sia precedente la consegna/spedizione, per cui l’operazione si considera effettuata in tale momento, ai sensi dell’articolo 6 del DPR 633/1972.
[2] C’è un aspetto particolare da approfondire e riguarda la possibilità di “sanare” la omissione di uno scontrino (che deve essere rilasciato contestualmente alla effettuazione della operazione) con la successiva emissione di una fattura elettronica, il cui termine di emissione/spedizione al SDI è di 12 giorni dalla effettuazione della operazione. Al riguardo c’è da tener presente che l’articolo 22 del DPR 633/1972 prevede che “L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione”. Questo inciso potrebbe essere interpretato nel senso che emettere una fattura se non richiesta dal cliente non sia possibile (si pensi alle ripercussioni in materia di tutela die dati personali, posto che nella fattura figura il nominativo dell’acquirente e la descrizione dei beni/servizi ceduti). Va anche tenuto presente che non sempre il cedente è in possesso del codice fiscale e delle generalità del cessionario, per cui in definitiva si potrebbe concludere che tale procedura sia possibile solo con l’approvazione del cessionario/committente.
[3] Ai sensi dell’articolo 24 della legge 7/1/1929 n.4
[4] Si ricorda infatti che la possibilità di avvalersi del ravvedimento di cui al citato articolo 13, comma 1, lettera b-quater, anche successivamente alla constatazione della violazione è inibita alle violazioni in materia di certificazione dei corrispettivi di omessa memorizzazione ovvero di memorizzazione con dati incompleti o non veritieri. La omissione della memorizzazione è infatti la conseguenza della omissione del documento commerciale (o come viene ancora comunemente definito, scontrino).
[5] Articolo 22, comma 1, del Decreto legislativo 472/1997
[6] Un esempio potrebbe essere la annotazione tempestiva del corrispettivo nel registro di cui all’articolo 22 pur in mancanza di emissione del documento commerciale.
[7] Qualora la violazione venga constatata o ravveduta dopo la presentazione delle dichiarazioni IVA e/o dei redditi.
[8] Mi riferisco all’articolo 12 del decreto legislativo 472/1997, intitolato “Concorso di violazioni e continuazione”, che regolamenta sia il caso di “violazioni a cascata” , per cui è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi (concorso di violazioni) ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione (continuazione).
[9] In effetti si potrebbe anche sostenere che la chiusura sia più una questione interpretativa che non normativa, considerato che nei decreti legislativi 471-472 del 1997 non sembra esservi una una chiara presa di posizione al riguardo.
[10] Leggi anche https://www.agendadigitale.eu/documenti/esperto-risponde/fatture-elettroniche-inviate-in-ritardo-quando-fare-o-no-il-ravvedimento/
[11] Articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472
[12] Articolo 12, comma 2, decreto legislativo 471 del 18 dicembre 1997
[13] Articolo 1, commi 634-635 della Legge del 23/12/2014 n. 190:
634. Al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l’amministrazione fiscale, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti. Il contribuente può segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.
635. Per le medesime finalità di cui al comma 634 l’Agenzia delle entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente ovvero del suo intermediario gli elementi e le informazioni utili a quest’ultimo per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari e valore della produzione nonché relativi alla stima dei predetti elementi, anche in relazione ai beni acquisiti o posseduti
[14] Ai sensi del comma 5 dell’articolo 22 de D.L. 124/2019
[15] Consegna/spedizione per la cessione di beni
[16] Circolare 3/E del 21/2/2020 punto 2
[17] Purtroppo la emergenza pandemica, piuttosto che agevolare sistemi di collaborazione a distanza tra fisco e contribuente, ha aumentato le distanze ed ha reso più difficile il colloquio con gli stessi professionisti intermediari.
[18] Con la speranza che i miei colleghi non si sentano pretermessi …
[19] D’altronde nell’era della Intelligenza Artificiale questo dovrebbe essere un gioco da ragazzi
[20] Sostengo da tempo che il concetto di “dichiarativo” sia anacronistico quando si ha a che fare con database che contengono le informazioni i cui dati fanno parte del database. Nei casi di trasmissioni telematiche tramite SDI, le dichiarazioni dovrebbero essere aggiornate in tempo reale con i dati delle fatture e dei corrispettivi elettronici, salvo richiedere ulteriori informazioni la cui mancanza – comunque – non dovrebbe mai integrare gli estremi di omessa dichiarazione, sia ai fini sanzionatori che ai fini penali.
[21] C’è il nodo dei pagamenti in contanti, ma anche quello sarebbe risolvibile agendo su due leve: da un lato abbassare o eliminare la soglia per i pagamenti nell’ambito di attività di impresa o di lavoro autonomo, e dall’altro consentire la integrazione dei dati dei pagamenti in contanti nel SDI.