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Token blockchain per le opere d’arte: vantaggi e rischi

La tecnologia blockhain può rivoluzionare il mercato delle opere d’arte attraverso l’impiego dei token. L’acquirente ottiene non il bene fisico ma un certificato di proprietà, per cui possono esserci più soggetti coinvolti. Il tutto avviene tramite piattaforme. Tuttavia, il processo non è esente da problematiche

Pubblicato il 05 Ago 2019

Francesco Tripaldi

Avvocato, Paradigma - Law & Strategy

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Token e opere d’arte: la prima esperienza risale a giugno 2018. Il dipinto di Andy Warhol “14 Small Electric Chairs” è stato tokenizzato e venduto sulla piattaforma blockchain Maecenas Fine Arts. In questo articolo verrà spiegato in cosa consiste il processo di tokenizzazzione di un’opera d’arte e quali potrebbero essere i possibili vantaggi per artisti, addetti ai lavori e per il mercato stesso ripercorrendo le recenti esperienze di tokenizzazione e le relative problematiche tecnico – giuridiche di maggiore rilievo.

Come funziona la piattaforma Maecenes Fine Arts

Esaminando con maggiore dettaglio le caratteristiche della piattaforma Maecenes Fine Arts e del processo di tokenizzazione stesso sarà più facile comprendere gli aspetti tecnici di tale nuove possibilità tecnologiche. Maecenas è una piattaforma ad iscrizione libera, in cui – tuttavia – solo gli investitori istituzionali (banche, fondi d’investimento etc.) possono utilizzare valute correnti di tipo tradizionale, mentre, un investitore semplice per potere accedere ai servizi offerti dalla piattaforma, dovrà necessariamente ricorrere a monete virtuali quali Ethereum, Bitcoin o ArtCoin, e possedere un portafoglio di criptovalute per un valore minimo di 50.000 dollari. I proprietari di opere d’arte, invece, hanno la possibilità di inserire i propri pezzi sulla piattaforma Maecenas, pagando una commissione del 6% sul valore di ciascuna opera.

Gli utenti, quindi, hanno a propria disposizione un vero e proprio listino su cui vengono riportate tutte le informazioni e le caratteristiche relative alle opere su cui intendono investire. Le opere tokenizzate sono vendute attraverso aste al ribasso (cd. aste olandesi) per un periodo di tempo predeterminato dai gestori della piattaforma, al termine del quale l’algoritmo su cui è imperniata l’intera architettura della piattaforma suddivide l’opera in azioni che vengono assegnate agli utenti vincitori. Il 51% di tali azioni rimane in possesso del proprietario originario, assicurando al contempo agli altri azionisti di godere del relativo diritto di sfruttamento economico. Al termine dell’asta, quindi, vengono emessi automaticamente dei certificati azionari che possono essere oggetto di trading tra gli stessi partecipanti: la vendita risulterà gratuita mentre l’acquisto comporta una commissione a carico dell’acquirente. Nel caso di “14 Small Electric Chairs” l’opera, valutata 5,6 milioni di dollari, veniva “parzialmente” venduta a più acquirenti (circa 800 partecipanti all’asta), per una quota complessiva pari al 31,5%, ad un importo di 1,7 milioni di dollari. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma anche l’opera d’arte, appunto.

Il processo di tokenizzazione

Come avviene quindi questa trasformazione, in cosa consiste questo procedimento di tokenizzazione che promette di rivoluzionare il mercato dell’arte. La tokenizzazione è una sorta di cartolarizzazione di beni, in questo caso, di un’opera d’arte. Tale procedimento prevede la conversione di tutti o parte dei diritti di proprietà sull’opera in un token asset, un’informazione digitale con caratteristiche di sicurezza, trasferibilità e non duplicabilità.

Ad oggi conosciamo diverse tipologie di token. I token di classe 1, fungono da semplici monete, non garantiscono diritti nei confronti di un soggetto terzo e possono essere scambiati liberamente. La loro funzione è esclusivamente quella di registrare l’esistenza di un determinato soggetto o oggetto sulla blockchain. I token di classe 2, al contrario, conferiscono ai proprietari una serie di diritti esercitabili nei confronti di soggetti terzi. Alcuni associano questa classe di token ai titoli di credito di cui all’. 1992 del codice civile, paragonandoli ad esempio a dei titoli azionari o anche obbligazionari. Più nello specifico questa categoria di token può essere utilizzata per pagamenti futuri, come titolo rappresentativo del diritto di proprietà su beni specifici e per accedere a servizi. Infine, i token di classe 3 hanno una funzione composita. Conferiscono infatti sia diritti di proprietà che altri diritti ancillari, quali diritti di voto o anche diritti economici.

Nel caso di Mecenas, ad esempio, la tipologia di token utilizzata è quella di classe 2 che viene quindi emesso su una piattaforma blockchain per poter essere scambiato. Tale negozio giuridico si conclude attraverso uno smart contract, ossia un contratto digitale eseguito in automatico all’interno della blockchain una volta soddisfatte determinate condizioni garantendo (promettendo di garantire n.d.r.) da eventuali frodi, possibili interferenze di terzi ed ulteriori problematiche legali. L’acquirente acquistando, quindi, tali token/quote dell’opera diventa proprietario non di un bene fisico ma di un certificato di proprietà digitale dell’opera d’arte.

Attraverso le transazioni regolate dalla blockchain è possibile, cioè, vendere un’unica opera d’arte in piccole quote di proprietà (veri e propri microtitoli di proprietà) aprendo l’opportunità di creazione di un mercato più “liquido” e più vasto con la concreta prospettiva di forgiarne un altro del tutto parallelo a quello “tradizionale” in cui, al pari del mercato azionario, sarà possibile vendere i propri titoli. Inoltre, la blockchain permette anche ulteriori possibilità di utilizzo nel mercato dell’arte che ormai non è più solo “olio su tela” e “ritratti” ma è anche digitale.

I vantaggi della blockchain per il mercato dell’arte

Anche la Digital Art, ossia quella forma d’arte nata esclusivamente per essere riproducibile tramite supporti digitali e realizzata interamente a computer acquisirebbe, infatti, valore aggiunto grazie alla possibilità di certificare, crittografare e controllare la sua distribuzione attraverso la blockchain con vantaggi di maggior tutela sia per gli artisti che per i collezionisti. Anche il mercato della Digital Art, infatti, comincia a svilupparsi tant’è che, in occasione dell’ultimo Ethereal Summit, evento dedicato alla blockchain e alle criptovalute nel mondo dell’arte, l’immagine digitale di un gattino chiamata “Cryptokitty” è stata venduta per 140 mila dollari.

Altra opzione di sfruttamento delle possibilità offerte dalla tecnologia blockchain è quella legata ai cd. Blockchain Art Business Solutions, sviluppo e strutturazione delle procedure operative volte a tracciare la provenienza e gli spostamenti delle opere nonchè a certificarne l’autenticità. Ad oggi, Art Rights ed altre piattaforme in fase di sviluppo offrono servizi tra cui: autenticazione delle opere d’arte, certificazione della provenienza e strutturazione dei processi di gestione delle opere da parte dei galleristi e degli operatori di settore tramite blockchain. Infatti, uno degli ambiti di maggiore scetticismo nell’investire in “fine arts and collectibles” è proprio quello della certezza della provenienza del bene che si va ad acquistare. L’interrogativo è: come si fa ad essere sicuri che il soggetto da cui si acquista sia veramente il proprietario, che i documenti presentati alla casa d’asta al momento della vendita siano autentici, riportino il vero o che l’opera sia originale?

Anche, in questo caso l’utilità della blockchain ha tracciato una possibile strada. Codex, un registro decentralizzato basato su un sistema di blockchain appunto, ne è un esempio. Alcuni sviluppatori hanno, infatti, creato un consorzio di rivenditori di arte online, collezionisti privati, case d’asta, gallerie e sviluppatori di software localizzati in oltre 50 Paesi, con beni di un valore pari a quasi $ 6 miliardi. Utilizzando uno token di classe 1 creato ad hoc, CodexCoin, Codex rende tracciabile ogni operazione riguardante un determinato bene di lusso e consente al singolo utente di creare, modificare e alienare i propri asset digitali, in modo completamente anonimo. Il sistema protegge gli acquirenti da possibili truffe e al tempo stesso riduce sensibilmente i costi di transazione. Pertanto, la blockchain appare sotto vari aspetti una soluzione effettivamente praticabile per meglio tutelare gli artisti e i diritti sulle opere degli stessi ed offrire maggiori sicurezze per i collezionisti nella gestione delle proprie raccolte.

Token e opere d’arte, lo scenario futuro

Molti studi legali stanno strutturando appositi dipartimenti specializzati nella tokenizzazione delle opere d’arte in quanto, stando anche a quelli che sono i dati di alcuni recenti studi di settore, risulterebbe che il 19% delle piattaforme d’arte online ritiene che la blockchain sarà tra le aree più competitive del mercato online di qui a un anno. Inoltre, è di pochi giorni fa la notizia (riportata dal portale on-line Forbes Italia) della recente nascita della prima Borsa dell’Arte, progetto ideato dal trentaduenne mantonvano, Niccolò Filippo Veneri Savoia, founder e Ceo di Look Lateral, società con sede a Seattle, Stati Uniti.

Grazie alla piattaforma Fimart – Financial Market of Art basata su tecnologia blockchain, sarà possibile acquistare opere d’arte come fossero azioni quotate in borsa. Look Lateral ha implementato diversi protocolli di tokenizzazione attraverso i quali è possibile ottenere differenti tipi di frazioni di opere d’arte, le quali saranno suddivise in prodotti finanziari e non, con diversi set di regole per accedere a Fimart e per poter scambiare e comprare tali tipi di frazioni, in modo da meglio coordinarsi con i garanti della trasparenza dei prodotti finanziari come la Consob in Italia e la Securities and Exchange Commission statunitense.

Normativa e responsabilità

Tuttavia, al di là degli aspetti tecnici e regolatori sono forse quelli prettamente normativi a frenare la corsa alla tokenizzazione delle opere d’arte. Rimangono, infatti, ancora diversi dubbi riguardo il controllo dei nodi della blockchain, sulla responsabilità per l’eventuale scorretto funzionamento dello smart contract etc. e la normativa di settore è ancora acerba. Tuttavia, il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 3 ottobre 2018 sulle “Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione (2017/2772 – RSP)” ha cominciato a prendere in esame la tecnologia blockchain analizzando le sue svariate possibilità di applicazione proprio in considerazione di una presa di coscienza delle molteplici opportunità che tale tecnologia può avere nello sviluppo dei mercati mondiali.

Da un punto di vista domestico, invece, in Italia è stato fatto un piccolo passo in avanti con l’emanazione del nuovo art. 8-ter “Tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract” contenuto all’interno nel Decreto Semplificazione 2019 che ha introdotto la definizione normativa delle tecnologie basate su Distributed Ledger Technology e degli smart contracts. Il precitato decreto prevede, inoltre, che la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie blockchain produca gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica. Tuttavia, non esistendo ancora una disciplina giuridica completa per il procedimento di vendita, il decreto fa riferimento ai diritti sottostanti i contratti tipici e atipici ma, come si diceva all’inizio di questo articolo, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma – a breve – anche i contratti come li conosciamo oggi.

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