approfondimento

Verso l’Internet of value: come blockchain cambia la gestione delle informazioni e la produzione di energia

Tutti noi nei prossimi cinque anni in qualche modo avremo a che fare con la tecnologia blockchain, innovazione che permette il passaggio a un paradigma della rete basato sulla Internet of value e influisce sulle modalità di gestione delle informazioni, oltre ad avere impatto sulla produzione di energia: ecco le prospettive

Pubblicato il 14 Ott 2022

Luciano Serra

Imprenditore e C- Level Executive - Iconium Blockchain Ventures Coordinatore scientifico del Master Blockchain: internet of things e nuovi modelli di business della 24ORE Business School

blockchain IoT

La blockchain, più che una nuova tecnologia, è un nuovo paradigma e una nuova modalità per la gestione dei dati e delle informazioni. Per questo è così importante e pervasiva: per la prima volta nella storia dell’uomo, una tecnologia consente di processare informazioni garantendo la reale immutabilità del dato e dando la possibilità di certificare la storia di tutte le transazioni avvenute su un sistema, su una rete o su un determinato ambiente, senza bisogno di un intermediario, sia esso un notaio, una banca o più una generale un garante che si interpone tra i due attori coinvolti nella transazione.

Questo perché la blockchain consente di realizzare un ledger, un libro mastro che presenta due caratteristiche fondamentali. Da un lato è decentralizzato, in quanto esiste in un numero multiplo di copie, ed è gestito in modo distribuito e non all’interno di un solo server di un’azienda. Dall’altro lato, è reso sicuro con la crittografia per utilizzare una rete peer to peer per lo scambio di informazioni, valori o denaro, senza il bisogno di un soggetto terzo che faccia da intermediario. È la prima volta che questo accade e permette, quindi, di formalizzare una transazione con un soggetto sconosciuto avendo la certezza del buon esito dell’operazione e senza la necessità di un garante.

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In questo sta il fulcro della blockchain e quindi la sua prima caratteristica disruptive: perché consente di applicare tutto ciò in molteplici contesti, permettendo di compiere uno switch dall’Internet of information, ovvero la rete che noi consociamo e utilizziamo oggi, principalmente scambiando informazioni, a una Internet of value, in cui possiamo addirittura scambiare titoli di proprietà o creare le nostre digital identity per fruire del metaverso.

Questo è il salto dalla Rete di oggi a quella di un domani che è già molto vicino. Ma a differenza di tante altre innovazioni definite come “disruptive”, la blockchain è talmente pervasiva che coinvolgerà tutti noi. Tutti sperimenteremo questa tecnologia, come cittadini, come consumatori o come professionisti. Tutti noi, nell’arco dei prossimi cinque anni, direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente, avremo a che fare con la blockchain. E questo potrà accadere senza che nemmeno ce ne accorgiamo, perché saremo mediati da applicazioni che implicitamente fanno uso della blockchain.

La trasversalità applicativa della blockchain

Gli ambiti applicativi della blockchain, secondo un report di qualche anno fa della società di consulenza McKinsey, possono coinvolgere fino al 90% delle aziende. La blockchain è utilizzabile lato cliente, in quanto permette la fidelizzazione e il coinvolgimento del cliente stesso come prosumer nella mia azienda, di implementare la network economy o la nostra community. In questo caso di applicazione, sfruttiamo le caratteristiche di trasparenza e immutabilità del dato che questa tecnologia consente, certificando degli elementi per il mio cliente e quindi la sua interazione con la società.

Può essere applicata nel settore della logistica e della supply chain, garantendo l’anticontraffazione, il tracciamento dello stato di avanzamento di produzione dei beni e la certificazione della filiera di un prodotto. O ancora, possiamo utilizzarla per la tutela della proprietà intellettuale o per rendere più semplice l’interoperabilità dei dati tra aziende e fornitori.

Può essere sfruttata in ambito IoT, per certificare l’identità dei dispositivi che inviano un dato e garantire l’autenticità del dato stesso, che non deve essere hackerabile o soggetto a furto, oltre a garantire la remunerazione al proprietario del dispositivo utilizzato per fornire un determinato dato. Parliamo quindi di dare sicurezza sull’origine dei dati, su chi li fornisce e sul pagamento. Questo si traduce in microtransazioni, gestite grazie alla blockchain, che avvengono in tempo reale e che sono assolutamente fuori dalla portata dei sistemi di pagamento tradizionali.

Le competenze necessarie

Non sorprende quindi come la conoscenza della blockchain e delle sue applicazioni in ambiti professionali sia una delle prime 5 skills cercate su Linkedin dai recruiter delle aziende negli ultimi due anni. A fronte di una forte carenza di personale formato su questi temi sono importanti le azioni messe in atto sotto forma di master professionalizzanti (finalizzati all’utilizzo della blockchain per esplorare nuovi modelli di business, o a come riconfigurare in questo senso servizi già esistenti nelle aziende) essendo ancora una tecnologia troppo giovane per avere ricadute all’interno dei percorsi di studi tradizionali.

La blockchain è quindi una tecnologia realmente trasversale, la cui applicazione non coinvolge solo la relazione tra aziende e persone fisiche, o il Business to Business, ma riguarda sempre più anche il rapporto machine to machine così come la machine economy, all’interno della quale si monetizzano dati prodotti da dispositivi che vengono venduti ad altri dispositivi e ad altri soggetti.

L’impatto sulla produzione dell’energia

Un’altra caratteristica di “rottura” della blockchain riguarda senza dubbio la sua capacità di creare nuovi paradigmi in settori apparentemente molto distanti, come ad esempio la produzione di energia. È una tecnologia ancora energivora, in quanto molte blockchain utilizzano operazioni di mining delle criptovalute che richiedono calcoli computazionali complessi e che necessitano di un’enorme quantità di energia consumata dai data center. Sicuramente le aziende inseguono e inseguiranno luoghi dove l’energia costa meno e, quindi, costi di produzione più bassi. Ma esistono anche dei luoghi dove, oggi, l’energia potrebbe essere prodotta a basso costo, ma che non sono convenienti a causa della distanza dalle aree di consumo.

Il trasporto dell’energia nei luoghi in cui viene consumata ha costi ingenti per gli elettrodotti e, a questo, si aggiunge la dissipazione su lunghe distanze. Cosa implica questo? Una nuova catena di produzione dell’energia. I luoghi a basso costo di produzione di risorse energetiche potranno essere adibiti alla produzione di energia al fine di auto-consumarla, per reggere “l’urto” della blockchain e più in generale i costi computazionali. Ne deriva che sarà più conveniente produrre energia dove oggi non lo sarebbe, perché non c’è più necessità di trasportarla. In questo modo l’energia viene infatti consumata in loco e ciò che viene trasportato, via etere, è ad esempio il bitcoin, cioè proprio il valore aggiunto generato senza trasportare e dissipare energia.

È fondamentale andare oltre la concezione di localizzare i data center dove l’energia già viene prodotta, pensando invece a produrre nuova energia dove non sarebbe teoricamente conveniente, se non appunto per l’autoconsumo.

Un nuovo equilibrio tra proprietà individuale e consenso sociale

In conclusione, la blockchain è quindi già tra noi. In maniera a volte “nascosta” si sta introducendo nella vita delle persone, in quanto, a differenza dei social network, non ne abbiamo la percezione visiva, essendo una tecnologia che lavora dietro le quinte e che fa da abilitatore a tutta una nuova ondata di servizi, sistemi e network, come il metaverso. A livello sociale, la comunità si è inizialmente divisa di fronte alla blockchain e abbiamo visto anche una forma di denigrazione verso questa tecnologia e verso le stesse criptovalute. Ma nel frattempo la blockchain è cresciuta e maturata e sta aumentando la propria scalabilità: ciò significa che può essere più efficiente, stabile e meno costosa.

Il primo vantaggio della Blockchain è quello di garantire un sistema “tra pari”, in cui non c’è una gerarchia di attori. La blockchain ci permette di creare ecosistemi, ad esempio tra imprese che si trovano a confronto con una pluralità di soggetti diversi. È un nuovo equilibrio tra proprietà individuale e consenso sociale: un modello blockchain è un modello nuovo, che va oltre il contratto o la fiducia.

La ricaduta della Blockchain in Italia è rilevante e in questo senso il ministero dell’Economia ha recentemente spinto molto l’infrastruttura blockchain con l’industria 4.0. È una tecnologia capace di innovare l’azienda portandola a un livello di modernità internazionale, permettendo di competere su scenari globali usando una tecnologia al passo con i tempi. La ricaduta economica che genererà sarà un fatto concreto: già oggi, a livello industriale, esiste un livello di adozione della blockchain molto interessante e se, fino a tre anni fa, persisteva un senso di “sospetto” da parte dall’industria tradizionale, oggi sempre più realtà sono al lavoro per introdurla. Lo stesso processo che avevamo visto accadere nelle società di servizi. È quindi cruciale capire e individuare gli ambiti ad hoc che consentono a ogni verticalità di utilizzare la blockchain, non come strumento di marketing, ma come un pilastro dell’innovazione futura.

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