intelligenza artificiale

Robot e AI nella logistica industriale, il grande boom post-covid

I robot alimentati dall’IA sono diventati una vera necessità per diversi settori della logistica industriale (moda, bellezza, farmaceutica e alimentari). Il prossimo step sarà l’integrazione di questi strumenti nelle linee di produzione e di distribuzione, a beneficio dell’ottimizzazione dei magazzini e della forza lavoro

Pubblicato il 28 Set 2021

Luigi Mischitelli

Legal & Data Protection Specialist at Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza

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Dall’avvento del Covid-19 sul panorama commerciale globale, ha preso piede una nuova generazione di robot basati sull’intelligenza artificiale che sta letteralmente “invadendo e conquistando” il mondo della grande distribuzione e della logistica industriale. In pochi anni, ciò che prima avrebbe richiesto il pieno utilizzo di forza lavoro “in carne ed ossa” sta diventando sempre più automatizzato. E la corsa sembra inarrestabile. Ma ciò non vuol dire che presto tutto sarà automatizzato, né che l’impatto sull’occupazione sarà irreversibile.

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I robot prima e dopo la pandemia: da optional a necessità

Già prima del periodo pandemico l’utilizzo di robot – basati su intelligenza artificiale – era un dato di fatto nel campo, ad esempio, dello smistamento di prodotti nei magazzini industriali. Si parla di robot commerciali che erano limitati a svolgere compiti relativamente semplici, come lo spostare i pallet lungo percorsi prestabiliti e deviare a destra e sinistra (senza grandi manovre) per evitare gli ostacoli lungo il proprio percorso.

Nulla a che vedere, in pratica, con i nuovi robot e la loro capacità di manipolare oggetti di forme e dimensioni variabili in posizioni imprevedibili, i quali potrebbero aprire tutta una serie di compiti diversi per l’automazione. Ciò che ha fatto da spartiacque è stato, in pratica, il Covid-19, che ha imposto un’accelerazione al settore della logistica industriale, favorendo un’impennata della domanda di e-commerce nonché dell’offerta di lavoro a causa dell’improvvisa carenza di manodopera.

In parole povere, i robot alimentati dall’intelligenza artificiale sono passati dall’essere degli oggetti “belli da vedere” a una vera necessità. Una necessità (e una domanda di tali strumenti “intelligenti”) che interessa diversi settori della logistica industriale, come la moda, la bellezza, i prodotti farmaceutici e quelli alimentari. Il mondo industriale, che un tempo acquistava e utilizzava il “giocattolo” dotato di intelligenza artificiale, ora punta a integrare questi strumenti di ultima generazione in maniera permanente in tutte le linee di produzione e di distribuzione. Il tutto a beneficio dell’ottimizzazione dei magazzini e della forza lavoro ivi presente.

L’avvento dei robot mobili autonomi

Facendo un passo indietro nel tempo, è utile rammentare che durante tutti gli anni dieci del XXI secolo i settori della vendita al dettaglio e delle spedizioni online hanno costantemente automatizzato e ottimizzato i loro magazzini, per renderli più efficienti e concorrenziali. Nel 2012, Amazon acquisì Kiva Systems, un’azienda di robotica del Massachusetts (Stati Uniti) che produce robot mobili autonomi (Autonomous Mobile Robot – AMR[1]) per spostare le sue merci tra gli scaffali. Nel 2018, l’azienda statunitense leader nel mondo delle spedizioni FedEx iniziò a distribuire i propri robot autonomi AMR nel “suo” mondo della logistica industriale. E c’è anche un motivo per cui queste prime ondate di automazione sono arrivate principalmente sotto forma di AMR. Da un punto di vista tecnico, spostare oggetti dal punto A al punto B è una delle sfide robotiche più facili da risolvere. La sfida molto più difficile è manipolare gli oggetti per toglierli dagli scaffali e dagli involucri, ovvero inscatolarli e imbustarli, nel modo in cui i lavoratori “umani” lo fanno agilmente con le loro mani. In questo momento tali robot sono più abili nei compiti di manipolazione “semplice”, come raccogliere oggetti e metterli in determinate scatole; ma alcune aziende stanno già lavorando con i propri clienti su sequenze più complicate di movimenti, tra cui l’auto-imballaggio, il quale richiede ai robot di lavorare con materiali pieghevoli, fragili o traslucidi. Entro pochi anni, qualsiasi compito che prima richiedeva l’intervento diretto dell’uomo potrebbe essere parzialmente o completamente automatizzato.

Le aziende si riprogettano per sfruttare i robot

Alcune aziende hanno già iniziato a riprogettare i loro magazzini per sfruttare meglio queste nuove capacità. L’azienda austriaca Knapp, per esempio, sta cambiando i pavimenti dei suoi capannoni industriali nonché il modo in cui ivi vengono instradate le merci affinché – qualsiasi sia il lavoratore (robot o umano) – venga ottimizzato lo smistamento dei diversi prodotti. Per gli oggetti che è ancora impossibile “appaltare” a robot, come la gestione dei sacchetti contenenti tipologie particolari di merci, oppure la gestione di porcellane e ceramiche delicate, vi è la presenza di un algoritmo centrale di instradamento che “chiede aiuto” a lavoratori in carne e ossa, pronti ad intervenire. Oggetti più comuni, come articoli per la casa e forniture scolastiche, invece, vengono gestiti direttamente da robot.

Già si prevede che in settori come la moda, i magazzini completamente automatizzati potrebbero far capolino entro due anni, poiché tale settore è relativamente facile da gestire con i robot. Ma ciò non significa che tutti i magazzini saranno presto automatizzati. Ce ne sono milioni in tutto il mondo, e tutti diversi tra loro.

L’impatto dei robot sull’occupazione

Tuttavia, l’ultima spinta all’automazione solleva domande sull’impatto sui posti di lavoro. Le precedenti ondate di automazione hanno fornito ai ricercatori più dati su cosa aspettarsi. Uno studio recente[2], che ha analizzato l’impatto dell’automazione a livello aziendale, per la prima volta ha scoperto che le aziende che hanno adottato i robot prima di altri concorrenti sono diventate più competitive e sono cresciute di più, il che le ha portate ad assumere più lavoratori. Per la professoressa Lynn Wu della Wharton School of the University of Pennsylvania (Stati Uniti) – coautrice dello studio – qualsiasi perdita di posti di lavoro proviene da aziende che non hanno adottato tali robot, poiché perdono la loro competitività e si rivalgono sui lavoratori. Ciò che è palese, tuttavia, è che – semplicemente – ci sarà uno spostamento di mansioni e la creazione di nuove specializzazioni.

Ruoli come l’imballaggio di scatole e lo smistamento delle stesse saranno delegati ai robot, mentre appariranno nuovi impieghi, alcuni direttamente legati alla manutenzione e alla supervisione dei robot, altri all’evasione dei diversi ordini, che richiederanno un’espansione delle operazioni di logistica e consegna. In altre parole, la manodopera mediamente qualificata scomparirà a favore del lavoro a bassa e alta qualificazione. Quindi, è necessario concentrarsi sul facilitare la “transizione di mansioni” aiutando i lavoratori a riqualificarsi e creando nuove opportunità di crescita professionale in un settore in continua e inarrestabile espansione.[3]

Note

  1. Tra i robot impiegati nel ramo della logistica vi è una differenza di fondo tra gli AMR (Autonomous Mobile Robot) e gli AGV (Automated Guided Vehicles). Un AMR naviga in autonomia usando delle mappe che possono essere caricate direttamente sul robot, o che questo costruisce autonomamente in loco. Un AGV, invece, possiede un’intelligenza di bordo minima e può solo obbedire a semplici istruzioni. Per approfondimenti: https://www.mobile-industrial-robots.com/it/insights/get-started-with-amrs/agv-vs-amr-whats-the-difference/
  2. The Robot Revolution: Managerial and Employment Consequences for Firms. NYU Stern School of Business. Social Science Research Network. https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3422581
  3. A new generation of AI-powered robots is taking over warehouses. MIT Technology Review. https://www.technologyreview.com/2021/08/06/1030802/ai-robots-take-over-warehouses/

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