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Tribunale unificato dei brevetti: perché è un’opportunità da cogliere nel 2021

Il 2021 potrebbe essere l’anno decisivo per l’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti e di conseguenza del brevetto unitario: tuttavia la Brexit e l’attesa della ratifica da parte della Germania rallentano il processo

Pubblicato il 29 Gen 2021

Isabella Corrias

Associate Rödl & Partner

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Il brevetto unitario sarà operativo solo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. Tuttavia, sono ancora incerti i tempi entro cui ciò potrà avvenire a causa di due elementi: il ritardo della ratifica obbligatoria da parte della Germania e il ritiro del Regno Unito a seguito della Brexit. Si prevede comunque che ciò possa avvenire nel corso del 2021.

Infatti, dopo il ritiro dell’adesione al Tribunale unificato dei brevetti, la sezione londinese del TUB cerca una nuova collocazione. Il governo italiano ha preannunciato la candidatura di Milano, ma l’entrata in vigore dell’Accordo istitutivo del TUB avverrà non appena sarà completato l’iter delle ratifiche ora bloccato dall’impasse tedesca. Nel frattempo, il Comitato preparatorio ha approvato una redistribuzione provvisoria delle competenze affidate alla sezione di Londra fra le sedi già esistenti (Parigi e Monaco di Baviera).

Tribunale unificato dei brevetti, come funziona

Il 31 dicembre 2012 sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea i Regolamenti (UE) n. 1257/2012 e n. 1260/2012 relativi, rispettivamente, all’istituzione di una tutela brevettuale unitaria e al relativo regime di traduzioni[1]. Il c.d. Unitary Patent Package viene completato dall’Accordo[2] firmato a Bruxelles il 19 febbraio 2013 da venticinque stati membri dell’Unione europea, istitutivo del nuovo tribunale unificato dei brevetti (“TUB”).

Si tratta di organo giurisdizionale unificato per la composizione delle controversie relative sia ai “classici” brevetti europei (“brevetti europei”) che ai “nuovi” brevetti europei con effetto unitario (“brevetti unitari”), le cui decisioni avranno effetto in tutti i paesi UE aderenti. In base all’Accordo, il sistema si articolerà su due livelli: un Tribunale di primo grado e una Corte d’Appello, entrambi di composizione multinazionale.

Il Tribunale di primo grado sarà costituito da una divisione centrale con sede a Parigi (con specifica competenza nelle seguenti aree: tecniche industriali, trasporti, tessili, carta, costruzioni fisse, fisica, elettricità) e da due sezioni distaccate a Londra (aree: necessità umane[3], chimica, metallurgia) e Monaco di Baviera[4] (aree: meccanica, illuminazione, riscaldamento, armi, esplosivi) nonché da una o più divisioni locali, fino ad un massimo di quattro, per ogni stato membro che lo richieda (attualmente l’Italia prevede un’unica sede locale a Milano). La Corte d’Appello avrà invece sede a Lussemburgo e deciderà tramite un collegio di cinque giudici composto da tre giudici togati e due giudici tecnici.

Che cos’è il brevetto unitario

Il brevetto unitario è stato istituito allo scopo di ottenere un unico titolo valido all’interno di tutti i paesi che partecipano all’iniziativa, senza necessità di ottenere altrettante convalide nazionali nei singoli territori designati (come avviene invece oggi per il brevetto europeo[5]), e non si sostituirà, bensì si affiancherà, alla tutela brevettuale oggi esistente. In altre parole, continueranno ad esistere sia i singoli brevetti nazionali che il “classico” brevetto europeo. Con riferimento a quest’ultimo, il titolare del brevetto unitario potrà cioè ottenere una tutela negli stati che avranno ratificato l’Accordo istitutivo del TUB e convalidare il brevetto europeo “classico” nei paesi non coperti dalla tutela unitaria, ovvero negli stati membri che non hanno ancora ratificato l’Accordo, nei paesi UE non aderenti (Spagna, Croazia e Polonia, le quali potranno tuttavia aderire in qualsiasi momento), oppure negli stati che non fanno parte dell’Unione europea.

La domanda di brevetto unitario, che andrà depositata sempre presso l’EPO, dovrà essere redatta in una delle tre lingue ufficiali dell’ufficio (Inglese, Francese o Tedesco) e dovrà essere accompagnata da una traduzione delle sole rivendicazioni nelle altre due lingue ufficiali. Ciò a differenza della disciplina attuale, in base alla quale l’efficacia del brevetto europeo in ciascuno degli stati designati dalla domanda può essere subordinata al deposito di una traduzione integrale del brevetto nella lingua nazionale (di tale regola si è, ad esempio, valsa l’Italia).

L’impasse tedesco: lo stato dell’arte

L’entrata in vigore dei Regolamenti e l’operatività del Tribunale unificato sono subordinate, ai sensi dell’articolo 89 dell’Accordo, alla ratifica di quest’ultimo da parte di almeno tredici paesi firmatari, purché abbiano ratificato i tre paesi nei quali avevano effetto il maggior numero di brevetti europei nell’anno precedente alla firma dell’Accordo. Tenendo quindi in considerazione le statistiche relative all’anno 2012, sono necessarie le ratifiche di Francia, Regno Unito e Germania (i tre paesi in questione sono anche quelli che ospitano, come visto, la divisione centrale e le relative sezioni del TUB: Parigi, Londra e Monaco di Baviera).

Ad oggi, nonostante l’Accordo sia stato ratificato da sedici stati membri – tra cui l’Italia[6] – manca ancora una delle tre ratifiche obbligatorie, ossia quella da parte della Germania: la Corte costituzionale federale tedesca, con una sentenza emanata il 13 febbraio scorso (e pubblicata il 20 marzo 2020), ha dichiarato nullo per vizi di forma l’atto con cui la camera bassa del Parlamento tedesco (Bundestag) aveva a suo tempo approvato nel 2017 la ratifica dell’Accordo. Ciò segnatamente per il mancato rispetto del requisito dell’approvazione a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti del Bundestag che invece aveva adottato l’atto di ratifica, ancorché all’unanimità, alla presenza di soli trentacinque membri. Secondo la ricostruzione dei giudici, la legge di ratifica di un Accordo che modifica norme di carattere costituzionale, poiché conferisce funzioni giurisdizionali ad una corte sovranazionale con competenza esclusiva in determinate materie attribuendo efficacia diretta alle sue decisioni in ogni stato membro, avrebbe dovuto essere approvata a maggioranza qualificata.

Il secondo disegno di legge tedesco di ratifica dell’Accordo è stato recentemente approvato, con la maggioranza richiesta, dal Bundestag lo scorso 26 novembre e dal Bundesrat – la camera alta del Parlamento – il 18 dicembre, ma è già oggetto di due ricorsi depositati il giorno stesso della votazione del Bundesrat dinanzi alla Corte costituzionale federale tedesca. Le identità dei nuovi ricorrenti non sono ancora note, anche se la Foundation for a Free Information Infrastructure (FFII) aveva minacciato (da ultimo tramite un comunicato diffuso proprio lo stesso giorno in cui il Bundestag ha espresso il proprio voto) un secondo ricorso costituzionale contro la nuova legge di ratifica, lanciando una raccolta di fondi al riguardo per sostenere l’iniziativa. Quale sarà quindi l’esito dell’iter del disegno di legge di ratifica dell’Accordo istitutivo del TUB in Germania?

La candidatura di Milano 

Un ulteriore elemento di incertezza che pesa sull’avvio del sistema brevettuale unitario è costituito dal mancato approfondimento riguardo i possibili effetti del ritiro del Regno Unito dall’Accordo istitutivo del TUB a seguito della Brexit, sia sul diritto della Germania di ratificare l’Accordo stesso, sia sul futuro del medesimo Tribunale. Con riguardo alla prima questione, gli interrogativi posti alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea da parte di un membro tedesco del Parlamento europeo, Patrick Breyer, hanno ricevuto risposta nei mesi scorsi.

Il Commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, ha in particolare precisato che la Brexit non impatta sul processo di ratifica dell’Accordo TUB da parte della Germania e, a nome della Commissione, ha auspicato che la ratifica possa avvenire in tempi brevi. Analogamente, secondo il Consiglio UE, il ritiro del Regno Unito dall’Unione europea non pregiudica il processo di ratifica in corso dell’Accordo in Germania. In questa stessa sede il Consiglio ha però dichiarato che il futuro del Tribunale unificato non è stato ancora oggetto di discussione. Inoltre, il fatto che l’Accordo possa validamente entrare in vigore senza alcuna modifica dopo il recesso di uno degli stati firmatari – oltretutto uno dei tre designati per ospitare una divisione centrale del Tribunale all’interno del proprio territorio – residua qualche dubbio.

Oltre ai dubbi di validità dell’Accordo, si deve anche scegliere una nuova sede in luogo di quella londinese. Nel corso della riunione del Comitato preparatorioi.e., l’organo che si occupa di rendere operativo il TUB – tenutasi il 10 settembre scorso in videoconferenza a Bruxelles, l’Italia ha preannunciato l’intenzione di presentare la candidatura di Milano[7] quale nuova sezione distaccata della divisione centrale in sostituzione di Londra. Altre candidature potrebbero essere quelle di Amsterdam (già sede dell’EMA[8]) e Copenaghen.

Il report del Comitato emesso al termine della riunione non fa espresso riferimento a questo tema, spiegando genericamente che soluzioni pragmatiche e giuridicamente valide per consentire l’avvio del sistema brevettuale unitario saranno presto adottate. Il Ministero degli Esteri italiano ha invece rilasciato un comunicato più articolato, nel quale si legge che “Il Comitato Preparatorio ha confermato la volontà degli Stati partecipanti di assicurare l’entrata in vigore del TUB non appena sarà completato l’iter delle ratifiche, e auspicabilmente già agli inizi del 2021. Per consentirlo, ha approvato una provvisoria ridistribuzione di competenze della sede di Londra fra le sedi esistenti di Parigi e Monaco di Baviera, a condizione tuttavia che si tratti di una soluzione di breve periodo, in attesa che l’Accordo entri in vigore e che l’Italia possa avviare, d’intesa con gli altri Stati firmatari, la procedura di modifica dell’Accordo per includervi Milano quale terza sede della divisione centrale Tribunale”.

A ben vedere l’ipotesi, da alcuni prospettata, di mantenere invece le sole due sedi di Parigi e Monaco appare impraticabile, dal momento che una sede centrale con due sezioni distaccate è prevista dall’Accordo stesso, in particolare, dall’articolo 7 paragrafo 2, il quale recita che “La divisione centrale ha la propria sede a Parigi, con sezioni a Londra e a Monaco. I casi dinanzi alla divisione centrale sono distribuiti conformemente all’allegato II, che costituisce parte integrante del presente accordo”. Il principio di conservazione dei trattati ricavabile anche dall’articolo 62, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna sul Diritto dei trattati del 1969[9], impone inoltre che la norma in esame vada interpretato nel senso che, a valle del ritiro del Regno Unito, la sede centrale continui ad avere due sezioni distaccate, come prescritto, e che la sede di Londra vada riassegnata. Non si dimentichi poi che l’articolo 55, sempre della Convenzione di Vienna, stabilisce che “A meno che il trattato non disponga altrimenti, a un trattato multilaterale non si pone termine per il solo motivo che il numero delle parti è inferiore al numero necessario per la sua entrata in vigore”. Di conseguenza, solo temporaneamente, in deroga all’Accordo, le competenze londinesi possono essere ripartite tra Parigi e Monaco di Baviera.

Perché la candidatura dell’Italia merita attenzione

La candidatura dell’Italia merita di essere presa in seria considerazione. E ciò per più di una ragione. Innanzitutto, secondo l’interpretazione maggioritaria[10] dell’articolo 89 dell’Accordo, la divisione centrale di Londra deve essere riassegnata allo stato che, escludendo il Regno Unito, risulta avere il maggior numero di brevetti europei in vigore nel 2012 dopo la Germania e la Francia: come confermato da uno studio del Parlamento europeo datato marzo 2020, l’Italia è al quarto posto. Inoltre, dall’Italia proviene più della metà dei farmaci venduti nell’Unione europea e quindi è senza dubbio la candidata ideale per ospitare la sezione del TUB che si occuperà di queste tematiche.

E all’interno dell’Italia, la scelta naturale non può poi che ricadere su Milano. Non solo Milano è la città dove vengono depositati il maggior numero dei brevetti in Italia, ma è anche il foro italiano dove vengono trattate la maggior parte delle cause brevettuali e quindi, grazie all’esperienza maturata, il livello di specializzazione degli operatori coinvolti è molto elevato (non è un caso che l’Associazione nazionale dei consulenti in proprietà industriale abbia sede proprio a Milano).

Milano ospita inoltre il polo economico di maggiore industrializzazione del paese, con forte concentrazione anche delle imprese del settore chimico e farmaceutico, e infine, come anticipato, ospiterà una delle divisioni locali del Tribunale unificato: tale sede potrà essere perciò integrata con l’assegnazione di altri spazi per accogliere anche una delle tre corti centrali.

Lo scenario futuro

Oggi abbiamo una procedura di concessione dei brevetti europei che prevede la convalida del titolo in ciascuno dei paesi designati. Si tratta di un processo complesso e anche molto costoso, motivo per cui, spesso, i richiedenti preferiscono convalidare i brevetti europei solo in un certo numero di stati escludendone altri. Inoltre, a causa della mancanza di un sistema unificato per la risoluzione delle controversie, i titolari delle invenzioni possono essere esposti a controversie parallele relative allo stesso brevetto nei tribunali nazionali di stati membri diversi, con il rischio di vedersi applicare decisioni divergenti.

Il brevetto unitario metterà fine a tutto ciò: con esso, gli inventori non solo potranno ottenere una tutela uniforme in tutti in paesi dell’Unione europea che avranno ratificato l’Accordo istitutivo del TUB, ma potranno anche evitare le pratiche di convalida e traduzione presso gli uffici brevettuali nazionali riducendo così le complessità amministrative e i relativi costi.

Al momento non è però possibile prevedere con certezza una data per l’entrata in vigore del nuovo regime, che si auspica possa avvenire nel corso del 2021. Sul punto si attendono notizie da parte della Corte costituzionale tedesca riguardo l’esito dei due nuovi ricorsi sulla ratifica dell’Accordo da parte della Germania e si aspetta di risolvere definitivamente le questioni sollevate dalla decisione del Regno Unito di ritirare la propria adesione al Tribunale unificato. In questo contesto, l’assegnazione a Milano di una delle tre sedi centrali del Tribunale unificato è molto di più di un’istituzione europea da portare nel nostro paese: è un tassello importante di un progetto realistico di rilancio e riqualificazione, soprattutto dopo la terribile pandemia del Covid-19.

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Note

  1. I due Regolamenti sono pubblicati in GUUE, 31 dicembre 2012, L 361/01 e L 361/89.
  2. L’Accordo è pubblicato in GUUE, 20 giugno 2013, C 175/01.
  3. Ossia, prodotti farmaceutici e per la cura della persona.
  4. Già sede dell’European Patent Office (EPO).
  5. Il brevetto europeo genera infatti tanti brevetti nazionali (si parla di “fascio” di brevetti nazionali) quanti sono gli stati designati dal richiedente.
  6. L’Italia ha ratificato l’Accordo con la Legge 3 novembre 2016, n. 214. Inoltre, con l’entrata in vigore il 27 marzo 2019 del Decreto legislativo 19 febbraio 2019, n. 18 sono state coordinate le disposizioni del Codice della proprietà industriale alla nuova disciplina.
  7. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha individuato Milano come città candidata ad ospitare il Tribunale unificato dei brevetti e Torino come sede principale per l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A). L’obiettivo è creare una sinergia tra le due città e il Governo e allo stesso tempo consolidare l’asse nord-ovest del Paese: una strategia che renderebbe ancora più forti Milano e Torino e, con esse, l’Italia.
  8. La sede dell’European Medicines Agency (EMA) è stata recentemente trasferita ad Amsterdam dopo una controversa attribuzione proprio rispetto alla concorrente Milano.
  9. Articolo 62, paragrafo 1, Convenzione di Vienna sul Diritto dei trattati: “Un fondamentale mutamento di circostanze che si sia prodotto in relazione a quelle che esistevano al momento della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti, non può essere invocato come motivo per porre termine al trattato o per ritirarsi da esso, a meno che: a) l’esistenza di tali circostanze non abbia costituito una base essenziale per il consenso delle parti ad essere vincolate dal trattato; e che b) tale cambiamento non abbia l’effetto di trasformare radicalmente il peso degli obblighi che restano da eseguire in base al trattato”.
  10. Si veda anche il documento di posizione riguardante il futuro della divisione centrale londinese del TUB pubblicato da AIPPI in data 11 giugno 2020.

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Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
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Decarbonizzazione
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Unioncamere
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I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr

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