Digital divide

Italia senza internet veloce, ecco i danni delle politiche sbagliate

In una fase in cui internet è fondamentale per la tenuta dell’economia, dell’istruzione e di molti rapporti istituzionali e umani, una quota troppo grande di italiani scopre i danni del digital divide infrastrutturale, frutto di anni di politiche sbagliate. Il piano banda ultra larga è in ritardo. Ecco come e perché reagire

Pubblicato il 14 Mar 2020

Marco Bussone

presidente Uncem

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Il Comune di Pomaretto è chiuso, ma aperto. È tra i pochissimi (piccoli) Enti locali che in questi giorni non ha messo i suoi dipendenti in ferie ma comunque li ha lasciati fuori dal Municipio, al sicuro. Sono tutti a casa sì, ma tutti a lavoro. Collegati al cloud del Comune, in sinergia tra loro, pronti a sincronizzarsi con i cittadini. Pomaretto, 1200 abitati, Val Germanasca, a pochi chilometri da Pinerolo, ha potuto mantenere il “Comune aperto” grazie a un lavoro fatto negli ultimi dieci anni che oggi, in tempi di emergenza sanitaria, torna particolarmente utile. Connettività prima di tutto, sistemi cloud per custodire i dati, modelli di scambio di informazioni con i cittadini di facile accesso per tutti. E ancora, moduli non on line non solo da scaricare in pdf, ma da riempire ad hoc con format moderni che non capita sempre di trovare negli Enti più piccoli. Oggi sono meno del 5 per cento i Comuni montani (4mila in totale in Italia) che stanno ricorrendo a sistemi smart di interazione con i cittadini. Molti ci riescono grazie a una preparazione che non li ha messi in difficoltà. E così i dipendenti sono a casa ma connessi. Vale per Pomaretto e per altri decisi a partire. In tempi di coronavirus i Sindaci stanno capendo che la strada giusta è fatta di digitalizzazione, ma soprattutto di connettività. Non una senza l’altra. Dati degli operatori telefonici e che vengono dagli internet exchange ci dicono di un forte picco di traffico, di conseguenza allo smart working e alla crescita di attività online come streaming, videogiochi online, nelle ultime settimane.

Anche i più evoluti e determinati, Sindaci di Comuni e imprese ubicate nelle zone montane (e non solo), fanno però i conti con il piano banda ultralarga troppo in ritardo, come ammesso dallo stesso attuale ministro dello Sviluppo economico.

Due anni almeno di ritardo, a causa di lavori non partiti, mancanza di autorizzazioni, fibra portata al cabinet ma non a casa. Sono poco più di cento i Comuni in Italia dove sono stati terminati gli interventi da parte delle aziende incaricate da Open Fiber. E così, le aree montane del Paese continuano a restare scollegate. Tutta la buona volontà di Amministratori e imprenditori – oltre che dei cittadini – resta sulla carta. Un bel disegno il Piano BUL, nel quale Uncem ha sempre creduto. Ci crede ancora. Peccato per il ritardo troppo forte che sta mettendo in dubbio il piano stesso, in mezzo a “non necessari” contrasti politici, interrogazioni parlamentari, accesso agli atti, “incomprensioni” tra Tim e Open Fiber sulla rete unica. Cittadini, imprese, PA aspettano. E nel frattempo in molti casi scelgono l’FWA dei Wisp, unica soluzione al divario digitale.

Il digital divide nell’Italia 2020

Già il divario digitale. Lo registriamo da almeno un decennio, tra le valli alpine e appenniniche e le aree urbane.

Gli ultimi dati Agcom (ottobre 2019) dicono che c’è un 5 per cento di italiani non coperti da banda larga fissa. Per loro la soluzione migliore è il fixed wireless access, appunto. C’è poi il 31,5 per cento di italiani che ha una banda larga inferiore a 30 Mbps, di tipo Adsl; inadeguata in tempi di smart working, lezioni online e diverse applicazioni che richiedono buona banda, non solo in download ma anche in upload. L’altro 68,5 per cento naviga con tecnologie 30 Mbps in su,  ma non è una garanzia di qualità: solitamente sono offerte Vdsl2 da 100-200 Mbps di picco, che in certe zone – dove il doppino tra armadio stradale e casa è lungo centinaia di metri – sono in realtà alcuni Mbps…come una vecchia Adsl. Solo il 36,8 per cento degli italiani di sicuro no ha problemi, con connessione fibra ottica completa fino a 1 Gigabit: 36,8 per cento.

Non solo: i segnali senza fili delle connessioni FWA nelle zone montane arrivano ma vanno potenziati (ad esempio liberando le frequenze nazionali della difesa, inutilizzate, per garantire più banda e dunque maggiore velocità), mentre restano forti i problemi legati alla mancanza di rete per la telefonia mobile, come Uncem ha evidenziato a ottobre 2019. Grazie a un monitoraggio “dal basso”, l’Unione dei Comuni e degli Enti montani ha mostrato che – con oltre 1450 segnalazioni di Sindaci e cittadini residenti – in 1.200 Comuni italiani vi sono difficoltà di ricezione del mobile con uno o più operatori. E nella legge di bilancio 2020 sono arrivati i primi antidoti, con 1,5 milioni di euro per nuovi tralicci nelle zone montane. Il Coronavirus ha rallentato l’azione delle Regioni che avrebbero dovuto, entro fine marzo, abbozzare un piano di interventi per accedere alle risorse. Fondi da integrare grazie alla programmazione europea che si sta concludendo.

Accelerare il piano banda ultra larga

Proprio dalle risorse europee 2021-2027 potrebbero arrivare nuove risorse per alleggerire il divario digitale tra aree rurali e zone urbane. I fronti sono quello legato alla trasmissione dati (con l’ampliamento del piano per la banda ultralarga, che già ora usa fondi UE), quello per nuovi ripetitori per il mobile, quello dei servizi. Di fatto sono gli stessi fronti che andavano già percorsi nell’attuale programmazione.

Nessun altro Paese li aveva concepiti tutti e tre uniti. L’Italia sì, ma a oggi i tre piani non stanno marciando con l’adeguata velocità. Uncem l’ha ripetuto un mese fa al Ministro Pisano: il Paese, come pochi altri in Europa, ha bisogno di un Piano nazionale per la digitalizzazione dei territori. O, se si preferisce, di una Strategia per l’Italia rurale da digitalizzare. Inutile dire che senza infrastrutture, anche le migliori intenzioni di Comuni e imprese vanno poco lontane. Pomaretto, insieme a pochi altri Enti territoriali al di fuori dei cento capoluoghi, rischia di essere tra gli unici che grazie a cloud e servizi digitali possono fare veramente smart working e garantire servizi digitali veri ai cittadini. Le Regioni devono fare la loro parte. Anche sugli impianti. Incentivare smart working ed e-learning (come previsto anche dalla legge 158/2017 sui piccoli Comuni) vuol dire investire sulle reti e mettere sulla stessa linea i Comuni, che scelgono e usano obbligatoriamente il cloud e sistemi informativi che si parlano. Oggi obblighi veri in questa direzione non ci sono. Non esistono sanzioni, ma devono arrivare preso incentivi. Per non farsi trovare impreparati alla prossima emergenza. Avremo imparato?

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