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L’era dello smartphone è alla fine? Ecco cosa useremo con l’IA



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Nuove tecnologie emergono con una velocità tale da farci dubitare della loro supremazia: gli occhiali intelligenti potrebbero liberarci dallo schermo tascabile, gli assistenti virtuali avanzati potrebbero rendere obsoleti i metodi di input come la tastiera o il touch screen. Il punto su prospettive e nodi etici

Pubblicato il 20 ott 2023

Andrea Viliotti

Innovation Strategist



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Ci troviamo di fronte a un momento storico in cui la tecnologia non è più un semplice strumento, ma un’estensione di noi stessi, capace di ridefinire il modo in cui interagiamo con il mondo e, forse, di cambiarlo per sempre.

E, mentre riflettiamo sull’evoluzione e le sfide dell’intelligenza artificiale, è anche inevitabile chiedersi quale sarà il dispositivo che ospiterà queste intelligenze avanzate.

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Se oggi parliamo di chatbot come ChatGPT, domani potremmo interagire con essi attraverso occhiali intelligenti piuttosto che smartphone. Ma come cambierà questo il nostro rapporto con la tecnologia e con la società? E quali saranno le implicazioni etiche di un tale cambiamento?

Meta e OpenAI, protagonisti verso il futuro della tecnologia

Nella frenetica corsa verso il futuro della tecnologia, due nomi emergono con forza: Mark Zuckerberg, il timoniere di Meta, e OpenAI, il laboratorio di ricerca che sta spingendo i confini dell’intelligenza artificiale. Immaginatevi a Menlo Park, il 27 settembre, quando Zuckerberg, con il suo stile inconfondibile, svela una serie di prodotti che sembrano usciti da un romanzo di fantascienza. Non è solo l’headset per la realtà virtuale Quest 3 a catturare l’attenzione, ma soprattutto gli occhiali intelligenti, nati dalla collaborazione con Ray-Ban, che promettono di essere molto più di un semplice accessorio di moda.

Ma non è tutto. Nella stessa settimana, OpenAI fa il suo annuncio bomba: importanti aggiornamenti per ChatGPT, il chatbot generativo che ora non solo scrive, ma vede, ascolta e parla. E come se non bastasse, viene svelata una collaborazione con Sir Jony Ive, l’ex designer di Apple, per un dispositivo misterioso che potrebbe essere il prossimo grande passo nell’era dell’AI.

Per comprendere l’importanza di questi annunci, è necessario inquadrare il contesto. Meta non è più solo un social network; è un’entità che aspira a costruire un metaverso, un universo virtuale dove l’interazione umana assume nuove dimensioni. OpenAI, dal canto suo, è un pioniere nell’ambito dell’intelligenza artificiale, con progetti che spaziano dalla comprensione del linguaggio naturale all’apprendimento automatico.

Ora, immaginate un chirurgo che utilizza il Quest 3 per simulare un’operazione delicata, o un architetto che esplora un modello 3D di un grattacielo prima che la prima pietra sia posata. Questi non sono gadget; sono strumenti che potrebbero cambiare il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo con il mondo che ci circonda.

Gli occhiali intelligenti di Meta e Ray-Ban vanno oltre la semplice realtà aumentata. Potrebbero, per esempio, aiutare le persone con disabilità visive a muoversi con più sicurezza, fornendo informazioni contestuali direttamente nel loro campo visivo.

E cosa dire di ChatGPT? Con la sua nuova capacità di vedere e ascoltare, potrebbe diventare un assistente onnipresente in settori come la sanità e l’educazione. Immaginate un medico che consulta ChatGPT per una diagnosi più precisa, basata su una combinazione di sintomi verbali e immagini mediche.

La collaborazione con Sir Jony Ive aggiunge un ulteriore livello di intrigante complessità. Non si tratta solo di creare dispositivi intelligenti, ma di farlo con un occhio al design e all’usabilità, elementi fondamentali per conquistare il grande pubblico.

La fine dello smartphone? Una svolta imminente

Immaginate un mondo in cui lo smartphone, quell’oggetto che sembra ormai un’estensione della nostra mano, diventa un relitto tecnologico. Sembra fantascienza? Forse non più. Con l’ascesa di tecnologie come la realtà virtuale, gli assistenti virtuali avanzati e gli occhiali intelligenti, la domanda diventa sempre più pressante: stiamo assistendo alla fine dell’era dello smartphone? Sky, un avatar di ChatGPT, ci invita a riflettere su questo scenario, suggerendo la lettura di “The Shallows” di Nicholas Carr e “Screened Out” di Jean Baudrillard, due testi che scavano nell’impatto psicologico e sociale degli schermi.

Gli smartphone sono diventati così radicati nella nostra vita quotidiana che è difficile immaginare un mondo senza di essi. Eppure, nuove tecnologie emergono con una velocità tale da farci dubitare della loro supremazia. Gli occhiali intelligenti, per esempio, potrebbero liberarci dalla schiavitù dello schermo tascabile, proiettando informazioni direttamente nel nostro campo visivo. E cosa dire degli assistenti virtuali avanzati, che potrebbero rendere obsoleti i metodi di input come la tastiera o il touch screen?

Ma non è solo una questione di comodità o efficienza. Nicholas Carr, in “The Shallows”, ci avverte dei pericoli insiti nell’uso eccessivo di dispositivi digitali. Secondo Carr, la nostra capacità di pensiero critico e di concentrazione potrebbe essere compromessa. Jean Baudrillard va oltre, esplorando come la saturazione degli schermi possa alienarci dalla realtà e dai rapporti umani.

E se gli smartphone dovessero davvero diventare obsoleti? Ci troveremmo di fronte a un cambiamento radicale nel modo in cui interagiamo con la tecnologia e con gli altri. Gli occhiali intelligenti potrebbero offrire un’interazione più “naturale” con il mondo digitale, mentre gli assistenti virtuali avanzati potrebbero evolvere da semplici strumenti a veri e propri compagni digitali, capaci di comprendere il contesto e di rispondere in modo più umano.

Questioni etiche e di privacy

Tuttavia, un cambiamento così drastico solleva questioni etiche e di privacy. Se un assistente virtuale può “vedere” e “ascoltare” tutto ciò che accade intorno a noi, come possiamo essere sicuri che queste informazioni siano gestite in modo responsabile? E come garantire che queste nuove tecnologie siano progettate e implementate in modo etico?

Per l’industria tecnologica, il passaggio da smartphone a nuovi dispositivi rappresenta una svolta epocale. Le aziende che oggi dominano il mercato dovranno adattarsi o rischiare di diventare irrilevanti. Allo stesso tempo, potrebbero emergere nuovi protagonisti pronti a ridefinire le regole del gioco.

La fine dell’era dello smartphone potrebbe essere più vicina di quanto pensiamo, alimentata da tecnologie emergenti e da un cambiamento nei nostri comportamenti e aspettative. Ma come suggeriscono Carr e Baudrillard, è fondamentale procedere con cautela. La tecnologia è uno strumento, e il modo in cui scegliamo di utilizzarlo avrà un impatto profondo sulla società e su noi stessi.

Alla luce delle domande sulla possibile fine dell’era dello smartphone, sorge spontaneo interrogarsi sulla futura frontiera dell’interazione uomo-macchina. Se gli smartphone stessi sono destinati a diventare obsoleti, cosa prenderà il loro posto? E come queste nuove interfacce cambieranno il nostro rapporto con la tecnologia? È qui che entra in gioco il concetto di interazione “frictionless”, un termine che sta diventando sempre più rilevante nel panorama tecnologico. Ma cosa significa realmente eliminare gli “attriti” nella nostra interazione con le macchine? E quali sono le sfide che dobbiamo affrontare per realizzare questa visione?

Creare interfacce uomo-macchina “frictionless”

Nel fervore dell’innovazione tecnologica, un termine sta emergendo come mantra: “frictionless“, ovvero interazioni uomo-macchina prive di attriti. L’obiettivo è ambizioso ma semplice: rendere la nostra interazione con le macchine il più fluida e naturale possibile. E in questo contesto, gli occhiali intelligenti con intelligenza artificiale incorporata si stanno rivelando un vero e proprio game changer.

La promessa di un’interazione “frictionless” è allettante per diversi motivi. Da un lato, abbassa la curva di apprendimento, rendendo la tecnologia più accessibile a fasce sempre più ampie della popolazione. Dall’altro, potenzia l’efficienza in vari ambiti, dal mondo del lavoro alla vita di tutti i giorni. Immaginate un chirurgo che può accedere ai dati vitali di un paziente senza mai distogliere lo sguardo dal campo operatorio, o un cliente in un negozio che riceve informazioni su un prodotto semplicemente posando su di esso lo sguardo. Le possibilità sono pressoché infinite e potrebbero trasformare radicalmente settori che vanno dall’istruzione all’ingegneria.

Gli occhiali intelligenti con realtà aumentata sono la quintessenza di questa visione. A differenza degli schermi di smartphone o tablet, che richiedono un’interazione fisica come il tocco o la digitazione, questi dispositivi possono fornire informazioni in un modo più organico. Un esempio lampante potrebbe essere quello di un utente che riceve indicazioni stradali semplicemente guardando un incrocio, eliminando così la necessità di estrarre un dispositivo e aprire un’app di navigazione.

Ma come ogni medaglia, anche questa ha il suo rovescio. Il rischio di sovraccarico informativo è reale. Se ogni elemento nel nostro campo visivo diventa una potenziale fonte di informazioni, come evitiamo di essere sopraffatti? E poi ci sono questioni etiche e sociali da considerare. Come garantiamo che queste interfacce siano progettate per essere inclusive e accessibili a tutti, indipendentemente dall’età o dalle capacità? E come evitiamo che l’accesso a queste tecnologie sofisticate aumenti il divario digitale?

Le sfide tecniche, etiche e sociali

La strada verso interfacce uomo-macchina “frictionless” è disseminata di sfide tecniche, etiche e sociali. Ma gli occhiali intelligenti con AI incorporata rappresentano un passo significativo in questa direzione, promettendo un’interazione più organica e intuitiva con il mondo digitale. Per realizzare appieno questo potenziale, è fondamentale un approccio olistico che tenga conto di tutti questi fattori. Solo così potremo avvicinarci alla visione di un’interazione uomo-macchina veramente senza attriti, con tutte le implicazioni rivoluzionarie che questo comporta per la nostra qualità di vita.

Avvicinandoci all’ideale di un’interazione uomo-macchina “frictionless”, diventa fondamentale considerare le implicazioni più ampie di questa rivoluzione tecnologica. Se da un lato l’eliminazione degli attriti può portare a un’efficienza senza precedenti e a una maggiore inclusività, dall’altro lato emergono questioni complesse legate all’isolamento e alla disconnessione dalla realtà e dai legami umani. Quindi, mentre celebriamo i passi avanti nel campo delle interfacce intuitive, è altrettanto cruciale esaminare le potenziali ombre che queste innovazioni potrebbero gettare sulla nostra esistenza sociale e individuale.

VR e AR: isolamento e disconnessione dalla realtà

Nell’era dell’innovazione tecnologica, la realtà virtuale e la realtà aumentata stanno diventando le nuove frontiere dell’esperienza umana, promettendo mondi virtuali mozzafiato e informazioni in tempo reale a portata di mano. Ma mentre ci immergiamo in questi nuovi orizzonti digitali, emergono anche preoccupazioni inquietanti: l’isolamento sociale e la disconnessione dalla realtà. E queste problematiche non sono passate inosservate; sono al centro dell’attenzione sia per gli investitori che per i regolatori.

La realtà virtuale, con la sua capacità di offrire un’immersione totale in mondi generati al computer, è irresistibilmente attraente. Ma questa stessa immersione ha un lato oscuro. Se le persone iniziano a trascorrere troppo tempo in queste realtà alternative, il rischio è che si allontanino dalla vita reale e dai legami umani che la costituiscono. Non si tratta solo di una nuova forma di “dipendenza da tecnologia”; è una questione che tocca le fondamenta stesse del nostro tessuto sociale.

Anche la realtà aumentata, pur essendo meno avvolgente della sua controparte virtuale, non è esente da rischi. Gli occhiali AR possono arricchire il nostro ambiente con dati e immagini digitali, ma possono anche diventare una fonte di distrazione pericolosa. Immaginate di camminare per strada, bombardati da notifiche e aggiornamenti: la consapevolezza del mondo circostante potrebbe facilmente sfumare, con conseguenze potenzialmente gravi per la sicurezza personale.

Queste preoccupazioni non sono passate inosservate nel mondo degli affari. Gli investitori, sempre attenti ai fattori che possono influenzare la percezione pubblica, sono allarmati. Se VR e AR iniziano ad essere viste come tecnologie che alimentano l’isolamento, il valore degli investimenti potrebbe subire un duro colpo.

Anche i regolatori sono sulla stessa lunghezza d’onda. Stanno esaminando attentamente come queste tecnologie si stanno evolvendo e ponderando l’introduzione di nuove linee guida o leggi. Potremmo presto vedere avvertenze sui prodotti, limitazioni sull’uso in determinate circostanze o addirittura restrizioni per i minori.

Con l’avvento di VR e AR che offrono un vasto campo di opportunità, è fondamentale rimanere attenti alle implicazioni umane e sociali. Gli investitori e i regolatori fanno bene a essere preoccupati. Per navigare con successo in queste acque inesplorate, è necessario un approccio equilibrato che tenga conto sia delle opportunità straordinarie che delle sfide non meno importanti.

Affrontando le sfide etiche e sociali legate all’uso di tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata, diventa inevitabile riflettere sulla gestione e integrazione di queste tecnologie nei nostri sistemi.

Se la realtà virtuale e la realtà aumentata costituiscono i nuovi orizzonti dell’interazione tra uomo e macchina, e l’intelligenza artificiale è il catalizzatore che lo rende fattibile, allora è cruciale ripensare da zero come progettiamo e gestiamo i nostri dispositivi e sistemi. Questo scenario evidenzia l’urgenza crescente di sviluppare un sistema operativo, una suite di processori e una rete wireless ottimizzati per l’IA, una necessità che diventa sempre più pressante alla luce delle recenti svolte innovative.

Approfondiamo qui la necessità ineludibile di nuovi sistemi operativi, processori e reti per garantire un futuro alle promesse dell’IA.

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