Impresa e diritti

Il domain grabbing e gli altri usi abusivi dei nomi a dominio: la normativa e come proteggersi

Il domain grabbing è l’utilizzo abusivo del nome a dominio in quanto segno distintivo di un’impresa. Ma cosa sono i nomi a dominio? Come sono regolati? Qual è la normativa di riferimento e come proteggersi dagli abusi?

Pubblicato il 24 Mar 2021

Marta Pati

Avvocato

nomi a dominio, domain grabbing

Di pari passo all’espansione di Internet, sono aumentati gli utilizzi abusivi dei domini, segni distintivi delle imprese. Il nome a dominio come segno distintivo è, infatti, idoneo a determinare fenomeni di concorrenza sleale e contraffazione di marchio.

La forma più comune di abuso, secondo l’ICANN, è la pratica del “cybersquatting” o “domain grabbing”: l’acquisizione abusiva di nomi a dominio corrispondenti a marchi commerciali altrui o nomi di terzi noti, per agganciarsi all’altrui fama o per farsi pagare un riscatto dal titolare del segno.

I nomi a dominio come segno distintivo delle imprese: la normativa

È innegabile del resto che il nome a dominio abbia acquisito in rete forte funzione distintiva grazie all’utilizzo di parole identificative di uso comune che rendono facile la ricerca del sito internet di proprio interesse o qualsiasi ricerca di informazioni. In altre parole il nome a dominio identifica il sito internet dell’azienda, dell’organizzazione o di una persona.

Con il codice della proprietà industriale si sono definitivamente superati l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il nome a dominio costituiva soltanto un indirizzo elettronico atto ad individuare i computer collegati alla rete e l’altro orientamento sotto la vecchia Legge Marchi secondo cui il nome a dominio era un segno distintivo atipico.

Infatti il c.p.i. del 2005 ha tipizzato il segno distintivo del nome a dominio stabilendo che il nome a dominio è un autonomo segno distintivo e, mediante il principio di unitarietà dei segni distintivi, lo ha equiparato agli altri segni distintivi.

La qualificazione del nome a dominio come segno distintivo e diritto di proprietà industriale comporta l’applicazione ad esso della normativa dettata dal cpi per i segni distintivi ed in particolare per il marchio in quanto non derogata dalle norme espressamente dettate per i domain names”. (Trib. Napoli 7.7.2005).

A tutti gli effetti, il nome dominio rientra tra i diritti di proprietà industriale acquisibile mediante registrazione e gode della medesima tutela prevista per gli altri segni distintivi.

Il Codice della proprietà industriale menziona e tutela il nome a dominio in diversi articoli:

  • Art. 12 c 1 lett b) (“Novità”) esclude la registrazione di un marchio d’impresa nel caso in cui il corrispondente nome a dominio sia già noto e di fatto già utilizzato da altri soggetti.
  • Art. 22 (“Unitarietà dei segni distintivi”) vieta di utilizzare come nomi a dominio segni distintivi uguali o simili all’altrui marchio se, a causa di tale utilizzo, si determina un rischio di confusione per il pubblico (comma 1) o un indebito sfruttamento della rinomanza del marchio altrui (comma 2)[1]. “Al nome a dominio utilizzato nell’attività imprenditoriale con funzione di segno distintivo deve essere applicata la tutela espressa dal codice produzione industriale e, in passato, dalla previgente “legge marchi”. Il principio dell’unitarietà dei segni distintivi comporta che la violazione è realizzata anche se effettuata tramite l’utilizzazione non autorizzata di un segno distintivo diverso, nell’ambito dell’offerta di prodotti o servizi tra loro affini.” (Cassazione civile sez. I, 18/08/2017, n.20189.)

L’art. 22 riguarda tutti i casi in cui un segno sia utilizzato per finalità economiche, anche al di fuori di una attività di impresa.

Il nome a dominio, come detto sopra, è assegnato a chi per primo presenta la domanda di registrazione – secondo il principio del first come firts served – e ciò comporta che chiunque possa registrare come nome a dominio un marchio altrui impedendo ad altri l’utilizzo del nome registrato. Quindi accade, anche frequentemente, che il nome a dominio interferisca con marchi o segni distintivi anteriori già esistenti.

La criticità risiede nel fatto che la procedura di assegnazione dei nomi a dominio non delimita territorialmente l’operatività del nome a dominio, posto che in rete ciò sarebbe impossibile, e non rispetta il principio di relatività merceologica secondo cui possono esistere marchi identici se afferiscono a beni o servizi distinti.

Questi fattori aumentano le possibilità che vi siano nomi a dominio identici o simili al marchio altrui per effetto della sola registrazione del nome a dominio che va a configurare un uso illecito, confusorio dell’altrui segno distintivo.

Operativamente, si può potenziare la tutela del nome di dominio provvedendo alla registrazione del corrispondente marchio. In tale modo è possibile prevenire il fenomeno del domain name grabbing e della registrazione come nome di dominio del marchio altrui.

  • Art. 118 c 6 e 133 sono disposizioni di portata processuale: in particolare l’art. 118 c 6 prevede i rimedi della revoca e del trasferimento dell’assegnazione del nome a dominio concessa in violazione dell’art. 22 c.p.i. o c richiesta in male fede; l’art. 133 secondo cui l’Autorità Giudiziaria può disporre in via cautelare oltre all’inibitoria dall’uso del nome a dominio anche il suo trasferimento provvisorio.

Cosa è il domain grabbing

L’ICAAN definisce il cybersquatting come “acquisition of the domain name primarily for the purpose of selling, renting, or otherwise transferring the domain name registration to the complainant who is the owner of the trademark or service mark or to a competitor of the complainant for a valuable consideration in excess of documented out-of-pocket cost directly related to the domain name.

L’avente diritto al domain name non lo potrà registrare in quanto, al momento della richiesta di assegnazione presso il competente organismo, non lo troverà più disponibile: il cybersquatter si è già accaparrato abusivamente il nome a dominio, stante il principio del first come first served.

La vigenza di questo principio ha sicuramente consentito il diffondersi del cybersquatting in quanto il richiedente la registrazione del nome a dominio non è sottoposto ad alcuna verifica circa i presupposti di legittimità e titolarità di quanto richiesto, a prescindere dai diritti di esclusiva che altri soggetti abbiano sui corrispondenti segni distintivi.

L’attività delle autorità nazionali

Interessante, sotto questo profilo, come alcune autorità nazionali deputate alla registrazione (RA) abbiano cercato di temperare il principio del “first come, first served”. Ad esempio, in Francia, per un certo periodo, il soggetto che richiedeva l’assegnazione di un TLD.fr ha dovuto esibire documenti da cui si evincesse la titolarità di un segno distintivo corrispondente al domain name richiesto. Purtroppo tale procedura è stata in seguito eliminata.[2]

Alcune limitazioni sono, invece, previste per i domain name all’interno dei nuovi TLD ovvero . aero, .coop, . museum, .biz, .pro che sono riservati a soggetti in possesso di determinati requisiti di ammissibilità (“Eligibility Requirements”).

La pratica confusoria, illecita, del cyberquatting o domain grabbing, secondo numerose pronunce, costituisce atto di contraffazione ed in aggiunta alla tutela giurisdizionale e quella attivabile presso l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, vi sono procedure internazionali di risoluzione delle controversie in tema di cybersquatting attivate dall’ICAAN con il supporto del WIPO.

Altre fattispecie di name grabbing

Meno note del domain name grabbing sono le altre fattispecie confusorie attuate tramite Internet ed il suo linguaggio ipertestuale: l‘hyperlinking, ovvero l’utilizzo improprio di link per richiamare in un sito i contenuti di un altro sito;  il framing, ovvero l’utilizzo improprio di link per visualizzare all’interno della cornice di un sito i contenuti di un altro sito; i metatags, ovvero l’uso ingannevole di codici alfanumerici che consentono ai motori di ricerca la selezione di pagine web mediante parole chiave.

______________________________________________________________________________

  1. “La registrazione del nome a dominio «Unipolassicurazioni.it» integra violazione dell’art. 22, comma 2, c.p.i. atteso che il segno «UNIPOL» gode di rinomanza nello Stato e che le modalità della stessa registrazione denotano la volontà di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza dello stesso con sicuro danno del titolare della denominazione sociale Unipol s.p.a.” (Tribunale Bologna, 29/08/2007).
  2. L. C. Ubertazzi, commentario alle leggi su “Proprietà intellettuale e concorrenza”,7 ͣ Edizione.
  3. Trevisan & Cuonzo Avvocati, “Proprietà industriale, intellettuale e IT”, 2017, Milanofiori Assago

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