agenda digitale

Tim: “Social e intrattenimento le leve per convertire gli analfabeti digitali”

Non potremo trarre pieno vantaggio dal digitale se un terzo degli italiani è restio ad un uso quotidiano di internet e non c’è un’elevata propensione alla fruizione dei servizi digitali. Per smuovere il sistema, si può puntare però su social e intrattenimento online

Pubblicato il 06 Apr 2016

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Parlare di Agenda Digitale in Italia suscita spesso opinioni contrastanti: se da un lato la sua importanza per la digitalizzazione del Paese viene riconosciuta dai più, dall’altro lato nel corso degli anni sono state espresse frequenti preoccupazioni sul procedere della sua reale implementazione.

L’Agenda Digitale Europea nella sua declinazione del 2014 ha però rinnovato la sfida, definendo i traguardi della Comunità per il 2020 in termini di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, di diffusione dei servizi ai cittadini e di modernizzazione delle imprese.

Nel nostro Paese si è notato un cambio di passo: il Governo italiano ha adottato questo piano strategico comunitario declinando un’Agenda Digitale Italiana con basi concrete per l’execution.

Il varo di due importanti documenti, relativi alla Strategia italiana per lo sviluppo della banda ultralarga ed alla Crescita digitale, ha rappresentato un segnale del nuovo atteggiamento e un’affermazione della consapevolezza che la trasformazione digitale è sempre più strumento imprescindibile per la crescita del Paese: non più solo un nice to have ma, ormai, un must per tutti.

Tim è parte integrante di questa sfida ed è fortemente impegnata nella digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e, più in generale, nella trasformazione digitale del Paese. Quale operatore di riferimento per lo sviluppo delle infrastrutture e delle piattaforme che abilitano le applicazioni intende accompagnare il percorso evolutivo dei rapporti tra il cittadino e le istituzioni e tra il cittadino e le imprese.

In questa direzione si concentra il nostro impegno in termini di investimenti per le reti a banda larga e ultralarga, sia fissa che mobile, nel prossimo triennio 2016-2018.

Infatti dei 12 miliardi di euro che verranno investiti in Italia, 6,7 saranno destinati alla componente innovativa (NGN, LTE, Cloud e piattaforme, Sparkle e trasformazione). In particolare 3,6 sono dedicati allo sviluppo della reti a banda ultralarga fissa in fibra ottica e 1,2 allo sviluppo delle reti LTE e quindi a tutto ciò che consente l’accesso ad applicazioni live attraverso la banda ultralarga mobile.

Tutto ciò ci consentirà di raggiungere al 2018 oltre il 98% della popolazione con reti 4G e l’84% della popolazione con fibra ottica, di cui il 20% in FTTH (Fiber To The Home).

Accanto ad un futuro con obiettivi per l’ultrabroadband così rilevanti va anche considerato che già a fine 2015 le coperture assicurate erano di tutto riguardo, con il 42% delle unità immobiliari servita da FTTC (Fiber to the Cabinet) e 88% della popolazione coperta da LTE.

La disponibilità delle reti ultraveloci è un presupposto imprescindibile ma da sola non basta. Evoluzione digitale e innovazione rappresentano un’imperdibile opportunità per la ripresa economica e la competitività del nostro Paese ma sono possibili se e solo se sulle reti viaggiano i bit. Ed i bit significano applicazioni.

Su questo fronte alcune cose sono state fatte e sono di grande pregio.

Basta citare la Fatturazione elettronica, il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) di cui TIM è anche Identity Provider e la digitalizzazione di importanti componenti dei processi presso i medici di base, per esempio.

Dalla lettura del DESI (Digital Economy and Society Index), che si pone come obiettivo di misurare l’avanzamento dei paesi membri dell’Unione Europea verso un’economia e una società digitali, si evince che l’Italia nel 2016 è ancora collocato nel gruppo di coda – solo 25° posto su 28 Paesi – assieme alla Grecia, la Bulgaria, la Romania, la Croazia, Cipro e la Polonia. Svettano invece sul podio Danimarca, Norvegia e Olanda.

Il dato forse più critico è la percentuale di analfabetismo digitale che in Italia è pari al 28%, contro una media europea del 16%, mentre l’Europa ha definito un obiettivo al 31 dicembre 2015 del 15%.

Difficilmente si può pensare di trarre pieno vantaggio dal digitale se si considera che un terzo degli italiani è restio ad un uso quotidiano di internet e non c’è un’elevata propensione alla fruizione dei servizi digitali come l’utilizzo nelle transazioni e la consultazione delle news on line.

La lacuna di competenze digitali di base è verosimilmente correlata al livello di educazione e alla presenza di una cospicua fetta di popolazione non più giovane.

Ma non sempre e non per tutti gli aspetti è così.

Nella adozione di contenuti digitali, come l’ascolto di musica, film e videogame, il DESI ci pone al di sopra delle medie europee e così pure è per quanto riguarda smartphone e connessioni LTE.

Questo, oltre a sorprendere, permette anche di avere aspettative positive.

L’entertainment ed il social possono riuscire a “smuovere” il sistema: accrescendo la sensibilità e la consapevolezza di massa verso le transazioni digitali e stimolando al tempo stesso l’offerta di prodotti e servizi da parte della Pubblica Amministrazione e delle imprese.

La strada da percorrere è ancora lunga, ma i risultati sono incoraggianti.

E’ in questa sfida che si deve però puntare con decisione, investendo in competenze e favorendo l’occupazione nel settore.

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