Approfondiamo le regole che governano uno strumento essenziale per le imprese italiane: l’e-commerce, il complesso tema del commercio elettronico. Una metodologia di compra-vendita sempre più diffusa, parte della quotidianità di tutti. Ecco la normativa e i consigli, a tutela di imprenditori e consumatori.
Che cos’è l’e-commerce
Oggi le imprese, al passo con l’innovazione delle tecnologie, hanno a disposizione applicazioni che stanno trasformando, o meglio hanno già trasformato, il classico modo di acquistare beni e servizi. Con il commercio elettronico si realizza la possibilità di concludere contratti senza la presenza simultanea delle parti in uno stesso luogo fisico tramite l’utilizzo di strumenti telematici e, in particolare, tramite l’accesso alla rete Internet e lo scambio di documenti informatici. Ciò consente alle imprese di commercializzare beni e servizi, di distribuire contenuti digitali e di effettuare operazioni finanziarie attraverso Internet, la rete aperta a cui tutti possono potenzialmente accedere.
Una prima definizione di commercio elettronico si rinviene nella Comunicazione della Commissione europea n. 157 del 1997 (“Un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico”) secondo cui: “lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività quali: la commercializzazione di beni o servizi per via elettronica; la distribuzione on-line di contenuti digitali; l’effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa; gi appalti pubblici per via elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni”.
Sin dalla prima definizione, emerge chiaramente come il commercio elettronico sia destinato ad abbarcciare una vasta gamma di attività. Sotto la denominazione di “commercio elettronico” vengono ricompresi, sin da subito sia il “commercio elettronico diretto” ove la conclusione e l’esecuzione del contratto avvengono interamente online sia il “commercio elettronico indiretto” ove l’esecuzione del contratto non avviene online ma in via tradizionale tramite la consegna del bene materiale.
La Direttiva sul commercio elettronico
A dare attuazione agli obiettivi della Comunicazione della Commissione europea n. 157 del 1997, nel 2000 è stata emanata la Direttiva 2000/31/CE nota come la “Direttiva sul commercio elettronico” (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 31 dell’8 giugno 2000), relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno. La Direttiva affronta gli aspetti più discussi tra gli operatori del settore a ridosso degli anni 2000 ovvero lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari che trasmettono o registrano dati e la composizione extragiudiziale delle controversie.
La direttiva vorrebbe fornire un quadro giuridico uniforme superando gli ostacoli giuridici alla libera circolazione dei servizi ma, nonostante ciò, il commercio elettronico non riesce a godere di un quadro giuridico univoco. Nella Direttiva il concetto di “commercio elettronico” lascia spazio al concetto di “servizi della società dell’Informazione” definiti come quei servizi prestati dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.
I servizi della società dell’informazione, come specificato nel considerando n. 18 della Direttiva, comprendono una vasta gamma di attività svolte online e non comprendono la consegna di merci o la prestazione di servizi non in linea. Vengono inclusi i servizi che non sempre portano a stipulare contratti in linea e anche i servizi non remunerati dal loro destinatario, nella misura in cui costituiscono un’attività economica, come l’offerta di comunicazioni o informazioni commerciali in linea o la fornitura di strumenti per la ricerca, l’accesso e il reperimento dei dati.
La normativa italiana per vendere con e commerce
In Italia, in attuazione della Direttiva 2000/31 è stato emanato il D. Lgs. 70/2003 diretto a promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico. Il Decreto italiano riprende sostanzialmente il contenuto della Direttiva e contiene norme a garanzia del contraente in modo che possa fondare le sue decisioni contrattuali su scelte consapevoli in un clima di fiducia verso l’organizzazione di vendita. Per quelli che soni gli aspetti contrattuali di maggior rilievo, si segnalano gli art. 12 e 13 del D. Lgs. 70/2003 che disciplinano, rispettivamente, le informazioni dirette alla conclusione del contratto e l’inoltro dell’ordine.
Il prestatore di servizi della società dell’informazione ovvero il soggetto che fornisce un servizio deve, senza ritardo e per via telematica, accusare ricevuta dell’ordine del destinatario contenente un riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto nonché una serie di informazioni relative al bene o servizio, al prezzo, ai mezzi di pagamento, al recesso, costi di consegna e tributi applicabili.
Tipologie di e-commerce
L’e-commerce può essere di due tipi:
E-commerce indiretto
Se la transazione con il cliente avviene on-line ma il bene materiale gli viene consegnato in modo tradizionale ad esempio tramite vettore, si avrà e-commerce indiretto.
E-commerce diretto
Se, invece, i beni immateriali non devono essere fisicamente consegnati, si avrà e-commerce diretto ove l’utente ottiene telematicamente i beni ad esempio tramite downoload. Tutta l’operazione si esaurisce on-line.
E-commerce business e consumer (b2b, b2c, c2c)
Sono state, poi, introdotte distinzioni in merito alle parti del rapporto:
- Commercio elettronico business-to-business (B2B): i soggetti sono imprese o professionisti, ad esempio è il caso dei rapporti tra imprese e fornitori.
- Commercio elettronico business-to-consumer (B2C): tra imprese e consumatori. I consumatori godono del vantaggio di acquistare prodotti e servizi, da qualsiasi luogo e senza limiti di orario, offerti da aziende dislocate in tutto il mondo. Il mercato è caratterizzato sempre più “ dall’assenza di frontiere, dall’internazionalizzazione e dalla cosiddetta “liquidità tecnologica”[1].
- Commercio elettronico consumer-to-consumer (C2C): tra consumatori. Esempio di ambiente in cui gli utenti interagiscono sono le aste on-line.
- Commercio elettronico Public Administration-to-citizen: fra Pubblica Amministrazione e cittadini, ad esempio vi è la possbilità di effettuare pagamenti alla PA per via telematica.
Disciplina giuridica dell’ecommerce
Il commercio elettronico trova la sua disciplina nel contratto telematico che si conclude a distanza tramite due canali che viaggiano su Internet: la posta elettronica o il World Wide Web. Ai contratti telematici, la dottrina e la giurisprudenza applicano la disciplina dei contratti in generale contenuta nel Codice Civile che, negli artt. 1321-1469., si occupa di norme applicabili a qualunque accordo.
Oltre alla disciplina dei contratti in generale, nei confronti degli operatori prosfessionali e del consumatore, si applica la normativa italiana specifica sul commercio elettronico, emanata con il D. Lgs. 70/2003. Se vi è un consumatore, si applicano anche le norme predisposte per la sua tutela come vedremo di seguito. Il commercio elettronico investe questioni giuridiche inerenti la formazione e il perfezionamento dei contratti conclusi a distanza tra parti non presenti fisicamente nello stesso luogo, nello stesso tempo.
In merito alle modalità di conclusione dei contratti consistenti nello scambio di proposta e accettazione nel mondo telematico, secondo l’art. 1326 c.c. “il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte” e qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa. La “conoscenza dell’accettazione” va intesa come conoscibiilità ovvero proposta, accettazione, loro revoche si considerano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario. Ma come si fa a verificare che un soggetto sia chi dichiari di essere? La questione dell’imputabilità delle dichiarazioni negoziali, ove non risolta con l’impiego delle firme elettroniche, si basa sul principio dell’affidamento che caratterizza tutta la contrattualistica telematica. Chi vende non riesce a verificare chi sia il singolo acquirente, se sia un minore e quindi privo della capacità legale per concludere contratti.
Il perfezionamento del contratto on-line potrà avvenire tramite lo schema dell’offerta al pubblico (art. 1336 c.c.) oppure tramite l’invito ad offrire[2]. La differenza tra le due figure sta nel fatto che l’offerta al pubblico è diretta ad un numero indefinito di soggetti e contiene una proposta con tutti gli elementi essenziali del contratto che si vuole concludere, mentre l’invito ad offrire non contiene tutti gli estremi essenziali ed è rivolto a soggetti determinati.
Inoltre, in caso di offerta al pubblico il contratto si conclude con la semplice accettazione dell’offerta da parte dell’utente mentre in caso di invito ad offrire il contratto non è istantaneamente concluso ma ci saranno diversi scambi di comunicazioni tra le parti. In caso di offerta al pubblico, la modalità più diffusa di conclusione del contratto telematico avviene tramite la selezione del “tasto negoziale virtuale” che va a sostituire le classiche modalità di conclusione del contratto nel mondo analogico. Si tratta del cosiddetto “point and click” o “tap-touch” ovvero accettazione espressa dell’accordo nel suo complesso tramite la selezione del tasto, tramite il click del mouse sul tasto a cui seguono effetti giuridici. Il tasto negoziale può costituire una forma di firma elettronica debole.
In altre parole, all’interno di un sito di e-commerce l’utente sceglie i beni o servizi di suo interesse inserendoli in un carrello virtuale e, per inviare l’ordine e manifestare la propria volontà di acquistare, l’utente deve selezionare un’icona, un tasto o una funzione analoga che deve riportare in modo leggibile le parole “ordine con obbligo di pagare” o parole simili. E’proprio questa selezione del tasto a configurare il meccanismo del “point and click”: “Nei contratti telematici, l’accettazione di una proposta negoziale con la tecnica del “tasto virtuale” o “point and click” è sufficiente a manifestare il consenso e ritenere perfezionato il contratto, in quanto vincolo negoziale a forma libera” (Tribunale Catanzaro sez. I, 30/04/2012).
E-commerce, le clausole vessatorie
Ciò che ha sollevato maggiori dibattiti e perplessità, invece, è il requisito della specifica approvazione scritta ex art. 1341 comma 2 c.c. per le clausole vessatorie unilateralmente predisposte dal prestatore di servizi digitali. Le clausole sono vessatorie quando determinano a carico di una parte uno squilibrio di diritti e di obblighi a favore della controparte che le ha predisposte. A tutela del contraente più debole, l’art. 1341 c.c. richiede che le clasuole vessatorie siano “specificamente approvate per iscritto” ovvero in forma scritta e con approvazione specifica. Ci si interroga quali siano nel contratto telematico le modalità idonee ad integrare i requisiti richiesti dall’art. 1341 comma 2 c.c..
Il requisito della specifica approvazione per iscritto richiesto per le clausole vessatorie viene assolto dalla firma elettronica semplice che, nella conclusione di contratti online con modalità telematiche, corrisponde all’autenticazione tramite username e password in modo che l’utente possa registrarsi al sito e ricevere poi una mail di conferma. Inoltre, vi é la necessità che risulti una manifestazione di volontà esplicita di accettare le clausole e, a tal fine, l’utente deve compliare un secondo form specifico per le clausole, rispetto a quello contenente le condizioni generali, e premere il tasto negoziale virtuale per accettazione generando così il documento informatico contenente l’approvazione delle clausole. Certamente sono invalide le clausole vessatorie approvate con spunta senza la previa registrazione al sito da parte dell’utente.
Per la dottrina e la giursprudenza, il luogo della conclusione del contratto è quello ove il proponente ha conoscenza dell’accettazione. Al riguardo sono state avanzate due teorie secondo cui il luogo è quello in cui si trova ubicato il server del proponente che riceve l’accettazione o quello della sede o domicilio del proponente. Abbiamo fornito un quadro di riferimento della disciplina ma senza dimenticare che “L’incessante dinamismo che caratterizza l’informatica e l’evoluzione tecnologica di beni e servizi rendono tutt’altro che agevole l’interpretazione in chiave giuridica della prassi commerciale. I connotati della complessità e opacità che sono stati attribuiti ai contratti informatici permangono ancora oggi, in ragione della presenza di prestazioni eterogenee, riferibili a contratti tipici e atipici e frutto della complessità stessa del mondo informatico.”[3]
E-commerce e tutela del consumatore
A favore del consumatore è prevista una specifica tutela dettata dal Codice del Consumo e applicabile esclusivamente quando le parti del contratto che si sta per stipulare siano un consumatore e un professionista.[4] Il consumatore, ossia qualsiasi persona fisica che agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, qualora si trovi a negoziare un contratto a distanza e precisamente prima che ne risulti vincolato, ha diritto a ricevere una serie di informazioni in modo chiaro e comprensibile.
Il professionista venditore, nell’adempimento dei propri obblighi di informazione, dopo essersi identificato specificando la propria identità e i propri recapiti, deve fornire tutte le informazioni relative alle caratteristiche principali dei beni e servizi oggetto del contratto, dei loro costi e delle modalità di pagamento, della presenza delle garanzie sui prodotti nonché della garanzia legale di conformità, la legge applicabile e il foro competente.
Le condizioni di vendita predisposte dal professionista devono essere conoscibili e, a tal fine, vanno pubblicate sul sito e devono essere espresse con un linguaggio chiaro. Il consumatore, inoltre, deve essere obbligatoriamente edotto circa il contenuto del diritto di recesso a lui spettante ai sensi dell’art. 52 del Codice del Consumo. Nello specifico, ha diritto ad essere informato in merito alle condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto nonché a ricevere il modulo tipo di recesso.
Fatti salvi i casi di esclusione de diritto di recesso ovvero quando non è previsto il recesso per caratteristiche particolari del prodotto acquistato o madalità di realizzazione dello stesso, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere dal contratto senza dover fornire alcuna motivazione né costi. Entro il periodo di quattordici giorni il consumatore deve comunicare la propria volontà al professionista- merchant – o compilando il modulo fornito o inviando una dichiarazione esplicita delle proprie intenzioni di recedere.
Questo periodo di tempo è calcolato a partire dalla conclusione del contratto se si stratta di servizi oppure dall’impossessamento fisico del bene se si tratta vendita. Per quanto riguarda le conseguenze, il recesso pone termine agli obblighi delle parti di eseguire il contratto a distanza e fa sorgere specifiche obbligazioni in capo a ciascuna parte: sorge l’obbligo di reso del bene in capo al consumatore (in caso di vendita di beni) e sorge l’obbligo di rimborso in capo al professionsta a favore del consumatore. Anche per riconsegnare il bene al professionista, il consumatore dispone di quattoridici giorni decorrenti dalla fine dei precedenti quattordici giorni utili per comunicare la volontà di recedere. Il professionista può trattenere il rimborso fino all’acquisizione materiale del bene reso, al fine di verificarne il corretto uso e la presenza di manipolazioni sul bene tali da determinarne una diminuzione di valore.
Cruciale importanza rivestono le relazioni post-vendita perché è proprio in questa fase che il consumatore esprimerà il proprio livello di gradimento in caso avesse bisogno di assistenza successiva all’acquisto. È strategico per il professionista puntare su un business che abbia cura delle relazioni post-vendita in modo da alimentare giudizi positivi sul servizio offerto.
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Note
- Studio a cura di Prof. Avv. Giovanni Ziccardi, Prof. Avv. Pierluigi Perri, Silvia Martinelli, L’impresa e il commercio elettronico: opportunità, normativa, sicurezza, Camera di Commercio di Milano ottobre 2014. ↑
- C. Di Cocco, Giovanni Sartor, in Temi di diritto dell’informatica, Giappichelli, 2017 ↑
- B. Musati, in I contratti ad oggetto informatico, Giuffré, 2008 p. 291 ↑
- C. Di Cocco, Giovanni Sartor, in Temi di diritto dell’informatica, Giappichelli, 2017 ↑