CONCORRENZA

Guerra all’ambush marketing, così l’Italia lo mette all’angolo

Dall’ingresso abusivo sul campo di calcio al martellamento di spot e banner, la “pubblicità parassitaria” mette a rischio i principi competitivi e la libertà d’impresa. Ecco cosa prevede il disegno di legge del Governo

Pubblicato il 05 Mag 2020

Isabella Corrias

Associate Rödl & Partner

Whistleblowing, canale di segnalazione illeciti e tutele per chi segnala

Il fenomeno dell’“ambush marketing” è molto noto in ambito sportivo, ma non solo. Consiste nella pratica di marketing diretta ad associare abusivamente il marchio o i prodotti di un’impresa a una manifestazione di rilevanza nazionale o internazionale. Con l’obiettivo di beneficiare della sua risonanza mediatica senza sostenere i costi di sponsorship. Vediamo come si articola la disciplina generale prevista per la prima volta nel nostro Paese dal ddl di gennaio.

Ambush marketing, cosa prevede il ddl

Lo scorso 17 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di disegno di legge (“DDL”) che introduce per la prima volta nel nostro paese una disciplina generale in materia di ambush marketing, facendo così un primo passo per colmare il vuoto di tutela rispetto a queste condotte parassitarie che spesso, in passato, sono state disciplinate mediante normative temporanee ad hoc dettate per specifici eventi (si pensi, ad esempio, ai Giochi Olimpici Invernali di Torino del 2006) e quindi sottoposte a evidenti limiti di applicazione temporale e operativa.

Tutte le facce dell’ambush marketing

L’espressione “ambush marketing” – letteralmente, “pubblicità d’imboscata” – è stata coniata dall’esperto di marketing statunitense Jerry Welsh con esclusivo riferimento allo sfruttamento, da parte degli operatori economici, degli spazi commerciali non coperti dai programmi pubblicitari delle imprese concorrenti sponsor ufficiali di eventi sportivi[1].

Era l’inizio degli Ottanta e, in concomitanza, il Comitato Internazionale Olimpico concedeva per la prima volta, in occasione delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, sponsorizzazioni e licenze in esclusiva, “costringendo” gli operatori esclusi a trovare vie alternative per sfruttare l’attenzione mediatica riservata alla manifestazione (e già in quella sede non mancò chi, sponsorizzando le riprese televisive dell’evento, portò molti consumatori a equivocare su chi ne fosse il reale sponsor[2]).

Per quanto tuttavia possa suonare strano, non sono i piccoli operatori – che, come noto, non possono sempre farsi carico dei costi di sponsorizzazione, licenza o simili di un importante evento – a essere i principali autori dell’ambush marketing (c.d. “ambusher”), ma i diretti concorrenti degli sponsor ufficiali o gli altri grandi player del mercato che, a causa della mancata conclusione di un accordo con l’organizzatore della manifestazione, o proprio per strategia, sono disposti ad accettare il rischio di porre in essere una condotta illecita perché interessati, più di ogni cosa, a beneficiare della popolarità dello spettacolo.

Ciò emerge in particolare analizzando le diverse forme in cui questa pubblicità d’imboscata può estrinsecarsi, tra cui ricordiamo:

  • il “predatory ambushing” o “ambush by association”, consistente in un’associazione all’evento tramite l’uso non autorizzato di marchi o altri segni distintivi a esso riconducibili, come ad esempio della parola “olympic” da parte di soggetti che non hanno alcun rapporto commerciale con il Comitato Olimpico[3];
  • l’”insurgent ambushing” o “ambush by intrusion”, consistente nella realizzazione di iniziative a sorpresa in prossimità, durante o all’interno dello spettacolo. L’obiettivo, in questo caso, non è quello di far credere di avere legami contrattuali con l’organizzatore dell’evento, ma far parlare di sé. Si pensi all’invasione del campo da gioco nel corso di una gara sportiva[4] o all’utilizzo da parte dei personaggi legati all’evento (ad esempio atleti, attori, cantanti, etc.) di capi o accessori non appartenenti agli sponsor ufficiali[5];
  • il “saturation ambushing”, consistente nell’intensificazione delle attività promozionali in corrispondenza, o nei pressi, della manifestazione per “saturare” gli spazi pubblicitari lasciati liberi dal reale sponsor, ad esempio sui canali radiotelevisivi che trasmettono lo spettacolo[6] o mediante la massiccia affissione di manifesti nei pressi dell’evento[7];
  • il “coat-tail ambushing”, consistente nel creare un’associazione indiretta tra il proprio marchio e la manifestazione, senza riferirsi espressamente a quest’ultima. Vi rientrano condotte come la messa in palio di biglietti omaggio per l’evento o di altri premi apparentemente legati a quest’ultimo[8] o la realizzazione di campagne pubblicitarie aventi come testimonial personaggi legati a precedenti edizioni della manifestazione[9].

Ambush marketing, pratica ingannevole

In quest’ottica è evidente come l’ambush marketing sia un illecito “plurioffensivo”, nel quale i soggetti danneggiati non sono solo gli sponsor che, indotti a ritenere il loro investimento non più economicamente vantaggioso, potrebbero far venire meno o comunque ridimensionare le loro offerte[10] mettendo così in difficoltà, a loro volta, gli organizzatori dell’evento che avranno di conseguenza maggiori difficoltà a reperire i finanziamenti necessari, ma anche il pubblico. Sotto quest’ultimo profilo la pratica può infatti essere ritenuta ingannevole[11], in quanto idonea a indurre in errore il consumatore medio sui rapporti commerciali esistenti[12].

Le sanzioni previste dal ddl

La classificazione (di stampo prettamente dottrinale e ripresa anche a livello giurisprudenziale[13]) delle varie condotte mediante le quali può concretizzarsi il fenomeno dell’ambush marketing, lungi dall’avere una valenza meramente descrittiva, corrisponde in realtà a diverse problematiche di tutela che hanno dato il via a un ampio dibattito circa la necessità di disciplinare in maniera organica la fattispecie.

La condotta dell’ambusher potrebbe infatti astrattamente integrare, tra gli altri, una fattispecie di contraffazione dei segni distintivi di titolarità dello sponsor o dell’organizzatore dell’evento (ai sensi degli artt. 8, c. 3, e 20 del Codice della proprietà industriale) oppure, sotto il profilo autodisciplinare, una violazione del Codice di autodisciplina pubblicitaria (in particolare, dei suoi artt. 1, 2 e 13). Tuttavia, lo strumento che è stato più frequentemente invocato è rappresentato dalla disciplina della concorrenza sleale, soprattutto mediante la figura della violazione dei principi della correttezza professionale prevista dall’art. 2598 n. 3 del Codice civile che, proprio per la sua indeterminatezza, si presta a ricomprendere iniziative anche molto diverse fra loro[14].

Sulla scorta di tali premesse[15], il Governo è così giunto ad adottare di recente misure di adeguata repressione del fenomeno dell’ambush marketing (locuzione ivi tradotta con “pubblicizzazione parassitaria”), tramite la creazione di una specifica ipotesi di illecito amministrativo la cui violazione verrà accertata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) che potrà irrogare sanzioni da 500.000 fino a 2.500.000 Euro, fatta salva l’applicazione delle norme vigenti in ambito civile e penale.

Lo schema di disegno di legge disciplina tassativamente alcune condotte (esercitate in particolare in occasione di eventi sportivi, fieristici o di spettacolo aventi rilevanza nazionale o internazionale) limitandole nell’oggetto e nell’applicazione temporale.

In particolare costituiscono attività di pubblicizzazione parassitaria:

  • la creazione di un collegamento indiretto fra un marchio o un altro segno distintivo e un evento idoneo a indurre in errore il pubblico sull’identità degli sponsor ufficiali;
  • la dichiarazione, nella propria pubblicità, di essere sponsor ufficiale di un evento, senza in realtà esserlo;
  • la promozione del proprio marchio o di un altro segno distintivo mediante qualsiasi azione idonea ad attirare l’attenzione del pubblico, non autorizzata dall’organizzatore, che sia posta in essere durante un evento o in luoghi adiacenti;
  • la vendita e la commercializzazione di prodotti o servizi contraddistinti, anche in parte, con il logo di un evento o con altri segni distintivi idonei a indurre in errore o ingenerare l’impressione di un collegamento indiretto con l’evento o con il suo organizzatore.

Sono invece fatte salve le condotte adottate in esecuzione di contratti di sponsorship conclusi con singoli atleti, squadre, artisti o altri soggetti legati a uno degli eventi in questione.

In merito all’applicazione temporale, viene previsto che i divieti operino dal 90esimo giorno antecedente alla data ufficiale di inizio della manifestazione fino al 90esimo giorno successivo alla data ufficiale conclusiva della stessa.

Inoltre, a poco meno di un mese dall’approvazione dello schema di DDL in esame, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che introduce disposizioni urgenti per l’organizzazione e lo svolgimento dei Giochi Olimpici Invernali di Milano-Cortina 2026 e delle finali ATP (“Association of Tennis Professionals”) di Torino 2021-2025.

Quest’ultimo provvedimento ribadisce il divieto di svolgimento di attività di pubblicizzazione parassitaria, riprendendo sinteticamente la descrizione delle fattispecie di ambush marketing operata dallo schema di disegno di legge.

In previsione dei due grandi eventi sportivi citati, sembra che il Governo abbia comunque voluto predisporre l’apparato normativo necessario qualora lo schema di DDL sull’ambush marketing non dovesse tradursi in legge in tempo a causa delle lungaggini del processo parlamentare.

Concorrenza e libertà d’impresa

La ratio delle norme esaminate finora si traduce nel principio per cui chi ha organizzato un evento dalla forte risonanza mediatica e chi ne ha sopportato i costi di sponsorship, licenza o simili vada adeguatamente tutelato contro le forme di ambush marketing.

Il precedente vuoto normativo, accompagnato dal progressivo aumento del fenomeno, generava in alcuni casi il rischio di suggerire un eccessivo irrigidimento tanto degli accordi stipulati durante gli eventi quanto di alcune legislazioni temporanee emanate ad hoc, con conseguente ingiustificata restrizione alla libertà d’impresa e concorrenza, soprattutto nei confronti di quegli operatori economici le cui campagne pubblicitarie si ponevano in rapporto di mera occasionalità rispetto alla manifestazione.

È quindi proprio nell’ottica di contemperare questi diversi interessi che il Governo[16] ha deciso di escludere dall’ambito di operatività dello schema di disegno di legge recentemente approvato alcune fattispecie di pubblicizzazione parassitaria dai contorni più sfumati (su tutte, ad esempio, il “saturation ambushing”) e ha circoscritto temporalmente la loro lesività, esplicitando però allo stesso tempo la non punibilità di quelle condotte inerenti singoli personaggi o compagini dell’evento che derivino da separati, ma regolari, contratti di sponsorizzazione.

Note

  1. V. Welsh, Ambush Marketing: What it is, what it isn’t, 11 marzo 2010.
  2. È ciò che fece un’azienda nota nel campo della fotografia per offuscare il suo rivale, sponsor ufficiale dell’evento: si è trattato, in particolare, della prima forma di “saturation ambushing” (v. infra nel testo per la definizione).
  3. In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino del 2006, Benetton utilizzò tale parola sui suoi capi di abbigliamento. Il caso fu deciso dal Tribunale di Venezia, il quale inibì l’uso dei segni olimpici in quanto costituenti contraffazione dei marchi di titolarità del Comitato Olimpico Internazionale, riconoscendo espressamente la figura dell’ambush marketing (v. Trib. Venezia, 16 dicembre 2005, in Sez. Spec. P.I., 2005, 2, 200).
  4. A nessuno sarà sfuggito, durante la finale di Champions League del 2019, l’invasione in campo della modella Kinsey Wolanski con un costume da bagno nero riportante il nome di un sito per adulti gestito dal fidanzato.
  5. Noto è il caso del(l’ex) velocista britannico di origine giamaicana Linford Christie che, durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996, indossò per un evento stampa lenti a contatto su cui figurava il logo di una famosa società specializzata nell’abbigliamento sportivo.
  6. V. supra nota n. 2.
  7. Durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996, una multinazionale che produce calzature, abbigliamento e accessori sportivi tappezzò gli stadi olimpici di sue pubblicità accreditandosi falsamente agli occhi del pubblico come uno degli sponsor ufficiali.
  8. Un’azienda leader del settore alimentare, in occasione degli Europei di calcio del 2012, lanciò un concorso che prevedeva la possibilità di vincere “2012 Euro” (ove la “o” di Euro era stata appositamente sostituita con un pallone) mediante l’acquisto di un suo prodotto.
  9. Lay’s, nota società produttrice di patatine, scelse Fabio Cannavaro e Lionel Messi come testimonial per la sua campagna pubblicitaria in occasione dei Mondiali di calcio del 2014. Peccato che lo sponsor ufficiale della Nazionale Italiana fosse, in quell’occasione, proprio la sua concorrente San Carlo, la quale agì sia di fronte allo IAP che al Tribunale di Torino, vedendo però in entrambi i casi le proprie ragioni disattese (v. Trib. Torino, 8 luglio 2014, in Giur. ann. dir. ind., 2016, 1, 1086; IAP, 8 luglio 2014, pron. n. 52/14, in AIDA, 2016, 1735).
  10. V. Trib. Venezia, 16 dicembre 2005, cit.
  11. Ai sensi dell’art. 21 D.lgs. n. 146/2007.
  12. V. Trib. Milano, ord., 15 dicembre 2017 e Trib. Milano, ord., 18 gennaio 2018, entrambe in Foro it., 2018, 7-8, I, 2528.
  13. Cfr., per esempio, Trib. Milano, ord., 15 dicembre 2017, cit. e Trib. Milano, ord., 18 gennaio 2018, cit.
  14. Per un approfondimento in materia, si veda Alvanini, L’ambush marketing, in Il diritto industriale, 2019, 1, 29 in commento a Trib. Milano, ord., 15 dicembre 2017, cit. e Trib. Milano, ord., 18 gennaio 2018, cit., esempio, peraltro, di come il fenomeno dell’ambush marketing si possa diffondere anche al di fuori del mondo sportivo, prendendo in questo caso piede in relazione all’uscita nelle sale cinematografiche di uno dei film della saga di Star Wars.
  15. V. Relazione Illustrativa e Relazione Tecnica allo schema di DDL 13 gennaio 2020 approvato dal Consiglio dei Ministri in data 17 gennaio 2020.
  16. V. Relazione Illustrativa e Relazione Tecnica allo schema di DDL 13 gennaio 2020 approvato dal Consiglio dei Ministri in data 17 gennaio 2020.

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