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Il diritto alla riparazione smartphone (e non solo) è il futuro, ecco perché

La tematica della riparabilità dispositivi come smartphone è oggetto di due recenti risoluzioni del Parlamento Europeo per la riduzione dei rifiuti e nuovi diritti dei consumatori. Al lavoro anche Google, Samsung e Apple

Pubblicato il 22 Apr 2022

Marina Rita Carbone

Consulente privacy

diritto riparazione

Il diritto alla riparazione dei propri dispositivi, come gli smartphone, fa strada in Europa e negli Usa, come parte di un processo che mette assieme sensibilità ambientalista e rinnovata attenzione dei diritti dei consumatori nei confronti delle big tech.

La tematica è oggetto di due recenti risoluzioni del Parlamento Europeo che si focalizzano sulle possibili opzioni di riduzione dei rifiuti e di implementazione dell’economia circolare, al fine di rendere il tessuto produttivo più sostenibile.

Parlamento europeo: sì al “diritto alla riparazione”

Parlamento europeo: sì al “diritto alla riparazione”

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Le risoluzioni impegnano la Commissione europea a occuparsene in prossime proposte di legge.

Le risoluzioni in esame si focalizzano, in particolare, sull’introduzione di appunto un nuovo “diritto alla riparazione” in senso stretto, e sulla progettazione di prodotti di lunga durata che possano essere agevolmente riparati, anche mediante diritti di garanzia estesi ed una etichettatura contenente maggiori informazioni in merito.

Perché abbiamo bisogno di un diritto alla riparazione dispositivi

Come indicato dal gruppo internazionale per le risorse, nella relazione “Global Resources Outlook 2019”, richiamata all’interno delle risoluzioni, si stima che la metà delle emissioni totali di gas a effetto serra e oltre il 90 % della perdita di biodiversità e dello stress idrico provengano dall’estrazione e dalla lavorazione delle risorse e che l’economia globale utilizza l’equivalente di 1,5 pianeti di risorse.

Inoltre, fino all’80 % dell’impatto ambientale dei prodotti è determinato durante la fase di progettazione e solo il 12 % dei materiali utilizzati dall’industria dell’UE proviene dal riciclaggio. I rifiuti elettronici, nello specifico, sono il flusso di rifiuti in più rapida crescita al mondo, con oltre 53 milioni di tonnellate scartate nel 2019. Ne deriva la necessità di puntare ad una significativa riduzione dell’utilizzo di risorse naturali e di produzione di rifiuti.

Necessità condivisa anche dai consumatori: secondo un sondaggio condotto da Eurobarometer, infatti, il 79% dei cittadini dell’UE ritiene che i produttori dovrebbero essere tenuti a rendere più facile la riparazione dei dispositivi digitali o la sostituzione delle loro singole parti, e il 77% preferirebbe riparare i propri dispositivi piuttosto che acquistarne di nuovi.

Trasformare l’economia lineare tradizionale (take-make-dispose) in un’economia circolare consentirebbe di ridurre l’impatto sull’ambiente permettendo, allo stesso tempo, alle imprese europee di rimanere innovative e competitive, all’interno del mercato globale, e di generare nuovi posti di lavoro.

Non solo: la transizione verso un’economia circolare svolge oggi “un ruolo cruciale nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE e nel conseguimento dell’obiettivo climatico dell’UE per il 2030, oltre che dell’obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra al più tardi entro il 2050, e richiede una profonda trasformazione delle catene del valore in tutta l’economia”.

Le risoluzioni del Parlamento ue

Secondo i deputati del Parlamento Europeo, i principi sui quali un’economia veramente circolare dovrebbe fondarsi sono i seguenti:

  • riduzione dell’uso di energia e risorse; la conservazione del valore nell’economia;
  • prevenzione dei rifiuti;
  • progettazione a partire dai rifiuti e dalle sostanze nocive e dall’inquinamento;
  • mantenimento dei prodotti e materiali in uso e in circuiti chiusi; protezione della salute umana;
  • promozione dei benefici per i consumatori;
  • rigenerare i sistemi naturali.

I diritti dei consumatori

  • Inoltre, ai consumatori dovrebbe essere garantito, in primo luogo, il diritto a ricevere un’informazione più dettagliata e accurata circa gli impatti ambientali di prodotti e servizi durante il loro intero ciclo di vita, soprattutto in termini di riparabilità e durabilità.
  • In secondo luogo, dovrebbe essere istituito un nuovo “diritto alla riparazione”, che coprirebbe quantomeno il ciclo di vita prolungato dei prodotti, l’accesso ai pezzi di ricambio e a servizi di riparazione a prezzi accessibili. Il riciclaggio, il riutilizzo e la ridistribuzione dei prodotti non alimentari dovrebbero essere la norma. Anche gli aggiornamenti software dovrebbero essere reversibili e non portare a una diminuzione delle prestazioni, al fine di garantire la maggior durata di dispositivi come smartphone, tablet e computer.

Un effettivo diritto alla riparazione, in sintesi, dovrebbe affrontare tutto il ciclo di vita di un prodotto e tenere conto della progettazione del prodotto, della produzione etica, della standardizzazione e dell’informazione dei consumatori (anche relativamente alla disponibilità degli aggiornamenti), promuovere un uso più efficiente delle risorse, ridurre gli sprechi e incoraggiare un uso esteso dei prodotti.

Le pratiche che costituiscono un’indebita limitazione del diritto alla riparazione o portano all’obsolescenza rapida dei dispositivi – per favorire il riacquisto degli stessi – potrebbero essere considerate rientranti nelle “pratiche commerciali sleali” e, dunque, contrarie al diritto dell’UE.

I contenuti di una possibile legge sul diritto alla riparazione

Secondo i deputati, una possibile futura legge che introduca il “diritto alla riparazione” per i prodotti durevoli, come quelli tecnologici, potrebbe prevedere:

  • una serie di incentivi nei confronti dei consumatori che spingano gli stessi a preferire la riparazione rispetto alla sostituzione dei loro prodotti tecnologici, come estensione di garanzie o fornitura di un dispositivo sostitutivo per il tempo necessario;
  • la possibile etichettatura “intelligente”, ossia mediante codici QR o passaporti digitali dei prodotti, che permetta di fornire tutte le necessarie informazioni senza, alo stesso tempo, comportare un impatto eccessivo sull’ambiente;
  • un meccanismo di responsabilità solidale tra il produttore e il venditore per la non conformità dei prodotti;
  • requisiti specifici di durabilità e riparazione per determinate categorie di prodotti.

Si renderebbe necessario, inoltre, armonizzare il quadro normativo connesso all’informazione fornita ai consumatori nel punto vendita, compresi i punti di riparazione, la durata stimata per la stessa, i pezzi di ricambio, i servizi di riparazione e la disponibilità di aggiornamenti software.

La proposta legislativa sul diritto di riparazione, secondo quanto annunciato dalla Commissione Europea, sarà presa in considerazione nel terzo trimestre del 2022.

Diritto alla riparazione smartphone, computer: Apple, Google e Samsung

Anche fra i principali produttori di dispositivi elettronici, è molto sentita la necessità di compiere un mutamento nel modello di produzione e commercializzazione classica dei prodotti.

Specialmente nel settore degli smartphone, Apple, Google e Samsung stanno iniziando ad accogliere le preoccupazioni espresse dal Parlamento Europeo, prevedendo, innanzitutto, la possibilità di vendere ricambi per i propri dispositivi. Si tratta di un cambiamento necessario per aziende di tale tenore, spinto sia dalle nuove legislazioni che dalle contingenti ed improrogabili necessità di far proprie le nuove tematiche ambientaliste, all’interno di un mercato estremamente competitivo e saturo.

L’interesse dei consumatori alla riutilizzabilità dei prodotti è evidente anche in ragione della forte crescita dei mercati dei prodotti usati o riconvenzionati: si parla di circa il 10% del mercato complessivo Europeo, con forti prospettive di crescita.

Apple

Apple è stata la prima ad agire in tal senso, introducendo un servizio di Self Service Repair che fornirà ai clienti – al costo di fabbrica – i pezzi di ricambio per provvedere in autonomia alla riparazione di alcuni dispositivi, restituendo. In una prima fase, il servizio si concentrerà “sulle parti per cui ci si rivolge più spesso ai centri di assistenza, come il display, la batteria e le fotocamere di iPhone”. “Ampliare l’accesso a parti originali Apple garantisce ancora più possibilità di scelta quando si ha bisogno di una riparazione” ha dichiarato Jeff Williams, Chief Operating Officer di Apple, in una comunicazione pubblicata sul sito di Apple, “Negli ultimi tre anni, Apple ha quasi raddoppiato il numero di centri di assistenza che hanno accesso a parti originali, strumenti e formazione Apple, e ora offriamo un’ulteriore opzione a chi desidera completare in autonomia le proprie riparazioni.”

Una volta effettuata la riparazione, la restituzione della parte danneggiata consentirà anche al consumatore di ricevere un voucher da spendere sull’acquisto successivo.

Samsung

Allo stesso modo, Samsung, secondo quanto reso noto da Business Korea, per i propri dispositivi della serie Galaxy, inizierà a promuovere entro l’estate l’acquisto e l’utilizzo di pezzi di ricambio e di prodotti riconvenzionati pari al nuovo, al fine di ridurre il costo connesso alla riparazione degli smartphone e disincentivare l’acquisto di un nuovo dispositivo.

Google

Anche Google attiverà, per i suoi Pixel, un programma di riparazione fai-da-te per i consumatori, che permetterà agli stessi di riparare i propri dispositivi sia in autonomia che mediante l’ausilio di centri di assistenza certificati. Insieme al pezzo di ricambio, sarà fornito anche un kit di strumenti e di istruzioni per svolgere la riparazione.

Partner strategico sarà iFixit, che si occupa già da tempo di fornire ai consumatori strumenti e pezzi di ricambio per poter riparare una vasta categoria di prodotti.

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