FinTech e Robo advisor

La robo advice rinnova i servizi finanziari: al centro la tutela dell’investitore

Nella finanzia digitale si fanno largo strumenti automatizzati, robo advice e AI. La consulenza finanziaria entra nell’era della rivoluzione digitale e diventa virtuale, ma è centrale la tutela dell’investitore nel rapporto non mediato dalla figura umana

Pubblicato il 30 Nov 2021

Benedetto Colosimo

Avvocato, partner studio legale Ughi e Nunziante, Ph.D.

Alessandro Corbò

Avvocato, associate studio legale Ughi e Nunziante

finanza

Il consulente finanziario diventa artificiale nell’era degli strumenti automatizzati, robo advice e intelligenza artificiale (AI). Ma va adeguato l’attuale quadro normativo per garantire il massimo livello di tutela agli investitori che ottengono consulenza finanziaria per mezzo di automated tools.

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La robo advice rende virtuale la consulenza finanziaria

L’evoluzione tecnologica ha di fatto modificato le modalità attraverso cui gli operatori del mercato mobiliare possono prestare i servizi di investimento ad alto valore aggiunto. La consulenza finanziaria, all’interno di questa categoria di servizi, è quella che più degli altri subirà radicali mutamenti per effetto della rivoluzione digitale.

Oggi la consulenza finanziaria è erogata anche attraverso automated tools ovvero piattaforme digitali o app pre-impostate sulla base di algoritmi con cui l’investitore può interfacciarsi per ricevere raccomandazioni sugli investimenti da eseguire.

L’espressione robo advice è comunemente utilizzata per definire una casistica molto differenziata al suo interno.

Nel novero della consulenza finanziaria automatizzata, infatti, il linguaggio della prassi, talvolta non tecnico, tende a far rientrare:

  • la prestazione di consulenza totalmente automatizzata, in cui il rapporto tra il prestatore di servizi e l’investitore avviene senza alcuna interferenza della componente umana (robo advice pura); la consulenza finanziaria in cui il sistema informatico affianca l’intermediario per ottimizzarne l’attività consulenziale ma nel quale il sistema informatico non si interfaccia con il consumatore direttamente (robo for advisor);
  • infine la consulenza nella quale l’elemento umano e l’elemento digitale si combinano, prevedendo solitamente la possibilità da parte del cliente di richiedere il supporto di un consulente persona fisica durante l’utilizzo della piattaforma digitale (hybrid robo advice).

La tutela dell’investitore nell’era dei robo advice

Le implicazioni giuridiche di queste tre diverse modalità sono molto differenti. Ne discende l’esigenza di un’analisi non generalizzante e che si focalizzi sulle criticità applicative che queste diverse modalità pongono all’attenzione degli operatori pratici.

Per esempio, con riferimento al profilo della tutela dell’investitore, appare evidente come tale esigenza di tutela dovrà essere tanto maggiore quanto più il rapporto tra utente finale e piattaforma digitale sia diretto e non mediato dalla figura umana.

La consulenza robo for advisor

Innanzitutto, la consulenza prestata tramite modalità tradizionali nel quadro del rapporto consulente-investitore, cioè il terzo modello dei tre descritti sopra (la robo for advisor), non solleva problematiche particolarmente peculiari.

In questo caso, infatti, la consulenza è prestata tramite modalità tradizionali nel quadro del rapporto consulente-investitore e la componente digitale è limitata al fatto che il consulente si avvale del supporto di un algoritmo che gli consente di gestire in modo efficiente le informazioni relative al cliente (ad esempio il profilo di rischio parametrato su asset d’investimento specifici) e formulare una raccomandazione adeguata e personalizzata.

I vantaggi del consulente virtuale

I benefici del ricorso a un software (con livelli più o meno avanzati di AI, che può andare dalla mera analisi statistica ricorsiva dei dati sino al machine learning più strutturato) per la prestazione della consulenza finanziaria sembrano essere molteplici: a tal proposito le European Supervisory Authorities (ESAs) [1], già a dicembre 2016 [2], avevano enumerato i vantaggi connessi all’utilizzo di automated tools nel settore della consulenza finanziaria. I principali benefici sono senz’altro i seguenti:

  • l’abbattimento dei costi di agency, in quanto le tariffe applicate ai clienti sono solitamente ridotte rispetto al servizio di consulenza tradizionale;
  • l’ampliamento e la semplificazione delle possibilità di accesso al servizio, che ora può avvenire anche tramite app su dispositivi mobili;
  • il miglioramento della qualità complessiva dei servizi offerti, perché più rapidi e soggetti ad un margine di errore potenzialmente inferiore rispetto alla consulenza tradizionale.

Robo advice e automazione: i rischi per l’investitore

Automazione e digitalizzazione nella consulenza finanziaria, tuttavia, sono due processi che potrebbero determinare nuove tipologie di rischi per l’investitore.

Basti pensare, tra i tanti, al rischio connesso alla poca chiarezza circa i meccanismi di funzionamento delle piattaforme, alle difficoltà di comprensione dei servizi automatici da parte di certa clientela, dovuta alla scarsa alfabetizzazione digitale, o al caso di errata profilatura del cliente.

Per esempio, se gli algoritmi del sistema automatizzato, o anche semplicemente il software, fossero mal concepiti sin dall’inizio o – in ipotesi – fossero modificati erroneamente in un secondo momento, il rischio di diffusione dell’errore su un numero molto vasto di utenti sarebbe massimo.

In situazioni di malfunzionamento dei sistemi informatici (o di inesattezza degli algoritmi), la magnitudine del rischio si riflette su un secondo ordine di problemi ovvero quello della possibile incapacità del sistema di accertare e comprendere immediatamente l’errore in assenza di un intervento correttivo by human (rischio, in effetti, che è massimo nella robo advice pura).

La disciplina applicabile e i soggetti autorizzati

La risoluzione di questi e di problemi potenziali legati alla prestazione della consulenza tramite robo advisor dipende molto dalla tenuta e dalla coerenza del quadro regolamentare vigente, nonché dai presidi di tutela già previsti a livello nazionale e comunitario per la consulenza prestata su base tradizionale.
Sul piano della disciplina applicabile alla consulenza automatizzata, il framework introdotto con il set di norme MIFID II [3] ha espressamente previsto che il servizio di consulenza in materia di investimenti possa essere prestato anche tramite sistemi automatizzati o semi-automatizzati, chiarendo che le medesime regole si applicano a prescindere dal canale di interazione con l’investitore [4].

In sostanza, la robo advice pura e la hybrid robo advice [5] sono inquadrabili nell’ambito del servizio di consulenza in materia di investimenti [6]: a livello comunitario e nazionale, non si è ritenuto necessario, almeno per ora, procedere all’emanazione di un corpus regolamentare differenziato né alla modifica della definizione del servizio di consulenza, sol perché tale servizio è prestato in modo automatizzato.

Una prima conseguenza è che la robo advice, esercitata nei confronti del pubblico e in via professionale, è soggetta al regime di riserva di attività; in quanto servizio di investimento è quindi prestabile solo da alcuni soggetti.

Robo advice: i soggetti autorizzati

I soggetti autorizzati a prestare consulenza automatizzata sono in via generale i soggetti di cui all’art. 18 del TUF: SIM, imprese di investimento comunitarie, banche italiane e comunitarie, e SGR [7].

Come evidenziato anche dalla Consob [8], è possibile che in questi casi il servizio di consulenza sia affiancato dalla prestazione (sempre in forma digitale) del servizio di esecuzione e/o trasmissione di ordini per conto dei clienti (da parte di SIM e banche) o di commercializzazione di OICR (da parte di SGR), consentendo così ai clienti di dare immediata attuazione ai consigli di investimento ricevuti.

Ai soggetti di cui all’art. 18 TUF, vanno aggiunti quelli che, ai sensi del quadro normativo vigente, possono prestare la consulenza in materia di investimenti “su base indipendente”, e cioè i consulenti finanziari autonomi e le società di consulenza finanziaria, i quali, iscritti all’albo di cui all’art. 31, comma 4 TUF, potrebbero offrire il servizio di consulenza finanziaria indipendente anche in forma automatizzata.

L’intermediario indipendente

A tal riguardo, giova ricordare che la MIFID II ha introdotto la possibilità che l’intermediario offra il servizio di consulenza su base “indipendente”.

Per potersi qualificare come indipendente, è necessario che il consulente prima di formulare il consiglio personalizzato di investimento, valuti una varietà adeguata di prodotti finanziari offerti da diversi producer: la gamma di strumenti finanziari che il consulente finanziario indipendente è tenuto a valutare prima della formulazione del consiglio personalizzato di investimento, non dovrà essere limitata agli strumenti finanziari emessi o forniti da soggetti che hanno stretti legami con l’impresa di investimento o ogni altra relazione giuridica o economica rilevante.

Consulenza indipendente e robo advice

La distinzione tra consulenza indipendente e non indipendente dovrà essere rispettata anche dalle società che si avvalgono di robo advisor, che dovranno quindi opportunamente configurare ed organizzare la piattaforma on-line e le modalità di accesso dell’utente in base al servizio prestato in concreto.

MIFID II: responsabilità del gestore di robo advisor

Come si è detto, il legislatore europeo ha optato per il principio della “neutralità tecnologica”, in base al quale la normativa vigente trova applicazione con riguardo alla consulenza in materia di investimenti, a prescindere dallo strumento in concreto utilizzato per prestare il servizio.

Tale principio è stato condiviso anche dalle ESAs, secondo cui il quadro normativo attuale contiene già i principi generali e le norme di dettaglio necessari per tutelare adeguatamente l’investitore e mitigare eventuali rischi derivanti dall’uso di automated tools [9].

Ne consegue che la maggior parte degli interventi delle autorità europee di vigilanza ha riguardato l’adozione di linee guida o di standard, tipici strumenti di soft law, volti ad indirizzare gli sviluppatori di algoritmi e prestatori del servizio di consulenza e a fornire loro istruzioni non vincolanti circa il modo di progettare ed utilizzare i software.

I rimedi a tutela degli investitori in caso di responsabilità del soggetto abilitato a prestare il servizio di consulenza in forma automatizzata sono pertanto quelli previsti dal quadro normativo e regolamentare vigente.

La tutela degli investitori

Vengono in rilievo, innanzi tutto, l’art. 21 del TUF, che detta regole di portata generale e standard di comportamento e di organizzazione che i soggetti abilitati devono osservare in sede di trattativa precontrattuale, conclusione del contratto ed esecuzione delle obbligazioni che da esso derivano, e le disposizioni di attuazione contenute nel Regolamento Intermediari [10], introdotte in sede di recepimento della MIFID II [11] in materia di profilatura della clientela.

La corretta profilatura è attività prodromica rispetto alle tutele poste a presidio dei diritti dell’investitore e si sostanzia, come noto, nella raccolta di informazioni in merito alla sua situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento; la raccolta di tali informazioni è necessaria per poter consigliare all’investitore strumenti finanziari che siano adeguati, anche con riferimento alla tolleranza al rischio e alla capacità di sostenere le perdite.

L’omessa o errata profilatura produce delle conseguenze immediate e dirette sul piano della responsabilità dell’intermediario, atteso che tale vizio potrebbe inficiare la corretta valutazione di adeguatezza dello strumento finanziario o del servizio raccomandato al cliente.

Robo advice, le responsabilità dell’intermediario

Poiché tali conseguenze potrebbero valere anche per la consulenza finanziaria automatizzata, ne segue che il soggetto che si serve del robo advisor per prestare la consulenza automatizzata potrebbe esser tenuto a rispondere direttamente nei confronti del cliente dei danni subiti da quest’ultimo, nel caso in cui si accertino difetti di profilatura derivanti da malfunzionamenti del software.

Ciò discende dall’art. 54, comma 1 del Regolamento delegato (UE) 2017/565, ai sensi del quale “quando i servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione del portafoglio sono prestati totalmente o in parte attraverso un sistema automatizzato o semiautomatizzato, la responsabilità di eseguire la valutazione dell’idoneità compete all’impresa di investimento che presta il servizio e non è ridotta dal fatto di utilizzare un sistema elettronico per formulare la raccomandazione personalizzata o la decisione di negoziazione”.

La responsabilità diretta dell’intermediario nei confronti dell’investitore sussiste sia nel caso in cui il prestatore del servizio abbia sviluppato in house l’algoritmo, sia nel caso in cui utilizzi un algoritmo acquistato da un soggetto terzo.

Infatti, secondo l’art. 31, comma 1 del Regolamento delegato (UE) 2017/565: “le imprese di investimento che esternalizzano funzioni operative essenziali o importanti restano pienamente responsabili del rispetto di tutti gli obblighi imposti loro dalla direttiva 2014/65/UE”.

Questo costituisce un indubbio vantaggio per l’investitore danneggiato, data la pluralità di soggetti che intervengono a monte della prestazione del servizio di consulenza in forma automatizzata, come ad esempio gli sviluppatori dei codici dell’algoritmo: tale pluralità potrebbe rendere altrimenti assai difficile per l’investitore individuare chi possa essere chiamato a rispondere del danno sofferto.

Inoltre, sul piano probatorio, il cliente è agevolato dall’applicazione di questo regime di responsabilità contrattuale, considerate le enormi difficoltà che incontrerebbe nel dimostrare l’errore tecnico-informatico della piattaforma e individuare il soggetto a cui il malfunzionamento è ascrivibile.

Dovrebbero rientrare nella esternalizzazione di “funzioni operative essenziali” di cui al citato art. 31, comma 1, sia la delega all’esterno della gestione dell’intero servizio di robo advice, ad esempio tramite outsourcing, sia l’immissione nel proprio business di un software per la consulenza automatizzata sviluppato da soggetti terzi e acquistato dall’intermediario o di cui l’intermediario possa servirsi per mezzo (ad esempio) di un accordo di licenza d’uso [12].

L’intermediario potrebbe rivalersi sul fornitore dell’algoritmo

In tutti questi casi, ferma restando la responsabilità contrattuale diretta verso l’investitore, l’intermediario potrebbe comunque rivalersi nei confronti del fornitore dell’algoritmo per ottenere il ristoro di quanto sopportato in seguito all’accertamento della sua responsabilità nei confronti dell’investitore.

Nuove responsabilità a carico del consulente

Tuttavia, si deve rilevare che, nel contesto della robo advice, l’assenza di qualunque interazione umana potrebbe aggiungersi alla mancata o non chiara descrizione nella piattaforma delle caratteristiche del procedimento di consulenza, nonché delle finalità e delle modalità di funzionamento del servizio prestato.

In aggiunta, occorre considerare che il ricorso a strumenti digitali e infrastrutture informatiche potrebbe generare responsabilità a carico del consulente derivanti da eventi che, per definizione, nell’ambito della consulenza tradizionale non si possono verificare.

Si pensi, per esempio, ai danni che l’investitore potrebbe subire in situazioni che, per loro natura, possono esser rilevate (talvolta con difficoltà) solo dalla società che fornisce il servizio di robo advice: ad esempio, in caso di malfunzionamento o di difetto originario di progettazione dell’algoritmo impiegato dalla piattaforma digitale, l’investitore non avrebbe quasi certamente la possibilità di percepire tali difetti.

Le anomalie potrebbero condurre l’utente a concludere investimenti che altrimenti non avrebbe eseguito se adeguatamente informato o avvisato dal software perfettamente funzionante o correttamente utilizzato.

Robo advice e Codice del consumo

Un’altra tematica, a cui gli operatori del settore non sembrano aver prestato finora la dovuta considerazione, concerne l’applicabilità – parallela alle norme del TUF e del Regolamento Intermediari – della disciplina sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, di cui agli artt. 67-bis e ss. del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo).

Senza presunzione di completezza, ciò che merita di essere sottolineato in questa sede è il fatto che la consulenza finanziaria automatizzata tenderà sempre più, fisiologicamente, come sta già accadendo, ad aprire le porte del mercato della consulenza e degli investimenti finanziari a fasce di consumatori fortemente digitalizzate (si pensi ai millennials) che beneficeranno della consulenza automatica sui propri device, elidendo l’interazione commerciale con il consulente tradizionale.

In questo modo, se finora il registro normativo per definizione era quello delle norme del TUF, in futuro vi sarà l’esigenza di far dialogare due plessi normativi a sé stanti: quello, appunto, del TUF e quello (nel caso di clientela retail e consumer) delle norme contenute nel Codice del Consumo che disciplinano i contratti relativi alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.

In sintesi, e rinviando a futuri approfondimenti tematici, occorrerà innanzi tutto tenere ben presente che una norma del Codice del Consumo, ovvero l’art. 67-septiesdecies, comma 4, definisce una fattispecie tipica, e speciale, di nullità.

Il comma 4 di tale norma dispone infatti che “il contratto è nullo, nel caso in cui il fornitore […] viola gli obblighi di informativa precontrattuale in modo da alterare in modo significativo la rappresentazione delle sue caratteristiche”.

In pratica, poiché la robo advice rientra nell’ambito applicativo delle norme sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, i prestatori del servizio di consulenza automatizzata devono conformarsi non solo al set di obblighi precontrattuali previsti dal TUF e dalle disposizioni di attuazione emanate da Consob in applicazione della MIFID II, ma anche agli ulteriori obblighi informativi, anch’essi in fase precontrattuale, prescritti dal Codice del consumo.

A tal riguardo, da un censimento sommario di alcune condizioni generali di contratto di robo advisor autorizzati all’interno del mercato UE (o all’interno di singoli Stati Membri UE), sta emergendo una scarsa attenzione rivolta a tale contesto normativo a tutela degli investitori consumer.

In conclusione, la facilità con cui si potrebbe esser tentati di ricondurre sic et simpliciter la robo advice ad aree normative e discipline ben note (ad es. gli obblighi di profilatura MIFID II, le regole di condotta del TUF, gli obblighi informativi previsti dal Codice del Consumo), potrebbe rivelarsi una scelta fallace e strategicamente perdente.

Conclusioni

Dall’analisi fin qui svolta, discende che l’attuale quadro normativo, composto dal framework MIFID II, come recepito in Italia, e dalle norme in materia di operatività a distanza contenute nel Codice del Consumo, non è del tutto adeguato allo scopo di assicurare il massimo livello di tutela agli investitori che ricevano consulenza per mezzo di automated tools.

I punti di frizione più delicati di questo nuovo modello di business sono rinvenibili osservando il fenomeno da prospettive nuove e che, in effetti, non sono ancora emersi a livello normativo.

Rimangono interrogativi aperti. Vanno chiariti quali siano le responsabilità che potrebbero ricadere sullo sviluppatore dell’algoritmo utilizzato per analizzare i mercati e formulare raccomandazioni individualizzate di investimento.

Bisogna capire dove termina la responsabilità dello sviluppatore dell’algoritmo – che spesso è un soggetto terzo distinto dal fornitore della consulenza – e dove inizia la responsabilità del provider del servizio di consulenza.

E ancora, è necessario determinare le responsabilità cui potrebbe andare incontro il robo advisor in caso di interruzioni del servizio generati da attacchi esterni o da altri eventi che impattano sulla business continuity a livello informatico.

A tali interrogativi, ancora in parte inesplorati, si affiancano ulteriori criticità che il ricorso diffuso alla robo advice potrà generare sul piano della privacy dei clienti e dell’uso dei big-data inerenti a masse sempre maggiori di informazioni.

Dal punto di vista giuridico, potrebbe darsi che in questi casi, soprattutto in relazione a scenari che incidano sulla business continuity, gli sviluppi futuri del mercato indurranno il legislatore europeo (o in sua assenza la giurisprudenza domestica) a introdurre forme di responsabilità da posizione, tale per cui – a prescindere dalla prevedibilità o meno dell’evento – sarà il gestore del servizio di robo advice a dover progettare e attuare sistemi di controllo e monitoraggio adatti a prevenire determinati scenari o a limitarne gli effetti dannosi.

Ad ogni modo, il settore della robo advice è in continua crescita. Il futuro sarà certamente ricco di nuove sfide. Gli operatori dovranno affrontare queste sfide con la ragionevole consapevolezza delle enormi opportunità che si apriranno, ma anche con la doverosa attenzione che andrà riservata a un fenomeno talmente innovativo dal punto di vista tecnologico, finanziario e – non ultimo – anche giuridico.

Note

  1. Sono le Autorità di Vigilanza europea: l’EBA (European Bankig Authority), l’ESMA (European Securities and Markets Authority) e l’EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority). Insieme al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) e alle autorità di vigilanza nazionali, compongono il Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), sistema plurilivello di autorità microprudenziali e macroprudenziali inteso ad assicurare una vigilanza finanziaria coerente e uniforme all’interno dell’UE.
  2. V. Report on automation in financial advice, pubblicato in data 16 dicembre 2016 dal Joint Committee delle tre Autorità.
  3. Direttiva 2014/65/UE, il Regolamento delegato (UE) n. 2017/565 e relativi provvedimenti di attuazione.
  4. Si vedano il Considerando 86 e art. 54, comma 1, del Regolamento (UE) delegato della Commissione 2017/565 del 25 aprile 2016.
  5. La robo for advisor, invece, non è oggetto di regolazione specifica, in quanto sembra porre senz’altro meno problematiche rispetto agli altri due modelli di consulenza finanziaria automatizzata. Come visto, infatti, nella robo for advisor il sistema informatico supporta l’intermediario nell’erogazione del servizio del cliente, ma non vi è alcun contatto diretto tra investitore e automated tool.
  6. L’inquadramento della robo advice nell’ambito della “consulenza in materia di investimenti” è ribadito anche dalla Consob. Sul punto si veda il Quaderno Fintech, La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti finanziari, gennaio 2019, p. 42.
  7. Sono i soggetti autorizzati a prestare i servizi e le attività di investimento in via generale: si veda l’art. 18 del Testo Unico della Finanza (“TUF”).
  8. Quaderno Fintech, La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti finanziari, p. 50.
  9. Sul punto si veda Paracampo, Fintech, Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari, Milano, 2017, 135..
  10. Adottato con delibera Consob n. 20307 del 15 febbraio 2018.
  11. Si vedano gli articoli 40 e 41 del Regolamento Intermediari.
  12. Cfr. Quaderno Fintech, La digitalizzazione della consulenza in materia di investimenti finanziari, p. 83.

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