streaming e dati

La musica fa sempre più soldi, grazie al digitale e alle big tech: analisi di un successo

La creazione di un’offerta di musica legale online ha aiutato nel contrasto a pirateria e diffusione di contenuti illegali. Anche le piattaforme hanno migliorato i loro strumenti di contrasto agli abusi. Questo mix, unito a un insieme di strumenti normativi e giudiziari ha avuto effetti rilevanti sulla crescita dei ricavi

Pubblicato il 07 Apr 2021

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

Photo by Firmbee.com on Unsplash

La continua crescita del mercato della musica registrata, ancora più 7,4% nel 2020, è trainata da anni dallo streaming (in particolare ai ricavi dagli abbonamenti premium, aumentati del 18,5%). Un fenomeno che si deve a vari fattori, che continuano a evolvere in questi giorni.

  • Da una parte, negli ultimi anni il contrasto alle attività illecite online è maturato. Da semplice difesa dalla pirateria e dalla condivisione di contenuti illegali, l’attività dei titolari dei diritti, in particolare nel settore musicale, si è trasformata in uno strumento complementare al business delle imprese, cercando di operare in sinergia per rendere più efficace la generazione di ricavi delle diverse piattaforme.
  • Dall’altra, la Spromozione dell’offerta legale come risposta alla presenza di piattaforme illegali ha sicuramente avuto un impatto nel dragare consumatori verso i contenuti leciti e in questo contesto, servizi in abbonamento o modelli sostenuti dalla pubblicità sono stati essenziali.

La creazione di una sempre più diffusa e aggiornata offerta di musica online (oggi solo una piattaforma come Spotify ha circa 50 milioni di brani caricati) sempre disponibile con tutte le novità appena pubblicate è stata efficace nel rendere meno appetibile l’accesso a siti illegali.

Dall’altra parte le strutture originariamente modellate per combattere un fenomeno, per lo più sul piano dell’enforcement, sono evolute verso realtà basate sulla prevenzione e sull’approccio strategico offrendo un ventaglio di misure tarate sulle necessità contestuali e sulla tipologia di piattaforma.

In Italia, inoltre, abbiamo avuto la particolare caratteristica della creazione di un modello di enforcement in sede amministrativa, con il regolamento Agcom sul diritto d’autore, che ha ulteriormente ampliato i mezzi a disposizione dei detentori dei diritti per contrastare efficacemente l’abusiva condivisione di contenuti. Le stesse piattaforme hanno migliorato gli strumenti messi a disposizione, sia dei titolari dei diritti, come degli utilizzatori o degli stessi creator.

YouTube Checks

Ad esempio, proprio di recente, YouTube ha presentato YouTube Checks. Questa funzione di fatto verifica preventivamente il contenuto prima che venga pubblicato. Il sistema è basato sul Content ID, già attivo per le verifiche successive o in fase di caricamento e permette al creator di individuare immediatamente se vi siano problematiche legate ai diritti o alle regole della piattaforma che impediscano la monetizzazione del video stesso. Questo meccanismo dovrebbe evitare complessi ricorsi successivi alla pubblicazione e claim che rallenterebbero la diffusione del contenuto.

Possiamo con tutta evidenza percepire come questo sistema sia anche collegato alla nuova direttiva sul copyright che come noto, all’art.17 prevede che, qualora non sia concessa alcuna autorizzazione, i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online sono responsabili per atti non autorizzati di comunicazione al pubblico, compresa la messa a disposizione del pubblico, di opere e altri materiali protetti dal diritto d’autore, a meno che non dimostrino di:

  • aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione,
  • aver compiuto, secondo elevati standard di diligenza professionale di settore, i massimi sforzi per assicurare che non siano disponibili opere e altri materiali specifici per i quali abbiano ricevuto le informazioni pertinenti e necessarie dai titolari dei diritti;
  • e in ogni caso, di aver agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata dai titolari dei diritti, per disabilitare l’accesso o rimuovere dai loro siti web le opere o altri materiali oggetto di segnalazione e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro conformemente al secondo punto in elenco.

I ricavi da monetizzazione delle piattaforme

L’evoluzione del mercato è, come scritto sopra, prevalentemente indirizzata verso la monetizzazione della produzione dei creatori e questo è un aspetto che favorisce anche i produttori di contenuti. Se osserviamo da vicino i dati appena pubblicati sul mercato discografico italiano possiamo verificare come i ricavi da monetizzazione di piattaforme come Facebook e Instagram siano cresciuti di oltre il 33% e valgano da soli, in termini di fatturato, quasi quanto tutto il mercato fisico di CD e vinili.

Una crescita esponenziale nell’anno della pandemia ma che è anche il risultato di operazioni programmate dalle case discografiche e dagli artisti per connettere i fan e agevolare un rapporto più vicino in una fase dove è mancato il contatto con il pubblico a causa della cancellazione degli eventi live. I canali social stanno mettendo a disposizione degli utenti un sempre più ampio raggio di strumenti per favorire la monetizzazione da parte dei creator ed evitare dall’altra parte conteziosi per violazioni del copyright. I creator possono così utilizzare contenuti musicali autorizzati o essere consapevoli che su determinati titoli esistono delle limitazioni.

Questo risultato è la dimostrazione di una maggiore predisposizione delle aziende, a seguito di licenze raggiunte con le piattaforme, di monetizzare il più possibile i contenuti, piuttosto che procedere al notice & take down, che viene limitato solo a interventi specifici legati alla sicurezza delle pre-release o alle strategie promozionali dell’artista, che prevede magari di concentrare il lancio di un brano su una specifica azione di marketing.

TikTok

Anche i recenti accordi di licenza raggiunti dalle major con TikTok hanno l’obiettivo di ottenere il miglior ritorno in termini di ricavi per l’utilizzo di contenuti musicali dai vari tiktoker. L’attività di content protection condotta da società specializzate come, ad esempio, l’italiana DCP, attiva nel settore musicale, dei brand e delle televisioni, nonché sport, è quindi mirata oggi molto alla prevenzione e sicurezza nella filiera, monitorando, come avvenuto durante il recente Festival di Sanremo, eventuali falle nella sicurezza delle transazioni nella fase antecedente la pubblicazione. Potenziali leak di brani musicali avrebbero potuto danneggiare la casa discografica e l’artista in quanto il regolamento della gara prevede che la canzone sia inedita e che non abbia avuto alcuna diffusione prima delle serate di esibizione in televisione.

Altre azioni di contrasto ai contenuti illeciti

Altre azioni sono legate al monitoraggio di piattaforme di stream ripping (ovvero sistemi che consentono di scaricare un brano da YouTube fissandolo sul proprio device) con richieste di blocco all’Agcom. Gli interventi su questo specifico fronte hanno portato ad una riduzione del fenomeno di oltre il 43 % in un anno con un calo degli utenti del 94%, uno dei risultati più significativi a livello globale. Le procedure di web o site blocking sono molto utilizzate in Europa nel contrasto ai contenuti illeciti. Le ingiunzioni di blocco trovano la loro base giuridica nell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva sul commercio elettronico, nell’articolo 8, paragrafo 3, della Direttiva InfoSoc e l’articolo 11 dell’IPRED.

La compatibilità delle ingiunzioni di blocco con le normative comunitarie è stata confermata da una serie di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), che supportano anche la disponibilità di ingiunzioni di blocco dinamico. Spesso le ingiunzioni sono state garantite dai giudici sia a livello di DNS, sia a livello di IP, in altre decisioni, soprattutto in sede amministrativa, solo a livello DNS. Con il blocco dinamico, gli effetti dissuasivi sono stati maggiori e l’efficacia degli interventi, come nel citato esempio dei siti di stream ripping ha avuto un impatto significativo, sin dalle prime decisioni in Italia, contro Pirate Bay nel 2008 e BTjunkie nel 2011 contribuendo a proteggere i contenuti e a difendere l’offerta dei canali legali che via via si sono affermati nel nostro Paese.

Conclusioni

In conclusione, possiamo notare come un insieme di strumenti normativi, giudiziari e un’efficace proposta di mercato abbiano mostrato effetti rilevanti sulla crescita del segmento online, in particolare nel settore musicale.

L’evoluzione delle tecnologie non può tuttavia far ritenere che il fenomeno della pirateria sia del tutto scongiurato perché nuove forme di condivisione dei contenuti possono apparire improvvisamente sul mercato rivoluzionando lo scenario in pochi mesi. Per questo motivo è necessario disporre di un quadro giuridico altrettanto flessibile e in grado di poter sempre rispondere alle sfide che possono presentarsi di fronte. In questo contesto diventa pertanto rilevante anche il dibattito intorno alla nuova proposta di regolamentazione comunitaria nell’ambito del Digital Services Act (DSA)

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