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L’IA sta cambiando tutto nel marketing operativo: strategie per usarla bene



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L’IA rivoluzionerà il marketing operativo, rendendo obsoleti molti ruoli tradizionali e automatizzando attività come la creazione di contenuti e l’analisi dei dati. La creatività umana e le strategie di marketing che richiedono comprensione emotiva e intuizioni resteranno tuttavia irrinunciabili. In futuro, insomma, l’IA assisterà piuttosto che sostituire completamente i professionisti del marketing

Pubblicato il 8 mag 2024

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



Young,Happy,Businesswoman,Using,Computer,In,Modern,Office,With,Colleagues.

L’intelligenza artificiale sta trasformando i processi e le strategie del marketing operativo in un modo mai visto prima, offrendo nuove opportunità e sfide per i marketer, che vedono nell’IA un alleato prezioso per ottimizzare le loro operazioni.

Ma l’adozione dell’IA non è un processo semplice o immediato: richiede sperimentazione, formazione ed una capacità di adattamento al cambiamento.

E mentre l’IA può automatizzare numerosi processi, è fondamentale ricordare che la creatività e la strategia rimangono elementi cruciali nel marketing. Infine, in un contesto sempre più consapevole delle questioni ambientali, l’IA può avere un ruolo significativo nell’aiutare le aziende a realizzare campagne di marketing più sostenibili.

L’IA e il futuro del marketing operativo

Per Sam Altman, il fondatore di OpenAI, il 95% di ciò che i marketer usano come, ad esempio, agenzie, strateghi e professionisti creativi sarà gestito con facilità, rapidamente e, quasi, gratuitamente dall’IA – e l’IA sarà probabilmente in grado di testare la creatività all’interno di focus group di clienti reali o virtuali per prevedere i risultati e ottimizzare i modelli di marketing. Gratuitamente, istantaneo e quasi perfetto. Immagini, video, idee per le campagne? Nessun problema, ci pensa l’IA.

Le reazioni dei marketer all’IA

Ovviamente le parole di Altman hanno creato scompiglio tra i marketer, una delle categorie più “minacciate” dallo sviluppo e dalla crescita dell’IA generativa.

Paul Roetzer, fondatore e CEO del Marketing AI Institute non pensa che Altman stia esagerando con le sue previsioni sull’IA e a Sara Lebow, per un articolo sul blog aziendale di eMarketer, ha detto “Non puoi lasciare che la paura ti guidi, lascia da parte la paura e l’ansia e fai il passo successivo per andare avanti”.

Il consiglio di Roetzer quindi è quello di evitare uno scontro con il progresso tecnologico ma piuttosto di comprendere i punti di forza del cambiamento.

Chi ha già dimestichezza con i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) non è stato sorpreso dalle dichiarazioni di Altman. Le potenzialità di sistemi di intelligenza artificiale generativa crescono rapidamente è già oggi sono in grado di alzare il livello di migliorare il livello di qualsiasi ufficio marketing.

Quando parliamo di marketing, però, soprattutto in ambito aziendale è bene fare una distinzione tra tutto quello che è marketing operativo e marketing strategico o quasi.

L’IA e le operazioni di marketing

Oggi le attività più diffuse ricadono nel sott’insieme del marketing operativo e – proprio in linea con quanto dichiarato da Altman – tutto quello che è operations sarà spazzato via dall’intelligenza artificiale.

La sfida per i marketer del futuro – a livello di operations – sarà quella di acquisire le capacità – prima di tutto tecnologiche – per andare a scegliere sapientemente gli strumenti e i modelli degli stack marketing (l’insieme delle soluzioni software a servizio delle operazioni di marketing) delle aziende e dei loro brand.

L’importanza dell’educazione e sperimentazione nell’IA

Intanto il prossimo step è, senza dubbio, l‘educazione e la sperimentazione. I cambiamenti nel marketing, a livello aziendale, saranno certamente graduali, lasciando il tempo ai marketer e ai loro team di aumentare l’alfabetizzazione dell’IA.

Ciò significa seguire corsi di formazione dedicati, ascoltare podcast, sperimentare ChatGPT e altri strumenti e assicurarsi che quegli strumenti siano via via radicati nei processi aziendali. Perché è chiaro che quella di Altman possa suonare come una provocazione, ma il 95% dei lavori nel marketing anche se non scompariranno, cambieranno.

L’IA e la trasformazione del lavoro dei marketer

“Penso che il 95% di ciò che i marketer fanno sarà fatto dalle macchine nei prossimi anni? No. Penso che il 95% di ciò che fanno sarà assistito dall’IA nei prossimi tre anni? Assolutamente si”, ha detto Roetzer.

Un consiglio? Usare ChatGPT ogni giorno, ad esempio, anche per un periodo breve aiuterà ad acquisire nuove competenze, maggiore dimestichezza ed a sviluppare nuovi modelli.

Tutte le discipline sperimentali, come l’IA, vanno di pari passo con la capacità di apprendimento interna ad un’organizzazione. È importante iniziare in piccolo e far crescere l’hype all’interno dell’azienda nei vari team.

Wil Reynolds, CEO e fondatore di Seer Interactive, l’agenzia di marketing con sede a Filadelfia ha suggerito ai marketer di iniziare a utilizzare l’IA per risolvere un problema. Ha raccomandato di identificare e catalogare tutte quelle attività ripetitive che potrebbero potenzialmente essere automatizzate come la creazione di fogli di calcolo e la pianificazione delle e-mail.

Per l’esperta di comunicazione Emanuela Goldoni “Nel marketing e nella comunicazione l’IA sta già aiutando le aziende nella fase di analisi dei dati di scenario, aumentando la precisione e la qualità delle previsioni; o ancora nella personalizzazione dei contenuti (dalle email marketing alle newsletter, dal copywriting alla SEO); nella personalizzazione di tutte le fasi della customer experience, nel customer caring (ad esempio con chat bot con interazioni più umane) fino alle esecuzione e pianificazione delle campagne pubblicitarie”.

Parliamo quindi già di una realtà che “ha segnato uno spartiacque tra marketer e creativi: entusiasti pionieri da un lato e detrattori luddisti dall’altro”.

Il progetto di Altman è l’Intelligenza Artificiale Generale (AGI), la creazione di una IA capace di replicare completamente l’intelligenza umana, ma per Roetzer “Non abbiamo bisogno di AGI per vedere massicce trasformazioni nell’economia, nel mondo del lavoro, nell’istruzione e nella società”.

Klarna, il gigante fintech con sede in Svezia, ha appena rivelato che il suo assistente di intelligenza artificiale è in grado di svolgere il lavoro di 700 dipendenti. Un cambiamento che potrebbe riguardare presto altre aziende.

L’IA e la creatività nel marketing

E la creatività?

Per Elis Bonini, AI expert dell’hub creativo emiliano Ventie30 “l’intelligenza artificiale potrà evolversi come strumento che affiancherà i creativi nello sviluppo di idee e progetti, questo creerà sicuramente un gap tra la creatività di alto livello e quella mediocre, ma darà anche l’occasione di sperimentare mescolando campi di interesse differenti. Ad esempio un designer potrebbe voler contaminare il proprio lavoro con la psicologia”.

Sicuramente – spiegano da Ventie30 – chi non riuscirà a tenere il passo e rimaner informato su queste piattaforme, rischierà di esser sorpassato da chi le saprà usare meglio. Questo non nel breve ma nel brevissimo termine.

Se per Altman i marketer potranno presto sostituire i creativi con le macchine non la pensa così l’art director Simone Pollastri: “L’intelligenza artificiale può imitare la creatività umana, ma il potere dell’immaginazione umana rimane incomparabile. La creatività umana, intrinsecamente legata all’intelligenza emotiva e all’empatia, permette ai professionisti come noi di connettersi profondamente con il pubblico, creando sfumature emotive e immaginari molteplici. L’IA può essere un ottimo strumento nel campo creativo, ma non sostituirà mai il pensiero umano che da inizio al processo creativo”.

Il ruolo della strategia nel marketing del futuro

Se, come abbiamo visto, i primi compiti che diventeranno automatizzati (o che lo sono già) riguardano il marketing operativo un discorso diverso lo merita il marketing strategico.

È – e sarà – sempre più importante per le aziende costruire strategie capaci di fondere gli obiettivi commerciali (o di reputation) con i valori aziendali o di un brand. Il marketing moderno punta sempre di più sulle emozioni e sullo stabilire una relazione emotiva con il pubblico. Un aspetto dove a fare la differenza non può essere solo un modello linguistico di grandi dimensioni, ma l’essere umano.

Così a livello strategico i mercati, in futuro, non andranno solamente analizzati, ma capiti, per costruire strategie uniche e profondamente diverse dalle centinaia già presenti e costruite dai modelli di IA più utilizzati.

Inoltre – come emerso dalla seconda edizione dell’indagine “Leader della comunicazione” realizzata da EY – in collaborazione con SWG la comunicazione riveste un ruolo sempre più strategico all’interno delle aziende e sedendo da protagonista nelle stanze dei bottoni, fianco a fianco con i top manager.

Un aspetto simile anche per quanto riguarda il marketing strategico e – anche – per questo non può essere gestito, interamente, dall’intelligenza artificiale generativa.

Se da una parte l’alfabetizzazione di IA sarà una skill sempre più importante anche rafforzare le abilità che l’IA non può fare è importante spiega Wil Reynolds, CEO e fondatore di Seer Interactive.

L’impatto dell’IA sulla sostenibilità nel marketing

Inoltre per tutte quelle aziende e quei brand che puntano sulla sostenibilità puntare sull’IA potrebbe creare un problema, prima di tutto, di reputation. Addestrare l’intelligenza inquina ricorda la Climate Pact Ambassador della Commissione Europea Benedetta Brighenti che invita a trovare la strada per far coesistere la transizione digitale e quella ambientale.

In futuro l’evoluzione del marketing sarà sicuramente nella riduzione di moltissimi lavori operativi e in un cambio massiccio di professionalità, ma le competenze strategiche e le intuizioni continueranno – a mio avviso – a rimanere in mano agli esseri umani.

“Non so se le intuizioni umane avranno più valore. Sicuramente le macchine ci stanno già incoraggiando a ragionare sui processi e sulla metacognizione. E perché no, a prendere coscienza delle modalità con cui nascono le intuizioni umane, spesso frutto di errori di valutazione e fallacie” spiega Emanuela Goldoni.

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