Registro Pubblico delle Opposizioni

Nuovo RPO, Assocontact: “Ecco perché danneggia i virtuosi e non ferma il telemarketing selvaggio”

Il documento rilasciato dal Mise con le analisi delle osservazioni sul nuovo Registro Pubblico delle Opposizioni conferma alcuni dei timori degli operatori circa le motivazioni, l’impianto, la ratio e gli effetti del nuovo RPO. Ecco quali sono le principali preoccupazioni dei teleseller

Pubblicato il 23 Giu 2022

Lelio Borgherese

Presidente di Assocontact

Telemarketing proposta di legge

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha rilasciato di recente un documento riportante le analisi delle osservazioni ricevute mediante consultazioni degli operatori interessati dal nuovo Registro Pubblico delle Opposizioni. Un documento tecnico che spesso richiama l’attenzione del Garante della Privacy per ulteriori approfondimenti a dimostrazione della delicatezza della materia.

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I timori degli operatori sul nuovo RPO

Il documento, formalmente esaustivo, conferma però alcuni dei timori degli operatori circa le motivazioni, l’impianto, la ratio e gli effetti del nuovo RPO:

  • una sproporzionata tutela dei consumatori in questioni complesse in cui diritti legittimi ma contrapposti dovrebbero trovare una conciliazione più equa;
  • un’imperfetta consapevolezza dei fragili equilibri del mercato dei teleseller;
  • un’ambiguità di fondo che, lasciando spazio alle interpretazioni favorisce le zone grigie e i teleseller illegali che continuano a non essere toccati dal ROP.

Quindici operatori, tra cui le principali aziende TLC e le Associazioni di BPO e Contact Center e i data provider, hanno manifestato le proprie perplessità di merito e di metodo inviando i propri contributi dal 5 aprile al 6 maggio. Molte delle risposte del MISE rimandano al parere del Garante della Privacy. Se in linea generale non vi è nulla da eccepire sulla richiesta di interpretazioni più approfondite da parte dell’Autorità competente, si può invece sollevare qualche dubbio sulla scelta di demandargli l’onere di una risposta su alcuni specifici passaggi quali quelli che riguardano il rilascio dei consensi e le chiamate dei contraenti.

Quando è il consumatore che chiede all’operatore di essere contatto

Due ambiti nei quali è chiara l’esplicita richiesta da parte del cittadino di voler essere contattato. A necessaria premessa va specificato che con la normativa del Codice Privacy, con la Legge n. 5 del 2018 e con il Decreto attuativo del nuovo Registro delle Opposizioni si è voluto fornire ai consumatori uno strumento chiaro e accessibile per manifestare la propria volontà a non ricevere comunicazioni (in questo caso telefoniche o di posta cartacea) indesiderate.

Ed in effetti proprio “Comunicazioni Indesiderate” è il titolo dell’art. 130 del codice privacy, che disciplina, tra le altre, le fattispecie di marketing diretto effettuate mediante contatto telefonico con e senza operatore.

Tali premesse conducono a una lettura critica della risposta del MISE al punto 1.2.7 in cui è scritto: “Alcuni partecipanti hanno chiesto chiarimenti in merito ad alcune pratiche operative, cd. lead generation, in cui il consumatore chiede all’operatore di essere contattato. In tale scenario, alcuni soggetti hanno chiesto la deroga alla consultazione del RPO, qualora la chiamata avvenga in un tempo ravvicinato rispetto alla richiesta di contatto. I partecipanti hanno proposto termini differenti dell’intervallo intercorrente tra la richiesta di contatto e l’effettuazione della chiamata ai fini della deroga della consultazione del RPO: dall’arco della giornata a 24/72 ore fino a 15 giorni. Dalla lettura testuale della legge n. 5/2018 non sembrerebbero esserci esenzioni temporali per la verifica dei contatti. In ogni caso, su tale aspetto pare opportuno un parere formale da parte dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali”.

Se la domanda posta dagli istanti voleva essere uno stimolo a specificare e delineare in modo formale l’esclusione di tali fattispecie dalla disciplina del Registro delle Opposizioni, la formulazione della risposta che rimanda all’Autorità Garante, specificando che la legge 5/2018 non prevede esenzioni lascia molti dubbi. Se un consumatore esprime il desiderio di essere contattato, come è possibile che la comunicazione che ne consegue risulti indesiderata? Riteniamo piuttosto che tale richiesta rientri nell’ambito di tutt’altra disciplina e base di legittimazione.

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I dubbi sul rilascio del consenso

Un discorso analogo lo si può fare per il rilascio del consenso, come al punto 1.2.6: “Alcuni partecipanti hanno chiesto chiarimenti in merito ai consensi rilasciati per fini di invio di materiale pubblicitario, vendita diretta, comunicazione commerciale o per il compimento di ricerche di mercato che nonostante l’iscrizione non vengono revocati, ovvero quelli di cui all’art. 1, comma 5, della legge n. 5/2018 (ultimo periodo). A tal riguardo, alla luce anche dei lavori parlamentari tale eccezione sembrerebbe far riferimento a contratti di fornitura relativi a prestazioni periodiche o continuative. Alla luce delle segnalazioni ricevute in merito, su tale aspetto pare opportuno un parere formale da parte dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali al fine di chiarire se i contratti di durata istantanea, ad es. per la compravendita di beni, siano esclusi da tale accezione”.

Il consenso a ricevere comunicazioni a fini di marketing segue una strada del tutto autonoma rispetto alle vicende contrattuali nell’occasione delle quali il contraente lo ha concesso.

Capiamo che si tratta di un ambito molto tecnico, ma anche qui il MISE avrebbe potuto sciogliere il nodo in modo diretto invece di rimandare alla risposta dell’Autorità Garante.

Le incongruenze sulle iscrizioni di default al registro

Nel proseguo delle risposte offerte dal Mise vi sono poi altre incongruenze che meritano attenzione e ulteriori sollecitazioni.

Nel punto 1.2.8 Iscrizioni di default al RPO, si fa riferimento al fatto che le iscrizioni di default, ossia i numeri già iscritti al momento dell’attivazione del nuovo servizio e i numeri fissi non presenti negli elenchi telefonici pubblici, non determinano la revoca del consenso.

“(…) Per tale ragione le iscrizioni di default nei casi sopra menzionati, in cui non è previsto il coinvolgimento del contraente telefonico, non producono effetti sulla revoca dei consensi. Per tali numerazioni varrà quanto previsto dall’art. 1, comma 7, della legge n. 5/2018, ovvero che sono vietati la comunicazione a terzi, il trasferimento e la diffusione di dati personali dei contraenti telefonici iscritti nel RPO da parte del titolare (…)”
Questo forse il punto che pone maggiori problemi poiché l’interpretazione del MISE (che ci appare errata sotto l’aspetto tecnico) pone enormi problemi alla certezza del diritto per il comparto dei List Providers.

Dal nostro punto di vista, infatti, se l’iscrizione di default di tali numeri non comporta la revoca dei consensi precedentemente prestati, si dovrebbe configurare la possibilità del trasferimento dei dati a terzi a fini di marketing – che invece è vietata nonostante la procedura si basi proprio sul consenso specifico da parte del contraente. Si potrebbe altresì aprire una parentesi di discussione sulla opportunità, sulla ragione (finalità) e sulla legittimità della conservazione di tali dati all’interno del RDP, ma ciò merita una trattazione a parte.

Conclusioni

In definitiva, l’analisi del MISE rispetto alle osservazioni ricevute in sede di pubblica consultazione, rafforza l’impressione di un approccio eccessivamente orientato a controllare i virtuosi e inefficace nei confronti dei teleseller illegali. E questo continua a essere il vero vulnus anche perché, intanto, ai virtuosi è affibbiato un carico di oneri che la mancata emanazione del cosiddetto decreto tariffe rende ancora più difficile gestire.
I teleseller appartengono a un settore, quello dei Contact Center, dalla doppia faccia; da un lato capace di esprimere qualità e valore anche in termini economici, occupazionali e tecnologici; dall’altro molto fragile, condannato alla precarietà dalle carenze normative e dalle asimmetrie del mercato.

Un settore che richiederebbe molta attenzione, in questo particolare momento storico, per il ruolo che ha e che potrebbe avere nella transizione digitale, nell’innovazione dei servizi e nella gestione dei dati, e che invece appare ancora una volta destinato a pagare per tutti.

Ottenere una regolamentazione più chiara e anche più equa nel campo della tutela dei diritti non è una richiesta corporativista ma una legittima aspettativa da parte di uno degli attori di questo particolare mercato dove concorrenza, informazione, produttività e privacy sono dimensioni alla ricerca di un continuo equilibrio.

*Contributo tecnico: Sergio Aracu

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