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Regolazione delle big tech: le posizioni degli editori europei sul “pacchetto digitale” Ue

I 18 mesi che passeranno prima della conclusione dell’iter di approvazione del Digital Markets Act (DMA), Digital Services Act (DSA) e Data Governance Act (DGA) sono l’occasione per gli stakeholder di approfondire il confronto e discutere le criticità dei dossier sul tavolo del Mitd. Cosa ne pensano gli editori

Pubblicato il 21 Mag 2021

Isabella Splendore

Responsabile Area giuridica e internazionale FIEG

bandiere ue italia

Il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale (MITD) ha assunto il coordinamento dei lavori per la definizione della posizione italiana sui dossier relativi a Digital Markets Act (DMA), Digital Services Act (DSA) e Data Governance Act (DGA).

Platform economy: vantaggi e rischi per imprese e cittadini sotto la lente del digital package Ue

La scorsa settimana si è tenuta la prima sessione plenaria, coordinata dal MITD, d’intesa con il Dipartimento Politiche Europee e con il Ministero dello Sviluppo Economico, per acquisire le posizioni degli stakeholder sulle citate proposte Regolamentari, al fine di definire la posizione del governo italiano presso i tavoli di lavoro europei: in circa tre ore di confronto, oltre 40 associazioni ed enti esponenziali hanno avuto modo essenzialmente di manifestare l’interesse dei diversi e numerosi settori industriali coinvolti a fornire il proprio contributo qualificato.

Tali contributi, nel dettaglio, saranno raccolti dagli esperti del Ministero per le dovute valutazioni ma sarebbe auspicabile – come metodo di lavoro – che potessero essere resi pubblici, previo consenso, sul modello delle audizioni e consultazioni pubbliche di altre amministrazioni. L’iter di approvazione delle proposte è ancora molto lungo (si veda l’ultimo paragrafo), ci vorranno infatti almeno 18 mesi perché le proposte in esame completino il percorso di approvazione europeo, il che rappresenta per tutti i soggetti coinvolti una occasione cruciale per approfondire il confronto e affrontare le varie criticità.

Di seguito, un approfondimento relativo alla posizione degli editori europei sui tre dossier.

Data Governance Act

La proposta di un regolamento sulla governance dei dati, pubblicata il 25 novembre 2020, ha l’obiettivo di promuovere la condivisione dei dati rendendo i dati pubblici e aziendali disponibili per il riutilizzo, al fine di massimizzare i benefici per la società. Non è chiaro se questo regolamento si applicherà al settore della stampa, ci sono tuttavia nella proposta della Commissione motivi di preoccupazione riguardo al ruolo dei “personal data-sharing intermediaries” e se le piattaforme di gestione del consenso incorporate nei siti web degli editori rientrino in questa categoria.

In questo caso, i requisiti di neutralità e di separazione strutturale si applicherebbero anche alle piattaforme di gestione del consenso, con l’obbligo di creare un’entità giuridica separata.

La presidenza portoghese del Consiglio UE, attualmente in carica, non ha chiarito la questione nel suo primo testo di compromesso rilasciato alla fine di febbraio. La commissione ITRE (Industria, Ricerca, Energia) del Parlamento europeo ha pubblicato il suo draft report – relatrice, la deputata Angelika Niebler – alla fine di marzo. Esso suggerisce che, per il Parlamento, il requisito della separazione strutturale dovrebbe coprire solo i servizi che mirano ad intermediare tra un numero indefinito di detentori dei dati e utenti dei dati, escludendo i servizi di condivisione dei dati sviluppati congiuntamente per una collaborazione specifica o un’impresa comune. Alla data del 28 aprile 2021, risultavano presentati dalla commissione ITRE ben 700 emendamenti al draft report.

Se il giudizio dell’industria di settore sul DGA sembra, dunque, sospeso, ben più definite sono le posizioni dei produttori di contenuti editoriali, e titolari dei relativi diritti, su DMA e DSA.

Digital Markets Act

Gli editori europei di giornali – rappresentati da ENPA (European Newspapers Publishers Association) ed EMMA (European Media Magazines Association) – considerano il Digital Markets Act (di seguito solo “DMA”) una occasione storica e potenzialmente unica per l’UE di affrontare gli squilibri di mercato causati dalle piattaforme cosiddetti gatekeeper e garantire una distribuzione equa e non discriminatoria della stampa. Pertanto, hanno accolto favorevolmente l’iniziativa presa dalla Commissione europea in materia.

Il DMA si propone di porre fine agli squilibri attualmente presenti nel mercato digitale, attraverso l’introduzione di nuovi obblighi per le grandi piattaforme digitali che agiscono quali gatekeeper e l’indicazione ex ante delle pratiche da queste finora attuate ma da considerarsi, in futuro, come “scorrette o sleali”.

Per perseguire tale obiettivo, la Commissione ha optato per un approccio ‘olistico’ che tiene conto della dimensione di assoluta interconnessione delle pratiche individuate e delle relative criticità, in particolare per il settore dell’industria dell’informazione. Nel lungo termine, infatti, non è possibile risolvere i problemi che nascono dalle interazioni tra le grandi piattaforme digitali e le altre imprese – quelle editoriali in primo luogo – senza affrontare gli squilibri strutturali del mercato.

In particolare: la raccolta e l’uso massiccio di dati da parte degli Over-The-Top (OTT) in differenti servizi globali rende praticamente impossibile concorrere con essi su un piano di parità. Se non si prenderanno misure opportune per modificare la situazione, provvedimenti parziali potranno risolvere singoli problemi ma non lo squilibrio strutturale.

Basti considerare quanto è avvenuto nella pubblicità, elemento cruciale del business editoriale. Negli ultimi dieci anni l’emergere della pubblicità programmatica, del trading istantaneo e delle tecnologie di micro-targeting ha escluso o marginalizzato dalla catena del valore l’editoria d’informazione e i suoi prodotti di alta qualità.

Il DMA rappresenta, dunque, una occasione fondamentale per mettere fine a tali squilibri a condizione però – si legge in una nota delle sue associazioni europee – che talune sue previsioni, significativamente carenti, siano tempestivamente modificate. Se queste lacune non verranno affrontate nel processo legislativo, questo importante regolamento rischia di diventare una “tigre senza denti” che in alcuni casi finirebbe addirittura per legittimare taluni comportamenti non giustificabili dei gatekeeper.

Analizziamole più nel dettaglio:

Il trattamento dei dati

Nel febbraio 2021 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Una strategia europea per i dati” che preannuncia iniziative per regolare e facilitare lo scambio dei dati nell’economia digitale, il cui volume è aumentato, negli ultimi tre anni, del 530%. Secondo le stime della Commissione, il valore dell’economia dei dati nell’UE27 è di 829 miliardi di euro (erano 301 miliardi, pari al 2,4% del PIL dell’UE, nel 2018)[1]. I dati rappresentano una componente essenziale della crescita economica. In una visione olistica del mondo digitale, il dato deve essere considerato come motore dell’economia e della costruzione di relazioni. Gli editori ritengono che solo in questa visione complessiva sia possibile esplorare nuovi modelli di business che consentano di uscire dalla precaria situazione nella quale il settore si dibatte da tempo, in modo da continuare a fornire alla società l’imprescindibile servizio informativo di qualità garantito dal giornalismo professionale. In quest’ottica, il DMA dovrebbe espressamente vietare alle piattaforme di:

  • combinare i dati personali provenienti dai diversi servizi del gatekeeper o da altre terze parti, a prescindere dal consenso dell’utente;
  • imporre agli utenti commerciali condizioni più severe sul trattamento dei dati ovvero condizioni alle quali il gatekeeper stesso non aderisce;
  • utilizzare in concorrenza con gli utenti commerciali i dati non pubblicamente disponibili che ha generato attraverso le attività di altri utenti commerciali.

La pubblicità online

Le associazioni degli editori europei di giornali hanno formulato specifiche richieste anche in relazione alla pubblicità online.

Le previsioni del DMA che impongono ai gatekeeper di fornire agli inserzionisti e agli editori a cui vendono servizi pubblicitari informazioni sui prezzi di specifici annunci non sono ritenute sufficienti. Occorre, per esempio, affrontare la questione del conflitto d’interessi. In particolare, si dovrebbe vietare ai gatekeeper di gestire servizi di intermediazione pubblicitaria e allo stesso tempo di parteciparvi tramite filiali. Questo perché la filiale di un gatekeeper avrà un accesso privilegiato alle informazioni e ai dati rilevanti per vincere nelle aste pubblicitarie. Tale partecipazione dovrebbe quindi essere trattata in modo simile all’insider trading, cioè vietata a causa di un vantaggio ingiustificato dell’insider. La disposizione dovrebbe essere integrata con divieti più efficaci che affrontino i conflitti di interesse del gatekeeper nell’industria dell’ad tech. In particolare, sarebbe importante proibire qualsiasi insider bidding attraverso filiali di un gatekeeper che ha maggiore conoscenza, comprensione o accesso ai dati rilevanti per il risultato dell’intermediazione.

Occorre, inoltre, intervenire anche sugli “strumenti di misurazione della performance” e rendere obbligatorio per il gatekeeper sottoporsi a sistemi di misurazione dell’audience e ad altri sistemi di convalida neutrali e a livello industriale che siano controllati in modo indipendente e trasparente da terze parti.

Il divieto di disparità di trattamento e la previsione di un meccanismo vincolante di negoziazione

Secondo gli editori europei, occorre rafforzare le previsioni del DMA (in particolare l’art. 6) che vietano discriminazioni nell’accesso ai servizi, meccanismi di auto-preferenziazione rispetto a prodotti e servizi propri o di terzi collegati, altre forme di disparità di trattamento: in tal senso, si invoca anche un meccanismo vincolante di negoziazione tra editori e gatekeeper che stabilisca un termine per la conclusione degli accordi, ad es. per il caso di licenze sui contenuti, prevedendo altresì, in mancanza di accordo tra le Parti, l’intervento di una Autorità terza, sul modello della clausola arbitrale introdotta dalla nuova legislazione antitrust australiana. In tal senso, il Senato francese ha approvato, il 5 maggio scorso, un emendamento alla normativa nazionale sul diritto connesso che introdurrebbe una sanzione pecuniaria, comminata da un giudice, a carico delle piattaforme che si rifiutano di portare a compimento le negoziazioni con gli editori.

L’esecuzione giudiziaria e la competenza delle autorità nazionali per agire su casi nazionali è indispensabile

Un DMA efficace deve istituire un potente quadro di applicazione per garantire che gli obblighi richiesti siano monitorati efficacemente e fatti rispettare rigorosamente. Pertanto, la Commissione europea non dovrebbe avere il monopolio su come applicare e far rispettare il DMA. Le esperienze del caso Google Shopping per esempio – dove la Commissione inizialmente voleva dare il via libera alle pratiche di auto-preferenziazione del motore di ricerca e dove dopo dieci anni una decisione non è stata ancora effettivamente attuata – evidenziano perché la protezione giudiziaria, l’applicazione attraverso i tribunali così come la competenza delle autorità degli Stati membri per i casi nazionali siano della massima importanza. Per queste ragioni, gli editori europei chiedono che siano le autorità nazionali di regolamentazione ad applicare e far rispettare il DMA nei casi nazionali. A questo proposito, due cose devono quindi essere garantite: innanzitutto, i procedimenti avviati in base al diritto nazionale prima dell’entrata in vigore del DMA devono essere protetti da una disposizione transitoria contro una potenziale incompatibilità con il DMA. In secondo luogo, anche dopo l’entrata in vigore del DMA, le autorità nazionali devono poter continuare ad applicare una regolamentazione nazionale eventualmente più severa.

Digital Services Act

Sul Digital Services Act ha preso posizione lo European Publishing Council (“EPC”) che riunisce i presidenti e gli amministratori delegati dei principali gruppi europei di media e di editoria: aziende che rappresentano giornali, riviste, editoria online, banche dati, libri, eLearning, marketplace online, trasmissioni radiofoniche e televisive. Della proposta originaria della Commissione, l’EPC accoglie con favore l’obiettivo di voler aggiornare il quadro delle esenzioni di responsabilità per i fornitori di servizi di intermediazione e definire gli obblighi di diligenza per le piattaforme gatekeeper che, in particolare, contribuiranno a contrastare anche i fenomeni di diffusione di contenuti illegali online. Integrando alcuni elementi chiave della direttiva sul commercio elettronico, il DSA può stabilire regole uniformi per un ambiente online sicuro, prevedibile e affidabile: ma è importante che il nuovo regolamento garantisca che i diritti fondamentali, compreso il diritto a una stampa libera e diversificata, siano efficacemente protetti, per creare un forte quadro di trasparenza e responsabilità per gli intermediari online e per promuovere l’innovazione e la crescita economica.

L’EPC concorda con gran parte della proposta della Commissione, come la distinzione che fa tra quattro livelli di attori, imponendo obblighi di due diligence asimmetrici ai diversi tipi di intermediari online a seconda delle loro dimensioni e del loro impatto, la previsione di obblighi di Know-Your-Business-Customer (“KYBC”) e gli ulteriori requisiti di trasparenza e rendicontazione per le piattaforme online molto grandi (“VLOP”): residuano, tuttavia, spazi per alcune modifiche e miglioramenti al testo di riforma, necessari affinché il DSA possa raggiungere pienamente i suoi obiettivi.

Un principio chiave per assicurare la realizzazione di un DSA equilibrato è la proporzionalità, in particolare per quanto riguarda i diversi livelli di obblighi che devono essere applicati ai diversi tipi di imprese che contribuiscono all’economia digitale: è essenziale, quindi, garantire che, nel definire il nuovo quadro di responsabilità delle piattaforme online molto grandi, gli editori professionali non siano sottoposti a obblighi nuovi o sproporzionati, al di là delle leggi generali e dei codici editoriali già applicabili ai loro contenuti giornalistici e ai servizi pubblicitari che ne sostengono la produzione. Un tale approccio alla proporzionalità è evidenziato, ad esempio, dalla Competition & Markets Authority britannica in relazione alla creazione della Digital Markets Unit (DMU). In questo caso, le regole che saranno applicate dalla DMU hanno molte somiglianze con le proposte delineate nelle proposte DSA della Commissione. Queste proposte sono, tuttavia, rivolte solo alle piattaforme online più potenti, soggetti che hanno usato la loro posizione di porta privilegiata d’ingresso all’economia digitale, per dominare i mercati e raggiungere il cosiddetto status di mercato strategico (SMS).

In primo luogo, il DSA dovrebbe richiedere che le piattaforme online non si assumano la responsabilità di – e non rimuovano né blocchino l’accesso a – qualsiasi contenuto giornalistico professionale pubblicato sotto il controllo editoriale di un editore e diffuso sulle loro piattaforme, a meno che non siano avvisati dall’editore stesso che il contenuto deve essere rimosso. Semplicemente, ciò che è disponibile e accessibile offline deve esserlo anche online.

In secondo luogo, è essenziale che quando adottano misure per rispettare i propri obblighi ai sensi del DSA, le piattaforme online non impongano o attuino politiche, anche nei loro termini e condizioni, che portino alla rimozione o al blocco arbitrario di contenuti legalmente caricati sotto la responsabilità editoriale di un editore, al fine di garantire la piena protezione dei contenuti giornalistici degli editori e dei loro diritti d’autore.

In terzo luogo, come detto, gli editori non devono essere sottoposti a nuovi obblighi oltre alle leggi generali e ai codici editoriali già applicabili: emblematico il caso dei forum di discussione e degli spazi riservati alle comunità dei lettori, che non sopravvivrebbero all’imposizione di più stringenti norme di controllo, di rendicontazione o di gestione, che richiederebbero risorse ad hoc e una forza lavoro dedicata.

Infine, l’attuale progetto di obbligo KYBC sembra applicarsi solo ai marketplace, ma non ai social network molto grandi o alle piattaforme di condivisione dei contenuti. Né l’obbligo differenzia tra diverse dimensioni e tipi di marketplace, o prende in considerazione il rischio potenziale e l’impatto, di diversi tipi e dimensioni di marketplace, o di chi li ospita. Tali elementi di differenziazione andrebbero invece considerati.

I prossimi step di DMA e DSA

A livello di Parlamento europeo, il conflitto di competenze che ha bloccato le discussioni su DMA e DSA negli ultimi mesi è stato risolto solo la settimana scorsa. Per entrambi i dossier, la commissione IMCO (Mercato Interno e Protezione Consumatori) sarà la commissione principale, mentre le commissioni ITRE, LIBE e JURI per il DSA e le commissioni ITRE e ECON per il DMA saranno associate in base all’articolo 57, il che significa che saranno incluse nella redazione del rapporto IMCO, nelle riunioni ombra, nei negoziati degli emendamenti di compromesso e nei triloghi.

La bozza del rapporto IMCO sul DSA è attesa per il 28 maggio 2021. Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato al 1° luglio 2021.

A livello di Consiglio, la presidenza portoghese, in carica fino al 30 giugno 2021, dovrebbe presentare una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori sul DMA entro il mese di maggio e sta elaborando anche un primo testo di compromesso.

Sul DSA, invece, un progetto di relazione sullo stato di avanzamento dei lavori è stato già pubblicato ed illustra il lavoro svolto durante le 21 riunioni del gruppo di lavoro sulla competitività e la crescita. La presidenza portoghese sta scrivendo una prima bozza di testo di compromesso, che sarà probabilmente discussa al COREPER e al Consiglio Competitività del prossimo 27 maggio.

  1. COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI “Una strategia europea per i dati” – COM/2020/66 final

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