L'analisi

Il procurement che verrà: nodi da scogliere e occasioni da cogliere per innovare il Paese con gli appalti

Il bilancio del primo semestre 2021 nell’ambito dei contratti pubblici lascia prevedere un autunno impegnativo: dal DL Sostegni bis alla governance alla necessità di rinnovare il Codice appalti, ecco tutti gli aspetti fondamentali

Pubblicato il 01 Set 2021

Stefano De Marinis

Of Counsel Studio Legale Piselli&Partners

Pierluigi Piselli

Founding Partner Studio Piselli & Partners

Partenariato Pubblico Privato

Numerosi eventi di rilievo preludono ad una ripresa settembrina più che impegnativa sul fronte della contrattualistica pubblica. La conversione in legge del decreto 77 sugli strumenti di governance per l’attuazione del PNRR e l’accelerazione delle procedure di spesa, il varo in Consiglio dei Ministri di un testo di delega per la riscrittura del Codice dei contratti, l’inserimento nel decreto 73, cosiddetto Sostegni bis, anche qui in sede di conversione in legge, di una disciplina legislativa della revisione dei prezzi per i lavori pubblici, lasciano intravedere nuovi ed impegnativi scenari che chiamano Governo e relative strutture anzitutto al necessario seguito, stazioni appaltanti ed operatori economici a fronteggiare un’altra stagione di regole e adempimenti ancora una volta in evoluzione.

Il tutto in un quadro comunque decisamente orientato a rendere i processi decisionali certi nella relativa conclusione ed efficaci nei risultati, con un’ulteriore spinta verso l’utilizzo di banche dati interoperabili e strumentazioni digitali; in tal senso rileva la circostanza, tutt’altro che secondaria, che dal primo gennaio 2022, in virtù del decreto n. 560 del 2017, aggiornato lo scorso 2 agosto (DM 312), tutte le nuove costruzioni e gli interventi su quelle esistenti, fatta eccezione per le opere di ordinaria manutenzione di importo a base di gara pari o superiore a 15 milioni di euro dovranno andare in gara con progetti redatti, e di conseguenza gestiti, anche in fase esecutiva e di successiva manutenzione, in modalità BIM (Building Innovation Modelling). Ma andiamo per ordine.

L’impatto del DL Semplificazioni bis

La legge 29 luglio 2021, n.108, di conversione con modifiche del decreto n.77, costituisce senz’altro l’evento più attuale e di maggiore portata che, ancora una volta nel periodo atmosfericamente più caldo dell’anno chiude la partita delle semplificazioni da apportare alla disciplina dei contratti pubblici, al fine di agevolare la fase di cosiddetta “messa a terra” degli investimenti. L’obiettivo è intercettare la ripresa economica che pare finalmente sorretta da solide prospettive di crescita, posto che i dati relativi al PIL del 2° trimestre dell’anno registrano tassi di incremento più che doppi rispetto alle aspettative, nella specie pari al 2,7% a fronte di un preventivato 1,3.

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Il tema evidentemente riguarda l’attivazione delle risorse messe a disposizione dall’UE tramite lo strumento Next Generation EU, da cui discende il PNRR, che peraltro si completano con quelle del Piano Nazionale per gli investimenti Complementari (PNC), di cui all’articolo 1 del decreto legge dello scorso 6 maggio, n.59, e con i finanziamenti a valere sul budget europeo ordinario per il periodo 2021-27. Trattasi di disponibilità che, secondo le stime rese dal Ministro della Funzione Pubblica in sede di relazione sulla conversione del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, cosiddetto assunzioni, combinate con le risorse private in rapporto di uno a tre, potrebbero generare, da qui al 2026, una massa spendibile pari a 1.000 miliardi di euro, delineando in ogni caso un contesto senza precedenti, decisivo non tanto e non solo per riportare il Paese ai livelli pre Covid ma anche per generare quel processo di rinnovamento del Paese dalle fondamenta, in grado di restituire ad esso lo smalto che merita dopo decenni di galleggiamento.

Il tutto nell’interesse primario dell’Italia, oltre che dell’intero contesto europeo di cui è parte, contesto divenuto oramai imprescindibile anche per aspetti fin qui meno diffusi nel generalizzato dibattito pubblico, ma per questo non meno rilevanti, quali la sicurezza cibernetica dei nostri sistemi, messa a dura prova in questi giorni dall’attacco ransomware subito da Regione Lazio, che occorre garantire attraverso politiche di intervento comuni a livello europeo.

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I problemi e lo stallo prima della pandemia

Il mero galleggiamento, del resto, al di là della pandemia che paradossalmente può leggersi come la via d’uscita, aveva determinato un contesto operativo sempre più obsoleto, pesante e decisamente antieconomico, per di più minato da pregiudizi di fondo e sospetti verso amministrazioni pubbliche ed operatori economici e comunque verso quanti avevano pur tentato di riavviare la macchina degli investimenti e dell’innovazione senza riuscirvi. Basti pensare che il codice della amministrazione digitale è del 2005, le prime patenti non cartacee risalgono al 1998 ed il DGUE, introdotto dalle direttive appalti nel 2014 per semplificare l’accesso alle gare pubbliche, in specie delle PMI, in Italia esisteva dal 2000, con il TU n.445 sulla semplificazione amministrativa. Tutte azioni avviate ma mai portare organicamente a compimento.

Al superamento della situazione di stallo ed al rinnovamento del Paese avevano altresì mirato con un certo vigore, da ultimo, il decreto sbloccacantieri 2019 e più efficacemente, sull’onda della pandemia, il semplificazioni dello scorso anno (n.76/20); la conversione del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, recante Governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure, detto semplificazioni 2, completa il quadro, rimuovendo i residui ostacoli e garantendo una regia unitaria, con visione sistemica, puntata a tener d’occhio non solo il traguardo finale, ma anche le singole fasi intermedie.

Perché serve un Codice appalti rinnovato

In quest’ottica, è ben chiaro che l’optimum sarebbe stato avviare la trasformazione del Paese disponendo di un nuovo ed adeguato codice appalti, così come di un altrettanto rinnovato ed efficiente codice dell’ambiente, piuttosto che dell’amministrazione digitale o della concorrenza. Ma come più volte sottolineato questo non era possibile per la difficoltà di associare alla necessità di un’immediata risposta istituzionale, un contesto di regole tutto nuovo, da metabolizzare in modo adeguato, con tempi di risposta incompatibili rispetto all’obiettivo di impegnare le risorse entro il 2023, per spenderle entro il 2026, come richiesto dalle carte europee.

Nell’ottica emergenziale, il legislatore ha quindi continuato a muoversi sbrogliando i singoli nodi man mano emergenti, disponendo le relative soluzioni che, in gran parte, hanno comunque rispettato una logica complessiva: in questo senso il decreto legge 77 ha completato il quadro delle misure già adottate lo scorso anno e nel 2019, anzitutto traguardandole tutte a giugno 2023 ed intervenendo a completamento delle stesse, sopratutto a monte dell’attuazione dei singoli progetti, sulla fase autorizzatoria e decisionale dove i precedenti decreti si erano dimostrati più carenti. Confermate, quindi, sono le scelte già compiute, ad esempio su affidamenti diretti ed attivazione dello strumento del collegio consultivo tecnico, la cui importanza viene peraltro espressamente ribadita, mentre si completa il quadro generale con opportuni strumenti di Governance, soprattutto a livello centrale, ed efficaci meccanismi di superamento dei dissensi e intervento tramite attivazione di poteri sostitutivi, idonei a governare utilmente le eventuali fasi di stallo nell’iter di approvazione dei progetti.

I ruoli strategici

In questo senso è la prima parte del decreto 77 che introduce apposite sedi di governo e verifica dell’intero processo attuativo dei progetti finanziati dal PNRR, quali la Cabina di regia, il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, la Segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio, l’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione, l’Ufficio per la semplificazione ecc.; ad esse vanno aggiunte la Soprintendenza speciale per il PNRR ed il Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Ruolo fondamentale rivestono, poi, i meccanismi di superamento del dissenso mediante ricerca di soluzioni condivise nell’ambito di sedi compositive di vertice da attivare prontamente, quali il Consiglio dei Ministri, o la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con assunzione di iniziativa diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero del Ministro per gli affari regionali e le autonomie in mancanza di soluzioni condivise che consentano la sollecita realizzazione degli interventi. Analoghe forme di coinvolgimento diretto del Presidente del Consiglio o del singolo Ministro competente sono previste per l’esercizio di poteri sostitutivi, in caso di mancata adozione di atti e provvedimenti necessari all’avvio dei progetti del Piano da parte dei soggetti attuatori quali Regioni, Province, Comuni, Città Metropolitane.

Subappalto e digitalizzazione dei processi

Sul fronte della digitalizzazione delle procedure, le modifiche apportate all’articolo 105 del Codice dei contratti pubblici, in tema di subappalto, e 111, sul controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione delle prestazioni, confermano l’opzione a 360 gradi del sistema verso tali forme di raccolta e di gestione interoperabile dei dati anche verso la Banca dati nazionale dell’Anac, nella specie per la verifica in via telematica dei requisiti di capacità tecnico economica dei subappaltatori ed il diretto collegamento con la Banca stessa degli strumenti elettronici, ormai obbligatori, per la contabilizzazione delle prestazioni ai fini dell’invio delle prescritte informazioni all’Autorità.

Unica correzione di tiro rispetto all’intervento del 2020 riguarda le procedure di affidamento troppo deregolamentate ivi previste, affidate cioè alla sola osservanza della legge penale, del codice antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, inclusi quelli di cui alle direttive Comunitarie n. 2014/24/UE e 2014/25/UE, oltreché dei principi degli articoli 30, 34 e 42 del Codice e alle disposizioni in materia di subappalto, per altro riguardante un ambito di interventi pressoché illimitato.

La delega per un nuovo Codice appalti

A questo punto bisogna chiedersi se le scelte così operate sono destinate ad esaurirsi con l’emergenza o se, viceversa, i relativi presupposti, volti a superare un’impostazione da molti ritenuta d’ostacolo a garantire stabilmente lo sviluppo del Paese, possano considerarsi acquisiti. La domanda va posta in riferimento a quello che dovrebbe essere il nuovo quadro organico della disciplina sui contratti pubblici, volta a superare un contesto che oggettivamente si presenta oggi particolarmente frammentato, in quanto suddiviso tra il Codice di cui al d.lgs n.50 2016, per la parte ancora applicabile, ed i tre decreti sbloccacantieri 2019, semplificazioni 2020 e semplificazioni 2021 che ne hanno, a più riprese derogato, ambiti e logiche di intervento in senso più o meno ampio.

Cosa dice il DL delega

Il disegno di legge delega, puntualmente adottato, rispetto agli impegni assunti nel PNRR inviato dall’Italia a Bruxelles a fine aprile, è stato adottato lo scorso 30 giugno dal Consiglio dei Ministri ed il relativo testo, a differenza di molte esperienze passate, è già incardinato al Senato, con il numero 2330, ed assegnato alla 8ª Commissione (Lavori pubblici, comunicazioni) per il relativo esame.

Il testo, che conta 19 criteri di delega, ha il dichiarato obiettivo di superare il quadro giuridico di settore poco organico e chiaro, oltreché estremamente fluido e in continuo divenire, all’interno del quale si è inserita l’epidemia da COVID-19, che ha imposto, sia al fine di fronteggiare la situazione di emergenza, sia al fine di favorire la rapida ripresa dei settori economici, l’introduzione nell’ordinamento giuridico di ulteriori disposizioni derogatorie alla disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.

Al di la della petizione di principio, che obiettivamente fotografa lo status quo, occorre verificare, all’interno dei relativi contenuti, l’esistenza, o meno, di quel cambio di passo considerato indispensabile per dare corpo e rendere duraturo il processo di rinnovamento dalle fondamenta di un sistema che fin qui non ha certo brillato nell’ottica dell’innovazione e dello sviluppo del Paese. A tali fini lascia ben sperare l’opzione secondo la quale il perseguimento degli obbiettivi di stretta aderenza della nuova disciplina alle direttive europee debba avvenire mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ciò che mira ad escludere tutte quelle opzioni nazionali che, come anche in passato rilevato, hanno costretto il nostro Paese a procedere zavorrato rispetto agli altri membri del contesto di cui è parte.

I contratti sotto-soglia

Per quanto riguarda i contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, il disegno di legge delega prevede che la disciplina applicabile abbia carattere di massima semplificazione ciò che anche qui sembra recepire un orientamento che fin qui ha ispirato i decreti semplificazioni del 2020 e del 2021. Massima semplificazione viene invocata anche per le procedure destinate alla realizzazione di investimenti in tecnologie verdi e digitali, nonché in innovazione e ricerca. Ancora ritroviamo nel testo della delega importanti richiami alla significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti, alla realizzazione delle opere pubbliche, anche attraverso la piena digitalizzazione e informatizzazione delle stesse procedure. Completa il quadro dei principi innovativi il reclamato incentivo al ricorso a procedure flessibili, all’estensione ed al rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto.

Nell’ottica della continuità rispetto al codice in vigore si legge l’opzione verso la ridefinizione ed il rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, al fine di conseguirne la loro forte riduzione numerica, nonché l’accorpamento e la loro riorganizzazione, con l’introduzione di forti incentivi all’utilizzo delle centrali di committenza. Una volta approvata la delega, il Governo avrà 6 mesi di tempo per stendere i relativi provvedimenti attuativi; a tal fine, in base ad una vecchia norma (articolo 14, numero 2, del Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054), per la stesura dell’articolato normativo ci si potrà avvalere dei magistrati, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato, la cui presenza in tale fase potrebbe aiutare a pervenire ad un’applicazione meno controversa, e a volte conflittuale, delle nuove norme una volta emanate.

L’aumento del costo dei materiali da costruzione e il recupero della revisione prezzi

Resta infine da dire di un tema del tutto specifico riguardante l’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione, quale effetto del riavvio dell’attività produttiva a seguito del periodo di stasi legato all’emergenza Covid, che ha determinato processi inflattivi e di accaparramento tipici di tali eventi, che peraltro possono porre grandemente a rischio l’intero processo di trasformazione del Paese e la ripresa produttiva che, come detto più volte, costituiscono l’obiettivo di fondo del PNRR.

Per fare fronte a tale situazione, che investe l’attuazione dell’intero Programma, dai progetti pubblici ai meccanismi di incentivazione degli interventi privati legati alla concessione di bonus fiscali, il legislatore è per ora intervenuto solo sul fronte più propriamente pubblicistico, inserendo in sede di conversione del decreto legge 25 maggio 2021, n.73, sostegni bis, norme che recuperano la vecchia disciplina legale della revisione prezzi. A tali fini, ed ancora una volta in deroga alle previsioni del Codice dei contratti, in specie l’articolo 106, con un provvedimento da adottarsi dal Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili entro il prossimo 31 ottobre 2021, dovranno essere rilevate le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione superiori all’8 per cento se riferite esclusivamente al 1° semestre 2021, al 10 per cento complessivo se a più anni, dei prezzi dei singoli materiali da costruzione più significativi.

Per le variazioni in aumento l’appaltatore dovrà presentare alla stazione appaltante l’istanza di compensazione entro quindici giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale a pena di decadenza; per quelle in diminuzione la procedura è avviata d’ufficio dalla stazione appaltante, ed il responsabile del procedimento accerta con proprio provvedimento il credito della stazione appaltante procedendo agli eventuali recuperi.

Le stazioni appaltanti provvederanno alle compensazioni utilizzando, nei limiti del 50% le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve quelle relative ad impegni contrattuali già assunti, nonché le eventuali ulteriori somme a disposizione per lo stesso intervento e stanziate annualmente. Al riguardo, potranno essere utilizzate anche le somme derivanti da ribassi d’asta, qualora non ne sia prevista una diversa destinazione in base alle norme vigenti, nonché le disponibilità relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi ed emanati i certificati di regolare esecuzione, nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore della legge n.106, di conversione del decreto 73.

In caso, infine, di insufficienza di tali risorse la legge prevede l’istituzione di un apposito Fondo con dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021; un ulteriore decreto del MIMS, da adottarsi sempre entro sessanta giorni dalla conversione del decreto sostegni bis, dovrà stabilirne le modalità di utilizzo, garantendo la parità di accesso per le piccole, medie e grandi imprese di costruzione, nonché la proporzionalità, per gli aventi diritto, nell’assegnazione delle risorse.

Conclusioni

Molti, dunque, sono i dossier che attendono Governo, amministratori ed operatori economici alla ripresa: dall’attivazione degli strumenti di Governance, primo tra tutti il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, per il quale la legge di conversione del decreto 77 ha disposto un termine di sessanta giorni, all’adozione dei decreti sulla revisione prezzi, passando per l’esame parlamentare del disegno di legge delega. Manca forse un ulteriore intervento legislativo volto ad estendere al campo dei lavori privati assistiti da incentivazione fiscale un provvedimento analogo a quello disposto per i lavori pubblici in caso di incrementi sensibili nei costi dei materiali a fronte di obbligazioni già contrattualizzate.

Trattasi, comunque di appuntamenti che il Governo non avrà modo di mancare, posta l’attenzione che l’intero sistema dimostra rispetto all’attuazione del percorso che dovrà condurci al traguardo di dicembre 2026 ed alla necessità di alimentare in modo adeguato e da subito, una ripresa economica ormai partita.

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