Oggi, il divario tra il concetto di “sanità digitale” utilizzato dagli addetti ai lavori e quello inteso dai cittadini è davvero molto ampio. In particolare, secondo un recente studio pubblicato dal Politecnico di Milano, gli utenti, sempre più avvezzi all’uso dei sistemi digitali, sembrano non ritenere i servizi erogati dal sistema sanitario all’altezza delle loro ordinarie aspettative di accessibilità. Partendo dal presupposto che questo gap vada certamente sanato, ritengo sia però interessante osservare quanto viene proposto oggi dal mondo delle imprese ICT che, sempre più a livello globale, stanno investendo per realizzare e proporre alla sanità soluzioni ad alto impatto sociale.
A fronte del citato gap, d’altro canto va evidenziato come la digitalizzazione dei processi e dei documenti clinici è consolidata realtà e, anche in Italia, sulla spinta delle azioni di realizzazione del fascicolo sanitario elettronico, stiamo dirigendoci verso un sistema completamente integrato di servizi sanitari supportati da strumenti e sistemi di accessibilità digitali.
Quello che è emerso in un recente dibattito pubblico dedicato a “Decision Support System e Artificial Intelligence: la trasformazione della sanità digitale” all’interno del Connectathon 2017, appuntamento promosso da IHE Europa e organizzato da IHE Italia in stretta collaborazione con Arsenàl.IT e Regione Veneto, è che il mercato offre soluzioni tecnologicamente avanzate ed economicamente sostenibili, in molti casi già in uso in settori diversi da quello sanitario e anche nella vita quotidiana. L’applicazione di queste nuove tecnologie di intelligenza artificiale e Decision Support System a tutto il mondo dei big data sanitari pone, dunque, le basi per una concreta prospettiva di democratizzazione delle cure che in un futuro prossimo permetterà ai sistemi sanitari regionali e nazionali di portare ad eccellenti livelli i servizi assistenziali e di cura.
L’enorme mole di dati resa disponibile dalla digitalizzazione dei processi richiede tuttavia il supporto di strumenti di intelligenza artificiale per fare in modo che tali dati siano organizzati e utilizzabili in un contesto sempre più orientato a quella che viene oramai definita “pop medicine”, ossia la salute considerata a livello di popolazione. Ciò permetterà, di fatto, di dare gradualmente vita ad un nuovo concetto di epidemiologia nel quale a contare non è solo il dato clinico in sé, ma anche il contesto sociale ed ambientale nel quale tale elemento matura e si colloca.
Durante la citata giornata di studio si è fatto il punto sulle evoluzioni che il mondo della sanità sta vivendo grazie all’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale, abilitati in particolare dai big data con il contributo di voci autorevoli provenienti da diversi ambiti: dal mondo delle imprese a quello accademico, dai centri di ricerca ad enti di consulenza.
L’attenzione e l’interesse del pubblico si è concentrata specialmente sulla tavola rotonda alla quale hanno partecipato i rappresentanti di Google, IBM e Microsoft che hanno spiegato come soluzioni che possono apparire avveniristiche, di fatto, sono già disponibili ed attualmente sperimentate in altri sistemi sanitari non molto lontani dall’Italia come, ad esempio, in Gran Bretagna.
Microsoft ha presentato l’esperienza realizzata in Norvegia dove l’Ostfold Hospital Trust è diventato un ospedale completamente digitalizzato. In tale contesto ai pazienti vengono applicati dei sensori, anche di movimento, attraverso i quali si monitora il loro stato di salute ed è possibile intervenire in maniera tempestiva in caso di valori fuori norma.
IBM con Watson ha dato vita ad un sistema intelligente ed esperto che immagazzina milioni di dati, referti, immagini, esiti di esami di ogni genere relativi ad un enorme numero di pazienti. Tutti questi dati sono disponibili ai medici per rendere più rapide ed efficaci le diagnosi, andando sempre più verso un sistema di medicina predittiva. Tutto ciò è già operante negli Stati Uniti all’interno dello Sloan-Kettering Cancer Center, in Europa si sta pensando di trasferirlo grazie ad progetto in collaborazione con Humanitas intitolato “Medical cognitive tutor”, incentrato sulla formazione dei medici specializzandi.
Google sta investendo su DeepMind per la realizzazione di soluzioni di “cognitive healthcare”. Ad esempio è stato avviato un progetto con il Moorfields Eyes Hospital che prevede l’acquisizione di immagini retiniche per identificare precocemente sintomi di malattie che conducono alla cecità. Sulla base di questa prima esperienza è stata definita una collaborazione con lo University College di Londra per l’identificazione automatica delle caratteristiche dei tessuti cancerosi nelle aree di testa e collo, oltre alla possibilità di collegare la raccolta dati al fascicolo sanitario elettronico inglese.
Gli esempi dimostrano ampiamente come l’intelligenza artificiale in sanità sia oggi un campo che raffigura realmente la nuova frontiera dei servizi sanitari a livello globale. Il mondo accademico presta particolare attenzione a questo ambito: machine learning, deep learning, artificial intelligence sono tra gli assi di ricerca più innovativi per i poli universitari leader nell’informatica, nell’ingegneria e nel data analytics. In tale contesto risulta evidente come l’esigenza di tradurre la ricerca pura in ricerca applicata significhi diminuire il gap attraverso prodotti e servizi che applicano l’intelligenza artificiale e sono concretamente introducibili nel mercato.
In tutto questo scenario evolutivo perciò il fascicolo sanitario elettronico si pone come perno ed infrastruttura abilitante per l’alimentazione del mondo dei big data sanitari; mondo al quale applicare queste nuove tecnologie per rispondere a due delle principali finalità del fascicolo: governance e ricerca scientifica.
Il fascicolo sanitario elettronico risulta fulcro del processo visto che, dando accesso a dati clinici del cittadino e garantendo monitoraggi specifici, ad esempio anche tramite l’applicazione di sensori, offre l’opportunità di andare sempre più verso una medicina predittiva, di iniziativa e personalizzata. Si tratta, quindi, di un elemento non secondario, da tenere in considerazione nel percorso di costruzione del fascicolo tanto a livello regionale quanto nazionale.
E tutto questo, come detto, in prospettiva si traduce in quella che potrà diventare una concreta democratizzazione delle cure, permettendo ai sistemi sanitari locali e nazionali di portare livelli assistenziali e di cura ottimi per tutti.
E’ indiscutibile che però l’enorme massa di dati resa disponibile dai processi di digitalizzazione in atto richieda uno specifico e mirato supporto di strumenti di intelligenza artificiale, di machine learning, di intelligenza aumentata, per fare in modo che tali dati siano organizzati e utilizzabili in un contesto sempre più orientato alla citata “pop medicine”.
In conclusione ritengo che, alla luce dell’attuale contesto di evoluzione delle innovazioni in sanità, il fascicolo sanitario elettronico rappresenti oggi in Italia un’opportunità da non perdere per dare vita ad uno strumento dalle enormi potenzialità, capace di rivoluzionare tanto l’organizzazione quanto l’accesso ai servizi sanitari. Un’opportunità che, a prescindere dall’intelligenza artificiale e dalle innovazioni future, va colta anche attraverso metodi e strumenti di coinvolgimento dei cittadini, che, come dimostrano tutte le indagini in materia, sono già preparati e pronti ad accettare la sfida.
–