Indagine ALTEMS

Telemedicina in Italia: dopo l’emergenza è il momento di fare sistema

Soluzioni frammentate in sistemi informativi aziendali a silos con interazioni punto-a-punto: è la fotografia sulla telemedicina in Italia condotta da ALTEMS su 128 aziende sanitarie. I dettagli dell’indagine, le caratteristiche delle soluzioni adottate, i nodi su implementazione e utilizzo

Pubblicato il 28 Feb 2022

Fabrizio Massimo Ferrara

Laboratorio sui Sistemi Informativi Sanitari, ALTEMS -Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari- dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Andrea Fracasso

Laboratorio sui sistemi informativi sanitari ALTEMS

Sara Papavero

Laboratorio sui sistemi informativi sanitari ALTEMS

telemedicina in Italia

La pandemia ha definitivamente reso la telemedicina in Italia una modalità accettata e diffusa per l’erogazione di servizi sanitari, complemento delle attività in presenza. Alle fine di giugno 2021 l’ALTEMS – Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari ha censito nell’Instant Report COVID-19 quasi 250 iniziative di telemedicina, implementate dalle aziende dall’inizio della pandemia.

Le “Indicazioni Nazionali sull’erogazione delle prestazioni in telemedicina, sono state approvate dalla Conferenza Stato-Regioni il 17 Dicembre 2020 e definiscono il quadro di riferimento operativo e normativo entro cui organizzare ed erogare le prestazioni effettuate, “al fine di ricondurle ai Livelli essenziali di assistenza nell’ambito dei quali vengono erogate e quindi alle regole amministrative che devono essere applicate a tali prestazioni (in termini di tariffa, modalità di rendicontazione, compartecipazione alla spesa).”

Considerata l’esigenza di estrema rapidità nell’implementazione, le soluzioni realizzate si sono basate su strumenti e tecnologie molto differenti (a partire dal semplice contatto telefonico) e sono state in gran parte circoscritte al supporto a singole attività di cura ed assistenza, indipendentemente dal contesto complessivo del percorso di cura del paziente.

L’obiettivo principale, adesso, deve essere quello di “mettere a sistema” quanto realizzato sotto la spinta dell’emergenza, per integrare le soluzioni realizzate all’interno dei processi clinico-assistenziali e poter capitalizzare sui risultati raggiunti, utilizzandoli come base per i successivi passi di evoluzione digitale del sistema sanitario, nell’ottica della continuità del percorso di cura del paziente e secondo le linee guida del PNRR.

Telemedicina, come integrarla subito negli attuali sistemi

Telemedicina in Italia: come adattare la tecnologia al contesto

Le iniziative di telemedicina in Italia non possono essere considerate come applicazioni isolate, secondo visioni puramente tecnologiche e circoscritte a supportare una specifica attività.

Devono invece essere considerate come parte del processo di cura del paziente e quindi integrate nel contesto organizzativo e funzionale del sistema informativo aziendale del suo complesso: dal momento della pianificazione a quello dell’utilizzo, fino alla valutazione.

Gli aspetti propriamente ICT vanno quindi coniugati con le esigenze del contesto sanitario, primi fra tutti il rischio clinico, la sicurezza (nella sua più completa accezione del termine), gli aspetti normativi (inclusa la protezione dei dati personali), e, nell’ambito specifico della telemedicina, con i benefici socio-economici e i rapporti con il paziente, che assume, rispetto a quanto avviene nelle attività in presenza, un ruolo fondamentale e determinante per il successo dell’iniziativa.

Un buon sistema digitale viene progettato, realizzato e valutato secondo linee guida e modelli ormai largamente diffusi e collaudati sia nella letteratura che nella pratica.

Primo fra tutti, il modello di riferimento ISO 10476 che formalizza un quadro organizzativo architetturale di riferimento (“an enterprise architecture framework”), mediante il quale rappresentare ed analizzare il sistema secondo quattro prospettive fondamentali: gli aspetti organizzativi, la gestione dei dati, le funzionalità disponibili e l’infrastruttura tecnologica.

Nell’ambito di ognuna di queste prospettive, è evidente la molteplicità delle implicazioni legate all’adozione di soluzioni di telemedicina nel contesto delle organizzazioni sanitarie, che influiscono su:

  • la sicurezza dei pazienti (es. soluzioni per la gestione dei rischi clinici),
  • l’efficacia delle cure: basta pensare alle esigenze di collaborazione multiprofessionale fra i diversi attori sul territorio, alla rielaborazione di soluzioni diagnostiche, all’incremento dell’aderenza alle terapie grazie a sistemi di reminder automatici, etc.
  • l’efficienza e l’economicità dell’organizzazione e dei processi di cura;
  • la protezione dei dati personali
  • gli aspetti sociali, inclusa la qualità della vita ed il risparmio per il paziente.
  • le aspettative, le esigenze e le difficoltà del paziente

Le prospettive informatiche vanno quindi coniugate con le peculiarità e le esigenze dello specifico contesto, dalla fase di progettazione fino alla valutazione dell’efficacia e della validità della soluzione (Figura 1)

Figura 1: Le prospettive di analisi delle soluzioni di telemedicina

Telemedicina in Italia: obiettivi e campione dell’indagine ALTEMS

Secondo questo approccio, il Laboratorio sui Sistemi informativi Sanitari dell’ALTEMS, in collaborazione con il CERISMAS – Centro di Ricerche e Studi in Management Sanitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e con il supporto non condizionato di Lilly, ha condotto fra agosto e novembre 2021 uno studio sulla rilevanza della telemedicina in Italia nei diversi contesti clinico-organizzativi e sulle soluzioni implementate e/o in corso di sviluppo, a cui tutte le organizzazioni sanitarie sono invitate a partecipare, compilando un questionario online.

Scopo della survey è stato innanzitutto ottenere una fotografia dettagliata degli scenari attuali secondo parametri che siano indipendenti da specifiche tecnologie e prodotti, e che permettano quindi di rappresentare le diverse soluzioni secondo un linguaggio e indicatori comuni.

Sulla base dei risultati raccolti sarà poi definito un quadro multidimensionale di indicatori che possa aiutare le aziende e le istituzioni ad analizzare le varie implementazioni secondo criteri omogenei, facilitando la collaborazione sul territorio ed individuando possibili obiettivi di evoluzione nei singoli contesti, a beneficio del paziente e della collaborazione del sistema sanitario sul territorio.

Figura 3 : le aziende che hanno partecipato allo studio

I dati raccolti, con il contributo di 128 aziende sanitarie (Figura 3), permettono di delineare –sulla base di un campione più che significativo del panorama nazionale – lo scenario complessivo circa la rilevanza attribuita alla telemedicina dalle diverse aziende e l’approccio finora seguito nella definizione di questi progetti, di sui solo il 53% è stato avviato a fronte della pandemia COVID, a riprova dell’interesse già da tempo esistente anche in Italia verso forme di digitalizzazione e collaborazione sanitaria, adesso finalmente consolidabile grazie alle Indicazioni Nazionali ed agli obiettivi del PNRR.

Le soluzioni sono state implementate mediante un mix di contributi, nel 57% mediante fondi autonomi, il 5% attraverso progetti di ricerca, il 14% a seguito di donazioni e nel 24% adottando direttamente piattaforme messe a disposizione dalle Regioni durante il periodo di emergenza.

Telemedicina: oltre il 60% delle aziende la implementerà nei prossimi 18 mesi

Nei due terzi delle aziende sono già presenti (operative e/o in fase di sviluppo) soluzioni di telemedicina.

Le figure 4 e 5 riassumono la tipologia delle attività supportate dalle soluzioni descritte dalle aziende nei diversi ambiti e per le diverse patologie e le priorità delle aziende stesse rispetto agli ambiti per nuovi progetti di telemedicina che prevedono di avviare nell’arco dei prossimi 18 mesi.

Figura 4 – Ambiti ed obiettivi delle soluzioni implementate

Figura 5: Aree di interesse e previsione di progetti per il prossimo periodo

Telemedicina in Italia: i sistemi informativi aziendali

La soluzione di telemedicina deve essere parte integrante del processo clinico-organizzativo: va progettata, gestita ed analizzata nell’ambito del sistema informativo, della cui organizzazione ovviamente risente.

A questo proposito (figura 6), la struttura organizzativa non si presenta particolarmente completa ed omogenea, in particolare per quanto riguarda l’attenzione agli aspetti più propriamente clinici e sanitari.

Solo nel 40% delle aziende è istituzionalmente formalizzata una collaborazione dei responsabili del Rischio clinico con la UO ICT nella definizione dei progetti informatici.

Parallelamente, solo nel 55% dei casi il sistema informativo si evolve a fronte di un piano organico definito ed aggiornato periodicamente.

Anche la valutazione periodica della rispondenza delle soluzioni digitali rispetto all’evoluzione delle esigenze è abbastanza ridotta, con una attenzione veramente bassa agli aspetti di rischio clinico (29%) e di sicurezza e funzionalità dei dispositivi (34%), che -nel contesto della telemedicina- rappresentano una componente di primaria importanza.

Figura 6 – La struttura organizzativa per la implementazione e gestione dell’innovazione digitale

Anche gli aspetti più strutturali (figura 7) del sistema informativo sanitario nel suo complesso si presentano in gran parte frammentati e disomogenei, e influiscono pesantemente sulla continuità dei processi clinico-organizzativi sia all’interno della struttura che, a maggior ragione, nelle evoluzioni sul territorio.

I sistemi sono nella maggior parte dei casi basati su architetture a “silos”, dedicati al supporto alle singole unità operative piuttosto che alla gestione dei processi.

In questo contesto, le interazioni sono essenzialmente “punto-punto”, realizzate ad-hoc, senza la presenza un middleware che consenta di gestire e controllare in modo organico e sicuro le comunicazioni fra i vari componenti.

Ancora più frammentato lo scenario dei dati: solo nel 25% dei casi è presente un repository aziendale in grado di raccogliere ed integrare (al pari del datawarehouse amministrativo) i dati sanitari per renderli disponibili alle altre applicazioni (ad esempio quelle di telemedicina) e per assicurare al sanitario un quadro completo dello stato e del percorso del paziente.

Tutto questo in un inevitabile proliferare di applicazioni: il 60% delle aziende non è in grado di indicare il numero delle applicazioni (e di basi dati) distinte esistenti nell’azienda; nel rimanente 40% dei casi viene indicata approssimativamente una media di circa 40 sistemi distinti, con picchi di oltre 100; senza considerare le applicazioni prettamente locali, ad esempio per l’interazione con dispositivi condivisi (es. ecografi, elettrocardiografi), sempre più diffusi e rilevanti.

Conseguenza di questo scenario è che la gestione cartacea rimane predominante e che due terzi delle aziende dichiara di gestire in forma digitale meno del 50% dei dati sanitari dei pazienti. In questo quadro, senza una strategia di integrazione e condivisione dei dati, la transizione digitale si presenta un processo lungo e molto in salita!

Figura 7 – La struttura dei sistemi informativi sanitari

Telemedicina in Italia: come sono composte le soluzioni adottate

Per il supporto alle diverse attività di telemedicina, come rappresentato in figura 8, gli scenari in quasi tutte le aziende si basano su un mix di soluzioni, altamente variabile, dal semplice telefono all’uso di piattaforme regionali, all’adozione di sistemi informatici dedicati, commerciali sviluppati ad-hoc.

telemedicina in Italia

Figura 7 – Gli strumenti adottati per la telemedicina

I sistemi informatici realizzati – sia regionali che aziendali- si presentano tuttavia ancora molto frammentati, come soluzioni autonome e non realmente integrate nel processo clinico-organizzativo (figura 8).

telemedicina in Italia

Figura 8 – L’integrazione dei sistemi di telemedicina nel processo clinico organizzativo

Per quanto riguarda i dati:

  • nel 38% dei casi i dati sono registrati in una base dati autonoma, separata da quella utilizzata per le attività in presenza. Nel caso delle visite ambulatoriali, quindi, il medico è costretto ogni volta ad interrogare due sistemi diversi per avere il quadro dello stato del paziente.
  • Nel 20% dei casi, i dati sono trascritti manualmente nella cartella clinica, con i conseguenti aggravi di lavoro e rischi di errore.

Per quanto riguarda l’interazione con altri sistemi interessati -dal punto di vista clinico e/o organizzativo-nel processo, solo nel 54% dei casi è prevista una interazione con gli altri sistemi aziendali, percentuale che si riduce al 15% per quanto riguarda i sistemi regionali.

Nel 30% dei casi il sanitario ha la possibilità di accedere al Fascicolo Sanitario Elettronico, ma principalmente non in modo automatico tramite l’applicazione, ma mediante un accesso manuale, con la conseguente necessità di duplicare le attività e copiare manualmente i dati. Anche da qui, inevitabilmente, lo scarsissimo popolamento ed utilizzo dell’FSE.

La natura stessa della telemedicina rende le modalità di rapporto ed interazione con il paziente elementi fondamentali per la qualità ed il successo della soluzione.

A questo proposito (figura 9) va osservato come:

a) nonostante quanto previsto dalle “Indicazioni Nazionali per l’erogazione di servizi in Telemedicina”, l’interazione è ancora non sempre completa e paragonabile a quella in presenza:

  • nel 18% dei casi la comunicazione avviene solo in modo asincrono (solo mediante messaggi/mail) senza possibilità di comunicazione interattiva audio e video;
  • nel 34% dei casi lo scambio di messaggi e documenti è possibile solo durante il contatto diretto; le comunicazioni prima e dopo la televisita -peraltro fondamentali e parte integrante del processo di cura in molte patologie- devono essere effettuate mediante i canali non protetti della mail.

b) nonostante lo smartphone sia lo strumento più utilizzato dai pazienti (nel 70% dei casi, cfr. risultati dell’iniziativa “Telemedicina Subito”, nell’articolo su Agenda Digitale), in meno di un terzo dei casi è disponibile una app in grado di facilitare durante l’episodio clinico l’operatività dei pazienti, spesso anziani e con scarsa familiarità con la tecnologia.

c) materiale formativo ed informativo per i pazienti è disponibile solo in poco più della metà dei casi.

telemedicina in Italia

Figura 9 – Funzionalità e supporto per il paziente

Alcune considerazioni, infine, relativamente alla maturità delle soluzioni dal punto di vista della valutazione dell’efficacia e della rispondenza alle normative.

Come presentato in Figura 10, questi aspetti, che riflettono l’organizzazione generale del sistema informativo precedentemente discussa, sono ancora limitati, ancor più per la relativa “giovinezza” delle iniziative.

telemedicina in Italia

Figura 10 – Monitoraggio e valutazione delle soluzioni

Telemedicina in Italia: i nodi su implementazione e utilizzo

Per concludere, la figura 11 evidenzia i principali fattori di criticità dichiarati dalle aziende rispetto all’implementazione ed alla diffusione di soluzioni di telemedicina, sia dal punto di vista della accettazione da parte dei pazienti, sia per quanto riguarda i fattori interni all’organizzazione sanitaria stessa.

telemedicina in Italia

Figura 11: Criticità nell’implementazione e nell’ utilizzo di soluzioni di telemedicina

Per quanto riguarda i pazienti, si può osservare come la scarsa informazione e la scarsa familiarità di questi nell’uso dei sistemi e dei dispositivi siano considerati ostacoli molto significativi, considerando anche che in quasi il 60% dei casi viene indicato che i pazienti sono assistiti -totalmente o parzialmente- da un caregiver (figura 3).

Un sensibile miglioramento potrebbe essere ottenuto migliorando le funzionalità delle applicazioni e del supporto, abbastanza limitato, come presentato in figura 9.

Parimenti, potrebbero sensibilmente contribuire le associazioni dei pazienti, che -tuttavia- risultano essere state coinvolte solo nel 18% dei casi.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici all’interno dell’organizzazione, va evidenziato come in oltre l’80% delle aziende, la frammentazione dei dati e la non condivisione di questi fra le diverse applicazioni vengano -a ragione- considerate un aspetto critico, in quanto non consentono la continuità del processo di cura e la disponibilità di un quadro completo, aggiornato e proattivo dello stato del paziente.

Questo problema è imputabile alla architettura dei sistemi informativi (figura 7), in massima parte descritti come frammentati in applicazioni settoriali eterogenee e privi di un Clinical Data Repository, ovvero una base dati conosciuta dall’azienda e indipendente dalle singole applicazioni, nel quale far confluire -in forma dettagliata ed analizzabile- tutti i dati sanitari provenienti dai diversi settori, al pari di quello che si fa da anni per scopi amministrativi con il datawarehouse (vedi anche l’articolo “Sanità digitale, un modello di “Clinical Data Repository” per gestire i dati: cos’è e come usarlo”).

Stupisce tuttavia, come -nonostante questa consapevolezza- il 38% dei progetti di telemedicina descritti (figura 8) continui a basarsi esclusivamente su una struttura autonoma ed isolata rispetto al resto del sistema.

In definitiva, si conferma ancora come, in mancanza di una strategia di governo ed utilizzo dei dati tramite una piattaforma aziendale, aperta e condivisa (il Clinical Data Repository), l’aumento della digitalizzazione ed il proliferare dei progetti possa tradursi più in un ostacolo che in un supporto al processo di cura del paziente, tanto all’interno dell’azienda che -a più forte ragione- nella collaborazione territoriale di più attori nell’intero percorso clinico-diagnostico-assistenziale anche sul territorio, obiettivo ben chiaro anche nelle linee guida del PNRR.

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