Da un rapporto stilato dal colosso dal New York Times, è emerso che gli Emirati Arabi Uniti hanno assoldato ex funzionari dell’intelligence americana per spiare diversi Stati, tra cui il Qatar.
Ciò potrebbe significare due cose: un indebolimento del ruolo degli Stati Uniti nella guerra dell’informazione, a causa anche dei suoi stessi “guerrieri”, oppure che gli Usa, in forza dell’accordo di cooperazione per la difesa e il benessere sul Golfo Persico del 29 maggio 2019, abbiano posto le condizioni ai propri agenti di essere assoldati dagli stessi Emirati Arabi.
Voci contrastanti e fonti anonime della NSA parlano di collaborazione in materia di difesa e sicurezza, ma il dopo Trump sarà più duro per gli Emirati.
Infatti pochi giorni fa, benché il segretario di Stato Tony Blinken abbia assicurato a Riad che gli Usa continueranno a difenderla contro gli Houthi nel conflitto yemenita, ci sarà una “revisione delle decisioni prese sotto la presidenza Trump” che ha portato l’amministrazione Biden a sospendere temporaneamente la vendita di armi all’Arabia Saudita e di caccia F-35 agli Emirati Arabi Uniti. “Il dipartimento di Stato ha chiarito che si tratta di una misura di routine amministrativa tipica dei processi di transizione” Approfondiamo meglio l’accaduto.
Il caso degli ex 007 arruolati da Abu Dhabi
Secondo quanto riportato dal New York Times, tutto è iniziato dal reclutamento da parte di un’agenzia di Beltway di ex funzionari della NSA, National Security Agency, ad Abu Dhabi, per svolgere lo stesso lavoro svolto per la NSA, ma con stipendi molto più generosi e una vita esentasse di lusso. La loro attività consisteva, inizialmente, nello spionaggio di dissidenti e oppositori politici della monarchia degli Emirati, ma in seguito si sono dovuti dedicare a scoprire i possibili rapporti tra il Qatar e i Fratelli Musulmani, cercando di capire se, in presenza di questi legami, il Qatar stava finanziando il movimento.
Tra questi ex analisti della NSA c’era anche David Evenden e fu proprio lui a esplicitare che l’unico modo per raggiungere l’obiettivo era hackerare il Qatar. Da qui è stata avviata l’attività di spionaggio ai vicini-nemici degli Emirati, in collaborazione con l’agenzia di cyber security di base americana Cyberpoint. Si è ricostruito spostamenti, incontri, qualsiasi elemento utile allo scopo. Tra le personalità che hanno subito l’hackeraggio, sempre secondo il giornale americano, anche esponenti del calcio mondiale della FIFA, critici di Twitter della monarchia e reali del Qatar.
Spiati anche gli Usa?
David Evenden, nonostante avesse diversi dubbi in merito all’attività che a lui e al suo team era stata commissionata, per alcuni mesi aveva continuato a svolgere onestamente il suo lavoro, fino a quando nel 2015 si ritrovò nel suo computer lo scambio di mail tra l’allora first lady Michelle Obama e Sheikha Moza bint Nasser, moglie dell’ex monarca del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani, in merito a un viaggio in Medio Oriente in occasione del vertice annuale sull’istruzione a Doha.
Fu proprio in quel preciso momento che Evenden si rese conto che l’hackeraggio andava ben oltre i confini a loro delineati e così con la sua famiglia decide di rientrare negli Stati Uniti, riportando l’accaduto all’FBI, insieme ad altri diversi colleghi.
La Turchia è il nuovo obiettivo
Il caso di Evenden e dello spionaggio degli Usa è solo uno dei tanti in cui sono stati protagonisti gli Emirati Arabi Uniti. Ricordiamo infatti, come riportato da Reuters, l’hackeraggio a un ospite della BBC nel 2019 da parte di alcuni ex funzionari dei servizi segreti americani e lo scandalo diplomatico del 2017 in cui furono coinvolti il presidente dell’emittente tv del Qatar Al-Jazeera e altri importanti media arabi.
E per finire nel 2019 l’arresto di due spie degli Emirati Arabi Uniti, Samir Semih Shaban e Zaki Y.M. Hasan, da parte della Turkish National Intelligence Organization (MIT) ha rivelato l’esistenza di una rete di spionaggio che da Abu Dhabi opera in tutta la regione e in Turchia, la stessa rete molto probabilmente legata all’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi.
Proprio la Turchia è il nuovo obiettivo.
Come ulteriore chiave di lettura, e sempre grazie a fonti anonime, la stessa Nazione di Erdogan potrebbe essere una cartina tornasole perché se non mollasse la posizione della cacciata dei Curdi verso la Siria, rappresenterebbe una grave minaccia.
Infatti, insieme all’Iran, la stessa Turchia sta minando gli equilibri sugli Stati del Golfo. In questo contesto oggi gli USA, sempre in bilico tra “spioni e spiati”, non ha smesso di segnalare agenti della NSA in tali contesti e forse vale la pena più rischiare qualche intercettazione che mollare la rete di finanziatori al terrorismo o possibili pericoli di egemonia in terre appetibili.