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Difendersi dalle minacce ibride: strategie con AI Act e NIS2



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La trasformazione digitale e le minacce ibride impongono una revisione urgente di sicurezza e compliance. AI Act, GDPR e NIS2 ridisegnano governance, responsabilità e processi, chiedendo alle organizzazioni resilienza digitale, gestione del rischio e integrazione tra tecnologia, persone e cultura aziendale

Pubblicato il 12 dic 2025

Giorgia Benatti

Avvocato – ESSE CI Centro Studi



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La trasformazione digitale corre più veloce della nostra capacità di regolamentarla e governarla. Ci si muove in un ecosistema iperconnesso, dove i confini fra tecnologia, dati e operatività diventano sempre più sfumati.

In questo scenario, la sicurezza informatica non è più un tema solo tecnico, da confinare ai settori IT, ma una questione strategica che coinvolge governance, compliance e cultura aziendale. È chiaro come un contesto di questo tipo imponga una revisione, anche piuttosto urgente, delle strategie di sicurezza e di conformità normativa, soprattutto alla luce del GDPR e delle incisive previsioni dell’AI Act e della direttiva NIS2.

Minacce ibride e nuovo scenario digitale

Le minacce che oggi le organizzazioni si trovano ad affrontare non sono più semplici “cyber attacchi”: sono fenomeni ibridi e complessi, che combinano elementi digitali, fisici, psicologici e informativi. Arrivano a colpire infrastrutture critiche, manipolare la percezione pubblica, infiltrarsi nella supply chain e nei sistemi cloud, superando i confini tradizionali della sicurezza.

Le cosiddette minacce ibride rappresentano la fusione tra attacchi digitali e strumenti di influenza politica, economica e sociale. Non si tratta solo di malware o phishing: dietro questi fenomeni c’è spesso un disegno più ampio, orchestrato per destabilizzare sistemi, minare la fiducia e creare disordine in modo mirato e persistente.

Stiamo parlando di attacchi – quelli ibridi – che possono iniziare con una semplice e-mail di phishing e trasformarsi in una campagna di disinformazione o in un sabotaggio dell’intera attività aziendale. Ciò può avvenire anche attraverso un calibrato uso dell’intelligenza artificiale, addestrata per imitare l’identità e l’approccio umano o manipolare contenuti sui social.

Tutto ciò rende estremamente difficile distinguere la minaccia reale dal rumore di fondo e, contemporaneamente, permette uno sviluppo lento e insidioso dell’operazione malevola, che può rimanere sotto traccia fino al momento di massimo impatto.

Come le minacce ibride cambiano la sicurezza

La vera sfida, oggi, non è soltanto impedire che un attacco riesca, ma costruire un ecosistema digitale capace di resistere, reagire e riprendersi rapidamente. In altre parole, si tratta di sviluppare una resilienza digitale che unisca tecnologia, processi e persone.

Questo cambio di paradigma implica il passaggio da una logica puramente difensiva a una visione proattiva, in cui prevenzione, rilevazione precoce e risposta coordinata diventano elementi strutturali. Qui entra in gioco un importante pilastro di questa trasformazione: la normativa europea.

AI Act, GDPR e NIS2 nell’era delle minacce ibride

L’Unione Europea, consapevole della posta in gioco, ha deciso di dotarsi di uno strutturato impianto normativo che costituisca un perimetro di riferimento per le organizzazioni. AI Act, GDPR e NIS2 non sono solo testi normativi, ma rappresentano, pur con alcuni innegabili cortocircuiti interni, una visione integrata di sicurezza, responsabilità ed etica digitale.

AI Act: approccio basato sul rischio

Il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale prende le mosse da un approccio basato sul rischio. I sistemi “ad alto rischio” – come quelli usati nella sanità, nella finanza o nelle infrastrutture critiche – devono essere tracciabili, trasparenti, monitorati e sottoposti ad audit periodici.

Per le aziende, questo significa integrare la regolamentazione dell’IA nella gestione della security: non basta più sviluppare tecnologie performanti, serve anche dimostrare che siano affidabili, non discriminatorie e protette da possibili abusi, con processi documentati e verificabili.

GDPR: dati personali e rischio strategico

A sette anni dalla sua entrata in vigore, il GDPR rimane la spina dorsale della protezione dei dati personali nell’intera Unione Europea. Tuttavia, nel contesto attuale, la sua rilevanza va oltre la privacy: sebbene sia cristallina la differenza fra la protezione dei dati personali e la sicurezza dei sistemi informativi, tali temi sono ormai due facce della stessa medaglia.

Ogni violazione di dati personali, oggi, non è solo un problema tecnico o reputazionale, ma anche un rischio strategico. In tale ottica, le organizzazioni sono chiamate a garantire non solo la tutela dei dati, ma anche la capacità di gestire le crisi e dimostrare consapevolezza nelle proprie scelte tecnologiche.

NIS2: responsabilità diretta del top management

Infine, la direttiva NIS2 amplia e rafforza gli obblighi europei in materia di cybersecurity. Estende il perimetro dei soggetti coinvolti, introduce l’obbligo di notificare gli incidenti e impone ai vertici aziendali una responsabilità diretta nella gestione del rischio.

In pratica, anche nell’ottica di tale normativa, la cybersecurity non è più “una questione per gli esperti IT”, ma è un tema di governance, che riguarda il consiglio di amministrazione e i dirigenti. Le aziende devono dimostrare di avere una strategia chiara, una cultura della sicurezza diffusa e processi di controllo continuo, anche a cascata sui propri fornitori.

Queste tre normative non operano su terreni differenti, anzi, si intrecciano e si rafforzano a vicenda. Un sistema di IA deve essere conforme non solo all’AI Act, ma anche al GDPR ove venga a contatto con dati personali e alla NIS2 per i profili di protezione infrastrutturale.

La vera sfida per le organizzazioni, quindi, è creare una integrazione efficace: costruire un modello di compliance che non sia frammentato, ma coerente, capace di gestire la complessità e ridurre i rischi in modo sistemico.

Tecnologie e strategie per mitigare le minacce ibride

Davanti a questo scenario, è lampante la necessità di combinare innovazione tecnologica e strategie proattive. La prima non può vivere senza le seconde, poiché adottare strumenti avanzati senza un piano di governance significherebbe solo aumentare l’area di potenziali attacchi.

Vediamo, dunque, il ventaglio articolato – e sempre in evoluzione – di tecnologie emergenti che permetterebbero una risposta efficace e tempestiva al panorama delle minacce ibride descritte.

AI e machine learning per il rilevamento delle anomalie

Tra le tecnologie più efficaci emergono soluzioni di intelligenza artificiale e machine learning per la sicurezza, capaci di rilevare comportamenti anomali, automatizzare le risposte e prevenire gli incidenti, riducendo i tempi di rilevazione e contenimento.

Zero Trust e Continuous Exposure Management

Altrettanto promettenti sono le architetture Zero Trust, che eliminano la fiducia implicita e controllano costantemente ogni accesso. Su tale linea si annoverano anche le piattaforme di Continuous Exposure Management (CEM), che monitorano in tempo reale le vulnerabilità e aiutano a dare un preciso ordine di priorità alle correzioni.

Deception e threat intelligence

Le tecniche di deception permettono di ingannare gli attaccanti, rallentandoli e raccogliendo informazioni utili sui loro metodi. Le piattaforme di threat intelligence condividono informazioni in tempo reale tra aziende, enti e governi, contribuendo a costruire una difesa più coordinata e informata.

Strumenti di gestione dell’IA e conformità all’AI Act

Sono da tenere in considerazione strumenti emergenti di gestione dell’IA, capaci di gestire i modelli, documentare, auditare, tracciare bias e testare la robustezza degli algoritmi in ottica di conformità all’AI Act.

Persone, processi e cultura della sicurezza

Ma la tecnologia, come si diceva, da sola non basta. Serve una strategia più ampia, che coinvolga persone e processi. Ciò significa avere ben chiari alcuni passi fondamentali per costruire una sicurezza realmente integrata.

Governance integrata e passi operativi

Significa innanzitutto:

  • Mappare i rischi reali e identificare gli asset più critici.
  • Creare una governance che unisca sicurezza, compliance e innovazione.
  • Formare il personale sulle tecniche di cyber attacchi e sull’uso consapevole dell’IA, per evitare che la disinformazione favorisca gli attaccanti.
  • Sviluppare piani di risposta agli incidenti e simulazioni di attacchi ibridi.
  • Coinvolgere fornitori e partner strategici in una logica di sicurezza condivisa.
  • Adottare principi di privacy by design e security by design in ogni nuovo progetto.

Rimodulare il concetto di security in chiave integrata offre vantaggi concreti. In primo luogo, aumenta la resilienza: le imprese che adottano tecnologie proattive e delineano governance solide reagiscono più rapidamente agli incidenti e riducono i danni economici e reputazionali.

Resilienza, compliance e fiducia come asset competitivi

In secondo luogo, una buona compliance riduce il rischio di sanzioni: basti pensare che le violazioni dell’AI Act possono costare fino al 7% del fatturato globale, mentre ai sensi della NIS2 la soglia viene fissata al 2%.

Ma c’è di più. La fiducia, oggi, è un asset competitivo. Le organizzazioni che sanno dimostrare sicurezza, trasparenza e rispetto delle norme guadagnano credibilità sul mercato e attraggono partner e investitori. La conformità normativa, in questo senso, non è un vincolo, ma un fattore di vantaggio strategico.

Le difficoltà di implementazione e il fattore umano

Tuttavia, in questo quadro non possiamo non considerare delle oggettive difficoltà. Di fatto, l’integrazione di tecnologia, processi e persone può rivelarsi un percorso tortuoso: l’interpretazione delle nuove regole non è sempre immediata; molte aziende faticano a trovare risorse e competenze adeguate; la velocità con cui evolvono le minacce spesso supera quella dei processi di aggiornamento normativo.

E poi c’è il fattore umano: la cultura della sicurezza richiede tempo, formazione e consapevolezza diffusa. Senza un reale coinvolgimento delle persone, anche le migliori tecnologie rischiano di rimanere sulla carta.

Agire ora tra governance, compliance e resilienza

Rivedere le strategie di sicurezza e di compliance non è più, dunque, un esercizio teorico: è una necessità urgente. Le minacce ibride e le nuove normative stanno ridisegnando i confini della governance digitale e solo chi saprà anticipare il cambiamento potrà mantenere il controllo.

To do list per le organizzazioni

Per iniziare, le organizzazioni dovrebbero delineare una prima to do list:

  1. Mappare i gap di conformità rispetto ad AI Act, GDPR e NIS2.
  2. Creare un framework integrato di governance e sicurezza.
  3. Implementare tecnologie proattive e architetture Zero Trust.
  4. Coinvolgere il top management nelle decisioni di sicurezza.
  5. Testare regolarmente l’azienda con scenari di crisi complessi.
  6. Formare il personale e diffondere una cultura del rischio.
  7. Monitorare costantemente la supply chain e i fornitori.
  8. Definire metriche e obiettivi di miglioramento continuo.

Proattività come unica vera difesa

La trasformazione digitale può essere un’opportunità straordinaria, ma solo se affrontata con responsabilità, consapevolezza e capacità di adattamento. Le organizzazioni che sapranno integrare innovazione, sicurezza e compliance diventeranno non solo più sicure, ma anche più competitive, credibili e sostenibili nel lungo periodo.

In un mondo dove le minacce si evolvono alla velocità dell’informazione, l’unica vera difesa è la proattività.

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