Il caso

Libertà di espressione e lotta alle fake news: alla ricerca di un difficile equilibrio

La decisione di Facebook di bloccare una ricerca della New York University sul targeting degli annunci politici e sulla diffusione della disinformazione sul social media riaccende il confronto sul confine tra difesa della libertà di espressione e lotta alle fake news. I contorni della vicenda e il dibattito in corso

Pubblicato il 24 Set 2021

Monica Belfi

Legal Specialist, GDPR and Data Protection Specialist

facebook

Il dilemma tra libertà di espressione e lotta alle fake news è una matassa assai difficile da sbrogliare: l’informazione (e, così, la disinformazione) ha un’influenza determinante nella costruzione del consenso degli elettori e dei cittadini, mentre il mondo di Internet e, in particolare, dei social media amplifica le distorsioni dell’informazione e della comunicazione[1].

Un esempio di questa complessità ci viene da un caso recente: il team di Cybersecurity for Democracy della New York University ha accusato Facebook Inc. di aver disabilitato gli account, le pagine e l’accesso alla piattaforma del NYU Ad Observatory – un plugin per il browser creato dall’osservatorio e che permette agli utenti di Facebook che abbiano manifestato la propria adesione di condividere volontariamente con i ricercatori informazioni limitate e anonime sugli annunci politici mostrati loro dalla piattaforma. Questo al fine di mettere a tacere la ricerca indipendente condotta dall’Università sul targeting degli annunci politici e sulla diffusione della disinformazione sul social media.

Manipolazione politica, perché Facebook ha bloccato la ricerca della NYU: conseguenze e critiche

Facebook, per contro, afferma che la disabilitazione è avvenuta perché i ricercatori avrebbero usato dei mezzi non autorizzati per accedere alla piattaforma e raccogliere dati, violando i suoi Termini di servizio[2].

Targeting e social media: i rischi

I meccanismi che possono essere utilizzati per indirizzare gli utenti dei social media e le modalità di elaborazione dei dati che consentono il targeting, possono comportare notevoli rischi. Infatti, i meccanismi di targeting possono influenzare il comportamento e le scelte degli individui, anche nelle loro decisioni politiche, indirizzando a ciascun elettore dei messaggi su misura, specifici, personalizzati. Laddove il targeting comporti disinformazione, l’effetto potrebbe essere quello di minare il processo elettorale democratico. Inoltre, l’uso di algoritmi per individuare le informazioni da mostrare a determinati individui può avere una forte influenza sulla probabilità di accedere a fonti di informazione diversificate, con conseguenze negative per il pluralismo del dibattito pubblico e l’accesso all’informazione[3]. I meccanismi di targeting possono anche avere l’effetto di aumentare la visibilità di alcuni messaggi, dando meno risalto ad altri.

Già due settimane prima delle elezioni presidenziali del 2020, Facebook avrebbe inviato ai promotori della ricerca una lettera di diffida[4], chiedendo loro di interrompere l’uso dello strumento di ricerca Ad Observer, da loro sviluppato e ritirare i risultati delle loro ricerche precedenti, minacciando la chiusura della ricerca e provocando, così, la reazione dei sostenitori del progetto: ricercatori, giornalisti e associazioni. Come annunciato, lo scorso 3 agosto, Facebook avrebbe disabilitato gli account, le app, le pagine Facebook e l’accesso alla piattaforma associati al progetto e ai suoi operatori.

Le ragioni di Facebook

Sulla decisione la società ha rilasciato una dichiarazione, pubblicata sul proprio sito web[5], attraverso il suo Product Management Director, Mike Clark, in cui ha affermato che la chiusura era stata motivata dal fatto che il progetto Ad Observatory avrebbe studiato gli annunci politici utilizzando mezzi non autorizzati per accedere e raccogliere dati da Facebook, violando i Termini di servizio della piattaforma. Facebook, pertanto, si sarebbe mosso al fine di fermare lo scraping non autorizzato e rispettare un accordo che la società ha stipulato con il governo degli Stati Uniti, che includeva la predisposizione di un programma sulla privacy, in ottemperanza all’ordine della FTC a seguito dello scandalo Cambridge Analytica. Infatti, la Federal Trade Commission nel 2019 aveva imposto a Facebook un consent decree[6], in aggiunta a una sanzione da 5 miliardi di dollari per diverse violazioni della privacy[7].

Mike Clark ha affermato che l’estensione del browser del progetto era stata programmata per eludere i sistemi di rilevamento del social media e raccogliere dati, tra cui i nomi degli utenti, annunci, link a profili utente e informazioni relative a “Perché sto vedendo questa pubblicità?”, alcune delle quali non sono normalmente visibili pubblicamente dagli altri utenti. Inoltre, secondo quanto afferma il social media, l’estensione utilizzata per il progetto avrebbe anche raccolto dati su utenti che non avevano acconsentito alla raccolta delle informazioni e non avevano installato il tool.

Joe Osborne, un portavoce di Facebook, riconosce che il consent decree non ha costretto Facebook a sospendere gli account dei ricercatori, ma che la sospensione si è resa necessaria per rispettare quanto disposto dalla sezione 7 del decreto, che richiederebbe a Facebook di implementare un “programma di privacy completo” per “proteggere la privacy, la riservatezza e l’integrità” dei dati degli utenti. Sarebbe, quindi, secondo quando dichiarato dal portavoce, il programma di privacy di Facebook e non direttamente il decree, ad essere stato violato dalla condotta del team di Ad Observer. In particolare, secondo quanto affermato da Osborne, i ricercatori avrebbero ripetutamente violato una sezione dei termini di servizio di Facebook che prevede che non si possa accedere o raccogliere dati dalla piattaforma di Facebook utilizzando mezzi automatizzati senza la preventiva autorizzazione del social network, utilizzando un tool di scraping.

Una legge per l’accesso illimitato ai dati

Laura Edelson, un dottorando in informatica presso la scuola di ingegneria e ricercatore principale dietro la NYU Cybersecurity for Democracy, il cui account è stato sospeso, in risposta alle affermazioni di Facebook, ha dichiarato al Wall Street Journal che il lavoro dell’Osservatorio ha lo scopo di rendere trasparenti i dati sulla disinformazione che avviene sulla piattaforma Facebook e questo è vitale per un internet sano e una sana democrazia. Ha aggiunto che non dovrebbe essere lasciata alla società la decisione di determinare quali ricerche possono avere luogo sulla più grande piattaforma di social networking del mondo e ha chiesto ai politici di approvare delle leggi per costringere le aziende di social media a fornire un accesso illimitato ai dati. Ha, altresì, rigettato la difesa di Facebook che considera lo strumento uno scraper automatico: “Non è così che funziona la nostra estensione. La nostra estensione viaggia insieme all’utente, che ha installato il plug-in, e noi raccogliamo solo dati relativi agli annunci che vengono mostrati all’utente”.

I ricercatori del NYU Ad Observatory avevano precedentemente annunciato di voler rendere possibile per giornalisti, ricercatori, politici la ricerca di annunci politici per Stato, per vedere quali messaggi fossero diretti a un pubblico specifico e come questi annunci fossero finanziati. Lo strumento consente a ricercatori e giornalisti di seguire le tendenze della pubblicità politica di Facebook nei loro stati attraverso un sito pubblico, Adobservatory.org. Molti giornalisti hanno utilizzato questo tool.

La privacy come pretesto di censura?

L’opinione della ricercatrice è che la privacy sia stata usata come pretesto per oscurare chi studia la piattaforma social; infatti, a suo dire, l’Università avrebbe agito lecitamente e implementato mezzi adeguati a garantire la protezione della privacy degli utenti nel raccogliere e analizzare i dati.

La sospensione degli account non avrebbe, però, ancora fermato la ricerca: Laura Edelson ha dichiarato a Politico che il plug-in del browser web del suo team è operativo e continua a raccogliere informazioni sui messaggi politici a pagamento che vengono riprodotti nei news feed degli utenti di Facebook[8].

Dopo i tentativi di interferenza elettorale tramite la piattaforma pubblicitaria di Facebook nel 2016, il social media aveva dichiarato di voler aumentare la trasparenza degli annunci politici, rendendo pubbliche alcune informazioni, tra cui i soggetti che pagano gli annunci politici, il loro costo e le date di pubblicazione. Facebook rende, infatti, disponibili alcune informazioni, attraverso la Ad Library. L’osservatorio aveva, però, rilevato come dalle analisi di sicurezza informatica svolte, fosse evidente una vulnerabilità negli algoritmi di trasparenza di Facebook che mancherebbero sistematicamente di includere nell’archivio pubblico gli annunci politici.

Le reazioni e il dibattito

L’azione di Facebook ha suscitato diverse reazioni negli USA. Il senatore democratico della Virginia Mark R. Warner ha criticato l’operato del social media, sostenendo il lavoro svolto dai ricercatori indipendenti, volto a migliorare l’integrità delle piattaforme di social media, invitando il Congresso ad accelerare un intervento per migliorare la trasparenza nelle pubblicità online.

Il dibattito sulla necessità di trasparenza e sulla responsabilità delle piattaforme in merito alla diffusione della disinformazione è sempre acceso e iniziano a concretizzarsi alcune reazioni: la senatrice del Minnesota Amy Jean Klobuchar ha chiesto ai social media di proteggere i dati degli utenti e migliorare la trasparenza e il mese scorso ha proposto un disegno di legge che farebbe venire meno per le piattaforme online l’esclusione di responsabilità attualmente prevista dalla normativa, nei casi in cui la loro piattaforma diffondesse disinformazione relativa a emergenze di salute pubblica.

Non risultano, al momento, dichiarazioni di Facebook in risposta alle dichiarazioni dei due senatori.

La tematica legata alla diffusione della disinformazione sui social media resta aperta e irrisolta. La Casa Bianca lo scorso mese aveva criticato la disinformazione sui vaccini anti Covid-19 che trovava ampio spazio sui social media, tanto che il presidente Biden ha affermato che alcune di quelle informazioni stavano “uccidendo le persone”. Facebook aveva dichiarato di aver preso forti contromisure contro coloro che, secondo l’amministrazione US, stavano diffondendo falsità sui vaccini sulla piattaforma.

Conclusioni

Facebook, per affrontare le questioni più complesse in merito al tema della libertà di espressione online, ha creato il Comitato per il controllo, un organo globale, indipendente, composto da esperti con il compito di controllare le decisioni più difficili e significative di Facebook in merito ai contenuti pubblicati su Facebook e Instagram. Il Comitato, agisce come fornitore di servizi per la società, prenderà decisioni vincolanti in merito a tali contenuti, che Facebook sarà tenuta a implementare, a meno che non siano in contrasto con la legge.

Il Comitato si era già pronunciato lo scorso maggio in merito all’esclusione dell’ex presidente Trump dopo l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio scorso confermando la decisione di limitare l’accesso dell’ex Presidente Donald Trump alla pubblicazione di contenuti sulla sua Pagina Facebook e sul suo account Instagram, ritenendo, tuttavia, non corretto che Facebook imponesse la sospensione a tempo indeterminato, non definita dal punto di vista temporale.

Sulla sospensione degli account Facebook del NYU Ad Observatory non risulta ancora alcuna pronuncia del Comitato, che molto probabilmente sarà chiamato a valutare l’operato del social media e la sua coerenza con le norme e le procedure interne di Facebook, nonchè con i suoi valori e il suo impegno in relazione ai diritti umani.

Note

  1. Libertà di espressione e fake news, il difficile rapporto tra verità e diritto. Una prospettiva teorica. Carlo Magnani, Costituzionalismo.it
  2. https://iapp.org/news/a/facebook-research-team-at-odds-over-data-access/
  3. https://edpb.europa.eu/system/files/2021-04/edpb_guidelines_082020_on_the_targeting_of_social_media_users_en.pdf
  4. https://medium.com/cybersecurity-for-democracy/researchers-nyu-knight-institute-condemn-facebooks-effort-to-squelch-independent-research-about-59cec0793939
  5. https://about.fb.com/news/2021/08/research-cannot-be-the-justification-for-compromising-peoples-privacy/
  6. https://www.ftc.gov/system/files/documents/cases/c4365facebookmodifyingorder.pdf
  7. https://www.wired.com/story/facebooks-reason-banning-researchers-doesnt-hold-up/
  8. Facebook’s attempt to ban academics runs into trouble, BY Mark Scott, https://www.politico.eu/article/facebook-nyu-laura-edelson-political-ads/

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