il caso

Intelligenza artificiale, la pericolosa tentazione della corsa senza diritti

Il blocco del Garante a Chatgpt ci ricorda che l’avanzata dell’innovazione non può prescindere dai diritti. Una scorciatoia che sempre tenta le imprese.
Meno male che ci sono i Garanti Privacy. Ma non basta, serve un’azione istituzionale più ampia, che non riguarda solo la privacy

Pubblicato il 31 Mar 2023

Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Il blocco del Garante a Chatgpt ci ricorda che l’avanzata dell’innovazione non può prescindere dalla tutela dei diritti fondamentali (civili, privacy, sociali, lavorativi). Una scorciatoia che sempre tenta le imprese.

Una certa cultura dell’innovazione, “liberista”, tende a dimenticarselo. Quel corri veloci e rompi cose del primo Facebook-Meta.

Non lasciamo l’AI nelle mani di big tech e tecnocrati

Meno male che ci sono i Garanti Privacy si potrebbe dire. Ma non basta. L’attenzione, ad esempio anche a questioni enormi come l’impatto sul lavoro, dovrebbe essere esteso a tutte le istituzioni, di tutti i Paesi coinvolti.

Non si può lasciare il futuro della società – di questo stiamo parlando, con l’intelligenza artificiale – a poche autorità volenterose che mettono paletti di volta in volta. Né è sufficiente un approccio come “poliziotti della privacy o dei diritti” che intervengono per limitare i danni, vedi anche AI Act europeo.

L’innovazione va guidata con uno spirito diverso, proattivo e non solo reattivo; votato all’interesse pubblico e con una regia anche istituzionale, non solo privata. L’Europa l’ha detto chiaro e tondo con un piano strategico, ora ci si aspetta che lo attui. Idem il precedente Governo italiano e ci si augura che ora il nuovo prosegua l’azione; finora non l’ha fatto.

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