privacy

Ricerca e protezione dei dati: cosa ci insegna la vicenda della biobanca genetica dell’Ogliastra

La ricerca, da promuovere e valorizzare, deve però contemperare le sue esigenze con il diritto, dei soggetti coinvolti, alla protezione dei propri dati personali. Ce lo dimostra e ce lo insegna la vicenda della biobanca genetica ogliastrina. Ricostruiamola per capire perché

Pubblicato il 08 Feb 2022

Antonello Soro

Già presidente Autorità Garante Privacy

Cyber BioHacking

In una congiuntura socio-politica di rilancio delle riforme e dei progetti d’innovazione del Paese, la ricerca scientifica (oltre che tecnologica) rappresenta, sicuramente, uno dei fattori di sviluppo da promuovere con maggiore determinazione. Il PNRR sottende questa consapevolezza e indica a tal fine alcuni obiettivi specifici da perseguire nei prossimi anni, all’interno di una generale valorizzazione della ricerca come attività da promuovere per garantire un’effettiva competitività del Paese.

È una scelta condivisibile, ma che necessita certamente di un’attenzione specifica- nella fase non solo dell’attuazione ma già, anche, della progettazione- alla protezione di (quei) dati personali, che della ricerca rappresentano (soprattutto in campo biomedico) il presupposto essenziale.

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Ricerca e privacy, la vicenda della biobanca genetica ogliastrina

La disciplina di protezione dati (il Regolamento Ue 2016/679 come, già prima, il d.lgs. 196 del 2003) sottende, correttamente, un favor generale nei confronti della ricerca, ma un contributo essenziale ai fini della declinazione, in concreto, dei suoi principi e dell’individuazione di volta in volta del punto di equilibrio tra esigenze informative e privacy è stato fornito dalla giurisprudenza.

Particolarmente interessante, da questo punto di vista, è l’Ordinanza 27325.21 del 24 marzo 2021 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, relativa alla vicenda della biobanca genetica ogliastrina, i cui titolari si sono succeduti determinando un contenzioso rilevante anche sotto il profilo privacy.

L’ordinanza, adottata sulla base della disciplina previgente al Regolamento (UE) 2016/679, ha cassato (con rinvio al Tribunale) la Sentenza n. 1569/2017 del Tribunale di Cagliari che aveva annullato il Provvedimento n.389/2016 del Garante per la protezione dei dati personali. Con quest’atto si era disposto il blocco del trattamento dei dati e campioni biologici contenuti nella banca dati genetica relativa a circa 11.700 cittadini dell’Ogliastra. La biobanca era stata acquistata dalla Società Tiziana Life Sciences a seguito del fallimento della società Shar DNA SRL, che aveva avviato un programma di ricerca sulle malattie complesse comuni nella zona dell’Ogliastra, in ragione dell’elevata omogeneità genetica degli abitanti, tale favorire l’identificazione dei geni associati a patologie complesse.

La vicenda di cui si discute si svolge – va premesso – in un contesto di grandi trasformazioni nella medicina. Il rapido sviluppo di tecnologie informatiche applicate alla ricerca biomedica ha condotto all’acquisizione di un vastissimo patrimonio di “informazioni” utili alla conoscenza della struttura biologica dell’uomo.

L’importanza dei dati genetici

Gli studi che hanno portato alla mappatura e al sequenziamento del genoma umano hanno aperto nuovi scenari nella ricerca e nella pratica medica, offrendo un contributo prezioso anche alla terapia farmacologica, con particolare riguardo alla personalizzazione delle cure. Le informazioni sul nostro profilo genetico favoriscono la conoscenza sullo stato di salute, sulle caratteristiche biologiche o la predisposizione a sviluppare determinate malattie.

Nel DNA ci sono tutte le istruzioni fondamentali per costruire organi e tessuti, per attivare i processi biologici che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo e la trasmissione delle caratteristiche ereditarie da un individuo all’altro. Il DNA costituisce l’essenza più profonda della persona ed è in grado di rivelare informazioni importantissime non solo sulla vita dell’interessato ma anche su quella dei suoi familiari.

L’importanza dei dati genetici risiede, oltre che nella strutturale condivisione tra più soggetti delle informazioni in esse contenute, nella loro immodificabilità e nell’attitudine predittiva che li accompagna.

Implicazioni bioetiche e giuridiche della ricerca genetica

Il regime differenziato di regole e garanzie accordate dal legislatore ai dati genetici fornisce la misura della particolare delicatezza di questi dati e dei notevoli rischi sottesi ai loro trattamenti: nella categoria dei dati sensibili (ora: “particolari), i dati genetici spiccano per rilevanza e – possiamo dire- per pericolosità, tanto da poter essere ragionevolmente annoverati, come e più dei dati relativi alla salute e alla vita (e all’orientamento) sessuale (e, oggi, ai dati biometrici), nel sottoinsieme dei cosiddetti ‘dati super-sensibili’.

Combinando i dati genetici e le informazioni sulle malattie di centinaia di migliaia di persone, attraverso la conoscenza specifica sui legami tra geni, ambiente e malattie, si potrebbero ottenere diagnosi più precise e di conseguenza terapie su misura e più efficaci.

I risultati ottenuti hanno evidenziato la necessità di una riflessione più ampia sulle implicazioni bioetiche e giuridiche della ricerca genetica, al fine di assicurare un equilibrio tra le potenzialità del progresso tecnico-scientifico e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone.

Non c’è dubbio che lo sviluppo della medicina di precisione e predittiva, basata appunto in larga misura sul profilo genetico dell’individuo, rappresenti una svolta estremamente importante per l’umanità.

I risvolti economici della ricerca genetica

Ma, come sempre accade, quando matura una forte innovazione nell’ambito della ricerca scientifica c’è un risvolto economico che non è affatto irrilevante. Non a caso i maggiori investimenti finanziari su queste ricerche riguardano le multinazionali sia del farmaco che dell’economia digitale.

E non a caso, come già ricordava Stefano Rodotà, proprio attorno alle biobanche, ai brevetti per terapie fondate su studi genetici, si sono registrati negli Stati Uniti i più importanti contenziosi sul tema dei “beni comuni”.

E questo, proprio per sottrarre la ricerca e il progresso che da essa potrebbe aversi nelle cure, alla logica del profitto come, per altro verso, in questi tempi dimostra il caso dei vaccini.

In questa prospettiva si comprende il forte interesse per i dati delle persone aderenti al programma di ricerca nel territorio ogliastrino, in considerazione della riscontrata alta omogeneità genetica degli abitanti, capace di favorire l’identificazione dei geni associati a malattie complesse.

Il programma di ricerca sulle malattie complesse nel territorio ogliastrino

L’Ogliastra è una delle quattro Blue Zone al mondo, cioè una dei quattro luoghi dove le aspettative di vita sono abbondantemente superiori rispetto al resto dell’umanità.

Dentro questo scenario si è sviluppata la vicenda della biobanca.

La Shar DNA SRL, con sede a Perdasdefogu, prima società italiana nel settore della genomica, fondata da Renato Soru e successivamente ceduta al San Raffaele di Milano, aveva avviato un programma di ricerca sulle malattie complesse nel territorio ogliastrino, con l’obiettivo, come detto, di favorire l’identificazione dei geni associati alle malattie.
Il progetto di ricerca è stato condotto dal CNR-Istituto di genetica delle popolazioni di Sassari, in collaborazione con Shar.dna: entrambi si avvalevano della collaborazione di Parco Gen.O.S. che forniva alcuni servizi, quali la raccolta dei dati demografici e genealogici dei donatori, il prelievo dei campioni di sangue, l’estrazione del Dna e la conservazione dei campioni biologici presso il laboratorio di Perdasdefogu.

A seguito della crisi del San Raffaele, con il fallimento di Shar.dna, la “biobanca della longevità” è stata venduta all’asta a Tiziana Life Sciences, società multinazionale con sede a Londra, per la somma di 258 mila euro.

Nello stesso periodo, una società analoga, la DeCode, che studiava popoli altrettanto isolati nel centro dell’Islanda, è stata venduta per 415 milioni di dollari. La cessione, formalizzata con atto notarile il 5 luglio 2016, prevedeva che Tiziana Life subentrasse nella titolarità della bio-banca, contenente circa 230.000 campioni biologici estratti da circa 11.700 individui, insieme ai relativi dati personali demografici, genealogici, clinici e genetici, riguardanti rapporti di parentela risalenti fino al 1600 e, insieme, le dichiarazioni di consenso firmate dai donatori.

Pertanto, Tiziana Life subentrava nella qualità di nuovo titolare del trattamento dei dati, mentre permaneva un diritto di accesso in capo all’Istituto del CNR di Sassari.

L’intervento del Garante privacy

In parallelo con lo sviluppo di una complessa attività di indagine da parte della Procura della Repubblica di Lanusei, il Garante per la protezione dei dati personali fu interessato dalle segnalazioni di oltre cento donatori, nelle quali si lamentava, tra l’altro, la mancanza, nell’informativa resa a suo tempo agli interessati, di indicazioni relative al ruolo di Parco Gen.O.S. nelle operazioni sui dati e al periodo di conservazione dei dati genetici nonché dei campioni biologici, l´indebita raccolta dagli archivi anagrafici comunali dei dati personali necessari a ricostruire gli alberi genealogici dell´intera popolazione dell´Ogliastra (ivi compresi coloro che non avevano acconsentito a partecipare al progetto di ricerca), la carenza di misure di sicurezza adeguate a custodire i campioni contenuti nella biobanca, nonché l´impossibilità per gli interessati di esercitare i loro diritti relativi in particolare alla revoca del consenso rilasciato in precedenza, ovvero alla conferma dello stesso rispetto al nuovo titolare.

Sulla base degli accertamenti disposti dal Garante, emersero profili di criticità in ordine a diversi aspetti, anche con riferimento alle misure di sicurezza per la conservazione dei campioni e all’insieme delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione generale n. 8/2014 relativa ai dati genetici.

Il Garante concluse che, preliminarmente, il subentro nella qualità di titolare da parte di Tiziana Life richiedesse una nuova manifestazione di consenso quale presupposto legittimante rispetto al nuovo soggetto giuridico.

Perché l’esercizio del diritto di autodeterminazione informativa non può non comprendere nel suo oggetto anche l’identità di chi decide finalità, mezzi, modi del trattamento. Questo, se fondato sul consenso, è svolto intuitu personae e dunque l’interessato, con i suoi dati- tanto più se così sensibili- non può considerarsi il semplice oggetto di una cessione patrimoniale che in nulla lo riguardi.

Il 6 ottobre 2016 il Garante dispose il blocco del trattamento dei dati e dei campioni biologici contenuti nella biobanca.

Il Provvedimento fu adottato allo scopo di assicurare la protezione dei dati contenuti nella biobanca, con particolare riferimento alla necessità che gli interessati fossero informati dell’avvenuto mutamento nella titolarità e degli eventuali ulteriori trattamenti che il nuovo titolare intendesse effettuare a scopo di ricerca scientifica in campo medico-genetico.
Con il Provvedimento fu sancito anche l’obbligo di Tiziana Life di astenersi da ogni altro utilizzo dei dati e dei campioni biologici, ad eccezione delle operazioni necessarie a garantirne un’adeguata conservazione e di ricontattare gli interessati, al fine di rendere loro un’idonea informativa, raccogliere una nuova manifestazione di consenso e fornire adeguato riscontro ad eventuali richieste di esercizio dei diritti.

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale di Cagliari annullò il provvedimento del Garante sull’assunto che non fosse disciplinata da alcuna disposizione di legge la fattispecie in cui un nuovo titolare succeda all’originario nel trattamento dei dati personali e, in particolare, che questo non fosse svolto intuitu personae e che dunque l’identità del titolare non fosse oggetto necessario del consenso.

Ne conseguiva, nella logica argomentativa del Tribunale, che il mutamento soggettivo del titolare non comportasse la necessità di una nuova informativa e della richiesta di approvazione da parte degli interessati, considerando prevalente l’elemento della compatibilità degli scopi perseguiti dalla ricerca.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del Garante, ha contestato proprio questo assunto, con argomenti di notevole rilievo anche in termini “valoriali”.

Si legge nella sentenza che il consenso al trattamento dei dati personali è fondato su un rapporto fiduciario personale (intuitus personae), in quanto tale non trasmissibile e che il mutamento soggettivo del titolare impone di rinnovare l’informativa e la prestazione del consenso.

La Corte, dopo aver dettagliatamente richiamato tutte le norme del codice privacy (d.lgs. 196/2003) che disciplina[va]no la gestione dei dati genetici, ha posto l’attenzione sul fatto che il trasferimento dal titolare originario ad un altro soggetto dà luogo alla cessazione del trattamento e non alla successione nello stesso: decisione che comporta, quindi, l’inizio di una distinta gestione ad opera del nuovo titolare, sul quale grava l’onere di informare gli interessati e di acquisire, in forma scritta la specifica accettazione.

Nell’ordinamento italiano ed europeo in materia di protezione dei dati personali il consenso non è dato una volta per sempre e non è indipendente da chi sia il titolare.

Se cambia il titolare, il soggetto al quale ho affidato i miei dati, ho il diritto di rivalutare, di rinnovare o negare la mia approvazione.

I dodicimila sardi che avevano affidato i propri campioni biologici non sono stati messi nelle condizioni di esercitare pienamente i loro diritti.

Conclusioni

Sicuramente c’è stato un complesso di improvvisazioni, la scarsa consapevolezza da parte di tutti gli attori dell’importanza dei dati genetici e di quanto questi siano rigorosamente e severamente tutelati nell’ordinamento sia interno che internazionale.

Sicuramente c’è stato un comportamento opaco da parte della società inglese aggiudicataria dell’asta.

Si è giocato sull’equivoco che il diritto di ricerca possa significare proprietà di una banca dati così peculiare come una biobanca, fatta non di beni patrimoniali o di numeri, ma di quei frammenti dell’Io e del Noi che sono i dati personali.

In realtà, se è vero che si possono ottenere profitti dalle ricerche sul materiale biologico degli esseri umani, è assolutamente indiscutibile che non esiste la proprietà di una biobanca, ma solo il diritto a fare studi sui campioni disponibili.

Non si configura, in altri termini, un diritto dominicale ma soltanto una facoltà (condizionata tanto sotto il profilo civilistico quanto sotto quello della protezione dati) di utilizzo della banca dati a fini di ricerca.

Perché il genoma è una parte del corpo umano e come tale per il diritto internazionale non è suscettibile di appropriazione e commercio.

E non va taciuta la responsabilità del Cnr, e cioè di un’istituzione che deve favorire la ricerca in Italia, che ha avuto in mano- ce l’ha ancora- l’opportunità di investire risorse proprie e coltivare come un bene preziosissimo, questa occasione.

Invece si è affidato il caso a un’unità periferica, quasi si trattasse di ordinaria amministrazione, non valutando il peso che invece ha saputo valutare la multinazionale inglese.

SharDna è stata un’occasione persa per l’isola.

È auspicabile sia possibile riprendere il cammino e trovare un più convinto sostegno da parte delle istituzioni regionali.

Se le Istituzioni della Sardegna avessero manifestato un po’ di interesse verso la vicenda nel periodo lungo intercorso tra il fallimento di SharDna e l’asta, ci sarebbe stato un esito differente.

Invece si è lasciato che la partita diventasse un esclusivo problema degli amministratori e dei cittadini dell’Ogliastra che, per fortuna, non hanno chinato la testa e hanno giustamente rivendicato i loro diritti.

E hanno vinto una prima importante battaglia, dalla quale tutti abbiamo tratto un beneficio: la consapevolezza che la ricerca, da promuovere e valorizzare, deve tuttavia contemperare le sue esigenze con il diritto, dei soggetti coinvolti, alla protezione dei propri dati personali. Solo così la ricerca favorirà realmente il progresso in ogni sua componente: anche sociale e umana.

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