Così come per l’installazione dei sistemi videosorveglianza (tema già trattato in un precedente contributo[1], al quale si rinvia) anche il ricorso alla geolocalizzazione dei veicoli aziendali presuppone un’attenta riflessione in capo al datore di lavoro prima dell’installazione di tali dispositivi.
Indice degli argomenti
Geolocalizzazione dei veicoli aziendali: stabilire lo scopo dell’installazione
In primo luogo, occorre considerare come la geolocalizzazione dei veicoli può comportare una forma di controllo a distanza dei lavoratori e delle loro attività, ricadendo pertanto nell’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300). Ciò implica in via preliminare di stabilire lo scopo dell’installazione, che non potrà che essere rinvenuto tra quelli esclusivamente previsti dal primo comma del sopra richiamato articolo:
- Esigenze organizzative e produttive;
- Esigenze connesse alla sicurezza del lavoro;
- Esigenze inerenti alla tutela del patrimonio aziendale.
Inoltre, come ulteriore precondizione, l’articolo 4 richiede il raggiungimento di un “accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali […]” o, in alternativa nel caso di mancanza di accordo – tanto nell’eventualità in cui risultino assenti RSU o RSA, quanto perché, pur data la loro presenza, l’accordo non venga raggiunto – l’ottenimento dell’“autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro”.
Geolocalizzazione dei veicoli aziendali: requisiti e autorizzazioni necessarie
Il primo passaggio per l’azienda che intenda far uso di un sistema di geolocalizzazione dei mezzi, dunque, è quello di ancorare la scelta ad almeno uno dei tre scopi indicati dallo Statuto dei Lavoratori, nonché di ottenere una preventiva autorizzazione, sia essa di carattere negoziale (l’accordo sindacale) o, in difetto, amministrativo (l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro).
L’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori
Potremmo interrogarci sull’eventuale possibilità di considerare i localizzatori satellitari installati sui veicoli aziendali quali “strumenti di lavoro” (cfr. art. 4, secondo comma, L. 300/1970), con la conseguente non obbligatorietà di adempiere a quanto sopra riportato.
Ebbene, a fornire una risposta all’interrogativo ha pensato l’Ispettorato nazionale del lavoro con una propria circolare (la numero 2 del 7 novembre 2016), una volta acquisito il parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
In sostanza, occorre individuare quali siano effettivamente gli “apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione lavorativa dedotta in contratto, e che per tale finalità sia stati posti in uso e messi a sua disposizione”.
In linea di massima e in termini generali, secondo l’Ispettorato i sistemi di geolocalizzazione rappresentano un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa, ma piuttosto per rispondere a esigenze connesse all’assicurazione, all’organizzazione, al carattere produttivo o di garanzia della sicurezza del lavoro.
L’eccezione all’applicazione di quanto previsto al primo comma dell’articolo 4, pertanto, non può operare, eccezion fatta per quei sistemi “installati per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa (e cioè la stessa non possa essere resa senza ricorrere all’uso di tali strumenti), ovvero l’installazione sia richiesta da specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare (es. uso dei sistemi GPS per il trasporto di portavalori superiore a euro 1.500.000,00, ecc.)”. Solo in tali ipotesi il sistema può considerarsi un vero e proprio “strumento di lavoro”.
Istruzioni per la compilazione del modulo di istanza per l’autorizzazione dei sistemi di geolocalizzazione
Ponendoci ora nell’ipotesi di un’azienda che deve procedere alla presentazione della richiesta di autorizzazione all’Ispettorato – nel caso in cui non siano presenti le rappresentanze sindacali o, seppur presenti, il raggiungimento dell’accordo abbia avuto esito negativo – partiamo innanzitutto col dire che il modulo di istanza da utilizzare è quello messo a disposizione dallo stesso Ispettorato nazionale del lavoro sul proprio sito.
Nello specifico, occorre far riferimento al terzo tra i modelli dell’elenco, ovvero quello denominato “INL 1.2 – Istanza Videosorveglianza Installazione GPS” (vedi immagine 2).

Immagine 1
Alla luce della pressoché sostanziale uniformità di contenuto rispetto al modello per il rilascio dell’autorizzazione del sistema di videosorveglianza, si rinvia al contributo citato in premessa per approfondire i dettagli sulla compilazione del modello. Vale la pena, tuttavia, ribadire tre aspetti.
Le modalità di presentazione dell’istanza
In primo luogo, anche in questo caso vengono previste due modalità di presentazione dell’istanza:
- Tramite consegna a mano all’ufficio della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro;
- Invio con modalità telematica. In questo caso per la trasmissione delle marche da bollo occorrerà trasmettere il modello “INL 1.4 Autodichiarazione Marca da Bollo INL”, sempre scaricabile dal sito, come nell’immagine 2 sotto riportata.

Immagine 2
All’interno del modello, sono previsti due appositi spazi dove apporre le marche da bollo, per poi procedere alla scansione dello stesso e al successivo invio (vedi immagine 3).

Immagine 3
In secondo luogo, come esplicitamente riportato nello stesso modulo “INL 1.2” di istanza, “anche la sola installazione e/o la messa in esercizio di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo prima della prescritta autorizzazione darà luogo all’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 38, comma 1, Legge 300/70”. Ciò significa che prima dell’ottenimento del provvedimento autorizzativo (o del raggiungimento dell’accordo sindacale, laddove dette rappresentanze siano presenti), non solo l’impianto non potrà essere messo in esercizio, ma non si potrà neppure procedere alla sua installazione fisica pur mantenendolo disattivato.
Infine, è opportuno sottolineare come l’installazione non può trovare giustificazione nel consenso dei lavoratori, né quest’ultimo – sotto il profilo della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui si dirà a breve – possa essere addotto come condizione di liceità per il trattamento dei dati personali effettuato dal sistema.
Appare di tutta evidenza, infatti, come alla luce dello squilibrio tra le parti contrattuali del rapporto lavorativo (datore/titolare del trattamento dei dati da un lato, lavoratore/interessato al trattamento dall’altro), il consenso eventualmente prestato dal lavoratore non potrebbe ritenersi valido[2].
Sotto diverso profilo, oltre alla disciplina giuslavoristica, il datore di lavoro nella sua qualità di titolare del trattamento dei dati personali trattati dal sistema di geolocalizzazione, deve altresì considerare gli adempimenti previsti dalla normativa privacy.
Geolocalizzazione dei veicoli aziendali: le indicazioni del Garante privacy
Attraverso il suo provvedimento n. 370 del 4 ottobre 2021 (“Sistemi di localizzazione dei veicoli nell’ambito del rapporto di lavoro – 4 ottobre 2011; [doc. web n. 1850581]), l’Autorità Garante privacy ha fornito utili indicazioni in tal senso[3], riassumibili come di seguito:
- Redazione di apposite informative. In particolare, occorre collocare all’interno dei veicoli apposite vetrofanie recanti la dizione “veicolo sottoposto a localizzazione”, o comunque avvisi ben visibili che segnalino la circostanza della geolocalizzazione del mezzo[4].
Inoltre, prevedere un’informativa estesa, redatta ai sensi dell’art. 13 GDPR, nella quale dar conoscenza ai lavoratori di informazioni quali – tra le altre – le modalità di funzionamento e di effettuazione dei controlli, nonché le finalità di trattamento.
- Provvedere alle nomine interne ed esterne. I dati relativi alla localizzazione dei veicoli devono essere trattati (anche con riferimento alla mera consultazione, dato che ai sensi dell’art. 4, comma 1, n. 2 GDPR, è da ricomprendersi tra le attività di “trattamento”) esclusivamente da soggetti designati o autorizzati (internamente) o, laddove vi sia una esternalizzazione delle attività di trattamento (da parte, ad esempio, dell’azienda installatrice e manutentrice del sistema), da responsabili ex art. 28 GDPR, dietro specifiche istruzioni documentate da parte del Titolare[5].
- Consentire l’esercizio dei diritti da parte degli interessati, secondo quanto previsto ex art. 12 GDPR.
- Svolgere una valutazione d’impatto (DPIA – Data Protection Impact Assessment), ai sensi dell’art. 35 GDPR. L’obbligatorietà discende dall’Allegato 1 al provvedimento n. 467/2018 del Garante privacy, laddove la tipologia n. 5 individua come da sottoporre a valutazione di impatto i “trattamenti effettuati nell’ambito del rapporto di lavoro mediante sistemi tecnologici (anche con riguardo ai sistemi di videosorveglianza e di geolocalizzazione) dai quali derivi la possibilità di effettuare un controllo a distanza dell’attività dei dipendenti […]”.
- Prevedere adeguate misure di sicurezza ex art. 32 GDPR, a tutela dei dati personali raccolti e trattati dal sistema, che dovranno altresì essere opportunamente configurati: secondo quanto richiamato al par. 3 del provvedimento n. 370 sopra richiamato, il Titolare deve trattare soltanto i dati pertinenti e non eccedenti. Pertanto, possono ritenersi pertinenti quelli relativi all’ubicazione del veicolo, la distanza percorsa, i tempi di percorrenza, il carburante consumato, nonché la velocità media del veicolo (restando riservata alle competenti autorità la contestazione di eventuali violazioni dei limiti di velocità fissati dal codice della strada). Nel rispetto del principio di necessità, sottolinea il Garante, “la posizione del veicolo di regola non dovrebbe essere monitorata continuativamente dal titolare del trattamento, ma solo quando ciò si renda necessario per il conseguimento delle finalità legittimamente perseguite”.
- Contenere i tempi di conservazione ed escludere una localizzazione continuativa. In base al richiamato principio di pertinenza e non eccedenza, così come nel rispetto dei principi di minimizzazione (art. 5, comma 1, lett. c)) e di privacy by default (art. 25 GDPR), “la posizione del veicolo [sottoposto a localizzazione] non dovrebbe di regola essere monitorata continuativamente dal titolare del trattamento, ma solo quando ciò si renda necessario per il perseguimento delle finalità legittimamente perseguite”. I tempi di conservazione devono quindi essere commisurati alle finalità in concreto perseguite, riducendo al minimo la conservazione dei dati personali raccolti allo scopo.
Note
- www.agendadigitale.eu/sicurezza/videosorveglianza-in-azienda-come-chiedere-lautorizzazione-allispettorato-del-lavoro/ ↑
- Ciò in quanto, come già sottolineato in altra sede (www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/lavoro-sistemi-videosorveglianza-guida/), sotto il profilo privacy una delle caratteristiche del consenso di cui all’art. 7 GDPR – nonché secondo quanto chiarito dalle Linee guida sul consenso 5/2020 dell’EDPB (cfr. par. 3.1, punto 13) – è quella di dover costituire manifestazione di una libera volontà dell’interessato (Lo stesso Considerando 42 GDPR evidenzia come “il consenso non dovrebbe essere considerato liberamente prestato se l’interessato non è in grado di operare una scelta autenticamente libera o è nell’impossibilità di rifiutare o revocare il consenso senza subire pregiudizio”). ↑
- Nella medesima prospettiva, cfr. anche quanto indicato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro all’interno della nota n. 9728 del 12 novembre 2019. ↑
- La stessa Autorità Garante privacy fornisce un modello di vetrofania utilizzabile, nell’allegato 1 al provvedimento de quo. ↑
- Cfr., in questa prospettiva, con gli artt. 28, comma 3, 29 e 32, comma 4, GDPR. ↑