rinnovabili

Green Hydrogen, un’ottima chance non solo per l’indipendenza energetica

Come può l’idrogeno verde migliorare il sistema di trasporti? Se parliamo di navi, treni e camion diventerebbe l’alleato migliore per ridurre o azzerare le emissioni. Senza contare il fatto che potrebbe aiutarci a diventare indipendenti dal punto di vista energetico. Vediamo come

Pubblicato il 06 Mag 2022

Carmen Di Nardo

esperta di content marketing digitale

Antonio Grasso

Entrepreneur, technologist, sustainability passionate

Quantum_Hydrogen

Dopo aver ceduto il posto all’elettrico a batterie nel mercato delle auto, l’idrogeno, generato dalle rinnovabili (Green Hydrogen), si presenta con una value proposition di tutto rispetto: offrire i vantaggi delle energie rinnovabili a settori in stallo come le navi, i treni, gli aerei e l’industria pesante. Allo stesso tempo potrebbe essere un’ottima via d’uscita dalla dipendenza energetica estera.

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Cos’è l’idrogeno e come si produce (Grey – Blue – Green)

Se prendiamo tra le mani la tavola periodica notiamo che l’idrogeno è il primo elemento presente, con numero atomico 1 – indice di un solo protone all’interno del nucleo atomico. Nonostante sia la sostanza in assoluto più diffusa nell’universo, l’idrogeno non si trova puro ma bisogna estrarlo dai composti a cui partecipa. Fortunatamente una delle combinazioni è l’acqua (formula H2O = due atomi di idrogeno + un atomo di ossigeno), elemento ampiamente disponibile sulla terra. Anche l’etimologia sottolinea questa unione: derivando dal greco hýdor “acqua” più la radice -ghen “generare” il significato letterale è “generatore d’acqua”.

L’idrogeno puro può essere ottenuto applicando dei processi trasformativi che assumono nomi diversi a seconda dei metodi utilizzati. I principali sono:

Grey Hydrogen – Derivato dall’utilizzo di combustibili fossili in un processo chimico chiamato Steam Methane Reforming (SMR – reazione di reforming con vapore). Il processo è molto inquinante perché genera CO2 ma risulta al tempo stesso economico.

Blue Hydrogen – L’idrogeno blu utilizza lo stesso metodo di produzione del grigio ma differisce per la cattura della CO2 emessa, attraverso un processo noto come Carbon Capture. Anche se il protocollo stabilisce un minimo del 90% di cattura, organizzazioni indipendenti protestano uno scarso 60%.

Green Hydrogen – È quello prodotto attraverso il processo di elettrolisi che abbiamo studiato tra i banchi di scuola e che, attraverso la corrente elettrica, consente di dividere l’idrogeno e l’ossigeno presenti nell’acqua. In pratica, è una trasformazione dell’energia elettrica in energia chimica. L’energia elettrica utilizzata, in questo caso, provenendo da fonti rinnovabili, non produce emissioni di carbonio.

Recentemente si sente parlare anche di Turquoise Hydrogen (Turchese) generato da un processo noto come pirolisi. Di base si utilizza il metano ma, il carbonio prodotto dal processo è solido e quindi non si disperde nell’aria come agente inquinante.

Riassumo quanto detto in una intuitiva infografica.

L’idrogeno come vettore energetico green

Per gli appassionati, come me, dei processi scientifici, appare subito evidente che l’idrogeno non è una fonte energetica ma un vettore di energia sottoforma di gas. Immagazzina energia in forma chimica per poi rilasciarla in una fase successiva. Questa energia può essere compressa in serbatoi ad alta pressione e ha una duplice funzione: la si può conservare per un successivo utilizzo; o può essere trasportata altrove.

Al pari delle batterie, l’idrogeno consente di accumulare energia chimica che sarà poi rilasciata sotto forma di energia elettrica – direttamente nel caso delle batterie – con l’ausilio delle celle a combustibile nel caso dell’idrogeno.

Interessante è anche la funzione dell’idrogeno come bilanciatore di rete. Ovvero, quando gli impianti di energia eolica e fotovoltaica attraversano momenti di picco producendo più energia di quella richiesta, l’eccesso può essere utilizzato per produrre idrogeno. Di converso, in assenza di sole o di vento, l’idrogeno accumulato potrà essere trasformato di nuovo in energia elettrica e sopperire alla temporanea carenza.

Non intendo affrontare in questo articolo la combustione dell’idrogeno e quindi parlare dei motori a combustione interna a idrogeno (HICE) perché è un processo che non può essere considerato a emissioni zero. In effetti, pur non generando anidride carbonica la combustione, produce vari ossidi di azoto (NOX) che comunque inquinano.

Una rispolverata però alle nozioni legate all’elettrolisi può esserci utile per comprenderne le implicazioni. Tutto parte dalla cella elettrolitica in cui l’acqua si separa dai suoi elementi costitutivi, ovvero l’idrogeno e l’ossigeno. Per avviare il processo è necessario che l’acqua venga posta a contatto con due elettrodi (un anodo a carica positiva e un catodo a carica negativa). La corrente elettrica, che passa attraverso i due elettrodi, dissocia le molecole in ioni idrogeno H+ e ioni idrossido OH-. A questo punto gli ioni di idrogeno acquisiscono elettroni in una reazione di riduzione e diventano idrogeno gassoso. Per rendere green il processo è necessario che la cella elettronica sia nei pressi di un impianto di fonti rinnovabili, così da sfruttare quel tipo di energia elettrica. Fonte ENEL

Possibili applicazioni del Green Hydrogen nei trasporti e nell’industria pesante

Da anni le aziende si impegnano nella diminuzione delle emissioni dannose per l’ambiente in settori cd pesanti ovvero che hanno bisogno di grandi quantità di energia per funzionare. Parliamo delle navi, degli aerei, dei treni e dell’industria pesante – ad esempio le fonderie.

I trasporti – con circa il 21% – rappresentano circa un quinto delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2). Mentre il settore industriale, come rilevato dal World Economic Forum, rappresenta il 30% delle emissioni e circa il 37% del consumo energetico globale. Vi è, quindi, una partecipazione del 51% alle emissioni globali che non possiamo continuare a ignorare.

Questi settori oggi sono quasi totalmente dipendenti dai fossili eccetto i treni, che in molti paesi europei, impiegano energia elettrica. Peccato, però, ad oggi solo il 37% dell’energia elettrica attualmente prodotta in Italia provenga da fonti rinnovabili.

Altro grave impatto è generato dalla qualità dei combustibili fossili utilizzati sulle grandi navi. Basti pensare che dopo i primi rilievi, visto l’eccessivo inquinamento prodotto, i governi siano dovuti intervenire per imporre l’utilizzo di combustibili fossili a minor impatto all’avvicinarsi della costa.

Perché non sfruttare l’energia elettrica anche sulle navi? I trasporti pesanti non possono utilizzare le batterie per via dell’eccessivo peso delle stesse rispetto alla quantità di energia necessaria e per i tempi di ricarica. Se immaginiamo una nave che trasporta container con un terzo dello spazio non disponibile e con i tempi di attesa non conformi alle dinamiche competitive del mercato, ci rendiamo subito conto che gli svantaggi superano i benefici.

Come può l’idrogeno verde migliorare il sistema di trasporti? Attualmente, per quanto riguarda le auto, le infrastrutture esistenti e la leggerezza delle batterie rendono l’elettrico la soluzione migliore. Se invece parliamo di navi, treni e camion le batterie per la produzione di energia elettrica su lunghe percorrenze sarebbero troppo pesanti. In questo caso, l’idrogeno verde diventerebbe l’alleato migliore per ridurre o azzerare le emissioni.

Stesso discorso vale per l’industria pesante dove i consumi energetici sono molto elevati. In questi casi, si impiega il gas naturale o l’energia elettrica che, solo in minima parte, è a emissioni zero. Tuttavia, la riduzione di CO2 nelle fabbriche è una sfida importante che richiede l’impiego di nuove tecnologie e la riprogettazione dei flussi e dei processi se si vuole provare ad impiegare l’idrogeno verde.

A tal proposito la Commissione Europea ha avviato il progetto H2Future che tende ad agevolare la decarbonizzazione proprio attraverso il Green Hydrogen. Anche se è ancora nella fase di ricerca, la direzione di questo progetto sembra essere quella giusta a mio parere.

L’idrogeno come parte attiva della transizione verso le rinnovabili

Uno dei problemi della transizione verso le rinnovabili è legato ai limiti geofisici in cui è possibile costruire un impianto di produzione. Non si possono installare pale eoliche dove non c’è vento né un impianto fotovoltaico dove non c’è molto sole. Per questo non possiamo sostituire rapidamente gli impianti a carbone presenti sul territorio con fonti di energia rinnovabili. Tali processi di trasformazione energetica hanno bisogno di studi di fattibilità approfonditi e complessi.

Quando si costruisce un impianto di produzione di energia elettrica con le rinnovabili, oltre alle problematiche legate al luogo di installazione bisogna ragionare anche sulle strutture necessarie al trasporto dell’energia dal luogo di produzione a quello di consumo. Si dovranno calcolare le distanze, le modalità di trasporto con le eventuali perdite e le infrastrutture necessarie.

Quando alle problematiche tecniche si aggiungono anche quelle legate al consenso dei cittadini, la costruzione degli impianti per le fonti rinnovabili diventa sempre più complessa. In effetti, la classe politica è sensibile all’opinione pubblica e questo potrebbe comportare un rallentamento del percorso burocratico necessario per la costruzione degli impianti. Il rischio, in questi casi, è arrivare a soluzioni ibride che non genereranno gli stessi benefici a parità di costi.

Tra le soluzioni ipotizzate, ci potrebbe essere quella di affiancare alla trasmissione dell’energia elettrica quella dell’idrogeno verde prodotto nei pressi degli impianti di energia rinnovabile. Il suo trasporto avverrebbe con camion alimentati ad idrogeno o attraverso tubazioni interrate. Una proposta simile è quella presentata da SNAM – società controllata dallo Stato Italiano attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. L’intento è quello di utilizzare le infrastrutture esistenti per il trasporto del metano convertendole all’idrogeno.

L’idrogeno come strada per l’indipendenza energetica

Un altro vantaggio, non da poco, è che il Green Hydrogen potrebbe essere la chiave per la nostra indipendenza energetica come nazione. Non voglio entrare in valutazioni legate al contesto attuale – mentre scrivo è in corso la guerra in Ucraina – ma credo che ragionare sulle possibili strade da percorrere per raggiungere tale indipendenza sia oggi indispensabile.

Quando abbiamo scelto di rinunciare al nucleare abbiamo compiuto un altro passo indietro rispetto all’indipendenza energetica. Infatti, sebbene le motivazioni di questa scelta potrebbero essere ancora oggi valide, gli impianti installati nei paesi confinanti hanno vaneggiato la questione legata ai rischi. Pertanto, abbiamo rinunciato ai benefici senza tutelarci dalle conseguenze. Forse non è stata una scelta del tutto vincente.

Spero che si impari dagli errori del passato e che quando usciremo del tutto dalla pandemia e dai conflitti bellici in corso si valutino seriamente le necessità strategiche del nostro paese progettando soluzioni che offrano vantaggi sul lungo termine. Credo che inserire il Green Hydrogen nel mix di fonti e vettori green, sarebbe una leva importante per accelerare il nostro percorso verso la transizione ecologica.

Automotive: l’idrogeno ha perso la battaglia ma non la guerra

Ad oggi l’idrogeno ha perso una prima battaglia nel campo dell’alimentazione per le auto. La motivazione è legata agli aspetti tecnici accennati prima ma, in realtà, si è pensato poco alle conseguenze future. L’incremento dei veicoli elettrici ha sollevato il problema dello smaltimento delle batterie.

Seppur i materiali utilizzati nelle batterie sono in buona parte riciclabili, attualmente, a livello globale, è molto difficile ottenere dati dettagliati sulla percentuale di batterie agli ioni di litio che sono effettivamente riciclate, ma si stima un valore intorno al 5%.

I produttori si stanno muovendo in questo senso cercando soluzioni per riciclare i materiali come il rame o l’alluminio. Potrebbe essere utile definire un quadro di regolamentazione specifica per arginare e prevenire il potenziale inquinamento futuro.

La speranza è che gli interessi economici in ballo non offuschino le possibili soluzioni orientate alla riduzione dell’impatto ambientale.

Le critiche all’idrogeno

Devo dire che, come sempre, esiste un fronte critico nei confronti dell’idrogeno che rispetto e che tenterò brevemente di rappresentare per dovere di inclusione e trasparenza.

Capita che, quando si parla di idrogeno, non si faccia distinzione tra le varie tipologie esistenti e i relativi impatti ambientali. Niente di più sbagliato, in quanto si rischia di definire l’idrogeno come un vettore che inquina quando, come abbiamo visto, se prodotto da energie rinnovabili non genera CO2 (Green Hydrogen).

Ho letto anche le critiche relative ai costi di produzione. Certo, è indubbio che nella fase iniziale i costi sono più alti dei benefici ma tale discorso vale per tutte le transizioni energetiche. I vantaggi si possono prevedere ora ma si vedranno in futuro. Per questo il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha messo a disposizione 3,6 miliardi per la filiera dell’idrogeno. Infatti, dalle prime stime, si prevede che tale transizione creerà mezzo milione di posti di lavoro e realizzerà un fatturato di circa 40 miliardi di euro entro il 2050.

Punti dolenti sono anche la sicurezza dello stoccaggio e del trasporto dell’idrogeno. Indubbiamente sono argomenti che destano attenzione ma, come avviene per altri materiali infiammabili che oggi gestiamo, serve solo un’attenta analisi. La valutazione dei rischi dovrebbe servire a progettare strutture e percorsi sicuri non diventare un ostacolo al progresso.

Infine, è interessante anche il punto di vista delle organizzazioni ambientaliste che confrontano il processo di produzione del Green Hydrogen attraverso l’elettrolisi con l’elettrificazione diretta a batterie. Concordo nel sostenere che con le attuali tecnologie il processo di elettrificazione diretta a batterie è più efficiente ma bisogna anche vedere il rovescio della medaglia: ovvero lo smaltimento delle batterie al litio.

Bisogna stare attenti a scindere la visione a breve termine da quella a lungo termine in quanto si rischia di vincere le piccole battaglie ma non la guerra. Meglio puntare sulla ricerca del giusto mix di alternative al fossile senza fossilizzarsi (il gioco di parole è voluto) su di un pensiero unico che, come abbiamo imparato dalle precedenti esperienze, non è sempre il migliore.

Conclusione

Se avessi la certezza che le batterie al litio usate per alimentare le auto elettriche verranno smaltite o riciclate correttamente, senza danneggiare i paesi in via di sviluppo, direi che è stata fatta una scelta giusta per il settore automobilistico.

Sarei, inoltre, d’accordo nell’adottare il Green Hydrogen per le navi, gli aerei e l’industria pesante finanziando, al tempo stesso, la ricerca per migliorare l’efficienza dei processi di produzione. Può darsi che, come abbiamo dimostrato negli anni, il nostro ingegno riesca a migliorare l’efficienza dei processi facendo diventare l’idrogeno verde una valida alternativa all’elettrificazione a batterie.

Ma siccome non viviamo in un mondo perfetto e dato che gli interessi economici sono alti, corriamo il rischio di privilegiare soluzioni che non abbiano come obiettivo primario la sostenibilità ambientale. Per questo sentiremo ancora parlare a lungo dei vantaggi delle auto elettriche.

Proporrei, invece, di pensare al Green Hydrogen come a una modalità di trasferimento dei vantaggi delle rinnovabili verso settori in stallo. Questo alimenterebbe la ricerca e ci consentirebbe di trovare soluzioni alternative che, senza il nostro impegno, faticherebbero ad arrivare.

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