sostenibilità ambientale

L’alternativa al fotovoltaico che parla(va) italiano: i sistemi a concentrazione solare CSP

Agli inizi degli anni Ottanta, l’impianto Eurelios in Sicilia fu precursore dei sistemi a concentrazione solare, la cui idea, abbandonata in Italia, venne ripresa in seguito negli Usa e in diverse parti del mondo. Di cosa si tratta, i pro e i contro, il loro ruolo nella doppia transizione digitale ed energetica

Pubblicato il 25 Lug 2022

Achille Pierre Paliotta

Ricercatore INAPP

TORRE

L’elettricità generata dai sistemi a concentrazione solare (concentrated solar-thermal power, CSP), detta anche centrale solare termoelettrica, è una fonte di energia solare che utilizza collettori complessi per raccogliere le radiazioni solari al fine di produrre temperature sufficientemente alte da azionare turbine a vapore.

È un modo alternativo di produrre energia solare rispetto ai pannelli fotovoltaici ed è una tecnologia che ha avuto un’ideazione e sperimentazione pratica, per la prima volta, in Italia.

Transizione energetica, la via per le rinnovabili passa dall’innovazione

Bisogna risalire, difatti, agli inizi degli anni Ottanta quando questi impianti solari termodinamici, un altro nome mediante cui sono conosciuti, furono messi in esercizio ad Adrano (CT), il 14 aprile 1981, in Sicilia, mediante la costruzione di un impianto che rappresentava all’epoca la più grande centrale solare termica al mondo.

L’impianto chiamato Eurelios venne finanziato, a livello comunitario, nell’ambito del programma di R&S della Commissione delle Comunità Europee, ed era basato sulle intuizioni del matematico e inventore italiano Giovanni Francia (1911-1980). Quest’ultimo, a partire dagli anni Cinquanta, aveva iniziato a progettare, e successivamente realizzava, il primo impianto solare a concentrazione, entrato in funzione a Sant’Ilario (GE) nel 1968.

Venticinque anni dopo, una volta terminate le sperimentazioni nel 1985, all’incirca tra la fine del 2010 e il marzo 2011, la centrale di Adrano fu interamente sostituita da un impianto fotovoltaico. Ironia della sorte volle che, mentre Eurelios veniva smantellata in Italia, nel frattempo, nell’ottobre 2010, negli Stati Uniti veniva iniziata la realizzazione dell’Ivanpah Solar Electric Generating Station (ISEGS), il cui prototipo di caldaia solare era stata sperimentata con successo, sin dal 2008, nel deserto del Negev in Israele, basandosi sugli stessi principi dell’Eurelios di Francia e realizzata con il contributo di progettisti italiani quali Giorgio Lorenzato e Giancarlo Scavizzi.

Come funziona l’impianto di Ivanpah (col contributo di Google)

Ivanpah si trova nel deserto del Mojave in California e iniziava la sua attività nel 2014. L’impianto ha una capacità lorda di 392 megawatt (MW), fa uso di 173.500 eliostati, ciascuno con due specchi, i quali concentrano l’energia solare su caldaie situate su tre torri solari alte 139,9 metri. Con questi antefatti, vedeva la luce la più grande centrale solare termica del mondo, realizzata con il supporto del Department of Energy (DoE) statunitense nonché di multinazionali del calibro di Google.

Per fornire un’idea dei costi iniziali dell’impianto, e della necessità di mettere insieme una partnership pubblico-privato, vale qui sottolineare l’entità dei finanziamenti pubblici e privati nonché gli incentivi governativi. Ebbene, Ivanpah è una struttura costata all’epoca 2,2 miliardi di dollari, sviluppata dall’allora startup greentech BrightSource Energy (ex Luz International, fondata da un altro pioniere delle tecnologie di concentrazione solare, Arnold J. Goldman (1943-2017)) e dall’impresa di costruzioni Bechtel. Il più grande investitore nel progetto è stato NRG Energy, una società di generazione di energia con sede a Princeton (NJ) la quale aveva contribuito con 300 milioni di dollari mentre Google con 168 milioni di dollari. Il governo degli Stati Uniti aveva fornito una garanzia di prestito di 1,6 miliardi di dollari nonché aveva messo a disposizione dell’impianto gli oltre 3.500 acri di terreno pubblico su cui esso è costruito.

I diversi tipi di impianti solari a concentrazione CSP e come funzionano

Valutare in maniera precipua gli aspetti di innovazione tecnologica, insieme a quelli politici ed economici, è di importanza cruciale ed è quello che si cercherà di fare qui di seguito.

Transizione ecologica e digitale: ecco perché devono viaggiare di pari passo

Dal punto di vista tecnologico, gli impianti solari a concentrazione CSP si dividono in quattro tipi:

  • a collettori parabolici lineari i quali concentrano la luce diretta del sole su un tubo ricevitore in cui scorre il fluido termovettore, posizionato lungo la linea focale del riflettore;
  • a collettori lineari a riflettore Fresnel, vale a dire specchi piani inclinati opportunamente per concentrare la radiazione solare su tubi ricevitori in cui scorre il fluido termovettore;
  • a torre fissa (come Ivanpah) la quale riceve la luce diretta del sole, da parte di un sistema di specchi riflettenti indipendenti che inseguono il sole, verso il vertice della torre dove scorre il fluido termovettore;
  • a riflettore parabolico circolare, chiamato anche sistema Stirling o dish engine costituito da un riflettore parabolico autonomo che concentra la luce su un ricevitore posizionato nel punto focale del riflettore, dove si trova il fluido termovettore.

Il fluido termovettore è composto da diversi materiali (olio diatermico nelle centrali di prima generazione, sali fusi composti dal 60% di nitrato di sodio e 40% di nitrato di potassio nelle centrali di seconda generazione). Grazie ai sali fusi, durante la generazione di energia elettrica, nel corso del giorno, è possibile raccogliere e immagazzinare ulteriore calore solare il quale può poi essere utilizzato durante la notte per la generazione di energia, oppure utilizzato per altri usi. Il fluido all’interno dei ricevitori si riscalda a temperature estremamente elevate (circa 600 °C), grazie alla concentrazione dei raggi solari e viene successivamente pompato in uno scambiatore di calore che trasferisce il calore del fluido all’acqua, creando vapore. Il calore solare captato viene trattato mediante un ciclo termodinamico di potenza convenzionale, come Rankine (motore a vapore), Brayton-Joule (motore a turbina a gas) o Stirling (motore Stirling). Il vapore, pertanto, fa girare una turbina in un generatore che crea elettricità venendo poi raffreddato e condensato, in modo da poter riutilizzare l’acqua in una fase successiva.

In definitiva, dunque, invece di convertire la luce solare direttamente in elettricità, come fanno i pannelli fotovoltaici, gli impianti CSP a torre e a disco circolare utilizzano specchi che seguono costantemente il sole nel suo moto (sono detti per questo eliostati), massimizzando così la resa di captazione solare durante l’intero arco della giornata.

I vantaggi potenziali degli impianti solari termodinamici

Gli impianti CSP, installati a tutt’oggi in diverse parti del mondo, rappresentano un contributo minimale alla fornitura di energia globale con stime di circa sei gigawatt (GW), di cui poco più di due negli Stati Uniti. In comparazione, il fotovoltaico ha recentemente superato un terawatt, o 1.000 GW, nella generazione di energia solare. Sulla base di questi numeri il confronto sembrerebbe del tutto impari anche perché l’utilizzo della fonte solare, come generatore di energia elettrica, dovrebbe essere, in prospettiva, dominato da una sola tecnologia, quella in grado di offrire il servizio elettrico migliore e più economico. E in questo momento storico non sembra esservi nessun dubbio su chi possa essere il vincitore, tra queste due tecnologie, anzi una di esse non sembrerebbe neppure rappresentare una reale alternativa dell’altra.

Secondo i sostenitori degli impianti solari termodinamici, tuttavia, a questi ultimi dovrebbero essere riconosciuti importanti vantaggi potenziali:

  • le grandi dimensioni, fino ad alcune centinaia di MW, ritenute invece non praticabili per il fotovoltaico per il quale i 20 MW rappresenterebbero il limite massimo per non incorrere in diseconomie di scala;
  • il migliore utilizzo della luce solare nelle aree desertiche assolate, in luoghi laddove il fotovoltaico perde in efficienza a seguito dell’eccessivo riscaldamento;
  • l’utilizzo più efficiente in molteplici processi industriali i quali richiedono la generazione di calore intenso come, a solo titolo esemplificativo, la siderurgia, la produzione di calcestruzzo, di kerosene carbon-neutral e la produzione chimica: si stima che tutti essi incidano tra il 20% o il 25% del consumo totale di energia;
  • un minor numero di ettari di terreno rispetto a un impianto fotovoltaico per produrre la stessa quantità di energia;
  • la capacità di immagazzinare l’energia solare termica grazie ai sali fusi e la possibilità, quindi, di funzionare anche in assenza di sole a vantaggio della stabilità della rete, un’eventualità di difficile realizzazione per il fotovoltaico sostanzialmente dovuto ai costi elevati dell’accumulo di energia elettrica. A questo riguardo, il vantaggio degli impianti CSP è che essi possono immagazzinare una quantità di calore sufficiente a produrre da 6 a 12 ore di energia rispetto alle 3 o 4 ore delle batterie al litio (e qui vi è un ulteriore problema legato alla disponibilità futura del litio e cobalto insieme ad altri metalli e terre rare) le quali immagazzinano l’energia generata dal fotovoltaico.

Gli svantaggi

Questi vantaggi potenziali del solare termodinamico, tuttavia, potrebbero stemperarsi, fino ad annullarsi, se il costo dell’accumulo di energia elettrica del fotovoltaico dovesse scendere, come pur lasciano intravedere alcune innovative batterie immesse sul mercato di recente.

Tra i principali svantaggi degli impianti CSP si possono qui annoverare:

  • l’utilizzo di molta acqua, che può divenire un problema reale perché gli impianti sono situati in luoghi ideali all’insolazione quali i deserti o in altre aree con evidente scarsità d’acqua per massimizzare l’esposizione alla luce solare (con inevitabile sottrazione di acqua alle popolazioni locali);
  • la moria di uccelli e di altre specie animali dovute al flusso di calore come messo in evidenza dagli ambientalisti statunitensi nel caso di Ivanpah.

Gli scenari all’orizzonte

Tutto ciò premesso, oggigiorno, la situazione è profondamente mutata e può dare adito a un nuovo interesse riguardo agli impianti CSP soprattutto perché le due tecnologie potrebbero non essere veramente alternative le une delle altre, da considerarsi piuttosto complementari. Vi sono situazioni specifiche che consentono il migliore utilizzo dell’una piuttosto che dell’altra, oltre alla considerazione che se si vuole davvero compiere una piena transizione energetica c’è bisogno dell’apporto di ognuna delle fonti rinnovabili attualmente disponibili. A solo titolo esemplificativo, se si vuole portare avanti il processo di decarbonizzazione dell’industria pesante gli impianti CSP sembrano essere quelli più adatti mentre per l’utilizzo finale dei consumatori privati, con piccoli impianti da collocare sui tetti delle singole abitazioni, il fotovoltaico non appare davvero avere ragionevoli concorrenti.

L’ulteriore sviluppo tecnologico, che ci si può attendere nei prossimi anni, definirà ancor meglio tutte queste possibili direzioni, complementari le une alle altre, e qui se ne possono indicare alcune, che allo stato attuale sembrano essere tra le più promettenti, quale la produzione di eliostati più economici ed efficienti poiché attualmente gli specchi devono essere installati nella migliore posizione possibile, l’utilizzo di materiali che consentono un ancor più efficiente accumulo di quanto facciano a tutt’oggi i sali fusi, l’adozione pervasiva di tecniche di intelligenza artificiale al fine di utilizzare la visione computerizzata per seguire il sole e massimizzare la concentrazione di luce solare negli impianti a torre e a disco circolare.

In tutti questi casi, si cerca di eliminare una parte della complessità tecnologica attuale nella costruzione di un impianto CSP, riducendo così i costi di costruzione e ottenere un’efficienza sempre maggiore. A conferma di ciò, nel caso della stessa Ivanpah, quando fu costruita, vale qui evidenziare che le tre torri non costituivano certo l’aspetto innovativo di tale progetto in quanto esse erano in uso da diversi decenni, connotate fino ad allora, tuttavia, da efficienza modesta e da costi elevati sia nella fase iniziale che in quella della loro gestione. E ciò spiega, forse, anche il relativo insuccesso della sperimentazione di Eurelios ad Adrano. Il vero aspetto innovativo di Ivanpah fu l’utilizzo, invece, di software ad hoc i quali consentivano di mantenere le torri a una frazione dei costi rispetto alle torri precedenti svolgendo un ruolo cruciale nel coordinamento della posizione, continuamente aggiornata, di ciascun eliostato, rispetto alla propria torre di riferimento.

Gli impianti CSP e la doppia transizione ecologica e digitale

In definitiva, per rendere attuabile la complessa challenge della doppia transizione ecologica e digitale, perlopiù in una situazione connotata dal conflitto in corso, è indubbio che la ricerca scientifica attuale debba poter contare su un nuovo e costante flusso di investimenti, anche mediante il finanziamento della ricerca di base ed applicata. In questo senso, anche la variabile geopolitica giocherà un ruolo di primo piano in quanto la tecnologia del fotovoltaico è attualmente appannaggio di imprese extra-UE e i processi politici attuali vanno in direzione di un affrancamento dal petrolio e gas russo ma non per approdare a una nuova, e ancor più incerta situazione, di messa in pericolo della stessa sovranità e sicurezza energetica nazionale e comunitaria, nell’affidarsi alla tecnologia cinese del fotovoltaico. Ebbene, da questo punto di vista, gli impianti CSP potrebbero mantenere la produzione di energia all’interno degli Stati membri dell’Unione europea.

Ciò richiederà ingenti finanziamenti e un lasso di tempo sufficiente per raggiungere l’obiettivo della transizione ecologica. Bisognerà sfruttare bene questo periodo, connotato da ingenti finanziamenti e da profonde trasformazioni tecnologiche, che potrebbero sembrare simili a quelle, intorno al Duemila, che videro la nascita di Internet. Allo stesso modo, nei prossimi anni, vi potrebbero essere: una fortissima competizione sulle differenti opzioni tecnologiche; un prevedibile sviluppo di tale settore, paragonabile a quello delle dot-com dell’epoca; notevoli speculazioni finanziarie insieme a improvvisi fallimenti di imprese greentech. Anche dal punto di vista del mercato del lavoro, è ragionevole attendersi una significativa creazione di posti di lavoro e un progressivo impatto favorevole sulla bilancia commerciale dei pagamenti a fronte di situazioni, senz’altro difficoltose, nei primi anni di avviamento della doppia transizione, ecologica e digitale.

Conclusioni

In conclusione, da questa breve disamina dei sistemi a concentrazione solare non si può non evidenziare che, come in tantissimi altri casi, sarà l’innovazione tecnologica a guidare le scelte energetiche per il prossimo futuro insieme ai costi economici e, da quello che sembra a tutt’oggi del tutto evidente, anche dalle incipienti motivazioni geopolitiche, le quali non potranno che aumentare negli anni a venire.

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