Il 27 aprile 2023, la Nippon Foundation, la più grande fondazione filantropica del Giappone, e la Nekton Foundation of Britain, un importante istituto britannico di ricerca marina, hanno annunciato il lancio di The Nippon Foundation-Nekton Ocean Census, un progetto internazionale per esplorare la vita marina ancora sconosciuta, prima che l’attività antropica e i suoi effetti, come la pesca eccessiva e il riscaldamento globale, causino l’estinzione di intere popolazioni.
Altri partner di questa iniziativa includono scienziati, imprese, media e membri della società civile. Il programma, infatti, si avvale anche dell’aiuto di imbarcazioni private. Si tratta di un’enorme opportunità per la riuscita del campionamento delle specie poiché è logisticamente più difficile raggiungere alcuni siti con le navi da ricerca.
Gli studi sulla biodiversità marina
Precedentemente al programma Ocean Census, sono stati condotti altri studi per indagare la biodiversità marina, come la storica spedizione Challenger, tra il 1872 e il 1876, che catalogò oltre 4.000 specie precedentemente sconosciute e gettò le basi della moderna oceanografia; nonché il più recente Census of Marine Life, un progetto portato avanti tra il 2000 e il 2010. Con le sue 540 spedizioni, ha trovato e descritto formalmente circa 1.200 nuove specie.
La vita nell’oceano si è evoluta per quattro miliardi di anni, tre volte più a lungo che sulla terraferma. In mare sono presenti ben 32 phyla animali, rispetto ai 17 che vivono sulla terra e nell’acqua dolce. Gli oceani però si stanno velocemente acidificando, a causa della crescente concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Quindi il patrimonio di biodiversità animale e la possibilità di venire a conoscenza dei suoi passaggi evolutivi, sono minacciati dalle attività umane che hanno completamente alterato i sistemi naturali, e che provocheranno presumibilmente la sesta estinzione di massa su questo pianeta.
Dal XIX secolo il tasso medio di scoperta di nuove specie non è accelerato, nonostante l’avanzamento della tecnologia. Al giorno d’oggi vengono identificate mediamente duemila nuove specie marine ogni anno, ma scoprirle e studiarle continua ad essere un processo lento. Ocean Census mira a scoprire più di quattromila nuove specie durante il primo anno e almeno centomila ogni anno a venire.
Con meno del 10% di specie marine ad oggi identificate e almeno più di 2 milioni di specie ancora da scoprire, Ocean Census è il più grande progetto della storia con lo scopo di indagare la biodiversità oceanica. Servendosi di tecnologie sottomarine avanzate, sommozzatori e robot da immersione (ROV), esplora hot spots di biodiversità in tutte le regioni dell’oceano, e i campioni raccolti vengono analizzati in vari centri di ricerca. Infatti, oltre all’Ocean Census Biodiversity Centre presso il Museo di Storia Naturale dell’Università di Oxford, dove il progetto ha sede, Ocean Census prevede di istituire centri di biodiversità in tutto il mondo, dove i campioni raccolti possano essere convertiti in immagini ad alta risoluzione e possa esserne studiato il sequenziamento del DNA.
Le spedizioni di Ocean Census fino ad oggi
Quella nel Mare di Barents è stata la prima spedizione a cui ha partecipato Ocean Census, guidata dall’Università di Tromsø, l’Università Artica della Norvegia, in collaborazione con REV Ocean, tra il 29 aprile e il 10 maggio di quest’anno. Il Mare di Barents è una delle aree oceaniche più produttive al mondo e ospita importanti zone di pesca. La spedizione è si è concentrata sul fondale, fra le sorgenti idrotermali fredde ricche di metano, a profondità comprese tra 100 e 500 metri. Il Mare di Barents è stato scelto come luogo della spedizione proprio per la sua abbondanza di sorgenti fredde, che formano ecosistemi chemiosintetici unici nel pianeta. La spedizione è stata effettuata con la rompighiaccio norvegese RV Kronprins Haakon. Il veicolo principalmente utilizzato per raccogliere campioni dal fondale marino è stato il ROV Aurora di REV Ocean, che può scendere fino ad una profondità di 6.000 metri, controllato a distanza da due piloti. Il ROV dispone di una gamma di strumenti di campionamento e sette telecamere ad alta definizione che consentono di vedere in tempo reale tramite il feed della telecamera.
Inoltre, è dotato di un braccio meccanico utilizzato per raccogliere gli organismi dal fondale. Sono anche stati fatti dei carotaggi nel sedimento per studiare quali organismi vivono al suo interno. I campioni sono stati poi inviati a esperti tassonomi e al Museo di Storia Naturale dell’Università di Oxford (OUMNH) per l’identificazione e la descrizione. Per far questo verrà condotta l’analisi della variabilità di un marcatore molecolare o il sequenziamento dell’intero genoma. Oltre al campionamento biologico, si è proceduto con la mappatura del fondale marino (1.400 km2 di dati multibeam raccolti in totale), con il campionamento delle rocce carbonatiche, con la raccolta di campioni di gas delle sorgenti idrotermali e con l’impiego di un macchinario di superficie per la raccolta di campioni di acqua.
Ad agosto invece si è tenuta un’altra spedizione nei pressi dell’atollo Johnston nel Pacifico, facente parte del precedentemente noto Pacific Remote Islands National Wildlife Refuge Complex o United States Pacific Island Wildlife Refuges, area che è stata poi proclamata Monumento Nazionale nel 2009 con il nome di Pacific Remote Islands Marine National Monument (PRIMNM). L’atollo è classificato come territorio non incorporato degli Stati Uniti, cioè non è attribuito ad alcuna amministrazione comunale, ma è amministrato direttamente dal governo attraverso un Ente dedicato. Con partenza da Honolulu, la spedizione è della durata 27 giorni ed è stata guidata dall’Ocean Exploration Trust (OET), a bordo della loro E/V Nautilus. Le operazioni hanno previsto l’utilizzo di un sistema ROV a doppio corpo, composto dal ROV principale Hercules e dalla slitta da traino Atalanta, e si sono concentrate sull’esplorazione del fondale marino fino alla profondità massima di 4.000 metri. Il mare che circonda l’atollo di Johnston ospita alcuni degli ecosistemi marini più incontaminati della Terra. Sebbene le recenti spedizioni abbiano aumentato la nostra conoscenza di questa remota regione, vaste aree rimangono ancora completamente inesplorate. Nel corso della spedizione sono stati mappati un totale di 32.259 km2 di fondale marino, di cui 19.488 km2 nella zona economica esclusiva degli Stati Uniti e 17.318 km2 all’interno del PRIMNM.
Al termine del 2023, E/V Nautilus avrà trascorso otto mesi esplorando il Pacifico centrale e orientale, mappando i fondali marini inesplorati e caratterizzando gli habitat delle profondità attraverso un’osservazione tramite ROV molto dettagliata. L’integrazione di diverse tecnologie, compresi i veicoli sottomarini autonomi, nelle operazioni sull’E/V Nautilus, aumenta l’efficienza e la sofisticazione dell’esplorazione oceanica multi-veicolo. Le spedizioni E/V Nautilus del 2023 sono supportate dalla NOAA Ocean Exploration.
Collaborazioni e finalità del progetto
Ocean Census ha in programma la creazione di un cloud tassonomico per la registrazione delle specie con l’intento poi di rendere disponibili a chiunque le informazioni derivate dalle analisi condotte nei laboratori; perciò, i dati ottenuti saranno ad accesso libero. Questo cloud accelererà il processo di registrazione delle specie scoperte, riducendolo da almeno uno o due anni a qualche mese. A tale scopo Ocean Census si avvarrà della partnership con il World Register of Marine Species (WoRMS), cioè il registro mondiale delle specie marine, gestito dal Flanders Marine Institute (VLIZ). Co-progettato da decine di esperti internazionali, il nuovo approccio cyber-tassonomico, unendo i metodi tradizionali con tecnologie all’avanguardia, crea “gemelli digitali” di ciascuna specie campionata e fornisce il potenziale rivoluzionario alla base dell’Ocean Census.
Il progetto Seabed 2030
La Nippon Foundation porta avanti anche il progetto Seabed 2030, un’ulteriore collaborazione, questa volta con la General Bathymetric Chart of the Oceans (GEBCO), che aspira alla mappatura completa del fondale degli oceani del mondo entro il 2030, tramite le tecnologie studiate dalla società Planblue e, anche in questo caso, con l’intenzione di rendere disponibili gratuitamente tutti i dati raccolti. La GEBCO opera sotto l’egida dell’Organizzazione Idrografica Internazionale (IHO) e della Commissione Oceanografica Intergovernativa (IOC); riconosciuta dalle Nazioni Unite, è l’unica organizzazione con il mandato di mappare l’intero fondale oceanico. Planblue invece è una società privata che opera con l’imaging iperspettrale subacqueo e l’elaborazione dei dati tramite intelligenza artificiale. Avvalendosi di questa tecnologia, il fondale marino può essere monitorato in modo più rapido, efficiente e dettagliato. Planblue è specializzata in immagini aeree e satellitari per l’identificazione e la difesa dei depositi Blue Carbon e delle zone ad alta biodiversità in tutto il mondo.
I depositi Blue Carbon sono ecosistemi oceanici, presenti anche nelle aree costiere, che contengono nei sedimenti riserve di carbonio organico ben superiori a quelle stoccate dagli ecosistemi forestali terrestri. Sono ad esempio le foreste di mangrovie, le paludi salmastre o le praterie sottomarine, come l’habitat di Posidonia che è stato inserito nella Rete Natura 2000: una rete ecologica europea creata per garantire il mantenimento a lungo termine degli ecosistemi naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari. Gli ecosistemi Blue Carbon ricoprono circa il 2% dei fondali oceanici, ma trattengono nei sedimenti marini quasi il 50% del carbonio terrestre. La loro capacità di immagazzinamento è 10 volte quella delle foreste temperate e 50 volte quella delle foreste tropicali.
Anche la Ocean Exploration Trust (OET) si unisce alla fitta rete di partner di Ocean Census con il suo Nautilus Exploration Program per accelerare la scoperta della vita oceanica, per promuoverne la conservazione e sviluppare nuove capacità di ricerca, creando un’eredità inclusiva nel campo delle scienze marine. Per più di 15 anni, OET ha infatti condotto spedizioni in tutto il mondo, generando una ricca base di dati accessibili al pubblico per consentire attività di ricerca e gestione necessarie per prendersi cura al meglio dell’oceano. Mettendo a disposizione la nave da ricerca da 68 metri E/V Nautilus e avvalendosi di tutti i dati e i campioni raccolti durante le precedenti spedizioni, la partnership con Ocean Census fornirà una metodologia più snella per la catalogazione di nuove specie. Le due organizzazioni hanno anche la missione condivisa di sensibilizzare sul tema della conservazione della biodiversità marina. Il pubblico di tutto il mondo può infatti unirsi alle spedizioni in live streaming 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sulla pagina internet Nautilus Live.
Conclusioni
Tutte le spedizioni del progetto Ocean Census sono rese possibili grazie alle imbarcazioni messe a disposizione da privati, organizzazioni governative, altri enti scientifici e attività commerciali. Si tratta in effetti di una vera e propria collaborazione a livello globale tra chi finanzia e chi conduce l’attività di ricerca. Man mano che il programma si sviluppa, Ocean Census cercherà di sostenere partenariati per sviluppare una gamma di tecnologie per l’imaging e il sequenziamento delle specie in situ, e più in generale per l’innovazione tecnologica nella ricerca. Però nessuno è escluso: chi non può partecipare attivamente al progetto, deve solo aspettare che vengano pubblicate, e raccolte nel cloud tassonomico, le notizie di tutte quelle incredibili specie che stanno per essere classificate.
Bibliografia
Ocean census, al via il più grande programma di scoperta della vita marina della storia | Euronews
The Nippon Foundation – Nekton Ocean Census | The Nippon Foundation (nippon-foundation.or.jp)
New partnership announced between Seabed 2030 and planblue — Seabed 2030
Blue carbon (seaforestlife.eu)
PowerPoint Presentation (nautiluslive.org)Global Ocean Census aims to find 100,000 marine species in 10 years (mongabay.com)