Survey IBAN

Business Angel, come va il mercato italiano (meglio del previsto)

L’annuale analisi del mercato dell’angel investing conferma il ruolo sempre più importante dei Business Angels per il settore delle startup e delle PMI innovative: nel 2019 gli angels italiani hanno partecipato a round di investimento per un totale di 284 milioni di euro. Meglio che in Francia

Pubblicato il 15 Lug 2020

Paolo Anselmo

Presidente Associazione IBAN

business angel

Gli investimenti diretti da parte dei circa 5mila Business Angels attivi sul territorio italiano secondo i dati del Ministero delle Finanze sui contribuenti che nel 2019 hanno usufruito delle detrazioni fiscali per gli investimenti in startup e pmi innovative, come singoli o in syndication con altri angels, anche tramite BAN (Business Angels Network) o Club d’investitori, sono più che raddoppiati negli ultimi due anni arrivando nel 2019 a un totale di 52,7 milioni di euro per 88 operazioni rispetto ai 19 milioni investiti nel 2017.

È il dato che emerge dalla Survey IBAN, l’Associazione italiana dei Business Angels, ormai da molti anni rappresenta il punto di riferimento per conoscere i dati relativi all’angel investing e scattare così un’istantanea di quello che è l’andamento del mercato. Un mercato che anche nel 2019 ha confermato la crescita che già si registrava da qualche anno.

Alle operazioni portate avanti esclusivamente da Business Angels si affiancano anche interventi in simbiosi con altri protagonisti dell’ecosistema dell’innovazione, come i fondi di Venture Capital oppure attraverso le piattaforme di crowdfunding. Nel primo caso si tratta nel complesso di 51 operazioni per un totale di 230 milioni di euro investiti, nel secondo caso invece i dati, ottenuti grazie al supporto dell’Osservatorio Crowd-Investing coordinato dal Prof. Giancarlo Giudici (Politecnico di Milano), raccontano di 1,3 milioni di euro complessivamente stanziati da angels italiani attraverso 27 operazioni. La somma di questi tre canali di investimento e co-investimento conferma il ruolo chiave degli angels nella startup economy in Italia: nel complesso infatti i BA italiano hanno partecipato a round di investimento per un totale di 284 milioni di euro.

Un dinamismo che ancora non registra lo stesso fermento per quanto riguarda le operazioni di disinvestimento, le cosiddette exit: solo l’11% del campione della Survey infatti afferma di aver effettuato almeno un disinvestimento nel 2019, verificatosi oltretutto in media ben 9 anni dopo l’investimento iniziale. La strategia di uscita più adottata è la vendita ad altri investitori.

Il governo e l’attenzione verso l’innovazione

Numeri che nel 2020 con tutta probabilità risentiranno della crisi determinata dal Covid-19, ma che il governo giallorosso ha dimostrato di voler provare a tutelare grazie alle misure inserite nel recente Decreto Rilancio, proprio in questi giorni in discussione nei due rami del Parlamento per essere convertito in legge dello Stato. L’esecutivo ha voluto puntare anche sul settore dell’innovazione e delle startup per sostenere la ripartenza economica italiana, destinando all’intero comparto un miliardo di euro di risorse tra misure di sostegno e incentivi all’investimento. IBAN ha visto riconosciuta all’interno del Decreto la sua proposta di innalzamento della detrazione fiscale dal 30 al 50% sui capitali investiti dagli “investitori informali” fino a 100mila euro.

Gli angel italiani investono di più dei francesi

L’angel investing in Italia si sta comunque dimostrando sempre più dinamico ed è arrivato a superare quello francese in termini di investimenti: nell’ultimo anno infatti gli angels francesi hanno fatto investimenti diretti per circa 43 milioni contro i quasi 53 di quelli italiani, a fronte di un numero di investitori che in Francia è superiore, ossia 5500 circa contro i 5000 che ogni anno investono in startup e pmi innovative in Italia. Il nostro Paese presenta però ancora una divisione piuttosto netta per quanto riguarda le regioni che attirano la maggior parte dei capitali: il 72% degli investimenti infatti coinvolge le startup e le pmi delle regioni del Nord, 36% in Lombardia, 11% in Piemonte e Trentino Alto-Adige, seguite da Lazio e Puglia. Il 4% delle imprese finanziate, invece, è all’estero.

Cifre investite e settori più coinvolti

Il dinamismo degli angels emerge non solo dalla cifra totale di risorse immesse nel mercato, che negli ultimi due anni è più che raddoppiata, ma anche dalla dimensione delle operazioni. Il taglio medio degli investimenti fatti dagli angels italiani infatti è mediamente in crescita rispetto al 2018, con più del 50% delle operazioni che supera i 100mila euro e il 26% degli investimenti che vanno oltre il mezzo milione di euro. Nel 2019 gli angels italiani hanno investito mediamente 220mila euro in ogni società target, continuando a preferire le società in fase di startup (66%) rispetto a quelle in fase di seed (34%). La Survey IBAN conferma tuttavia l’inversione del trend già monitorata nel 2018 a favore degli investimenti seed, che nel 2018 rappresentavano il 29% degli investimenti degli angels e nel 2017 il 16%. Il settore che maggiormente ha beneficiato degli investimenti degli angels è quello dell’ICT (35% degli investimenti nel 2019), in particolare per lo sviluppo di piattaforme di e-commerce relative a beni e servizi. A questo settore segue quello del terziario avanzato, che ha raccolto il 12% degli investimenti degli angels, con un peso rilevante dei servizi finanziari, e dei beni di consumo (11% circa). La Survey conferma anche il perdurare dell’interesse degli investitori verso startup che effettuano attività di ricerca e sviluppo nel settore della sanità e delle apparecchiature medicali (8% nel 2019). Startup e PMI innovative continuano a essere i target verso cui maggiormente si concentrano le iniziative degli angels che sempre di più si attivano anche attraverso forme di collaborazione tra investitori.

Chi sono e come agiscono gli angels italiani

La Survey IBAN 2019 conferma un trend emerso anche nelle ultime rilevazioni, con gli investitori che tendono ad unirsi in cordate per aumentare l’apporto finanziario e ridurre allo stesso tempo il rischio. Una strategia in grado di portare benefici a tutte le componenti coinvolte, con le aziende che ricevono capitali e supporto per proseguire nel loro percorso di crescita e gli investitori che aumentando il capitale investito accrescendo anche le possibilità di un ritorno economico positivo al momento della exit, che come visto è un fenomeno raro e che se avviene arriva dopo diversi anni dall’investimento iniziale. La Survey di IBAN traccia anche un identikit dei Business Angels italiani: in media si tratta di uomini di età compresa tra i 40 e 50 anni con un livello di istruzione alto o molto alto, affiliati a IBAN, ad uno dei BAN territoriali, o ad un Club d’investitori, del Nord Italia. Il passato professionale dei Business Angels italiani è soprattutto in ruoli dirigenziali o imprenditoriali ed attualmente svolgono attività di libero professionista (39%), valore in deciso aumento rispetto al 2018, o imprenditoriale (28%). Il Business Angel medio ha a sua disposizione un patrimonio tra 1 e 2 milioni di euro, di cui meno del 10% dedicato ad operazioni di angel investing (valore in diminuzione dal 2018), per un portfolio di meno di quattro aziende.

Il 61% del campione dichiara di voler mantenere costante nei prossimi anni la propria quota di patrimonio dedicata all’investimento in Startup, un’indicazione opposta rispetto al 2018, dove l’83% del campione dichiarava di voler aumentare tale quota. Il potenziale di crescita del mercato (45%), il team (26%) e la strategia di uscita (11%) sono invece gli elementi che più degli altri vengono soppesati prima di prendere una decisione definitiva.

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