Nel 2026 si abbasserà la saracinesca del PNRR (si chiude questo Piano, forse tra eventuali rinvii, per recuperare ritardi, che poi non serviranno molto, ecc.) e si aprirà un tormentato periodo di rendicontazione del Piano, dei singoli progetti, dei risultati (concreti oppure no) ottenuti a fronte delle tante risorse economiche messe a disposizione in questi ultimi quattro anni. Con la messa in moto degli eventuali scarichi di responsabilità.
Ma sarà anche necessario aprire una fase di rendicontazione sul sistema normativo della Ue: come si è articolato il sistema, quale rapporto tra sistema delle regole e innovazione reale, cosa modificare (se necessario) di questo sistema regolatorio, quanto costa alla Ue e ai singoli Paesi una regolamentazione “burocratica” (regole costruite per normare tutti gli aspetti possibili e per assecondare le diverse esigenze normative dei singoli Paesi e/o dei singoli parlamentari europei).
Indice degli argomenti
Pnrr digitale e rendicontazione: obiettivi, metodo e mappa delle criticità
Intendiamo avviare una riflessione sistematica, permanente, complessiva e specifica su diversi aspetti. Intendiamo dare una mano ai “rendicontatori” europei e nazionali soprattutto per tracciare una mappa delle cose fatte bene oppure senza una visione e senza una strategia e forse senza risultati operativi ed utili. E senza una vera cultura della pianificazione, della programmazione, della progettazione.
In questa operazione di rendicontazione (considerazioni generali e/o analisi specifiche e professionali) sarebbe utile operare con un atteggiamento sereno, onesto e finalizzato a coinvolgere decisori pubblici, esperti, cittadini, la burocrazia con l’intento di fare analisi e valutazioni “dure” (ruvide) ma anche utili per il futuro.
Per questo intendiamo periodicamente fare il punto della situazione sulle politiche e sulle normative Ue in merito al digitale. A partire da una riflessione generale sul PNRR: come si sta concludendo; cosa abbiamo fatto e non in Italia; cosa rimarrà del PNRR.
Non faremo per il momento riflessioni di dettaglio su alcuni aspetti del Piano, ma faremo alcune macro analisi per evidenziare, in particolare, le criticità senza una ricerca dei “colpevoli”, di quei soggetti istituzionali, pubblici, amministrativi, imprese, esperti, ecc. che avrebbero potuto svolgere un ruolo incisivo, attento, positivo, costruttivo, propositivo, mirato a verificare e a modificare prontamente linee di sviluppo certamente non utili e funzionali per lo stesso Piano.
Pnrr digitale come base per strategia, dati e semplificazione normativa
Le considerazioni sul Pnrr digitale saranno senza dubbio utili per costruire una strategia degna di questo termine e finalizzata anche alla formazione di una più ampia cultura della progettazione, della programmazione, della pianificazione anche in termini di co-progettazione, partecipazione sistematica degli stakeholders e della cittadinanza attiva.
Ma anche per la formazione di una cultura della qualità dei dati (e della messa in comune dei dati anche in spazi di dati europei) come valore fondamentale per le attività del settore pubblico e delle imprese. Una strategia che permetta di superare la “dicotomia” tra dati e tecnologie digitali, per semplificare la normativa europea e nazionale sul digitale, la pubblica amministrazione, i rapporti tra questa e i cittadini e le imprese.
Quindi un’analisi del PNRR certamente senza “ambiguità” ma con una finalità positiva per costruire una nuova visione dell’utilizzo delle risorse (informative, economiche, tecnologiche, umane) per il cambiamento, l’innovazione, la programmazione, le regole, il controllo.
Dopo la chiusura: sostenibilità e “costi ricorrenti” del pnrr digitale
Nel 2026 (o dopo se ci saranno rinvii o altro; i rinvii non cambiano la situazione se questa non ha centrato gli obiettivi) si chiude il PNRR.
Come procediamo dopo? Il tema più immediato sarà se avremo le risorse utili per pagare l’uso di applicativi, i canoni per servizi di rete o di cloud o per altri servizi, tutti acquisiti tramite risorse PNRR (risorse straordinarie). E senza queste risorse: chi paga se non vogliamo fare decadere gli effetti del Piano?
E poi quanti progetti sono e/o saranno valutati “innovativi”, utili per le prossime generazioni, per il cambiamento dei sistemi decisionali pubblici, per la semplificazione amministrativa (quella nei fatti e fuori dalle aspirazioni senza costrutto), per lo sviluppo di ecosistemi digitali aziendali, ecc.?
Sicuramente, per il futuro dobbiamo procedere questa volta con progetti “veri”, con risorse “pesate”, con verifiche non solo finali sulla efficacia dei progetti stessi. Fuori da luoghi comuni, da approcci approssimativi, senza strategia, senza controlli e verifiche durante la realizzazione dei progetti.
Pnrr digitale e trasformazione della PA: dal formalismo ai dati interoperabili
Il PNRR doveva o avrebbe dovuto incidere profondamente sulla trasformazione digitale: il passaggio da un sistema di amministrazione burocratico/formalistico/giuridico ad un sistema di burocrazie integrate, interoperabili, che opera sulla base di dati di qualità e di dati che servono e che non devono essere ridondanti come le procedure ecc.
Alla chiusura del PNRR seguirà la fase di valutazione dei risultati (efficacia dei risultati). La valutazione considererà se le risorse messe a disposizione hanno supportato progetti di cambiamento (veri progetti di cambiamento).
Abbiamo rilevato in questi 4 anni alcuni “vincoli” molto forti per attivare processi di innovazione e cambiamento burocratico nella logica della trasformazione digitale:
- a) incapacità di progettazione da parte delle PA e da parte della dirigenza pubblica (le eccezioni sono sempre da considerare ma sono poche)
- b) le risorse sono state messe a disposizione nella logica italica di burocratizzare la spesa pubblica: cioè frammentare le risorse e distribuirle a pioggia
- c) i progetti finanziati nella maggior parte dei casi non sono stati finalizzati a supportare innovazione e cambiamenti per il futuro e un nuovo mondo europeo (quanti progetti di innovazione per le nuove generazioni sono stati varati dal PNRR?) parlo di progetti innovativi veri e non di interventi spiccioli e provvisori
- d) siamo in ritardo sulla realizzazione di servizi in rete in sostituzione di servizi analogici
Semplificazione, documenti e servizi: cosa doveva attivare il Pnrr digitale
Il PNRR in generale e quello relativo al digitale (la prima missione in particolare) doveva interessare più di 30.000 organizzazioni pubbliche e doveva essere finalizzato a (considerazioni, constatazioni ed interrogativi):
a) Semplificare la PA (applicazione della legge 241/1990 ed art. 15 del Codice dell’amministrazione digitale; necessità di semplificare l’azione amministrativa; semplificare prima di digitalizzare; cosa semplificare? Tutto). Di recente la notizia di un sito della Funzione pubblica dedicato alla semplificazione (Italia semplice): resterà solo un sito?
b) Andare verso un modello di amministrazioni nativamente digitali e che operano applicando il principio del valore legale dei documenti/dati digitali (art. 20, comma 1-bis del Codice dell’amministrazione digitale)
c) Quante amministrazioni hanno applicato le linee guida Agid per la formazione, la gestione, la conservazione dei documenti informatici? È in corso una rilevazione di Agid e forse conosceremo quantità/qualità dell’assetto sui sistemi documentali digitali.
Ad oggi possiamo rilevare la diffusione di sistemi misti analogici/digitali che hanno complicato ancora di più i processi di semplificazione e di gestione documentale e quindi l’azione amministrativa e che hanno caricato di oneri amministrativi il sistema documentale ed i cittadini.
d) Superare la frammentazione informatica della logica degli applicativi verticali (quante amministrazioni hanno formato sistemi realmente integrati, interoperabili, senza ridondanza di dati, processi, procedure, procedimenti ecc. (i principi del piano triennale dell’informatica Agid)
e) Adottare nuovi modelli organizzativi nelle burocrazie pubbliche (tutti modelli datati, costosi, burocraticamente contorti, totalmente fuori norma se si pensa che la legge 241/90 e l’art. 15 del CAD sono stati applicati per “consolidare” un sistema misto analogico/digitale più pesante e “formalistico” del sistema analogico)
f) Ridefinire nuovi modelli di servizi per i cittadini (art. 7 del Codice dell’amministrazione digitale): servizi semplificati ed in rete; con la rilevazione sistematica delle esigenze dei cittadini e della efficacia dei servizi
g) Quante amministrazioni hanno effettuato una “vera” semplificazione e razionalizzazione dei processi, delle procedure, del sistema dei dati, del sistema documentale (anche per obblighi del GDPR, della NIS/2, dell’anticorruzione, del controllo di gestione, di valutazione delle performance dei dirigenti e degli apicali, ecc.)
h) Quante amministrazioni hanno applicato l’art. 3 del Codice dell’amministrazione digitale per contribuire al superamento il divario digitale e supportare i cittadini nell’utilizzo di processi digitali per presentare istanze, richieste, pratiche in modalità nativamente digitale? (art. 65 del Codice)
i) Quante amministrazioni hanno adottato il piano triennale dell’informatica solo formalmente e non in modo concreto ed operativo nel rispetto dei principi dello stesso piano?
j) Quante amministrazioni hanno adottato un vero piano di sicurezza informatica a norma (GDPR e NIS/2)
k) Lasciamo da parte la legge italiana 132/2025 sulla IA: se il regolamento Ue mostrava prima della sua adozione una complessità che avrebbe portato alla burocratizzazione della stessa IA (abbondanza di regole, regolette, principi giuridici generali, problematiche etiche) e chi si è preoccupato della necessità di avere una strategia per la formazione di imprese di IA (art. 1 del regolamento Ue).
La legge italiana ha ripetuto questo quadro eccessivo di norme ed ha stabilito le autorità che devono occuparsi della IA, ma per fare cosa? Intanto si parla di rimettere mano al regolamento Ue per semplificarlo.
Oggi siamo in presenza di modifiche al regolamento sulla IA proprio per superare la complessità normativa che si sta dimostrando il vero ostacolo principale allo sviluppo di mercati ed imprese europee (oltre alla nostra dipendenza quasi totale da mercati ed imprese extra Ue).
l) Speriamo che il regolamento eIDAS2 sia applicato senza troppe fughe in avanti ma nel rispetto delle regole e standards europei.
Cosa fare nel Post-Pnrr digitale: semplificazione, processi e competenze
Cosa resterà del PNRR digitale? Il contesto si presenta veramente critico. Cosa fare per il futuro?
- Sicuramente ripartire dal principio della semplificazione amministrativa e dalla formazione di sistemi digitali nativi attraverso un riassetto del Codice dell’amministrazione digitale e delle regole tecniche che non possono essere prodotte solo come obbligo normativo, ma che devono essere utilizzate per supportare le tecnologie nella logica della integrazione dei dati, dei servizi, delle attività amministrative.
- Più riorganizzazione, più semplificazione, più razionalizzazione dei processi, più qualità dei dati e dei servizi.
- Più formazione e competenze (oltre le c.d. sature competenze amministrative, inutili se destinate a gestire dossier e fascicoli pieni di certificati e di moduli) nel settore pubblico per supportare una vera trasformazione digitale.
Siamo “ancorati” saldamente alla dicotomia “organizzazione–tecnologie digitali” (organizzazioni superate e tecnologie nella logica dell’automazione informatica). Allora c’è bisogno di una strategia che non c’è stata in questi anni.
Recuperare risultati e rilanciare: la strategia necessaria dopo il Pnrr digitale
Se vogliamo recuperare alcuni risultati (pochi) del PNRR e vogliamo rilanciare il processo di trasformazione digitale, allora la strategia deve riguardare alcuni punti essenziali e fondamentali (come è stato già indicato):
a) Adozione di modelli organizzativi per la realizzazione di ecosistemi digitali diversificati rispetto ai diversi livelli istituzionali e finalizzati a modificare profondamente nell’arco di 5 anni (non oltre) l’assetto amministrativo pubblico.
b) Adozione di modelli di sostenibilità organizzativa, normativa, tecnologica, digitale, ambientale dei sistemi burocratici pubblici innovativi.
c) Adozione di modelli organizzativi di servizi semplificati e digitali ai cittadini e alle imprese.
d) Creare le condizioni per la realizzazione di sistemi documentali digitali a norma valorizzando la qualità dei dati, dei documenti, delle informazioni.
e) Superare i modelli formativi attuali per realizzare profili di dirigenti e di pubblici dipendenti in grado di supportare il passaggio verso nuovi sistemi di amministrazione pubblica.
Restiamo in attesa da parte dei decisori pubblici di documenti strategici che si occupino in modo sistemico ed integrato dei punti sopra riportati. Non servono interventi provvisori o frammentati.
Chi non è in grado di fare strategie vere e realizzabili è pregato di farsi da parte. Non c’è bisogno di una ennesima riforma della pubblica amministrazione secondo vecchi canoni. Di toppe normative ne sono state messe tante ed inutilmente.
I decisori pubblici (a tutti i livelli istituzionali) devono solo avere il coraggio di cambiare radicalmente rotta rispetto al passato.
Il quadro Ue per il digitale: diritti, dati, IA ed eIdas nel post-Pnrr digitale
Per applicare i principi del PNRR (semplificazione amministrativa, normativa; ecosistemi amministrativi digitali; nuove competenze per progettare, realizzare, sviluppare sistemi integrati ed interoperabili anche per l’organizzazione del lavoro pubblico) è necessario che il nostro Paese si doti di una strategia che consideri i seguenti punti:
a) Operare secondo le logiche ed i programmi del piano strategico per il decennio digitale europeo (ci sono preziose indicazioni nei report periodici pubblicati). Del piano decennale se ne parla poco proprio nelle sedi che devono sviluppare strategia.
b) Considerare fondamentale la “Dichiarazione europea sui diritti e principi digitali” (2023). La Dichiarazione infatti costituisce la nostra “Carta dei principi e diritti digitali”.
I principi di tale dichiarazione sono una ottima struttura logica (oltre che ottima base regolatoria) sulla quale sono articolati i 6 temi della Dichiarazione: mettere le persone e i loro diritti al centro della trasformazione digitale; sostenere la solidarietà e l’inclusione; garantire la libertà di scelta online; promuovere la partecipazione nello spazio pubblico digitale; aumentare la sicurezza, la protezione e l’emancipazione degli individui (in particolare dei giovani); promuovere la sostenibilità del futuro digitale.
Di questa Dichiarazione si sono perse le tracce in Italia. Una strategia sul digitale non può non tenere conto (esplicitamente) di questa Dichiarazione e dei suoi contenuti. Sulla Dichiarazione abbiamo dedicato un numero speciale della “Rivista elettronica di diritto, economia, management” n. 3/2025.
c) L’Ue si è data una strategia sui dati: senza una Unione dei dati non ci sarà una Unione dei mercati e degli Stati. Senza una Unione dei dati digitali non ci sarà una Unione dei mercati di qualità.
La strategia sui dati fa riferimento a due Regolamenti: Data Governance Act (2022/868) e Data Act (2023/2854), oltre al Regolamento sulla protezione dei dati personali (679/2016). Regolamenti sulla governance, sulla sicurezza, sulla qualità dei dati.
Tutti temi che devono essere considerati in una “strategia complessiva” sul digitale. Questo non è stato fatto nel PNRR e speriamo che sia recuperato per il futuro. Per loro natura le strategie non sono mai “provvisorie”, parziali, fumose, non misurabili.
d) Non possiamo non fare riferimento al Regolamento sulla IA (2024/1689) e al Regolamento eIDAS/2 (2024/1183).
Sul regolamento IA siamo in una fase di modifica del regolamento: il regolamento non può essere un vincolo allo sviluppo di nuovi mercati e servizi e soprattutto ad una nuova fase della storia della Europa e del nostro Paese. I principi del Regolamento restano salvi; è necessario semplificare e alleggerire i “considerando” e tutto ciò che riguarda le tecnologie (dalla produzione fino alla immissione sui mercati) sia sottoposto a sistemi di verifiche e controlli.
Tutto il sistema di autorità di IA a livello europeo (e le singole autorità nazionali) sia razionalizzato e non sia “burocratizzato” e non sia ridotto a gestire pratiche amministrative. Fare attenzione a tenere in “equilibrio” diritti fondamentali ed aspetti etici (oggi “enfatizzati” eccessivamente) con strategie e piani di sviluppo dei mercati e delle imprese.
Ma di questo cambio di rotta ci occuperemo sicuramente per monitorare se la semplificazione normativa non diventi essa stessa una complessità normativa ed operativa. Sulla necessità di una forte semplificazione del Regolamento IA ci siamo occupati prima della stessa approvazione del Regolamento nel numero speciale dedicato all’argomento della “Rivista elettronica di diritto, economia, management”, n. 4/2023.
Del regolamento eIDAS/2 ci siamo occupati in un numero speciale della “Rivista elettronica di diritto, economia, management”, n. 4/2024. È necessario che i portafogli dei servizi digitali siano realizzati secondo precisi standard europei.
Questo regolamento ci permetterà di transitare in un sistema di identità digitale europea sicura e tramite gli attributi elettronici previsti ci permetterà di superare e di eliminare tutta una serie di barriere burocratiche per rendere operative, certe e sicure le transazioni digitali. Penso alla eliminazione della “certificazione perpetua” nel settore pubblico.
Considerazioni finali: tra narrazioni autoassolutorie e verifica dei risultati
A queste prime macro considerazioni sicuramente registreremo risposte e reazioni del tipo che tutto è andato bene nel PNRR; che la progettazione pubblica è stata superlativa; che la trasformazione digitale è ormai cosa fatta.
Che la strategia dei pubblici decisori è stata ben definita ed articolata. Che la formazione finalmente è bene indirizzata per le nuove competenze. Che la gestione documentale nativamente digitale interessa percentuali elevate di pubbliche amministrazioni.
Che il piano triennale dell’informatica non è un piano solo formale ma i principi del piano sono stati assimilati dalle amministrazioni. Che la dirigenza pubblica è un traino formidabile per la trasformazione digitale. Che i cittadini (finalmente) possono fare conto su amministrazioni semplificate.
















