Riformare la burocrazia è una priorità assoluta per l’Italia ed è anche una condizione imprescindibile perché le risorse del NextGenEu diano i frutti sperati nei prossimi anni. Semplificazione, digitalizzazione e assunzione di nuove competenze sono priorità non più rimandabili se vogliamo trasformare la nostra Pubblica Amministrazione e renderla alleata del rilancio economico.
Per riuscirci bisogna cambiare approccio decisionale, rivedere organizzazione e strumenti di erogazione dei servizi e modificare il modo di lavorare della PA. Ma non solo: bisogna anche costruire un network di relazioni stabili con gli attori istituzionali e guidare l’evoluzione normativa verso un cambiamento strutturato e integrato. Un cambio profondo, insomma, che renda la macchina burocratica più accessibile e funzionale per imprese e cittadini.
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Regioni italiane poco efficienti: l’esempio da seguire è la Germania
A dimostrare che la nostra burocrazia non sta funzionando come dovrebbe ci sono i dati. Secondo lo European Regional Competitiveness Index, infatti, tutte le regioni italiane presentano livelli di efficienza della Pubblica Amministrazione inferiori al livello medio dei Paesi dell’Unione Europea, con criticità molto accentuate al Sud. Nelle regioni del Mezzogiorno, infatti, il peso della burocrazia sottrae fino a cento giorni all’anno al lavoro in azienda e le inefficienze generate dalla PA frenano l’avvio di nuove attività di impresa. Inoltre, gli imprenditori del Mezzogiorno fornitori di beni e servizi alla PA devono rapportarsi con attese più lunghe per i pagamenti dalla PA: in media aspettano 17 giorni in più rispetto ai colleghi del Centro Nord.
Ci sono, poi, le regioni in cui la PA funziona meglio: si tratta dell’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto, che negli ultimi anni sono riuscite a migliorare grazie a delle iniziative di semplificazione. Anche in questi casi “virtuosi”, però, la qualità e livello di efficienza della Pubblica Amministrazione è al di sotto del livello di efficienza media Ue. Per migliorare ancora, la best practice a cui guardare è la Germania, che in 10 anni ha fatto grandi progressi nel semplificare la propria macchina amministrativa, recuperando ben 60 posizioni nella classifica del World Economic Forum che ne misura l’efficienza. Riuscire a diventare come la Germania è difficile, ma non impossibile.
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Semplificazione amministrativa: i 5 pilastri per realizzarla
E per riuscirci bisogna cambiare l’approccio complessivo di semplificazione amministrativa, che dovrà basarsi sull’evoluzione di cinque elementi chiave:
- Cambiare approccio decisionale: da decisioni prese per correggere i singoli problemi a una strategia volta a prevedere i possibili effetti di ogni azione sulla complessità amministrativa percepita dalle imprese.
- Rivedere organizzazione e strumenti di erogazione dei servizi pubblici, per passare da un’offerta frammentata con punti di contatto multipli tra impresa e PA ad un approccio unitario e semplificato.
- Più collaborazione: è importante costruire un network di relazioni stabili con attori istituzionali di tutti i livelli per costruire insieme una strategia di lungo termine dell’intera PA.
- Rivedere il modo di lavorare della PA, non più focalizzata sul semplificare le singole procedure, ma volta a massimizzare l’intera esperienza dell’impresa, in ogni momento di vita e di interazione con la PA.
- Regolamentazione: guidare l’evoluzione normativa verso un cambiamento strutturato e integrato, abbandonando aggiornamenti puntuali con nuove norme in sovrapposizione a quelle già presenti.
Premiare i comportamenti virtuosi, lottare contro la burocrazia difensiva
Per favorire questi cambiamenti, bisognerà dunque porre la semplificazione amministrativa al centro dei nuovi Piani della Performance delle PA, prevedendo indicatori che, oltre a rendere omogenei e confrontabili i parametri di valutazione tra le amministrazioni, consentano di superare definitivamente la “burocrazia difensiva”. Il Decreto Semplificazioni di recente è intervenuto sulle responsabilità del funzionario pubblico, rendendo di fatto più rischiosa l’inerzia rispetto all’azione, ma è necessario un ulteriore passaggio organizzativo: l’adozione di un sistema incentivante che premi comportamenti virtuosi delle Amministrazioni e dei singoli funzionari pubblici.
A oggi tutto questo non esiste, ma potrebbe diventare realtà con il ricambio generazionale e di competenze atteso nei prossimi anni. Ad esempio, sul fronte della digitalizzazione si potrà procedere a una digitalizzazione non solo del front end dei servizi pubblici, ma anche del back end, premiando soluzioni di automazione già diffuse in altri settori. Inoltre, è di fondamentale importanza preparare la nuova classe dirigente su innovazioni e temi emergenti come cyber security, IA, blockchain, digital transformation. Come è sempre più evidente, questi sono direttrici strategiche su cui non si può rimanere indietro: la PA italiana non può fare eccezione e deve ammodernarsi come sta accadendo in altri Paesi del mondo.
Conclusioni
Infine, una riflessione importante bisogna farla anche sul nostro tessuto imprenditoriale. Perché molti dei problemi che affliggono la PA e che si riversano su imprese e cittadini, si ritrovano anche nelle aziende: se è vero che il personale della Pubblica Amministrazione italiana annovera tra i propri collaboratori solo il 2,2% di giovani, bisogna anche ricordare che il 54% dei manager aziendali italiani ha superato i 60 anni e il 28% è over 70. La digitalizzazione, poi, non trova ostacoli solo tra i funzionari della PA, ma anche nel mondo delle piccole e medie imprese: a oggi, solo il 10% delle nostre aziende si è costruita una presenza on-line ed è in grado di vendere i propri servizi e prodotti tramite il canale digitale.
A una riforma approfondita della burocrazia, quindi, dovrebbe accompagnarsi anche una evoluzione dell’ecosistema imprenditoriale italiano, che deve essere pronto ad abbracciare le sfide del futuro, sempre più legate a innovazione e tecnologia, ma anche al nodo sostenibilità e ai rapidi cambiamenti del mercato globale. Uno scenario complesso da cui l’economia italiana può uscire vincente solo con una alleanza tra pubblica amministrazione e imprese: un’alleanza tra pubblico e privato per la crescita del Paese.