Finalmente abbiamo il decreto che emana il piano triennale dell’Agid, il primo nel suo genere.
Tutti vorremmo che le cose avvenissero in tempi brevi, che tra l’idea e l’implementazione diffusa passassero poche settimane, qualche mese, ma la pubblica amministrazione è una macchina di una complessità notevole che, data la mia provenienza dal mondo aziendale, ammetto di avere inizialmente sottovalutato.
È stato un percorso lungo, la cui prima fase si è conclusa nell’agosto 2015 con l’approvazione in Parlamento di una delega al governo per l’aggiornamento del Codice dell’Amministrazione Digitale. È lì che si inserirono i principi che poi sarebbero risultati abilitanti rispetto ad una visione della direzione da intraprendere.
In quella sede si definì il principio della possibilità di accesso, anche da parte di privati, al Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione, fondamentale per il paradigma di “API first”. La legge delegata fu approvata nell’agosto 2016 e, come ogni legge frutto di un processo partecipato, contiene aspetti più o meno graditi ai vari stakeholder.
Concluse le istruttorie preliminari, a novembre 2016 il Comitato di indirizzo di Agid approvava il Modello Strategico di Evoluzione del Sistema informativo della PA, base dell’elaborazione del Piano Triennale il cui schema è stato poi approvato nell’aprile scorso dopo un percorso di elaborazione che ha visto un’utile e proficua collaborazione del Team Digitale.
Non mi soffermo sui contenuti del modello che sono stati ampiamente discussi su queste pagine ed oggetto di numerosi confronti da parte dell’Agid con le categorie interessate.
Avere un piano è una condizione necessaria ma non sufficiente; per questo un altro passaggio degno di nota è quello di fine 2015 con la Legge di Stabilità che per la prima volta tende ad orientare la spesa ICT delle amministrazioni nella direzione del Piano Triennale. Fu il professor Alessandro Osnaghi a raccomandare di individuare un meccanismo con questo fine, senza il quale, riteneva, la strategia sarebbe rimasta largamente inapplicata.
Decidere implica fare delle scelte e ogni scelta effettuata tra più alternative lascia qualcuno insoddisfatto. Nella definizione del modello strategico avremmo potuto fare scelte diverse, ad esempio individuando alcuni “progetti paese”, progetti applicativi verticali, il cui sviluppo sarebbe poi stato affidato al mercato.
Forse sarebbe stato più tradizionale e più semplice da incardinare.
Il modello adottato unanimemente è invece fondato sulla convinzione che solo una cooperazione pubblico-privato, con il privato che realizza integrazioni di processi altrimenti non realizzabili da singole amministrazioni, sostenuta da una focalizzazione sulla interoperabilità a livello di backend, sia in grado di rilanciare la PA con un ruolo di abilitatore, stimolando qualità ed efficienza a beneficio di cittadini e imprese.
Il Piano Triennale è un passo fondamentale; ne devono seguire molti altri.