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Stato-Regioni: c’è il Patto per la Sanità Digitale

A tre mesi esatti dagli Stati Generali della Salute, il Ministro Beatrice Lorenzin annuncia un’iniziativa per creare una governance forte e condivisa e per realizzare piattaforme e servizi di e-health universali, equi e sostenibili. L’effetto sarà raddoppiare la spesa ICT annuale in Sanità già a partire dal 2016, con un primo significativo incremento già nel 2015

Pubblicato il 08 Lug 2014

Paolo Colli Franzone

presidente, Osservatorio Netics

Iinserito all’interno del Patto per la Salute appena approvato in Conferenza Stato-Regioni, il “Patto per la Sanità Digitale” vedrà oggi ufficialmente la luce a Venezia, con l’annuncio ufficiale del Ministro Lorenzin nel quadro degli eventi preliminari a “Digital Venice”. E’ la prima governance forte e condivisa sulla Sanità digitale, con il possibile effetto di aumentare la spesa nel 2015 e raddoppiarla nel 2016.

Quando ricevetti dal Ministro Lorenzin l’invito a intervenire nella tavola rotonda sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, nello scorso aprile agli Stati Generali della Salute, non ebbi esitazioni: avrei approfittato di quell’ottima occasione per lanciare la proposta di un Patto per la Sanità Digitale, mettendo a frutto un paio di anni di lavoro portato avanti da Netics anche insieme a Federsanità e all’Osservatorio IT PA e Sanità di Assinform sulla centralità del partenariato pubblico-privato come leva per il finanziamento di un piano straordinario per la digitalizzazione in sanità e per lo sviluppo di servizi di e-health capaci di “metterci in pari” rispetto alla media OCSE.

Partendo – e qui sta probabilmente la novità – non già dall’elencazione di una lista più o meno lunga di tecnologie e soluzioni software quanto piuttosto dagli obiettivi di sistema, definiti in termini di razionalizzazione, reingegnerizzazione dei processi, semplificazione per gli assistiti, capacità di promozione di stili di vita e comportamenti responsabili da parte di tutti i cittadini.

Mettendo insieme risorse pubbliche (prevalentemente attinte dai fondi strutturali della programmazione 2014-2020) e private (iniziative di project financing, ma anche prodotti finanziari come mutui, project bond e mini bond) nel quadro di un’iniziativa condivisa fra tutti gli stakeholder e caratterizzata da una governance forte e stabile.

Con due obiettivi paralleli: la contribuzione all’efficientamento del SSN (provando a generare economie gestionali per almeno 5 miliardi l’anno a partire dal 2016) e la messa a regime di un’infrastruttura caratterizzata dagli stessi tre attributi che connotano il nostro sistema sanitario così come ridisegnato da Stato e Regioni col “Patto per la Salute”: universalità, equità, sostenibilità.

Gli stessi livelli di servizio garantiti da Bolzano a Lampedusa, le stesse opportunità di accesso e di fruibilità; il tutto, condito dalla completa interoperabilità dei sistemi aziendali e regionali.

La proposta, immediatamente accolta, diventa oggi realtà.

L’iniziativa, rigorosamente precompetitiva, è aperta alla partecipazione di tutti i soggetti interessati e disponibili a coinvestire su progetti autoconsistenti e sostenibili.

Dal punto di vista del mercato, le risorse rese disponibili nel quadro delle iniziative del Patto e i circuiti virtuosi innescati a valle saranno capaci di raddoppiare la spesa ICT annuale in Sanità già a partire dal 2016, con un primo significativo incremento già nel 2015.

Con la possibilità, una volta tanto, di portare a casa un gran bel risultato in termini di completo, sistemico ed efficace utilizzo dei fondi europei. L’auspicio è che modelli simili al Patto per la Sanità Digitale vengano applicati anche in altri contesti della Pubblica Amministrazione, partendo da giustizia, scuola e lavoro.

Quest’ultimo ambito, in particolare, ben si presta a iniziative di partenariato pubblico-privato soprattutto per quello che riguarda l’annosa e spinosa questione del match domanda-offerta sul mercato del lavoro: una rete di centri per l’impiego “all digital” e interoperabili nei confronti dei grandi player privati dell’intermediazione e delle grandi aziende, non dimenticandosi di coinvolgere le scuole superiori e le università (ossia i luoghi dove si “sfornano” i futuri lavoratori), potrebbe risolvere una quantità impressionante di problemi mai risolti sin da quando le competenze in materia di collocamento vennero trasferite dallo Stato al sistema duale “Regioni/Province”.

Il tutto, senza dimenticare la regola della non permutabilità dei fattori: si parte dalla governance, si scende al ridisegno dei processi, per poi finire a definire la “lista della spesa” delle tecnologie, delle piattaforme e delle soluzioni applicative. Tentare di invertire l’ordine naturale delle cose, non funziona: abbiamo avuto modo di constatarlo lungo quindici anni di apologia del push tecnologico.

Abbiamo già dato, insomma. Adesso, dobbiamo andare con ordine e con un bel po’ di sale in zucca.

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