L'analisi

Verso un Codice della Sanità Digitale

Tagliare senza ridurre la qualità è possibile. Ma il digitale da solo non basta: serve un piano d’insieme. Un primo segnale viene dalla nascita dell’area Welfare dell’Agenzia

Pubblicato il 23 Nov 2012

Paolo Colli Franzone

presidente, Osservatorio Netics

La sanità elettronica ha avuto, come è giusto che fosse, uno spazio significativo all’interno del Decreto “Crescita 2.0”: i temi dell’e-prescription, del Fascicolo Sanitario Elettronico e della Cartella Clinica Elettronica avevano ed hanno bisogno di un’accelerazione anche a livello normativo e devono giustamente entrare nel novero delle priorità del Paese.

Quello che forse ancora manca e di cui si sente la necessità, è un piano ragionato, articolato e – soprattutto – di insieme, che veda trasformarsi la Sanità Elettronica da argomento “di nicchia” a paradigma di riferimento condiviso e accettato da tutte le parti in causa.

Volendo fare un parallelo con quanto accaduto per la PA, forse è necessario scrivere un “Codice della Sanità Digitale”, un qualcosa che parta dalle declaratorie dei diritti e dei doveri e da una reale presa di coscienza di quanto – sulla falsariga di innumerevoli esperienze internazionali – una piena digitalizzazione della sanità sia in grado di produrre efficienza ed efficacia sistemiche.

Se, da un lato, la spesa sanitaria italiana rapportata al PIL è inferiore a quella di numerosi Paesi OCSE, ciò che “non fa tornare i conti” è il peso rilevante del deficit accumulato da moltissime Regioni italiane nella gestione dei loro servizi socio-sanitari. Deficit che si ripercuote inevitabilmente sulle finanze regionali e – in cascata – sul “fardello fiscale” a carico dei contribuenti.

Tutti i principali analisti e osservatori del “pianeta Sanità” condividono l’opinione che una grandissima parte della spesa sanitaria italiana (sempre più vicina ai 140 miliardi di Euro all’anno, corrispondenti a più di 8 punti di PIL) sia assoggettabile ad azioni di forte razionalizzazione. Per dirla in termini più diretti, tutti sono d’accordo nel dire che l’area dello spreco, in Sanità, è decisamente abbondante.

I tagli lineari e le azioni mirate messe in atto dal Governo possono produrre indubbi benefici di brevissimo periodo per le casse dello Stato e delle Regioni, ma quello che ancora non è chiarissimo è quanto si rischi di mettere a repentaglio la quantità e la qualità di servizi erogati in un contesto non secondario (è in gioco la salute delle persone) e – soprattutto – in un quadro di costante invecchiamento della popolazione e di conseguente innalzamento della domanda di salute.

Inoltre, il trasferimento alle Regioni delle funzioni istituzionali di governo e gestione del Servizio Sanitario ha prodotto evidenti distonie nel sistema: a situazioni di vera e propria eccellenza (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria) fanno riscontro casi clamorosi di dissesto anche in Regioni del Nord come il Piemonte e la Liguria.

La necessità di addivenire a una “norma primaria” (il “Codice di Sanità Digitale”, appunto) deriva dall’analisi di quanto sinora (non) successo in presenza di iniziative sporadiche, frammentate, caratterizzate dalla “sperimentazione permanente” e da una governance tutt’altro che efficace.

Forse è il caso di guardare (e di copiare, se necessario) esperienze internazionali che hanno portato a un netto miglioramento dei conti senza minimamente intaccare la quantità e la qualità di servizi erogati. Razionalizzando tutto il razionalizzabile, eliminando gli sprechi, lavorando su una profonda reingegnerizzazione dei processi e alla piena de materializzazione/digitalizzazione degli stessi.

E’ notizia di questi giorni la costituzione, all’interno dell’Agenzia per l’Italia Digitale, di un’Area “Welfare” destinata ad occuparsi in modo “importante” di Sanità Elettronica. E questo è un bel segnale.

L’Agenzia, a questo punto, potrebbe diventare il braccio operativo di un “nuovo” Tavolo di Sanità Elettronica, il quale però dovrebbe diventare assegnatario del compito di supportare il legislatore nella preparazione del Codice di Sanità Elettronica.

L’importante è che si affronti il problema avendolo chiaro a livello complessivo: non funziona più (ammesso che abbia mai funzionato) la logica della frammentazione nell’approccio (“un problema alla volta, a compartimenti stagni”) e nel livello attuativo (lo Stato, le Regioni, le Aziende Sanitarie, e tutti gli stakeholder privati e/o paraprivati a partire dai medici di medicina generale e dagli ospedali e centri di diagnostica privati).

Il tema va affrontato in chiave olistica: tutti i soggetti interessati e/o portatori di interessi sono e devono essere coinvolti, e il disegno deve essere uniforme.

Nel prossimo intervento, tra una settimana, proverò a delineare una proposta di Codice della Sanità Digitale.

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