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AI, occhio a costi occulti e sostenibilità: come applicarla in azienda



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L’AI rappresenta una leva di innovazione per le imprese, ma pone alle aziende sfide sul fronte economico e su quello della sostenibilità, sia per l’impatto ambientale che per i lavoratori: ecco alcuni casi aziendali per capire come fare

Pubblicato il 19 ott 2023

Andrea Viliotti

Innovation Strategist



software ai
(Immagine: https://pixabay.com/geralt)

Se da un lato l’AI rappresenta una frontiera di progresso, dall’altro svela sfide economiche che mettono a dura prova la robustezza delle imprese.

Non è un caso che colossi del settore come Microsoft, Google e OpenAI siano i protagonisti di questa avventura. Essi stanno guidando la corsa verso l’adozione dell’AI su larga scala, ma il percorso è tutt’altro che lineare. Infatti, la strada è costellata non solo di questioni tecniche, ma anche di dilemmi finanziari ed etici che complicano ulteriormente il quadro.

AI in azienda, gli ostacoli

Uno degli ostacoli più pressanti è il costo associato allo sviluppo e alla fornitura di servizi basati sull’intelligenza artificiale. Questi costi sono notevoli e rappresentano una sfida che va ben oltre quella del mero sviluppo software. In questo contesto, la domanda che sorge spontanea è: come possiamo conciliare l’innovazione con la sostenibilità economica? È un interrogativo che non ammette risposte semplici, ma che richiede un’analisi approfondita e multidisciplinare.

E qui entra in gioco un altro aspetto fondamentale: i modelli di business. Quali sono le strategie economiche che possono rendere l’AI non solo un motore di innovazione, ma anche un fenomeno economicamente sostenibile e socialmente responsabile? La risposta a questa domanda potrebbe essere la chiave per sbloccare un futuro in cui l’intelligenza artificiale contribuisce in modo significativo al benessere collettivo, senza però esacerbare le disuguaglianze o creare nuovi problemi etici.

In conclusione, le problematiche sollevate ci esortano a pensare in modo più esteso e profondo al domani dell’intelligenza artificiale. Ci incitano a spostare lo sguardo oltre i confini immediati della tecnologia, indagando nuove prospettive sia dal punto di vista economico che sociale. Si tratta di un percorso che esige non solo audacia e lungimiranza, ma anche una collaborazione condivisa per affrontare territori ancora sconosciuti e complessi.

Il caso GitHub Copilot

Le promesse dell’AI sono indubbiamente allettanti, con la prospettiva di automatizzare una vasta gamma di compiti tradizionalmente svolti da esseri umani, dalla redazione di memo aziendali al codice di programmazione. Nonostante ciò, la strada verso la monetizzazione efficace di queste innovazioni si è rivelata meno chiara. I tool generativi di intelligenza artificiale, pur essendo all’avanguardia, sono ancora in una fase sperimentale e comportano costi operativi elevati. Richiedono server potenti dotati di microchip costosi e consumano una quantità significativa di energia.

Un esempio emblematico è rappresentato dal lancio di GitHub Copilot da parte di Microsoft, servizio che assiste i programmatori nella creazione, correzione e traduzione del codice.

Le tariffe

Pur essendo stato accolto con entusiasmo da oltre 1.5 milioni di utenti, il servizio ha registrato una perdita economica a causa dell’elevato costo operativo, con un dispendio medio superiore ai 20 dollari al mese per utente nei primi mesi di servizio.

Questo scenario ha portato le aziende a sperimentare diverse strategie per la produzione, la commercializzazione e la tariffazione dei prodotti basati su AI. Microsoft, ad esempio, ha previsto un costo aggiuntivo di 30 dollari al mese per la versione potenziata con AI del suo software Microsoft 365, oltre al costo base mensile di 13 dollari. Analogamente, Google ha proposto una tariffa aggiuntiva di 30 dollari al mese per una funzionalità assistiva simile nel suo software per ufficio.

L’alta tariffazione rappresenta una scommessa sul fatto che i ricavi generati saranno in grado di coprire i costi operativi, che crescono in modo significativo con l’aumento dell’utilizzo dei prodotti, dato che ogni nuova query può richiedere calcoli intensivi. In questo contesto, anche Adobe ha lanciato Adobe Firefly, una famiglia di modelli generativi di AI, introducendo un sistema di crediti per contenere i costi e scoraggiare l’uso eccessivo del servizio.

Di fronte a questo panorama complesso e in rapida evoluzione, è evidente che la strada verso l’implementazione efficace dell’AI è disseminata di sfide e opportunità su più fronti. Ora esaminiamo non solo i costi operativi e infrastrutturali, ma anche le strategie di prezzo, l’adozione e l’utilizzo, l’impatto sociale e occupazionale, e le prospettive future in termini di innovazione e sostenibilità.

Costi operativi e infrastrutturali

Nell’era dell’intelligenza artificiale, le aziende tecnologiche si trovano di fronte a una sfida che va ben oltre la semplice implementazione di algoritmi avanzati. Adam Selipsky, il comandante in capo di Amazon Web Services, ha messo in luce una crescente insoddisfazione tra i clienti riguardo ai costi associati all’esecuzione di modelli di AI sofisticati, confermando che molti clienti sono infelici per i costi associati a tali modelli. Ma cosa rende l’intelligenza artificiale un investimento così gravoso per le imprese?

Al cuore della questione c’è la potenza di calcolo. Prendiamo, ad esempio, i Tensor Processing Units (TPU) di Google, chip specializzati che danno un turbo alle operazioni di machine learning. Questi strumenti non sono solo potenti, ma anche costosi. Un modello di apprendimento profondo come BERT-large, secondo un report del 2022, può costare circa 6.912 dollari per essere addestrato su TPU, cifra che rimane relativamente stabile rispetto ai dati precedenti. E non dimentichiamoci dei costi di storage, che possono variare a seconda delle esigenze specifiche.

Ma la storia non finisce qui. I data center che ospitano questi mostri della computazione sono veri e propri vampiri energetici. Nel 2022, il consumo globale di energia dei data center è stato stimato tra 240 e 340 TWh, rappresentando circa l’1-1.3% della domanda globale di elettricità.

Le spese di manutenzione

Oltre a questi costi “visibili”, c’è una spesa continua e spesso trascurata: la manutenzione e gli aggiornamenti. Amazon, ad esempio, continua a investire in infrastrutture, offrendo servizi come AWS Trainium e AWS Inferentia che promettono risparmi significativi sui costi di addestramento e un’ottima performance in termini di prezzo rispetto ad altre istanze EC2. Nel 2023, Tesla ha pianificato una spesa di oltre 2 miliardi di dollari per l’addestramento AI e altri 2 miliardi nel 2024, specificamente per il computing per l’addestramento del Full Self-Driving (FSD).

Di fronte a queste cifre, sorge spontanea una domanda: è davvero necessario utilizzare i modelli di AI più avanzati per ogni singola applicazione? Utilizzare GPT-4 di OpenAI per compiti semplici è come usare una Lamborghini per consegnare una pizza. Tuttavia, alcune aziende, come Google, stanno già esplorando l’uso di modelli meno potenti per compiti meno esigenti. Ad esempio, il TPU v5e di Google offre una performance di addestramento fino a 2x superiore per dollaro e una performance di inferenza fino a 2.5x superiore per dollaro rispetto al TPU v4, a meno della metà del costo.

Il costo operativo e infrastrutturale dell’intelligenza artificiale è un intricato puzzle che va ben oltre il prezzo dell’hardware. Comprende una miriade di fattori, dalla potenza di calcolo al consumo energetico, passando per la manutenzione. Le aziende, quindi, devono fare i conti con questa complessità se vogliono trarre un vero valore dall’adozione dell’AI, bilanciando attentamente costi e benefici. E in un mondo in cui l’efficienza è tutto, questa è una lezione che nessuna impresa può permettersi di ignorare.

Modello di business e strategie di prezzo

Le aziende si trovano a dover bilanciare l’equazione tra l’innovazione e il costo, una sfida che va ben oltre la semplice matematica finanziaria. Il dilemma è come un filo teso su cui le aziende devono camminare: da un lato, c’è la necessità di coprire i costi operativi; dall’altro, il rischio di scoraggiare i clienti con prezzi proibitivi. Trovare questo equilibrio è un esercizio di alta acrobazia che richiede un’analisi minuziosa del valore percepito dai clienti e dei costi reali per erogare il servizio.

In questo contesto, alcune aziende stanno sperimentando con modelli di prezzo alternativi, come pacchetti che fondono diversi servizi o sottoscrizioni a più livelli. Queste opzioni potrebbero offrire ai clienti la flessibilità che desiderano e, al tempo stesso, permettere alle aziende di coprire i costi in modo più efficace. Ma anche qui, la soddisfazione del cliente è la chiave. Un prezzo troppo elevato potrebbe far scappare i clienti, mentre un prezzo troppo basso potrebbe compromettere la qualità del servizio.

E come se non bastasse, le tendenze di mercato attuali aggiungono un ulteriore strato di complessità. Da un lato, c’è un crescente entusiasmo per i servizi basati sull’AI; dall’altro, i consumatori stanno diventando sempre più sensibili ai prezzi. Questo crea un campo minato per le aziende che cercano di definire una strategia di prezzo efficace.

Se le aziende fallissero in questa impresa, le conseguenze potrebbero essere drammatiche. Potrebbero essere costrette a ridimensionare o addirittura abbandonare i loro progetti in AI, con ripercussioni che si estenderebbero all’intero ecosistema tecnologico, mettendo un freno all’innovazione e all’adozione di nuove tecnologie.

Stabilire un modello di business e una strategia di prezzo per l’intelligenza artificiale è un compito che richiede non solo acume finanziario ma anche una profonda comprensione del valore che il servizio può offrire. È un problema che le aziende devono affrontare con la massima attenzione e creatività, perché in gioco c’è niente meno che il futuro dell’innovazione tecnologica. E in un mondo in cui l’AI è sempre più il motore che alimenta il progresso, nessuna azienda può permettersi di rimanere indietro.

Adozione e utilizzo dell’AI

Nel fervore dell’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale (AI) è spesso celebrata come un motore di progresso, un catalizzatore di efficienza e produttività. Ma mentre le aziende si affrettano a cavalcare l’onda dell’automazione, un dibattito sempre più acceso si sta accendendo sul palcoscenico globale: quale sarà l’impatto sociale e occupazionale di questa rivoluzione silenziosa?

I numeri sono impressionanti. L’adozione dell’AI è in rapida crescita, con circa il 75% delle aziende che si prevede adotteranno le tecnologie AI entro il 2027. Inoltre, l’80% delle aziende prevede di accelerare l’automazione nello stesso periodo. Un rapporto del World Economic Forum suggerisce che il 50% delle organizzazioni si aspetta che l’AI crei crescita occupazionale, mentre il 25% prevede che possa risultare in perdite di posti di lavoro.

Casi aziendali

L’automazione, alimentata dall’AI, sta già sostituendo i lavoratori umani in una gamma di compiti, dalla semplice redazione di e-mail alla più complessa gestione dell’inventario. Prendiamo Amazon, per esempio, che ha implementato l’AI nei suoi magazzini. O Tesla, che utilizza l’AI per migliorare la sicurezza dei suoi veicoli elettrici. Ma mentre l’efficienza aumenta, emergono preoccupazioni legittime sulla sicurezza e il benessere dei lavoratori.

Il nodo dei lavoratori

E qui si apre un dilemma etico: chi trae realmente beneficio da questa ondata di automazione? Le aziende potrebbero vedere i loro margini di profitto salire, ma cosa succede ai lavoratori che si trovano improvvisamente in una situazione di precarietà o, peggio ancora, di disoccupazione? È un dilemma che pone in discussione il concetto stesso di progresso. È davvero progresso se porta a una disuguaglianza crescente e a una destabilizzazione del tessuto sociale?

In questo contesto, le aziende non possono più permettersi di essere semplici osservatori. Hanno una responsabilità sociale che va oltre il profitto. Potrebbe essere il momento di investire in programmi di formazione e riqualificazione, di collaborare con istituzioni accademiche per sviluppare nuovi modelli di formazione basati sull’AI, o di implementare strategie che mirano a creare nuovi posti di lavoro in settori emergenti.

Ma la responsabilità non si ferma qui. La trasparenza e il coinvolgimento dei lavoratori diventano imperativi etici. Se un’azienda sta pianificando di implementare l’AI, i lavoratori hanno il diritto di sapere come e perché, e di avere un posto al tavolo delle decisioni.

E mentre guardiamo al futuro, l’AI sta già facendo incursioni nella gig economy. Piattaforme come Uber e Airbnb utilizzano algoritmi avanzati per ottimizzare i prezzi e la distribuzione delle risorse. Ma anche qui, le implicazioni per la stabilità occupazionale e i diritti dei lavoratori sono enormi e non possono essere trascurate.

L’AI non è solo una questione di algoritmi e dati; è una questione intrinsecamente umana che richiede un approccio olistico. Le aziende devono navigare in queste acque turbolente con una bussola morale, cercando un equilibrio che tenga conto sia dei benefici economici che dell’impatto umano. Perché alla fine, un modello che non è sostenibile e giusto per tutti gli stakeholder coinvolti è destinato a fallire, indipendentemente dall’efficienza che può portare. E in un mondo in rapida evoluzione, la sostenibilità e la giustizia non sono più opzioni, ma necessità.

L’importanza della sostenibilità

Secondo dati recenti, gli investimenti globali in AI sono destinati a raggiungere i $154 miliardi nel 2023, con un incremento del 26.9% rispetto al 2022, mostrando una crescita sostenuta rispetto al passato, quando nel 2020 si registrava un aumento del 40% con un totale di quasi 50 miliardi di dollari. Tuttavia, un dato emerge prepotentemente: circa il 35% delle aziende a livello globale ha effettivamente implementato l’AI in una qualche parte del loro ecosistema, mentre una percentuale maggiore esplora attivamente quest’orizzonte tecnologico.

L’esempio di Tesla

Guardiamo a Tesla, l’emblema dell’innovazione nel settore automobilistico. L’azienda ha sviluppato un chip AI personalizzato per la guida autonoma che si è rivelato 21 volte più veloce rispetto al modello Nvidia precedente utilizzato da Tesla. Questo non è solo un trionfo tecnologico, ma anche una mossa strategica che riduce drasticamente i costi operativi, delineando come l’innovazione possa essere sia un motore di efficienza che un alleato nella lotta contro i costi proibitivi dell’AI.

Ma non tutte le aziende hanno le risorse di Tesla. Per le imprese più piccole o più caute, la strada verso l’adozione dell’AI potrebbe iniziare con un progetto pilota. Questa è una tattica prudente che permette di testare le acque senza affondare nell’investimento. E per coloro che sono preoccupati per i costi di ricerca e sviluppo, perché non cercare una collaborazione con università o centri di ricerca? È un modo per condividere il peso finanziario e, allo stesso tempo, accedere a menti brillanti e risorse di alta qualità.

L’impatto ambientale dell’AI

La sostenibilità economica dell’AI non è l’unico tipo di sostenibilità che dovrebbe preoccuparci. C’è una crescente consapevolezza dell’impatto ambientale dell’AI, in particolare dei data center energivori. Qui entra in gioco l’AI federata, una tendenza che permette di addestrare modelli di machine learning su più dispositivi senza condividere dati sensibili, riducendo l’overhead in termini di storage di dati e complessità computazionale, e quindi mitigando l’impatto ambientale.

E non dimentichiamo l’energia. L’AI sta trovando applicazioni nel settore energetico, aiutando a ottimizzare la distribuzione e a ridurre i costi, ad esempio attraverso analisi basate su AI per una gestione energetica intelligente che aiuta a bilanciare meglio l’offerta e la domanda.

Mentre l’AI continua a essere una forza trainante dell’innovazione e del progresso, le aziende si trovano a dover navigare in un mare di complessità economiche ed etiche. Ma con un po’ di ingegno, una dose di collaborazione e un occhio attento alle tendenze emergenti, possono trovare un percorso sostenibile attraverso questo paesaggio in rapida evoluzione. Perché alla fine, la sostenibilità non è solo una parola alla moda, ma un imperativo per qualsiasi azienda che voglia avere un impatto nel mondo di domani.

Lo scenario

La corsa verso l’adozione dell’intelligenza artificiale (AI) ha catalizzato un fervore ineguagliabile nel mondo tecnologico, con giganti come Microsoft, Google e OpenAI in prima linea. L’attrazione magnetica di questa tecnologia rivoluzionaria risiede nella sua promessa di innovazione e nell’automazione di compiti precedentemente manuale. Tuttavia, dietro l’aura di futurismo, si cela una realtà finanziaria intrinseca che mette alla prova la resilienza economica delle aziende.

I costi associati allo sviluppo e all’erogazione di servizi AI sono monumentali, distinguendosi dai costi tradizionali legati al mondo delle software house che si concentrano maggiormente su sviluppo e manutenzione. L’AI introduce una nuova variabile: il costo del calcolo erogato dai data center, sia in fase di addestramento che in fase di erogazione del servizio. Ogni interrogazione a una piattaforma AI è un viaggio attraverso un data center, noto per essere energivoro e richiedente di processori costosi.

Il fatto che Google, nonostante la sua ardente fede nell’AI, non sia stata l’entità che ha catalizzato l’adozione globale dell’AI come ha fatto OpenAI con l’aiuto finanziario di Microsoft solleva riflessioni profonde. Probabilmente, la consapevolezza di Google dei reali costi di erogazione di un servizio AI evoluto al grande pubblico è stata un deterrente. Ma ormai il dado è tratto. Il mercato ha riconosciuto l’immensa potenzialità dell’AI, in particolare quella generativa, innescando una gara per il predominio del settore.

Servizi fine tuning

Il nodo gordiano risiede nel pricing, che deve garantire fondi sufficienti per lo sviluppo, l’erogazione del servizio e un ritorno economico per gli azionisti. Tuttavia, il pricing da solo non è la soluzione. La chiave potrebbe risiedere in un nuovo modello di business che includa un più ampio spettro di attori coinvolti. Immaginiamo un modello ispirato al settore editoriale, dove OpenAI, Microsoft e Google si trasformano in fornitori di “macchine per la stampa”, distributori di “enciclopedie”, “libri” e “riviste”.

A questo panorama si aggiungono una vasta gamma di soggetti che offrono servizi di “Fine Tuning” specializzati. Per chiarezza, con “Fine Tuning” intendiamo l’adattamento di un modello di intelligenza artificiale pre-addestrato per eseguire una specifica attività. Questi servizi di “Fine Tuning” possono essere integrati nelle piattaforme di AI generativa, diventando i nuovi “libri” e “riviste” del nostro tempo.

Anche se i libri cartacei, inalterabili baluardi della cultura umana, non saranno sostituiti, il modo in cui fruiamo i contenuti che essi contengono ha già trovato nuova vita nelle tecnologie AI. I libri rappresentano il DNA del sapere umano, il codice di un pensiero che continua a evolvere e a trovare espressione attraverso nuove forme. L’AI, come ponte tra il passato e il futuro, è in una posizione unica per ampliare l’accesso a questa eredità di conoscenza, offrendo un veicolo per esplorare l’infinita complessità del pensiero umano.

Conclusione

In questa intricata rete di costi, opportunità e sfide etiche, il settore tecnologico si trova a un crocevia. Il cammino verso un’adozione dell’AI economicamente sostenibile e socialmente responsabile richiede una riflessione profonda, una visione lungimirante e una volontà di esplorare modelli di business non

convenzionali. Mentre l’AI continua a plasmare il tessuto della nostra società, la responsabilità collettiva di navigare attraverso questo labirinto con saggezza e discernimento non è mai stata così palpabile.

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Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
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Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
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Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
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