Le potenzialità “benefiche” di Internet, a presidio del pluralismo informativo e della democrazia, trovano un ulteriore recente conferma dal rilevante impatto applicativo anche a Cuba, ove migliaia di persone, sempre più esasperate dalla mancanza di beni primari (cibo, medicine, ecc.), sono scese in piazza per protestare in contrapposizione con il regime politico attualmente al potere.
Il ruolo di internet nella protesta di Cuba
Per diverse settimane, infatti, un crescente numero di cubani hanno partecipato a manifestazioni di massa che hanno rappresentato una significativa dimostrazione di dissenso organizzato nelle piazze – e contemporaneamente trasmesse in diretta streaming – in un paese dove gli assembramenti pubblici non autorizzati sono illegali.
Nonostante le condizioni infrastrutturali di accessibilità alle tecnologie a Cuba siano lente e costose, il motore trainante delle proteste è senza dubbio Internet: in particolare Facebook risulta estremamente popolare, rappresentando oltre il 76% di tutto il traffico cubano verso i siti di social media nel 2020.
Grazie al progressivo utilizzo delle tecnologie, divenuto particolarmente pervasivo nel giro degli ultimi anni, la Rete, come vera e propria infrastruttura comunicativa di massa, ha reso possibile la generale fruizione di informazioni veicolate anche dall’esterno mediante la disponibilità capillare di media alternativi e indipendenti, ben oltre il flusso istituzionale di notizie promosse dalle fonti ufficiali, consentendo di incrementare le prospettive organizzative di mobilitazione e di proselitismo dei gruppi “anti-sistema”.
Influencer social
La presenza “social” di figure autorevoli cubane, come Yoani Sànchez, da sempre considerata tra le personalità maggiormente impegnate in prima linea nella lotta politica contro il regime, ha determinato una rilevante catalizzazione viralizzata dei contenuti pubblicati online con l’intento di incentivare le proteste sociali a fronte di un crescente malcontento delle persone, di cui i cubani hanno avuto una sempre maggiore percezione e consapevolezza proprio grazie alle risorse multimediali accessibili in Rete.
Soprattutto, in un contesto territoriale prettamente rurale che tende ad un’inevitabile dispersione dei flussi comunicativi rivolti alla popolazione, Internet sta offrendo agli oppositori una preziosa opportunità di coordinare la propria strategia organizzativa con l’ulteriore possibilità di divulgare tempestivamente informazioni alternative al “filtro” dei contenuti posto sotto il controllo del regime, per dimostrare, rispetto alla “narrazione” istituzionale che tende ad occultarle, le criticità esistenti aggravate dai discutibili metodi repressivi delle forze di polizia come vana reazione alle proteste, che le piattaforme social sono in grado di documentare in tempo reale stimolando la reazione massiva dei cubani.
Alla luce di quanto già accaduto in altri contesti politicamente “caldi”, come in Birmania, ove di recente l’esercito del Myanmar, prendendo il controllo del Paese, nel dichiarare lo stato transitorio di emergenza che ha comportato l’arresto dei leader politici in carica, ha tentato di bloccare, con la collaborazione degli operatori nazionali delle telecomunicazioni, l’accesso ai social network utilizzati dalla popolazione per la condivisione di informazioni e l’organizzazione di proteste soprattutto da parte della società civile in conflitto con i militari, anche il regime cubano ha assunto la medesima tipica strategia di censura, perseguita nell’ambito di una serie di provvedimenti politici emanati nel corso del tempo, mediante il blocco delle informazioni consultabili online con l’intento di “placare” la rivolta incentivata dall’uso fuori controllo di Internet.
Inutile tentativo di soffocare internet
Per tale ragione, Cuba è rimasta off-line a causa di frequenti interruzioni di Internet attuate per interferire sulle modalità organizzative della protesta.
Malgrado tali tentativi che i governi autoritari cercando di realizzare per “soffocare” sul nascere le proteste alimentate dalla Rete, impedire in via permanente l’accesso ad Internet mediante scelte politiche di controllo e censura risulta estremamente difficile, anche perché, come avviene in altri contesti esposti alle attività di sorveglianza dei regimi dittatoriali, anche i cubani si stanno adattando alla mancanza di connettività con vari mezzi, potenziando un sistema di reti di distribuzione offline-online, con il supporto cooperativo di molti stranieri che ripubblicano tweet, immagini e video inviati da Cuba a sostegno dei manifestanti, dando un rilevante contributo alla circolazione pervasiva delle relative informazioni che il regime politico non è in grado di rimuovere.
Peraltro, mentre il governo autoritario di Cuba stava bloccando l’accesso a Internet, alcuni politici americano hanno persino chiesto al Presidente Biden di organizzare, come possibile contromisura di sostegno ai manifestanti cubani, l’invio di palloncini galleggianti ad alta tecnologia che funzionano come ripetitori Wi-Fi per mantenere accessibile la connessione Internet al fine di non disperdere le proteste degli attivisti, consentendo loro di rimanere in contatto online.
Non si è fatta attendere la reazione del governo cubano che ha denunciato, come espressione di un vero e proprio terrorismo mediatico, il tentativo di inquinamento comunicativo perseguito dai controrivoluzionari nella diffusione via social di fake news, sostenuti dagli Stati Uniti al fine di destabilizzare il paese.
In tale prospettiva, la scelta da parte del governo cubano di incrementare la censura mediante l’adozione di generali misure restrittive al fine di reprimere il dissenso degli attivisti oppositori sembra invece incrementare ulteriormente la formazione di movimenti di opposizione sempre più a proprio agio nell’uso organizzato delle piattaforme telematiche come spazio alternativo di condivisione delle ideologie dissenzienti nella promozione di campagna di disobbedienza civile.
Internet in America Latina, come la Primavera Araba
Il caso cubano, peraltro, non appare isolato, rispetto a ulteriori manifestazioni sociali registrate in Colombia, Cile ed Ecuador, che hanno in comune l’uso di Internet come principale strumento per stimolare il malcontento della popolazione a fini di rivolta massima contro i governi in carica.
L’America Latina sembra quindi in un certo senso rievocare i tempi della Primavera Araba legata ai tumulti rivoluzionari del continente africano, riabilitando il ruolo “democratico” di Internet come simbolo, nella sua veste di “tecnologia di liberazione“, della condivisione di contenuti a difesa del valore generale della libertà di opinione che trova proprio nella Rete la naturale sede di rivendicazione della sua massima forma di espressione senza subire limiti e interferenze esterne soprattutto di natura politica.
Il duplice volto di Internet, come vero e proprio “Giano Bifronte”, al netto del dilagante lato oscuro della Rete che si sta manifestando nel progressivo incremento esponenziale della disinformazione online, conserva ancora e al contempo la sua naturale vocazione libertaria in grado di espandere gli standard democratici esistenti soprattutto nei contesti più problematici caratterizzati da una maggiore instabilità politica, dando voce, con effetti amplificativi, alle istanze dei movimenti di protesta.