contrasto alla disinformazione

Fake news sul covid-19: le mosse delle big tech e il ruolo dell’AI

I big del web, tra cui Facebook e Google, stanno combattendo come non mai il fenomeno fake news sul coronavirus. L’intelligenza artificiale è usata nella verifica delle notizie, ma risulta che non riesce a sostituire i controlli umani del tutto. Ecco il quadro

Pubblicato il 30 Apr 2020

Marco Martorana

avvocato, studio legale Martorana, Presidente Assodata, DPO Certificato UNI 11697:2017

fake news

L’emergenza sanitaria scatenata dal Covid-19 ha causato, insieme a innumerevoli altre criticità, anche un vero e proprio incremento – non solo in Italia – della diffusione delle fake news.

I più noti social network e le piattaforme web, da Facebook a Twitter ad Amazon Google, si sono quindi attivati concretamente per contenerne la diffusione, ad esempio tramite apposite comunicazioni, messe in evidenza così da cogliere l’attenzione degli utenti.

Tra gli strumenti che potrebbero contribuire a fronteggiare il fenomeno delle fake news, sta emergendo l’intelligenza artificiale, che potrebbe di sicuro costituire un valido supporto nella valutazione della veridicità delle notizie e dati diffusi, fermo restando che non potrà mai sostituire l’individuo nel suo discernimento, senso critico e buon senso in merito ai contenuti di disinformazione.

Le fake news nel contesto dell’emergenza Covid-19

Il ruolo dei media e mezzi di comunicazione in generale è più che mai fondamentale nel contesto della crisi di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, divenuta a poco a poco di portata mondiale. Tramite la diffusione di notizie sul Covid-19 i cittadini sono posti nella condizione di comprendere la portata della pandemia, di conoscerne quotidianamente gli sviluppi nonché di essere costantemente informati al fine di rispettare sia le misure personali che quelle restrittive emesse dal Governo per il contenimento del contagio.

Come noto, con l’espressione fake news il riferimento principale è alla disinformazione, che può essere declinata in due forme: l’una, intenzionale, vale a dire, diretta a raggiungere scopi di lucro (ai fini di pubblicità ad esempio); l’altra, inconsapevole, promossa da soggetti senza spirito critico che omettono la verifica circa la attendibilità della fonte dell’informazione e la divulgano in modo superficiale.

In tal senso, l’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha definito le fake news così: “sono informazioni che deliberatamente o intenzionalmente inducono lo spettatore in errore e distorcono la realtà attraverso la diffusione di false informazioni, bufale o mistificazione della realtà”.

L’intelligenza artificiale nel contrasto alle fake news

In tale contesto, l’intelligenza artificiale è stata eletta a strumento di primaria importanza nel discernimento tra le informazioni vere e quelle false, seppure siano in molti a ritenere che tale tecnologia non possa comunque assumere un ruolo determinante nella lotta alla disinformazione. Gli strumenti di IA possono, infatti, tutt’al più aiutare una persona a verificare la veridicità della fonte, alla cui valutazione è però in sostanza rimessa la decisione sul come percepire la notizia.

In merito all’apporto di tale contributo, l’intelligenza artificiale, ad esempio, tramite l’analisi linguistica, è in grado di individuare frasi e/o testi che potrebbero non rispondere al vero. Essa potrebbe dunque essere da supporto circa l’analisi del contenuto di tali frasi. Altri elementi che potrebbero mettere in allerta il lettore sono altresì il porre l’attenzione su aspetti quali le modalità di diffusione delle notizie sul web.

Come funziona l’intelligenza artificiale applicata alle fake news 

Con l’espressione deep learning il riferimento è ai sistemi automatici basati sull’intelligenza artificiale ed utilizzati per effettuare controlli sulle informazioni immesse sul web. Le verifiche in questione, proprio per le quantità dei dati da analizzare, risulterebbero molto difficili essere compiute dall’uomo.

Come noto, il deep learning configura una nuova branca del machine learning, ossia, dell’intelligenza artificiale, che impiega reti neurali complesse, composte di molteplici strati (layer) e che in pochissimo tempo ha saputo superare i risultati ottenuti con le metodologie classiche (ad esempio i Classificatori Naive Bayes, SVM, Random Forest, etc.).

Per poter imparare a distinguere una fake news rispetto ad altri contenuti, gli algoritmi necessitano di apposito addestramento. Questa fase di apprendimento è nota con il nome di “training del modello” e si compone di numerosi esempi (training set) casi positivi (fake news) nonché negativi (contenuti normali). Tramite il training set, il modello impara come riconoscere le caratteristiche peculiari (feature) delle fake news, riuscendo così a distinguerle dai normali contenuti.
Durante detta fase di training, gli algoritmi di classificazione imparano a riconoscere le caratteristiche ricorrenti e comuni quali esemplari di fake news. A ben vedere, questa conoscenza viene utilizzata dall’algoritmo per analizzare i contenuti prodotti dagli utenti e classificarli rispetto alla categoria di appartenenza.

Grover e Fandango

Due esempi di intelligenza artificiale in grado di elaborare fake news al fine di individuare contenuti informativi non veri sono Grover, creato dall’università di Washington, e Fandango, finanziato dall’Unione Europea.

Quest’ultimo è stato in principio messo a punto appositamente per giornalisti, per fornire loro supporto durante la verifica di notizie, immagini e video che potrebbero essere falsi, ma adesso si configura quale servizio rivolto all’intera società.

La tecnologia alla base di Fandango si basa su un esame incrociato di algoritmi in grado di riconoscere e identificare le relazioni che sussistono all’interno del testo e del titolo della notizia.

I limiti dell’intelligenza artificiale nella lotta alle fake news

I dirigenti dei social network ritengono che gli strumenti di intelligenza artificiale siano in grado di individuare le notizie false presenti sulle loro piattaforme nella percentuale del 65%, cosicché, anche sotto tale aspetto, resta essenziale e irrinunciabile il controllo da parte di gruppi di informatici ed esperti del settore.

Preme tuttavia evidenziare che l’intelligenza artificiale non è solamente associata alla prevenzione delle fake news, essendo essa stessa una delle fonti che alimentano il fenomeno. Ciò è comprensibile se si pensa che la produzione automatizzata di notizie sia ad oggi una realtà sempre più preponderante, la quale appunto non può essere sottratta dal necessario controllo sulla validità e sulla veridicità dei contenuti, di competenza della figura del giornalista.

Come si stanno muovendo le piattaforme web durante l’emergenza covid-19

Durante la crisi Covid-19 è aumentata la consapevolezza della gravità degli effetti della disinformazione specie se questa riguarda la salute di ogni individuo.

I giganti della tecnologia hanno adottato misure specifiche mettendo in evidenza le notizie Covid-19 di certa e sicura provenienza attirando l’attenzione del lettore. In particolare, Spotify ha messo un avviso nel quale esorta gli utenti a rivolgersi solo a fonti di informazioni fondate; Amazon, ha eliminato le pubblicità di prodotti che assicuravano protezione dal virus; Google ha eliminato le pubblicità relative alle mascherine; Facebook e YouTube hanno dichiarato la volontà di promuovere le notizie basate su fonti autentiche e rimuovere quelle false.

Facebook, Twitter e YouTube in particolare rimuovono esolo le fake news e fake video che possono danneggiare direttamente le persone o violare leggi. Come quelle su 5g causa del Covid-19 e dalla quale sono derivati danneggiamenti di torri o su cure alternative e pericolose. O inviti a violare il lockdown organizzando incontri dal vivo.

La pubblicazione di semplici Notizie smentite su temi dibattuti invece non sono rimosse, ma Faceboo mostra all’utente un avviso che ne mostra l’infondatezza e un link per approfondire la questione (dai primi dati, così ne riduce del 95% la diffusione).

Infine, WhatsApp (di Facebook) ha ideato uno spazio, WhatsApp Coronavirus Information Hub, in collaborazione con l’Oms e l’Unicef per fornire notizie agli utenti e ha ulteriormente limitato gli invii delle “catene di sant’Antonio).

Il fenomeno delle fake news, è bene ricordarlo, non riguarda solo l’Italia ma è diffuso a livello globale. Per fare un esempio, gli scorsi giorni l’Inghilterra è stata la protagonista di atti di vandalismo scatenati dalla circolazione di notizie circa la supposta connessione tra diffusione della pandemia e reti mobili 5G. In particolare, è stato affermato che non solo le reti mobili 5G facilitino il diffondersi del virus ma che i test su tali tipologie di onde elettromagnetiche erano stati condotti proprio al fine di veicolare il diffondersi del virus, anche al fine di “coprire” il numero di vittime della predetta tecnologia. A tal fine, il governo britannico ha chiesto aiuto alle grandi aziende del web per eliminare la circolazioni di tali notizie.

Conclusioni

Possiamo affermare come l’impiego di strumenti di intelligenza artificiale non sia dirimente nel contrasto alle fake news, sia in generale che con riguardo al Covid-19. Spetta dunque al singolo individuo avere capacità di discernimento e senso critico nel valutare una notizia come vera oppure no. Sta al buon senso di ogni singolo lettore astenersi dal divulgare notizie di cui non sia certa la fonte di provenienza.

In conclusione, risulta di estrema importanza avere consapevolezza della autenticità della fonte della notizia. A riguardo, occorrerebbe verificare costantemente l’origine dei dati ed attingere notizie tramite la consultazione dei siti ufficiali quali quello del Ministero della Salute o dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Entrambe le pagine citate contengono informazioni specifiche e puntuali dedicate all’emergenza Covid-19.

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