intelligenza artificiale

IA: quali garanzie per costruire fiducia nella società digitale



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Qualità, certezza dei dati, ascolto e libertà nelle applicazioni di intelligenza artificiale saranno alla base della costruzione di fiducia nella società digitale. La tutela delle garanzie nei rapporti giuridici fra le parti dovrà avere un risvolto di carattere concreto, vivente e vitale

Pubblicato il 16 ott 2023

Daniela Piana

Ordinario di Scienza politica e riti della legalità nell'era digitale, Università di Bologna



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Siamo cittadine e cittadini di una società e siamo attori nella economia e nella società digitali. La fiducia è vitale nelle nostre vite e nella vita delle nostre imprese così come delle nostre istituzioni.

Di cosa è fatta la fiducia?

La fiducia è composta da molti fattori, ma essenzialmente da tre facce. Della possibilità di fare affidamento a regole che siano certe e che siano valide nel tempo, di modo che si possano elaborare strategie, fare investimenti, individuali e come business.

Ma questo non basta. Pensiamoci. Noi ci fidiamo non tanto quando sappiamo che è necessario controllare tutto. Piuttosto quando sappiamo che siamo garantiti contro il rischio o i rischi della vita, e che, qualora insorgesse un problema o un imprevisto, sapremmo dove orientare la nostra domanda di soluzione del problema. E saremmo ivi ascoltati.

Non è affatto diverso nella società digitale. semplicemente, cambia la modalità con cui costruire la fiducia, anche se la fiducia di cui abbiamo bisogno è la stessa. Perché è legata al nostro modo di essere cittadine e cittadini nella e della società digitale.

L’affidabilità dei dati

Nella società digitale molto accade grazie alla disponibilità di dati in formato omogeneo – quello digitale – da cui è possibile estrapolare informazioni ma soprattutto regolarità. Tali regolarità sono specchio del passato e predittive del futuro, o almeno pensiamo che lo possano essere. Nella società digitale molto accade in tempi accelerati e radicalmente ridotti rispetto a quanto non accadeva nella società analogica. Non solo perché il flusso dell’informazione e dei documenti che quell’informazione trasmettono è coadiuvato dal fatto che il formato digitale rende possibile azzerare i tempi di trasmissione.

Ma non è solo una questione di linguaggio di espressione degli stessi contenuti. Non è vero che un atto digitale è solo la traduzione digitale di un atto analogico. C’è un di più. Quell’atto o quel documento andranno a contribuire, seppur per un infinitesimo, ad una disponibilità massiva di dati dai quali saranno estrapolate regolarità che saranno reputate degne di fiducia nella misura in cui da un lato la estrapolazione è fatta con metodi rigorosi e dall’altro lato la base da cui sono estrapolate è affidabile.

Quindi non è solo questione di linguaggio digitale e di traduzione dall’analogico al digitale. la fiducia dipende proprio da come possiamo dare garanzie sulla affidabilità dei dati da cui sono estratte le regolarità. Poiché l’atto digitale non è un dato ipso facto ma lo diventa perché è inserito in banche dati nel rispetto di determinati requisiti, il presidio di questa parte della vita quotidiana di una società digitale è necessario per la costruzione della fiducia.

La “regolazione” europea tra norme e etica

Non è un caso che l’Unione europea già a partire dal 2019 si sia situata sulla scena globale per la visione adottata innanzitutto sul piano etico rispetto ai requisiti minimi che deve avere l’intelligenza artificiale. In senso generale, astratto, ma non lontano dalla realtà concreta, l’intelligenza artificiale emerge da elaborazioni sofisticate di dati che, codificati in matrici, permettono di costruire delle regole, ossia degli algoritmi, con cui individuare pattern, andamenti, pregressi e futuri. Diagnosi e prognosi, individuazione di andamenti dominanti nel passato e di prospettici andamenti probabili nel futuro sono i valori aggiunti conoscitivi che possono essere generati attraverso l’IA. Richiamarlo in questi termini è oggi fondamentale.

La Carta etica sull’intelligenza artificiale

Dal 2019, momento in cui l’Unione europea ha adottato la Carta etica sull’intelligenza artificiale facendo così un passo nella direzione di “normare” (non è ancora un “regolare”) l’universo reso possibile ancorché pieno di imprevedibili sviluppi dall’esplosione delle applicazioni di IA, le azioni intraprese dal legislatore europeo per fissare le regole in senso cogente e giuridicamente vincolante per i paesi membri e gli attori economici che operano nel mercato unico sono state numerose. Richiamiamone due, perché in questo momento sono quelle che più profondamente delle altre rimettono al centro la questione della costruzione della fiducia nella e per la società digitale che evolve.

La prima azione è quella che attiene alla regolazione delle piattaforme attraverso le quali sono esercitate le libertà economiche di cittadini ed imprese. Sovente del Digital Service Act si parla in termini di carattere tecnico ovvero se ne discute per l’impatto che esso ha ed avrà sull’adattamento e la compliance delle realtà di business, e-commerce, transazioni di natura economica in senso lato. È evidente, tuttavia, che al fondo dell’azione dell’UE sta un investimento su quei fattori richiamati all’inizio e che sono proprio i fattori fondamentali nella costruzione della fiducia. Avere regole certe durature nel tempo e comuni a spazi trasversali ai confini territoriali era necessario. Anche se le competenze del cittadino in materia digitale – si pensi a quanto sottolineato ogni anno attraverso il DESI Index in materia di competenze digitali e di capitale umano – sono fondamentali, il cittadino non nutrirà fiducia nelle modalità di azione digitale e veicolate attraverso il digitale solo se e nella misura in cui sarà in grado di controllare tutti i passaggi dei processi e dei flussi documentali ovvero di dati che sono connessi con l’azione svolta attraverso le piattaforme.

Più propriamente il cittadino avrà fiducia se progressivamente costruirà l’aspettativa che vi sia un presidio affidabile su quelle piattaforme e sui dati, ovvero sull’uso dei dati, che da queste scaturiscono e che da queste sono utilizzati, ancorché dovesse incontrare un problema sarà certo di potere trovare una soluzione e una risposta affidabili. Questo ragionamento sposta l’asse dal diritto positivo al diritto positivo nella sua interazione con la società e con la cultura diffusa di cui questa è portatrice. Ancor più vero è quanto appena detto in materia di intelligenza artificiale. L’Unione europea sta elaborando il regolamento in materia di intelligenza artificiale che ad oggi, dopo il passaggio in Parlamento europeo avvenuto il 14 giugno 2023, è nella fase di trilogo ed è quindi oggetto della dinamica di negoziazione fra le tre istanze del legislatore europeo.

Nondimeno l’impostazione del regolamento e soprattutto dell’atto stesso di intervenire con un regolamento in materia di intelligenza artificiale sono chiari. Il primo aspetto che merita essere sottolineato è quello che riguarda la manifestazione della volontà da parte del legislatore europeo di intervenire con una forma normativa che non sia solo quella di carattere etico, ancorché quest’ultima sia stata la prima azione riconosciuta come fondamentale per generare fiducia. Si è trattato di orientare la volontà legislativa verso la creazione di uno strumento capace di creare certezza giuridica in astratto, ossia con la norma giuridica di hard law, generale astratta e cogente capace di dare un chiaro input ad attori economici operativi lungo tutta la filiera della scoperta, progettazione, test e sviluppo di strumenti che integrano l’intelligenza artificiale.

Inoltre, ed è questo l’aspetto che preme sottolineare dal punto di vista della cittadinanza digitale, l’Unione europea ha deciso di operare attraverso l’azione legislativa che si concretizza col regolamento per creare fiducia. Come? In tre modi.

  • Il primo consiste nel tipizzare le categorie di uso associandole ad un grado di rischio. Tale rischio, valutato sulla base delle conoscenze e delle fenomenologie di uso ad oggi note, è classificato sulla base di una scala partizionata su quattro gradi di rischio.
  • Il secondo riguarda il fatto che l’Unione europea obbliga i paesi membri a dotarsi in modo cogente delle stesse regole e questo induce una aspettativa di prevedibilità e di certezza nella attuazione delle regole stesse.
  • Vi è poi un terzo aspetto che prevede l’avvio di un processo di costruzione della fiducia non sul risultato regolativo ma sul metodo con cui il regolamento interverrà nelle società e nelle economie di oggi e soprattutto del domani. Si tratta della previsione di mantenere la norma europea aperta agli esiti di ambienti di test, che la Commissione ha previsto già da ora aprendo una piattaforma per accogliere proposte di sandbox.

Un articolato impianto, dunque, che potrebbe, proprio per la combinazione della sua cogenza giuridica e della sua intrinseca apertura ad un percorso di apprendimento istituzionale essere un sufficiente di per sé a costruire fiducia. Ma non è così.

Il regolamento europeo fissa solo le premesse di quella costruzione, ma lascia indeterminato quanto accadrà in due snodi della vita della società digitale che hanno un impatto profondo sul cittadino.

Presidio e garanzie nella società digitale

Il primo snodo riguarda il presidio della qualità dei dati che saranno la base su cui saranno sviluppate le intelligenze artificiali. Per quanto le competenze digitali diffuse possano e debbano aumentare – l’Italia resta comunque situata nell’ultimo quartile nel ranking europeo del 2022 per digital skills – resta che il presidio della qualità e della certificazione del dato deve avvenire attraverso delle intelligenze esperte che abbiano incorporato tutta l’esperienza professionale e l’orientamento deontologico che deriva dallo svolgere una missione di carattere pubblico. In particolare, laddove gli algoritmi saranno utilizzati all’interno del percorso che coadiuva le funzionalità della pubblica amministrazione ed in generale delle istanze della public governance anche nel territorio – ad esempio nelle smart cities – la funzione di presidio e di garanzia nella società digitale a valle dell’azione astratta regolativa sarà cruciale per la costruzione di fiducia.

Il secondo snodo riguarda l’ascolto e la certezza di trovare una garanzia nelle situazioni concrete che si presentano nella vita in cui a fronte di efficienti, sofisticate e moderne strumentazioni che intervengono con le loro forme di “intelligenza” tecnica, la persona e le sue libere espressioni di volontà economica, sociale, commerciale, saranno garantite. Le situazioni concrete non sono prevedibili dal legislatore. Dunque, occorre che vi sia un presidio su quella parte del processo di attuazione delle norme che si situa fra la norma astratta e la trasformazione della volontà del cittadino in un atto giuridicamente vincolante, come un atto costitutivo di una società, l’acquisto di un bene immobiliare, un testamento, una donazione.

Si tratta di situazioni che la cittadina o il cittadino vivono nei contesti che sono a loro vicini, nella famiglia, negli affari, nel rapporto con gli altri che ci sono ora e che ci saranno dopo di loro. La tutela delle garanzie nei rapporti giuridici fra parti ha in tal senso un risvolto di carattere concreto, vivente e vitale nella costruzione di fiducia nella società digitale, sia per il presidio sulla qualità  e la certezza dei dati, sia per il presidio sull’ascolto e la concreta applicazione di forme di verifica nel contesto di vita dove i cittadini si troveranno a esercitare le loro libertà in mondo intriso e densamente caratterizzato dalle più ampie, diversificate e, diciamo, in alcun modo puntualmente prevedibili applicazioni e forme di intelligenza artificiale.

Vi è poi una dimensione della società digitale di cui occorre cominciare a trattare in modo sinergico, a più livelli istituzionali ed operativo.  Si tratta quella che attiene alla fiducia interna alle organizzazioni ed in particolare ai gruppi di lavoro, nei servizi e negli uffici dove l’utilizzo di dispositivi tecnologici che integrano a vari snodi l’intelligenza artificiale – nelle sue forme presenti e future – ristruttura i processi di lavoro, le forme di routine di coordinamento, le sequenzialità di mansioni e, conseguentemente, tutti i processi di controllo. Aspettarsi che la norma giuridica possa rispondere appieno e lasciata sola al bisogno di costruire nuovi modi per fidarsi delle routine e delle prassi con cui quotidianamente si esercitano ruoli, si svolgono professioni e funzioni, si erogano servizi sarebbe chiedere al diritto positivo qualcosa che il diritto non può dare, se lasciato nel vacuum operativo e culturale.

Occorre quindi una combinazione di forme di normatività che situano la norma giuridica all’interno di un sistema dove la consapevolezza, la autonomia centrata sulla competenza riconosciuta e condivisa, svolga il ruolo di promotore del cambiamento, invece che portare sulle “spalle” l’intero onere di cambiare e realizzare la società digitale. Nondimeno, creare certezza giuridica in astratto accompagnando poi l’attuazione delle norme da attenzione per tutto il ciclo di vita dell’intelligenza artificiale, è un passaggio cruciale per cogliere l’opportunità della trasformazione digitale al fine di rinforzare, rifondare e rivitalizzare la fiducia. 

Conclusioni

Di fatto, investire su quest’ultima non è marginale rispetto all’esercizio delle missioni che sono assegnate alle istituzioni nazionali ed europee. È infatti solo se le regole e le tecnologie con cui si promuove la crescita dell’Unione europea saranno capaci di creare fiducia fra e con i cittadini che la legittimità stessa dell’azione legislativa sarà assicurata. Se si accetta il ragionamento qui proposto tale legittimità si costruisce a monte e a valle del percorso di costruzione della norma giuridica, astratta e in concreto, come traccia del perimetro entro cui operare nella società e nell’economia e come adattamento alle manifestazioni delle libertà, rispondente ai reali diffusi ed individualmente espressi nell’autonomia cittadina.

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