L’esperienza di Ceccano

Il cellulare a scuola va usato, ma con regole chiare: ecco quali

Il cellulare a scuola va portato e usato, come uno degli strumenti della didattica, per ciò che serve nel processo di apprendimento, per studiare, cercare, controllare, per lavorare insieme. L’esperienza del Liceo di Ceccano dove l’utilizzo del dispositivo personale non è vietato ma richiesto

Pubblicato il 03 Ott 2022

Pietro Alviti

giornalista pubblicista, già animatore digitale presso il Liceo Scientifico e Linguistico di Ceccano

Concetta Senese

dirigente scolastico, Liceo Scientifico e linguistico di Ceccano

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È tutto un ribollire di polemiche in questi giorni, sul tema del cellulare a scuola. Quella a cui stiamo assistendo, è però, in realtà, una dinamica consueta: quando le famiglie non riescono a fare qualcosa, chiedono che la scuola si sostituisca al loro compito, in questo caso impedendo ai ragazzi l’uso di quel cellulare, il cui schermo è spesso sporco di residui di cibo, visto che non si riesce neppure ad allontanarlo dal desco familiare, come si diceva una volta.

E così, uno strumento straordinario che ha cambiato la vita a tutti, dandoci la possibilità di moltiplicare le nostre esperienze, di ricercare, di controllare, di creare, di raccogliere informazioni, di essere sempre informati di ciò che accade, anche di passare il tempo, magari vedendo un film o ascoltando la radio, uno strumento di questo genere deve essere espulso dalla scuola, guardato come il nemico, il diavolo.

Ci permettiamo di non essere d’accordo e di sostenere invece che il cellulare a scuola va portato ed usato, come uno degli strumenti della didattica, per ciò che serve nel processo di apprendimento, per studiare, cercare, controllare, per lavorare insieme, per superare le distanze, per confrontarsi.

Smartphone a scuola, come aiuta la didattica: gli esempi concreti

E come tutti gli strumenti scolastici, il suo uso va regolamentato dalla scuola, che deve dare indicazioni chiare, far capire a cosa serve, perché lo si usa e quando non lo si deve utilizzare, come con le matite, i quaderni, i libri, i fogli di carta da non trasformare in aeroplanini, con chiarezza ma anche con decisione, facendone apprezzare le enormi potenzialità e mettendo in guardia contro i rischi. Ne abbiamo fatto lunga esperienza nel Liceo di Ceccano dove l’utilizzo del dispositivo personale non è vietato ma richiesto.

La situazione nel liceo di Ceccano

Ecco la situazione attuale di quella scuola, pervasiva per ogni disciplina: tutte le tecnologie informatiche in possesso degli allievi, tablet, smartphone, computer, con la piattaforma gratuita Google workspace sono a servizio della didattica. Ogni componente della comunità educante del Liceo si identifica in maniera univoca sulla rete con l’utilizzazione delle credenziali dell’account Google. Tale identificazione univoca è indispensabile al corretto utilizzo della rete, che non può fondarsi su password condivise fra più utenti ma deve basarsi sul principio della responsabilità personale. Il server di accesso alla rete conserva il log on di ogni utente e della sua navigazione in rete, il che genera una responsabilità diffusa nell’utilizzo del mondo digitale, assolutamente preziosa, soprattutto in questo periodo.

E il prossimo passo è ancora in questa direzione, per rendere ancora più semplice e sicuro l’accesso alla rete: si sta sperimentando la tecnologia NFC per consentire l’identificazione di colui che utilizza uno strumento comune a più utenti, tramite il semplice avvicinamento di un emittente di segnale univoco. In tal modo sarà sufficiente avvicinarsi con il proprio smartphone ad un computer della scuola che questo si collegherà direttamente alla rete, ricordando le nostre credenziali di accesso.

Tutto questo attraverso software di uso comune, gratuiti, che non appesantisce i bilanci delle scuole con costose licenze.

I cinque principi che riassumono l’esperienza del Liceo di Ceccano

Ecco cinque principi e cinque idee possono riassumere l’esperienza del Liceo di Ceccano:

  • Tutti sempre connessi
  • ad ognuno il proprio strumento di lavoro, scelto da lui, non assegnato dalla scuola
  • possibilità per tutti di videoconferenza a distanza
  • giusta infrastruttura per sostenere le applicazioni utilizzate
  • politica di protezione della rete con identità unica

Tutte queste azioni si sono ritrovate completamente nel Piano Nazionale Scuola Digitale. La cosa ha naturalmente suscitato notevole soddisfazione al Liceo. In particolare, l’azione 6 del PNSD: “La scuola digitale, in collaborazione con le famiglie e gli enti locali, deve aprirsi al cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device), ossia a politiche per cui l’utilizzo di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche sia possibile ed efficientemente integrato”.

Il “deve aprirsi” indica una necessità e non una possibilità ed è questa la scelta vincente del Liceo che oggi appare come un’istituzione scolastica in cui davvero ogni allievo e ogni professore dispongono di un apparato digitale. Ogni classe ha una base essenziale di dispositivi da integrare con quelli degli alunni.

In effetti la storia del Liceo mostra come l’azione #6 del piano raccoglie l’eredità delle “vecchie” classi 2.0 e le trasforma in ambienti per la didattica digitale integrata, pensandoli appunto nella logica della sostenibilità, replicabili potenzialmente in ogni classe di un istituto, previa la presenza di una adeguata connessione e di dispositivi, non solo della scuola ma personali degli alunni.

È possibile dunque fissare alcuni punti fermi per poter “fare byod” a scuola?

Strumenti necessari per fare byod a scuola

  • Buona connettività-navigazione protetta con autenticazione degli utenti;
  • ambienti cloud per poter lavorare e condividere, possibilmente amministrati dall’istituto;
  • dispositivi funzionanti con le applicazioni necessarie a disposizione.

Le azioni necessarie

  • Predisporre gli alunni ad una gestione responsabile dei dispositivi in classe e fuori dalla classe, con il coinvolgimento delle famiglie, per l’utilizzo dei dispositivi personali e le attività in digitale attraverso informative specifiche;
  • formare al cambiamento del paradigma didattico e alla novità dell’ambiente integrato digitale i docenti con opportune e dedicate proposte.

Le regole del Liceo di Ceccano

Ecco le cinque semplici regole da seguire.

  1. Il device deve essere acceso solo su indicazione del docente.
  2. Il device deve essere utilizzato esclusivamente per l’attività didattica guidata dal docente.
  3. Il device non deve essere utilizzato per fotografare o registrare (audio, foto e video) altri soggetti (studenti, docenti, personale scolastico, ecc.) senza il loro consenso.
  4. I genitori, informati dell’uso dei device a scuola, devono autorizzarlo (consenso dei genitori per l’utilizzo di internet sottoscritto all’inizio dell’anno scolastico).
  5. Il device è parte del materiale scolastico del singolo allievo che ne è responsabile (uso improprio, danneggiamento).

Ma come si è arrivati a questa situazione?

I limiti dell’esperienza classe 2.0

L’espressione tradizionale, che indica i due estremi nella considerazione di qualcosa, può essere applicata alla modalità adottata dal Liceo di Ceccano fin dal 2013, per quanto riguarda i cellulari, o meglio i dispositivi personali. In quei giorni dovevamo decidere come utilizzare al meglio il finanziamento ricevuto per la classe 2.0, dopo la precedente esperienza che era consistita nella tradizionale assegnazione ad una classe di computer portatili, rapidissimamente invecchiati. Contemporaneamente, era fortissima la discussione fra gli insegnanti della scuola che si vedevano costretti ad impedire l’utilizzo dei cellulari per la famosa circolare Fioroni (i videofonini nel 2007). Come sempre, si estremizzava: la vita quotidiana di un adolescente a scuola consisteva (e consiste ancora in tanti contesti scolastici…) nel cercare di nascondere il suo rapporto con il cellulare, infilato sotto il banco o difeso da zaini ed astucci. Già si coglieva però, d’altra parte, l’importanza che internet avrebbe avuto nella didattica e c’erano insegnanti che cercavano di utilizzare quello che avevano a disposizione (i cellulari dei ragazzi e il proprio) ed altri che attendevano che la scuola desse a ciascuno il proprio computer.

L’esperienza della classe 2.0 aveva rivelato i suoi limiti insormontabili: il numero assolutamente ridotto degli allievi coinvolti e l’incapacità della rete disponibile allora di sostenere l’utilizzo di un numero alto di apparati. Contemporaneamente il MIUR proponeva le costosissime aule aumentate, con schermi giganti alle pareti e tavoli interattivi: anche in queste aule supertecnologiche però rimaneva il problema del numero degli allievi che avrebbero potuto utilizzare l’aula 3.0 con continuità.

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La svolta: ogni alunno usa il suo device

L’intuizione venne, nel settembre del 2013, quasi dieci anni fa, da un confronto con una classe IV: chiedemmo loro quanti avessero la possibilità di connettersi autonomamente ad internet. La risposta fu decisiva: tutti. Capimmo che dovevamo cambiare strada: niente più computer per i ragazzi, niente più laboratori di informatica: ognuno avrebbe portato il suo apparato. La scuola, perciò, doveva concentrarsi su due obiettivi:

  1. uno strumento di condivisione in ogni aula (LIM, proiettore, TV…),
  2. una connessione potente e affidabile a disposizione di alunni e professori, controllata dalla scuola

Sempre in quelle settimane ci fu il fortunato incontro con le Google apps for education, oggi Google workspace, che hanno consentito al Liceo di Ceccano di avere, da quasi 10 anni, una piattaforma di comunicazione, condivisione e pubblicazione gratuita ed affidabile.

L’importanza di una connessione internet potente

Era necessario dunque portare il segnale internet in tutte le classi e in tutti gli ambienti del Liceo: diversi tentativi andarono a vuoto, con la conseguente frustrazione derivante dalle tecnologie che non funzionano o che sono eccessivamente complicate. L’obiettivo era quello di consentire a tutti di utilizzare Internet come strumento di studio, di approfondimento, di condivisione e non c’era la linea. Cosa c’è di più scoraggiante? Oggi stiamo assistendo ancora alle stesse vicende con gli schermi acquistati a caro prezzo e che poi non hanno la potenza di rete sufficiente per funzionare. Certo, allora c’erano i cellulari dei ragazzi ma la disponibilità dei dati nei loro contratti era davvero poca.

Per fortuna ci fu l’incontro con alcuni progettisti di reti informatiche che non vendevano apparati, ma appunto, progettavano. Penso questa sia stata l’idea risolutiva: avere un progetto sostenibile, perseguibile, non spendere soltanto i soldi che si hanno a disposizione ma utilizzarli al meglio in una prospettiva di sistema, fatta di piccoli passi. E con loro l’idea di un ponte radio di 13 chilometri per collegare il Liceo alla rete internet del GARR: un’idea sembrata folle a molti, tanto che il progetto fu bocciato da un’apposita commissione del MIUR che non dette il finanziamento, per fortuna poi recuperato da un altro della Regione. Il ponte fu realizzato, al Liceo arrivò un segnale simmetrico 100 mbps, vennero comprati apparati usati per sostenere il wireless interno.

Nel marzo del 2014, 6 anni prima di quanto previsto dal Governo italiano, il Liceo risultava connesso a 100 Mbps simmetrici ed offriva, come offre, a tutti i suoi membri la possibilità di navigare, di pubblicare, di condividere.

Il punto di forza reale è stato l’uso del dispositivo personale: quando abbiamo adottato questa modalità non sapevamo che negli USA avessero creato l’acronimo BYOD che poi abbiamo utilizzato. Ci adattammo semplicemente alla realtà, cercando di coglierne gli aspetti positivi dal punto di vista didattico e soprattutto provando a governare una situazione che veniva vissuta appunto come il diavolo o l’acquasanta.

Il cellulare come strumento di studio

Il cellulare (o tablet o laptop, ma chiaramente lo smartphone è lo strumento più pratico) è diventato, per il Liceo intero e non soltanto per qualche docente sperimentatore (nonostante Fioroni e i suoi videofonini), uno strumento di studio per tutte le discipline. Tutti ne possiamo cogliere facilmente i vantaggi: dizionari, etimologie, mappe, atlanti storici, enciclopedie, testi, verifiche, piattaforme didattiche, laboratori linguistici, tutto sempre in tasca e ancora macchina fotografica, camera video, registratore, strumenti da laboratorio di fisica…: niente più caccia ai laboratori, all’aula di informatica, tutto sempre disponibile in classe per ogni alunno, nessuno escluso. E ancora tutta la dimensione comunicativa: poter raggiungere gli alunni, tutti, in qualsiasi momento, poterli collegare a distanza, eliminare il problema degli impossibilitati a frequentare, condividere documenti, scriverli a più mani… non far circolare più migliaia di files ma condividere link… È stato un processo di cambiamento di abitudini, ma le tecnologie erano già disponibili, bisognava soltanto utilizzarle. E soprattutto erano gratis: immaginate cosa voglia dire questo sui bilanci delle scuole. E così, pian piano, tutti gli insegnanti ne hanno scoperto le potenzialità fino a sperimentarne sempre di nuove, a seconda degli insegnamenti, con una continua attività di formazione per i docenti e di sperimentazione.

Conclusioni

È stato necessario anche imbrigliare il “demonio”, però: notifiche, Whatsapp, fotografie, filmati. Come ogni cosa il cellulare (continuo a chiamarlo così per una questione d’età…) può essere utilizzato bene o male: anche qui la scelta non è stata quella regolamentare, che pur c’è stata con la modifica opportuna del regolamento di istituto. Si è scelta, invece, la strada dell’educazione: far percepire agli allievi che quell’affare che hanno (che abbiamo…) in tasca, pròtesi senza il quale ci si sente menomati, non è soltanto un giocattolo ma un potente strumento di studio e di comunicazione che va utilizzato in modo corretto. La scuola, dunque, non si è tirata indietro, erigendo muri assolutamente inefficaci contro le tecnologie ed elevando peana lamentosi sulla perdita dei valori del passato, ma ha accettato la sfida di regolarle, capirle, studiarle, criticarle.

Due sono state le idee forza di questa esperienza:

Innanzitutto, puntare sugli allievi. Sono stati loro gli insegnanti, i tutores dei docenti, i tecnici da chiamare in caso di difficoltà, gli innovatori da stimolare perché mettessero a disposizione di tutti quanto apprendevano dall’uso quotidiano degli apparati personali e delle applicazioni. Gli allievi sono stati il punto di forza della digitalizzazione del Liceo, tanto che numerosi sono coloro che grazie alle esperienze che hanno potuto fare a scuola si sono poi ritrovati a lavorare nell’ambito della società digitale.

La seconda scelta strategica vincente è stata la libertà di uso della rete. L’obiettivo è stato sempre quello di rendere l’utilizzo di internet quanto più familiare possibile e i risultati si vedono oggi: questa libertà ha comportato naturalmente che il Liceo di Ceccano si è fatto carico da tanti anni di educare all’uso consapevole della rete, di spiegare ai ragazzi cosa sia l’impronta digitale, come poter governare la propria reputazione nel web, come evitare i rischi delle truffe e degli incontri negativi nella rete.

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