Le Linee Guida

Ricerca e innovazione, il PNRR entra nel vivo: ecco le prime iniziative

Sono state pubblicate dal Governo le Linee guida per le iniziative di sistema della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa” del PNRR. Molti gli spunti interessanti, ma non mancano le criticità. Ecco quali

Pubblicato il 29 Ott 2021

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

ricerca e sviluppo

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sta entrando nel vivo, con le prime iniziative ai nastri di partenza. Qualche giorno fa si è riunita la Cabina di regia con il Premier e sono state esaminate le linee guida per la ricerca e l’innovazione.

Le Linee Guida precedono l’emanazione dei bandi sulla ricerca di filiera della Missione 4, componente 2, del PNRR, quella che sia chiama “Dalla ricerca all’impresa”; contengono una visione di insieme e le informazioni chiave per i potenziali partecipanti

Gli interventi di sistema, attualmente programmati, sono quattro, e utilizzeranno poco più dei 6 miliardi dei 9 di competenza Mur.

Il futuro oltre il PNRR, con la Ricerca al centro: il modello di sviluppo che ci serve

Si accederà agli investimenti mediante bandi che verranno pubblicati entro il primo trimestre del 2022.

Le Linee guida sono al momento in consultazione. Vedremo quando saranno rese definitive.

Dalla Ricerca all’impresa: ecco le istruzioni per i Bandi

Sono state pubblicate dal Governo le Linee guida per le iniziative di sistema della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa” del PNRR. L’intenzione è quello di fornire le istruzioni (dal soggetto proponente al dimensionamento del finanziamento, dalla durata delle iniziative alle tematiche di ricerca laddove previste e alle condizionalità da rispettare) e le modalità per partecipare ai bandi di prossima emanazione – presumibilmente nel primo trimestre del 2022 – che punteranno a rafforzare il sistema della ricerca e a favorire la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata.

I bandi sono finalizzati a selezionare:

  • 5 «campioni nazionali di ricerca e sviluppo» (Centri Nazionali) su alcune tecnologie abilitanti;
  • fino a 12 «ecosistemi dell’innovazione»;
  • almeno 10 grandi progetti di ricerca fondamentale proposti da «partenariati estesi» costituiti da università, centri di ricerca e aziende;
  • fino a 30 infrastrutture di ricerca e innovazione tecnologica.

Lo stato dell’arte del sistema ricerca e innovazione

Per fare il punto sullo stato dell’arte del sistema ricerca e innovazione in Italia, non si può che partire dando uno sguardo d’insieme a 3 documenti programmatici del Governo: Il Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027; la legge di Bilancio 2020; il Piano di ripartenza (PNRR).

Cosa ci dicono in sintesi questi tre documenti?

Mi limito a delle brevi riflessioni su alcuni ambiti: governance, risorse, rete soggetti.

La governance

L’aver istituito presso il CIPESS la “Commissione per la ricerca”, con un rappresentate fiduciario di ogni ministero, lo considero uno strumento di coordinamento importante per l’attuazione delle politiche multilivello. Non dimentichiamo che il settore pubblico della ricerca soffre di una eccessiva frammentazione (si tratta di 14 enti vigilati dal MUR e di 6 enti vigilati da altri Ministeri). Questo non aiuta a far crescere il sistema nel suo complesso.

Il finanziamento

L’ultima legge di bilancio ha istituito 4 nuovi Fondi per la ricerca e l’innovazione, a cui vanno a sommarsi le risorse previste dal PNRR. Non siamo ancora al “Piano Amaldi”, l’appello lanciato al premier da autorevoli scienziati, che prevede di finanziare il settore con 15 mld nei prossimi 5 anni (investire l’1% del PIL in ricerca fino al 2026). Tuttavia c’è una positiva iniezione di risorse, che di fatto inverte la tendenza dei tagli osservata nell’ultimo decennio.

Open innovation

In Italia sta crescendo l’ecosistema delle scaleup (le ex startup passate a uno stadio successivo di crescita). Abbiamo ancora un gap da colmare rispetto a Spagna, Francia e Germania, ma il nostro ecosistema si sta allargando. N’è una riprova l’andamento del segmento Star di Borsa Italiana, dedicato alle società quotate di piccola e media dimensione, da 40 milioni fino a un miliardo di capitalizzazione di ammissione. Nel corso del tempo lo Star, che quest’anno festeggia il suo ventennale, è diventato una sorta di vetrina delle imprese italiane più innovative e brillanti, con un indice di listino che ha fatto registrare un +632% dal 2003 a oggi. È una tendenza, positiva, che va rafforzata. Per questo le nostre aziende devono guardare sempre di più all’estero per fare scouting di innovazione.

Che fine ha fatto la Agenzia Nazionale per la Ricerca?

Detto questo, c’è un’assenza importante nei 3 documenti esaminati: non viene mai citata l’Agenzia Nazionale per la Ricerca (istituita dalla L. 160/2019), che non ha ancora visto la luce. Sembra sparita dai radar, tant’è che se ne sono perse le tracce.

L’Agenzia doveva servire a promuovere e finanziare progetti di ricerca altamente strategici, favorire l’internazionalizzazione delle attività di ricerca, definire un piano di semplificazione delle procedure amministrative e contabili relative ai progetti di ricerca, snellire gli iter burocratici, favorire la mobilità dei ricercatori, e da ultimo doveva servire ad aumentare la trasparenza nella distribuzione delle risorse.

Tutto quello che servirebbe oggi a rendere il nostro sistema di ricerca e innovazione più attrattivo e a valorizzare i giovani talenti presenti sul territorio.

Permangono perciò alcuni “nodi critici” su cui occorre intervenire.

I nodi critici del sistema ricerca e innovazione

Ma quali sono i principali nodi critici?

  • Abbiamo pochi laureati.
  • Abbiamo pochi ricercatori pubblici (circa 75mila, contro i 110mila della Francia e i 160mila della Germania), peraltro con un’età media alta ma con bassi livelli salari.
  • Abbiamo pochi dottorati di ricerca l’anno (9mila, contro i 15mila in Francia e i 28mila in Germania).
  • Tra tutti i ricercatori italiani che vincono gli ERC, i bandi europei per ricercatori emergenti, solo pochissimi scelgono di condurre le ricerche nel nostro Paese (siamo poco attrattivi).
  • Abbiamo pochi brevetti (tra il 2014 e il 2019 l’Italia ha contribuito agli oltre 850mila brevetti europei solo per il 7%, contro il 47% della Germania).
  • Abbiamo troppe regole burocratiche, che comportano tempi lunghi negli iter amministrativi.
  • Abbiamo un apparato pubblico che fatica ad aumentare il proprio livello di competenze digitali.

Per tutti questi motivi, secondo l’Innovation Scoreboard 2020, siamo un Paese “Innovatore moderato”.

Ciò nonostante assistiamo a un paradosso: la qualità della ricerca italiana è elevatissima e siamo quelli con più citazioni tra gli autori di pubblicazioni scientifiche. Possiamo affermare che l’Italia ha quindi una posizione importante nella ricerca scientifica mondiale, ma un grave ritardo nel trasferimento tecnologico alle imprese.

Con il PNRR abbiamo da essere fiduciosi, perché ci sono tutti i presupposti per intervenire su questi nodi critici.

Le prospettive del PNRR per il sistema ricerca e innovazione

Senza entrare troppo nei dettagli degli interventi previsti dal PNRR per l’innovazione, secondo me ci sono alcuni punti (e spunti) molto interessanti:

  • partenariati estesi; al di là delle singole tematiche su cui dovrà focalizzarsi la ricerca, viene esplicitata l’esigenza di creare ecosistemi in grado di garantire approcci interdisciplinari (che si possono interpretare non solo sul fronte delle competenze dei vari attori e delle persone, ma anche come opportunità di creare interconnessioni tra le differenti tematiche: per esempio intelligenza artificiale e cyber security, intelligenza artificiale per il settore medico, oppure intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile e così via)
  • principi di etica e di responsabilità: è richiesto che le tecnologie, soprattutto quelle che sfruttano l’IA, siano disegnate, progettate e implementate in modo responsabile e trasparente (anche se, devo dire, che trovo molto complessi controllo e governance)
  • centri nazionali: trovo interessante che sia stata data enfasi a due importanti ambiti in cui l’Italia vanta una tradizione e può giocare un ruolo importante (le tecnologie dell’agricoltura; le simulazioni e l’analisi ad altre prestazioni, ossia centri di super calcolo – poche settimane fa a Pisa si è laureato il primo ingegnere informatico quantistico d’Italia).

Vedremo come si svilupperà nei prossimi mesi l’attuazione di queste iniziative.

Conclusioni

In un sistema di risorse scarse, diventa anche decisivo stabilire priorità strategiche e portafogli ottimali di investimenti in tecnologia. L’innovazione che studia l’innovazione ci dice che ci sono due domini in cui le tecnologie cambieranno più velocemente nei prossimi anni:

Questi due domini sono anche quelli in cui sono più forti i legami interdisciplinari e dove le tecnologie hanno un’ampia interazione l’una con l’altra.

Ecco spiegato il motivo per il quale nei gruppi di ricerca, specialmente in quelli internazionali di successo, la multidisciplinarietà è un fattore chiave fortemente perseguito e sostenuto.

Ecco perché ci vuole un impegno continuo per l’ampliamento e la diffusione delle conoscenze.

Ecco perché dobbiamo continuare a sostenere la promozione della ricerca e del trasferimento tecnologico, non solo come strumento di pace e di dialogo tra i popoli, ma anche di sviluppo sociale e di crescita sostenibile dell’economia.

Ecco perché sta a noi utilizzare le disponibilità del Piano di ripartenza per dare maggior forza all’alta cultura, alle università, alla ricerca e alla scienza, e renderle ancor più risorse essenziali per lo sviluppo armonico del Paese.

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