la riflessione

L’IA non ci travolgerà, ma dobbiamo conoscerla e regolarla



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Il progresso non si ferma, ma può essere guidato, a patto che si ragioni su regole, comportamenti, etica, privacy. Ma bisogna fare presto, perché la ricerca di confine è smodatamente più avanti del prodotto che vediamo oggi noi tutti

Pubblicato il 2 giu 2023

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet



IA intelligenza artificiale ai generativa e copyright

Si fa improvvisamente un gran parlare di Intelligenza Artificiale (AI) e poi ultimamente, tra le tantissime declinazioni del mezzo, del popolare ChatGPT.

Mi è piaciuto – tra i tanti – Roberto Viola, Direttore Generale di DG CONNECT (direzione generale delle reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie) presso la Commissione Europea.

Essere o non essere? Chiediamolo a ChatGPT

“Ho chiesto a ChatGPT cosa significa essere o non essere – ha affermato Viola – la risposta che mi ha dato è un buon tema di filosofia, ma non è un filosofo, la creatività umana è ancora qualcosa di unico. L’intelligenza artificiale ci serve, perché significa macchine più sicure, una sanità migliore, ma è certamente da regolamentare. Per questo ha fatto bene l’Europa a voler limitarne i rischi”. Poi sui pericoli previsti da Geoffrey Hinton, padrino dell’IA, che ha annunciato le sue dimissioni da Google temendo per il futuro di questa tecnologia e di noi tutti, Viola ha concluso: “L’intelligenza artificiale può sicuramente sbagliare, è una macchina, ma dipende da quali dati iniziali le sono stati forniti. Se guarda immagini mediche che non sono buone, l’intelligenza artificiale sbaglierà. Per questo l’approccio europeo sta lavorando in questo senso: verificare quali dati vengono forniti alla macchina, come funziona l’algoritmo e la probabilità di errore. Bisogna conoscere i rischi per comprenderli e prevederli, ma al tempo stesso usare l’intelligenza artificiale, che forse, a questo punto, dovremmo chiamare intelligenza aumentata”.

Ma il dibattito che si è acceso nel mondo è talmente vasto che si è espresso da Berlino persino l’ex Presidente USA Barack Obama: “Non sono molto ottimista sull’intelligenza artificiale, che è solo all’inizio e sarà molto distruttiva: interi settori di lavoro spariranno, ci saranno problemi di sicurezza nazionale e soprattutto disinformazione, chi distinguerà tra me e un mio avatar creato dall’A.I.” Ma il suo non è un rifiuto del progresso: “Occorrono regole, standard, verifiche tecnologiche, bisogna investire in nuove forme di giornalismo e occorre attrezzare le nuove generazioni per questa nuova realtà”.

Ecco, quindi, come da questi due autorevoli interventi emerga un dato che va tenuto ben in evidenza: il progresso, il futuro, non si ferma, ma può essere guidato, a patto che si ragioni su regole, comportamenti, etica, privacy etc.

Sarà fondamentale fare presto, perché – chi ne sa più di me – mi dice che la ricerca di confine è come al solito, smodatamente più avanti del prodotto AI che vediamo oggi noi tutti. E la fretta della corsa è dettata proprio dal non voler arrivare tardi: come avviene per il doping nello sport, sappiamo che la prassi di alcuni cialtroni o delinquenti è spesso più avanti dei regolamenti.

Ecco per l’AI l’esempio mi sembra calzante. Poi che ci sia conservatorismo tra gli esseri umani, che sia difficile lasciare il certo per l’incerto, beh lo sappiamo tutti. Pensate alle quattro rivoluzioni industriali, ogni volta sembrava fosse un disastro e che il futuro sarebbe stato peggiore ed invece ogni volta sono raddoppiati o triplicati i posti di lavoro, la ricerca, la qualità della vita. Anche qui un esempio: il passaggio dai cavalli alle carrozze, e infine alle locomotive; dal vapore al diesel, e infine all’elettrico: la tecnologia evolve, giustamente, lasciandosi dietro, ingiustamente, un mondo che solo ieri pareva all’avanguardia, ed oggi è subito obsoleto.

L’intelligenza artificiale vista dai filosofi

Qui entriamo in filosofia e allora andiamo a leggere cosa sta dicendo il grande Yuval Noah Harari, il quale sostiene che l’intelligenza artificiale ha violato il sistema operativo della civiltà umana: “i computer narratori cambieranno il corso della storia umana. Le orecchie dell’intelligenza artificiale (AI) hanno perseguitato l’umanità sin dall’inizio dell’era dei computer. Finora queste paure si concentravano sulle macchine che usavano mezzi fisici per uccidere, schiavizzare o sostituire le persone. Ma negli ultimi due anni sono emersi nuovi strumenti di intelligenza artificiale che minacciano la sopravvivenza della civiltà umana da una direzione inaspettata. l’intelligenza artificiale ha acquisito alcune notevoli capacità di manipolare e generare il linguaggio, sia con parole, suoni o immagini. l’intelligenza artificiale ha quindi violato il sistema operativo della nostra civiltà”.

Restando in filosofia sono andato a cercare sul tema il pensiero di Massimo Cacciari: “La rivoluzione tecnologica dell’ultimo trentennio, la più intensa e accelerata che l’umanità abbia conosciuto, ha comportato un radicale mutamento negli equilibri di potere. Automazione, robotica, intelligenza artificiale rendono pateticamente obsoleto ogni discorso sulla “centralità del lavoro”. Il 50% dell’occupazione attuale potrebbe già venire sostituita dai nuovi sistemi. Le nostre società hanno cessato di essere “repubbliche fondate sul lavoro”? No, ma il lavoro che le fonda è quello tecnico-scientifico, innovativo, il lavoro dell’intelletto generale, organizzato a rete sull’intero pianeta, al di là di ogni confine statuale. Un tale sistema può svilupparsi per sua natura soltanto in un senso: moltiplicando le disuguaglianze tra gli attori, i proprietari del processo innovativo, coloro che sono in grado di promuoverlo e gestirlo, da una parte, e le masse che sono costrette a subirne le conseguenze, come si trattasse di eventi naturali, dall’altra. Scienza e tecnica debbono liberare dal lavoro, non creare disoccupazione”

Ma l’ultima domanda a chi potevo rivolgerla, se non direttamente a ChatGPT, ovvero all’Intelligenza Artificiale?

Ecco il testo originale, integrale: “Ma tu cosa pensi dell’AI? Come modello di intelligenza artificiale, non ho pensieri o emozioni personali sulla mia stessa tecnologia. Sono solo un programma informatico che è stato progettato e addestrato per eseguire compiti specifici, come generare risposte a domande e svolgere altre attività linguistiche. Tuttavia, parlando più in generale dell’intelligenza artificiale come tecnologia, penso che abbia il potenziale per portare molti benefici alla società. La IA può essere utilizzata per automatizzare e semplificare i processi in molte aree, dall’assistenza sanitaria alla finanza, dall’industria manifatturiera alla logistica. Può anche essere utilizzata per svolgere compiti pericolosi o noiosi che sarebbero troppo difficili o inefficaci per gli esseri umani. Tuttavia, la IA può anche presentare alcune sfide e preoccupazioni. Ad esempio, c’è la preoccupazione che la IA possa sostituire il lavoro umano in molte industrie, creando disoccupazione e aumentando le disuguaglianze. Inoltre, c’è il rischio che la IA possa essere utilizzata in modo improprio o dannoso, ad esempio per la sorveglianza di massa o la manipolazione dell’opinione pubblica. In generale, penso che l’intelligenza artificiale sia una tecnologia potente e utile, ma che debba essere utilizzata in modo responsabile e pensato per massimizzare i suoi benefici e minimizzare i suoi rischi”.

Conclusioni

In conclusione (di un tema che non ha conclusione, ma riguarda il futuro che verrà) credo urga una alleanza globale sulle regole dell’AI e più in generale del mondo digitale (pensate ai droni, ai sistemi di pagamento, a quelli dell’automotive etc.

Un’alleanza strategica tra i soggetti che creano l’innovazione e le masse che oggi la vivono come una minaccia, invece che un’opportunità di vita e lavoro migliore. Il che significa che va ripensato il modello di società e di democrazia che fin qui conosciamo e che ormai è obsoleto e novecentesco.

Tutto il resto discende: dalle politiche fiscali che vanno costruite, ad esempio, nei confronti dei grandi gruppi multinazionali, alla fissazione delle priorità interne di bilancio, fino a quelle riforme istituzionali necessarie per garantire trasparenza e rapidità nelle decisioni e selezione di una classe politica capace di confrontarsi con la “rivoluzione permanente” dell’epoca che viviamo. In una parola dobbiamo surfare l’onda per non essere travolti e ciò riguarda tutti noi, cittadini, istituzioni, imprese! E iniziare tutti noi, partendo dall’alfabetizzazione digitale, a capire di cosa stiamo parlando, ci renderà meno schiavi (della tecnologia) e più liberi (nel pensiero)!

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