lavoro agile

Lo smart working è veramente agile? Vantaggi e svantaggi

Lo smart working presenta molti vantaggi sia dal lato delle aziende (riduzione degli spazi e aumento della produttività) che da quello dei lavoratori (più tempo libero, meno stress) e qualche svantaggio, soprattutto sul versante sicurezza. L’importanza della tecnologia, dell’ambiente e il ruolo giocato dalla fiducia

Pubblicato il 04 Giu 2018

Anna Alferova

studente, università la Sapienza di Roma

Gianluca Bei

studente, università la Sapienza di Roma

Stefania Carvisiglia

studente, università la Sapienza di Roma

Valentina De Angelis

studente, università la Sapienza di Roma

Matteo Stravato

studente, università la Sapienza di Roma

smart-working

C’è stata la prima, la seconda, la terza e quella che viviamo adesso, ovvero la quarta rivoluzione industriale anche definita Industria 4.0 che presenta strumenti funzionali a un nuovo modo di interpretare il lavoro.  L’industria 4.0, che rende possibile una maggiore autonomia di gestione del tempo e dei luoghi e una logica a obiettivi, ha reso possibile lo Smart Working che si differenzia dal Telelavoro che presenta elementi ancorati a modelli tradizionali di controllo e logica d’ufficio.

Smart working e trasformazione di modalità e mezzi produttivi

Lo sviluppo dello smart working si verifica grazie a tecnologie, a programmi, disegni, politiche pubbliche e interessi tecnici. Infatti, esso rivoluziona il lavoro attraverso l’informatica, ovvero l’ICT intesa come l’insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano i sistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di informazioni.

Andrea Dell’Orto dichiara che “l’evoluzione delle tecnologie digitali pone le imprese di fronte ad un atteso cambio di paradigma che permette anche, e non solo, alle aziende manifatturiere, di realizzare una maggiore inter-connessione e cooperazione tra le proprie risorse e i clienti: sistemi complessi, singole macchine, persone, prodotti e informazioni, sia interni alla fabbrica sia distribuiti lungo la catena del valore”.[1]

Per comprendere questa “evoluzione” ci avvaliamo del supporto della filosofia. Il Professor Piero Pagnotta nella presentazione del corso, “Filosofia del management” tenuto presso l’Università la Sapienza di Roma, fornisce due elementi a nostro parere importanti: «Governare una organizzazione, una impresa, richiede la conoscenza di diverse discipline che concernono l’economia, il marketing, le tecnologie applicate, la gestione delle risorse umane. Tale complessità̀ esige competenze tecniche specialistiche e capacità di analisi dell’agire umano”.

Smart working, tecnologie applicate e analisi dell’agire umano

Il primo elemento importante è “Tecnologie applicate” infatti, lavorare in Smart Working richiede non solo la conoscenza, ma anche l’uso di tecnologie sempre in continuo perfezionamento.

Il secondo elemento importante è “L’analisi dell’agire umano”: il lavoratore (in particolare “l’impiegato”) è un individuo che svolge secondo un concetto tradizionale l’attività lavorativa in determinati giorni nell’ambiente dell’ufficio: quattro pareti, una scrivania, la foto della propria famiglia o dell’animale domestico, il calendario da scrivania, ecc. e nei giorni restanti fuori dall’ambiente di lavoro, vive in casa, parco, aree attrezzate, ecc. quindi in ambienti privi di controllo diretto del responsabile, lontano dalla sede e dagli occhi del “capo”.

L’agire umano è guidato da una conciliazione tra vita privata e lavorativa legata da un filo rosso definito socialmente “Fiducia”.

Smart working, interpretazione della L.81 del 22 maggio 2017

Il sito web gazzettaufficiale.it vanta la legge n.81 del 22 maggio 2017 che recita: «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato».

Un importante concetto è la dicitura “misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi”, ciò che colpisce è includere nella flessibilità anche la componente ambientale e investire energie e risorse in una sempre continua integrazione di queste nuove modalità che potrebbero interessare molte tipologie di lavoro.

Il Capo II LAVORO AGILE contiene 7 articoli dal 18 al 24, che mostrano come favorire la flessibilità, ad esempio:

“Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa“[2]

“L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.[3]

“1. L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.  L’accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari”.[4]

“Quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza”

Questi articoli evidenziano l’importanza della tecnologia, dell’ambiente e del ruolo giocato dalla fiducia e ragionevolezza in un’attività lavorativa lontana dal controllo diretto.

Vantaggi e svantaggi (risorse e limiti dello smart working)

L’Industria 4.0 nasce dalla Digital Trasformation, ovvero, le nuove tecnologie che impattano sul mercato e sulla società; tecnologie che si caratterizzano come motore di cambiamento: complesse in fasi di progettazione e realizzazione e user friendly per l’utente finale. Tali tecnologie sono abilitatrici di una vera e propria creazione di non-luoghi lavorativi nel quale sempre più aziende iniziano a vedere soluzioni a problemi presenti negli spazi fisici e concreti. Come il lavoro tradizionale trova la necessità di una rappresentazione fisica e tangibile (uffici, sedi, fabbriche) anche lo smart working ha bisogno di un suo contenitore espresso dalla “nuvola”, in inglese “cloud”.

È un sistema convergente ovvero tutti gli autorizzati, una volta superata l’identificazione possono memorizzare, recuperare, trasmettere, manipolare o trasformare i dati che costituiscono un progetto, un obiettivo pianificato e quindi il lavoro.

In questo non-luogo si può comunicare con un sistema di messaggistica sicuro e intuitivo. Il lavoratore può accedere tramite PC, laptop, tablet, realtà aumentata e smartphone. Un ruolo fondamentale lo giocano proprio gli Smartphone; attualmente uno Smartphone contiene processori al pari dei pc, schermi vividi e poco invasivi alla vista, data la sua dimensione ha consumi minimi a differenza di un laptop o addirittura di un PC che ha bisogno di un collegamento elettrico stabile. Un altro punto di forza dello smartphone è la connettività permessa dal sistema operativo.

Tenuto conto delle indicazioni normative e delle caratteristiche tecniche, abbiamo svolto una indagine sul campo per “valorizzare” le dimensioni sociali analizzando l’esperienza di chi lavora in smart working.

Lo smart working sul piano lavorativo porta a una riduzione del cartaceo, riduce gli spazi, aumenta la produttività, minimizza l’antagonismo favorendo la produttività e salvaguarda l’ambiente, sul piano personale riduce gli spostamenti, migliora la qualità della vita restituendo del tempo libero e riducendo lo stress dovuto alla congestione urbana. Tutto ciò è possibile perché le attuali tecnologie consentono di gestire in modo sicuro le informazioni in tutti i luoghi in cui viene svolta l’attività lavorativa. I vantaggi non sono trascurabili in quanto favoriscono un rinforzo verso la maggiore fidelizzazione del lavoratore verso l’azienda che gli stessi protagonisti definiscono come “un regalo dall’azienda, da guadagnarsi con maggiore responsabilità e impegno” perché dichiara un intervistato: “l’azienda grazie allo Smart Working mi fa stare con mio figlio”.

Solo un uso scellerato di strumenti e comportamenti può rappresentare uno svantaggio; ciò necessita competenza in modelli che permettono di prevenire, individuare e intervenire nei confronti di comportamenti e strumenti utilizzati in modo maldestro, ad esempio riducendo la produttività o la qualità del lavoro o non conservando in modo adeguato le informazioni che hanno un valore competitivo per aziende.

Fornire solo ad alcune fasce di lavoratori o per periodi brevi la possibilità di prendersi lo smart working può essere controproducente per lo stesso lavoratore che ha “imparato” a gestire in modo diverso il proprio tempo e per gli altri lavoratori che non ne possono usufruire, creando tensioni interne all’azienda.

Questo articolo è il risultato dell’attività laboratoriale del Corso di Politiche Pubbliche tenuto da Teresa Dina Valentini della Sapienza di Roma in collaborazione con Nicola Strizzolo dell’Università di Udine. Ha Collaborato alla curatela dei lavori, anche Francesca Cubeddu, Dottore di Ricerca

[1] Industria 4.0 A cura di
Area Industria e Innovazione e Centro Studi position partner N°02/2016; realizzato da Andrea Dell’Orto, vicepresidente di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza con delega allo Sviluppo Manifatturiero e Medie Imprese, in collaborazione con il prof. Tullio A. M. Tolio, Direttore dell’Istituto ITIA – CNR, e con il prof. Carlo Altomonte dell’Università Bocconi.
[2] Legge 22 maggio 2017, n.81. Art.18, 2.
[3] Legge 22 maggio 2017, n.81. Art.19, 1.
[4] Legge 22 maggio 2017, n.81. Art.21, 1,2.

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