arte e tecnologie

Musei, così il digitale è leva di crescita: dagli Uffizi all’Egizio di Torino, ecco le strategie

Un uso mirato dei social e del digitale può aiutare i musei a tornare a crescere. Esempi di strategia vincente, in Italia, sono la Galleria degli Uffizi di Firenze e il Museo Egizio di Torino. Ma non mancano le resistenze al cambiamento, di ordine economico ma anche culturale. Come superarle per una nuova ripartenza

Pubblicato il 03 Giu 2022

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info

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La ripresa del turismo in presenza sta favorendo la ripartenza dei musei, ma serve una significativa spinta per intraprendere la svolta definitiva nel percorso di trasformazione digitale di tali enti. In Italia ci sono alcuni esempi virtuosi come la Galleria degli Uffizi e il Museo Egizio di Torino.

Tuttavia, a livello di sistema Paese, l’innovazione nel settore è frenata da molte resistenze, anche di ordine culturale. Per superarle, le best practice messe in pratica dalle maggiori realtà museali italiane non bastano: serve una strategia nazionale di lungo respiro che permetta di colmare il gap fra le grandi realtà e i piccoli centri. 

Il Museo degli Uffizi e NFT, ora la paura non blocchi l’innovazione

I musei nell’era dei social media

La prima lezione da trarre dal periodo pandemico è che non bisogna investire soltanto nei visitatori stranieri, ma occorre attrarre anche i visitatori locali. E li si attrae, grazie al ricorso al marketing digitale e all’uso di micro-targeting nelle sponsorizzazioni sui social media.

Inoltre, come insegnano gli Uffizi, sfruttando la grande popolarità delle influencer che sanno “svecchiare” la platea di visitatori dei musei e rinfrescarne l’immagine ai tempi della cultura digitale.

Non basta più, infatti, avere un sito web con le informazioni aggiornate e il tour virtuale per portare nuovi utenti a visitare collezioni permanenti o mostre temporanee ad aiutare il settore museale a tornare sulla strada dei numeri pre-pandemia, concorre un uso smart dei social media: serve, insomma, una marcia in più. Insieme al ricorso alle influencer, TikTok e Instagram sono in grado di spostare masse di Millennial e giovanissimi della Generazione Z nella visita di mostre d’arte e musei. Realtà aumentata e virtuale e Metaverso stanno inoltre rendendo i musei più immersivi e interattivi, mentre NFT porta un tocco di tecno-novità nel mondo dell’arte.

Galleria degli Uffizi: il boom dei musei su TikTok

La svolta digitale, però, passa attraverso vari step. La settimana scorsa, ad esempio, gli Uffizi hanno provato a vendere un NFT del Tondo Doni, ma il Ministero dei Beni delle Attività Culturali ha bloccato la vendita. Tuttavia, questo stop,  dovuto principalmente a motivi contrattuali, è solo un piccolo incidente di percorso nella digitalizzazione del museo fiorentino.

Grazie a un utilizzo aggressivo ma sempre colto dei social, il direttore Eike Schmidt ha ottenuto un importante aumento dei visitatori nel post-pandemia.

In particolare, con il video dedicato alla visita di Dua Lipa (268mila visualizzazioni in tre giorni), le Gallerie degli Uffizi, primo museo in Italia e terzo al mondo per follower sulla piattaforma TikTok (conta infatti oltre 116,7 mila seguaci), hanno superato la soglia del milione di like.

Un traguardo che conferma gli Uffizi sul podio, subito dopo il Prado di Madrid (395,5k follower, 3,2 milioni di like) e la National Gallery di Londra (203,9k follower, 1,1 milione di like) e davanti al Rijksmuseum di Amsterdam (111,2k follower, 564,4k like) e al Metropolitan Museum di New York (50,8k follower, 238,5k like).

I social “svecchiano” la platea di fruitori dei Musei

Per Schmidt, “I numeri dei giovani che vediamo sui social” non sono fini a sé stessi. Infatti, si tramutano “in visite reali al museo: in questo sta il vero successo degli Uffizi su TikTok”. I giovani “scoprono le nostre opere sui social e poi vengono a conoscerle dal vero in galleria”. I social, insomma, attraggono nuove masse di visitatori, svecchiano la platea dei fruitori e aggiornano l’immagine museale.

Quando, due anni fa, gli Uffizi Chiara Ferragni pubblicò stories Instagram e post con il suo selfie davanti alla Venere del Botticelli, accompagnata da Eike Schmidt nell’insolito ruolo di cicerone, nel finesettimana successivo i visitatori in Galleria misero a segno un balzo del 24%, di cui +27% di giovani

Oggi, fra i video più cliccati sul canale YouTube degli Uffizi, c’è quello che dà voce al ritratto di Petrarca di Andrea del Castagno, (408,3k visualizzazioni, 64,5k like), la gallery di calzature del Museo della Moda di Palazzo Pitti (375,2 k, like 11,6), la passeggiata notturna della Venere di Giovanni Battista Foggini (312,4 k visualizzazioni, 67,5k like). Schmidt conferma anche “una partecipazione sempre più forte alle iniziative didattiche”. Il museo fiorentino ha anche un canale YouTube in cui ospita i video frutto dell’alternanza scuola-lavoro con le scuole della città metropolitana toscana.

Le resistenze alla digitalizzazione dei musei

Tutti dunque conoscono, in teoria, i vantaggi offerti dal digitale per portare turisti e visitatori locali nei musei, ma il  12° Rapporto di Civita fotografa ancora resistenze culturali e problematiche, che risiedono nella mancanza di competenze digitali e risorse, nonostante l’indubbio successo di chi investe nel digitale.

Dai dati dell’indagine, dal titolo “Extended Experience: la sfida per l’ecosistema culturale”, a cura dell’Osservatorio Innovazione Digitale sui Beni e le Attività Culturali del Politecnico di Milano e Secutix, emerge che ancora nel 2021 oltre la metà dei musei (51% ) non ha competenze digitali a disposizione per compiere gli sforzi necessari per digitalizzare il settore.

“La presenza dei musei nei social e i siti web”, commenta il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Pisa Dario Matteoni, “rappresenta un salto culturale importante, avvenuto anche negli ultimi anni pre-pandemia. La finalità degli Uffizi e del Museo egizio di Torino e di altri pionieri digitali (uno su tutti, Cappella Sistina e Musei Vaticani) è stata quella di aggiornare l’immagine dei musei ai tempi odierni, ampliando il pubblico rispetto a quello tradizionale e abbassando l’età dei visitatori”. Lo sbarco sui social ha quindi promosso un’immagine più evoluta e al passo con il consumo di contenuti digitali su smartphone e dispositivi mobili.

“Anche l’Italia ha infatti colmato i ritardi accumulati negli anni rispetto al resto del mondo. Tuttavia, nello scenario italiano, i grandi musei hanno approfittato dell’autonomia, avviando una politica aggressiva di presenza sui social e sul digitale. Ma rimane indietro la maggior parte dei musei – che sono di piccole dimensioni e non sono presenti in digitale, se non con iniziative frutto di volontariato. Manca infatti una politica di lungo respiro e un piano editoriale nazionale. A parte i grandi casi nazionali, bisogna elaborare una strategia per l’Italia. Dalla pandemia, inoltre, i musei hanno iniziato ad introdurre le visite virtuali, elementi di interattività tramite la gamification (la lezione didattica che si traduce nel gaming), ora si accenna di Metaverso e a NFT, ma bisogna fare di più”.

Competenze digitali e risorse economiche

Il problema vero è che non tutti i musei hanno le competenze digitali e le risorse economiche degli Uffizi o del Museo Egizio di Torino per compiere questo salto di qualità.  Bisogna dunque trovare il modo di colmare il gap fra le grandi realtà museali e il tessuto minuto dei piccoli.

“Infine, una volta portati i musei in rete e sui social media per attrarre un nuovo pubblico, occorre anche far entrare le nuove tecnologie nei musei in presenza. Il Museo Egizio di Torino è una best practice da esportare. Il consiglio da seguire è dunque quello di formare giovani con le competenze digitali adeguate per portare le migliori esperienze digitali anche nei Piccoli Musei. I giovani con le skill giuste potrebbero dunque usare il marketing digitale, i social media e le novità tecnologiche, per ampliare il pubblico nei musei su tutto il territorio nazionale”.

L’immersività dell’arte ai tempi del Metaverso

“Accanto all’evoluzione tecnologica”, continua Matteoni, “sono interessanti alcune sperimentazioni di storytelling museali. In queste narrazioni si coniuga la spettacolarità con l’aspetto ludico. L’obiettivo è appassionare il pubblico e spingerlo verso maggiori approfondimenti”.

Nella “immersion room” allestita dal Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum di New York per attualizzare la collezione di carte da parati nell’archivio del museo il visitatore può sfogliare decine e decine di tappezzerie digitalizzate ad alta risoluzione. Può anche scegliere quali proiettare dal pavimento al soffitto e sulle pareti circostanti. Se lo desidera, può perfino manipolare stampe, motivi e colori.

Arte digitale, l’immersività reinventa la spettacolarizzazione culturale

Il Museo Lavazza di Torino, invece, pubblicizzava sul suo sito web la tazzina che ogni visitatore riceve all’ingresso. Essa attiva le istallazioni multimediali e ottenere maggiori informazioni, soprattutto affiancando un oggetto fortemente simbolico ai propri ricordi.

Conclusioni

La trasformazione del museo in senso digitale, insomma, dovrebbe sposare la prospettiva di un diverso rapporto esperienziale con l’opera d’arte.

L’esperienza – ci racconta ancora Matteoni  – oltrepassa così la soglia del processo di immedesimazione suggerito dalla leggenda del pittore cinese raccontata da Walter Benjamin. L’anziano pittore cinese aveva svelato agli amici il suo quadro più recente in cui un sentiero stretto si inoltra in un parco. Attraverso un corso d’acqua, percorre una radura per giungere di fronte alla porta di una piccola capanna. Ma quando gli amici si voltano verso il pittore, egli appare dentro il quadro. E si avvia sul sentiero per svanire nella casa dietro la porta dipinta.

La sparizione del pittore dentro l’opera raffigura dunque l’immersività concreta e tattile nell’immagine. Si tratta dell’immedesimazione corporea nell’immagine rappresentata, nei suoi oggetti e nei suoi colori. La leggenda, secondo Benjamin, è anche metafora della modalità classica di fruizione dell’opera d’arte. La metafora dell’attitudine contemplativa. Infatti, il visitatore del museo, di fronte a un dipinto, si raccoglie in contemplazione per concentrarsi sull’opera, fino a perdersi in essa”.

Ma con il Metaverso e l’immersività di altre tecnologie digitali usate nei musei, la distanza fra osservatore e opera d’arte tende a sfumarsi. Fino ad annullarsi. Con i visori VR e AR, l’osservatore s’immerge nelle opere d’arte digitali. E la visita ai musei si aggiorna finalmente alle modalità digitali, aprendosi a un nuovo pubblico.

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