DIRITTO DIGITALE

Norme di internet, quel caos che c’è in Italia

Malgrado un costante interesse manifestato in materia di innovazione, nel corso degli anni si è realizzata un’eccessiva frammentazione della regolamentazione della Rete Internet, quale risultato di una precisa scelta del legislatore italiano che, lungi dal predisporre una disciplina organica, ha preferito concentrare la propria attenzione soltanto su specifici aspetti settoriali della materia, molto spesso mediante interventi ad hoc. Ecco un quadro

Pubblicato il 26 Ott 2015

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

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Poiché Internet rappresenta una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva e la partecipazione dei cittadini alla vita politica e istituzionale al punto tale da richiedere la possibile costruzione di un nuovo e innovativo quadro giuridico dei diritti fondamentali, risulta interessante ripercorrere i principali interventi del legislatore italiano nel settore delle tecnologie digitali.

Malgrado un costante interesse manifestato in materia di innovazione, nel corso degli anni si è realizzata un’eccessiva frammentazione della regolamentazione della rete internet, quale risultato di una precisa scelta del legislatore italiano che, lungi dal predisporre una disciplina organica, ha preferito concentrare la propria attenzione soltanto su specifici aspetti settoriali della materia, molto spesso mediante interventi ad hoc (talvolta dettati dall’esigenza di adeguarsi alla normativa europea), riguardanti soprattutto determinate fattispecie ritenute meritevoli di regolamentazione (ad esempio in materia di comunicazione istituzionale della PA e di e-Gov, oggetto di frequenti riforme legislative), in assenza della reale volontà di predisporre un’organica ed esaustiva regolamentazione del fenomeno, tale da consentire un’efficace adeguamento del sistema normativo italiano all’evoluzione tecnologica sviluppatasi con l’avvento della Società dell’Informazione.

La prima tappa importante caratterizzante la complessiva evoluzione della comunicazione istituzionale della P.A. è rappresentata dal Rapporto Giannini del 1979, con il quale viene evidenziata una preoccupante arretratezza della PA nel settore dei progressi tecnologici, sottolineando la rilevanza dell’innovazione nel miglioramento delle attività amministrative, per garantire un’erogazione efficace dei servizi pubblici.

All’inizio degli anni Novanta vengono realizzati due importanti interventi normativi: la legge 142/1990 e la legge 241/1990 che sanciscono l’affermazione dei principi di trasparenza e di efficienza della pubblica amministrazione, incidendo in maniera particolarmente rilevante sulla comunicazione istituzionale della P.A.

Segue l’emanazione del d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39 (recante “Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n. 421”).

Particolarmente rilevante è il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, attuativo del Codice dell’amministrazione digitale (oggetto di modifiche e integrazioni, tra l’altro, introdotte dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 e dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138), con cui è stata predisposta una specifica disciplina nella definizione delle politiche di e-Gov, fornendo parametri concreti per l’ammodernamento tecnologico della Pubblica amministrazione, attraverso la riorganizzazione di procedure e servizi e la gestione digitale dei procedimenti.

L’art. 3 d.lgs. 82/2005 configura il diritto all’uso delle tecnologie come diritto a richiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni.

Per assicurare l’esercizio di tali diritti è prevista la promozione di iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione (art. 8), garantendo, altresì, la partecipazione democratica elettronica, intesa come ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini al processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi (art. 9).

L’obiettivo perseguito è quello di realizzare, attraverso il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i principi di efficienza, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione. Un’attenzione particolare viene attribuita al potenziamento dei siti e dei portali istituzionali delle amministrazioni pubbliche (cui è dedicata una corposa disciplina contenuta nell’art. 53). L’art. 54 definisce in maniera dettagliata i contenuti dei siti istituzionali per garantire il principio della trasparenza amministrativa. Il Codice prevede che tutti i dati pubblici contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni siano fruibili in rete gratuitamente e senza necessità di autentificazione informatica.

Nella prospettiva di incrementare la trasparenza online dei siti delle PA, viene emanato il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (“Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, oggetto di ulteriori modifiche introdotte ad opera della legge 114/2014), con cui sono stati previsti i contenuti minimi indispensabili che devono essere presenti all’interno dei siti web delle PA, nel rispetto di quanto stabilito dall’Allegato A del decreto.

Il comma 2 dell’art. 1 D.lgs. 33/2013 dispone che “La trasparenza (…) concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa e’ condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

Il primo intervento normativo che ha sancito in via generale il diritto di accesso agli strumenti informatici, riproducendo implicitamente il principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, comma 2 della Costituzione, è stato realizzato nel corso della XIV legislatura, caratterizzata da un significativo interesse istituzionale per i temi legati al fenomeno della Rete Internet.

Si tratta della cd.”Legge Stanca” (dal nome dell’allora Ministro per l’Innovazione, Lucio Stanca), ossia la legge 9 gennaio 2004, n. 4 recante “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, con cui l’Italia si dota di una normativa avanzata in materia di accessibilità.

L’art. 1 (“Obiettivi e finalità”) stabilisce che “La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici” (comma 1); “È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione” (comma 2).

Il successivo art. 8 (“Alfabetizzazione informatica dei cittadini”) dispone che “Lo Stato promuove iniziative volte a favorire l’alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l’utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni”.

In base a tale formulazione normativa, dunque, il legislatore riconosce chiaramente la rilevanza degli strumenti informatici con l’avvento della Società dell’Informazione e, per tale ragione, assume l’onere di predisporre iniziative finalizzate al superamento del divario digitale attualmente esistente.

Alla luce della competenza legislativa in materia di organizzazione regionale di cui all’art. 117, comma 4 Cost., alcune Regioni sono intervenuti in materia di Società dell’Informazione e di pluralismo informatico (a titolo esemplificativo, si vedano la legge regionale Toscana n.1/2004, l.r. Emilia Romagna n. 11/2004, l.r. Umbria n. 11/2006, l.r. Veneto n. 19/2008, l.r. Piemonte n. 9/2009).

Il 26 novembre 2014 anche in Sicilia è stato presentato il disegno di legge costituzionale 874/2014 “Schema di progetto di legge costituzionale da proporre al Parlamento della Repubblica ai sensi dell’articolo 41 ter, comma 2, dello Statuto recante Modifiche allo Statuto della Regione in materia di diritto di accesso ad Internet”, per l’introduzione di un nuovo art.33-bis dello Statuto volto a formalizzare il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet nell’ambito delle norme statutarie vigenti, tuttora assegnato all’esame della I Commissione Affari Istituzionali.

Con il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”), è stato lanciato il progetto di un’Italia digitale mediante la definizione dell’Agenda digitale Italiana (ADI), costituente la versione italiana della corrispondente Agenda digitale europea, con l’obiettivo di realizzare un mercato digitale unico.

Con il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (cd. “Decreto Sviluppo”) è stata istituita l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), allo scopo di colmare il gap dell’Italia dal punto di vista infrastrutturale.

Di recente, il dibattito sulla possibile revisione costituzionale in materia di accesso ad Internet è approdato in Parlamento nel corso della XVII Legislatura, mediante la presentazione del disegno di legge n.1317 (“Modifica all’articolo 21 della Costituzione, in materia di tutela e di libero accesso alla Rete Internet”) e del disegno di legge n. 1561 (“Introduzione dell’articolo 34-bis della Costituzione, recante disposizioni volte al riconoscimento del diritto di accesso ad Internet”), attualmente oggetto di esame in sede della competente Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica.

Merita di essere menzionata la Dichiarazione dei Diritti di Internet: un testo elaborato dalla Commissione per i diritti e doveri relativi ad Internet istituita presso la Camera dei Deputati il 28 luglio 2014 e composta da deputati attivi sui temi dell’innovazione tecnologica e dei diritti fondamentali, studiosi ed esperti, operatori del settore e rappresentanti di associazioni.

Dopo aver pubblicato una prima bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet l’08 ottobre 2014, il testo è stato sottoposto a una consultazione pubblica (dal 27 ottobre 2014 al 31 marzo 2015), al cui esito, seguito da un ciclo di audizioni di associazioni, esperti e soggetti istituzionali, i principi sono stati rielaborati in un nuovo testo della Carta dei diritti (approvata il 28 luglio 2015), che enuncia una serie di principi generali formalizzati in 14 articoli riguardanti le diverse tematiche connesse all’uso della Rete (il testo si compone di un preambolo e di 14 articoli: art. 1 – Riconoscimento e garanzia dei diritti; art. 2 – Diritto di accesso; art. 3 – Diritto alla conoscenza e all’educazione in rete; art. 4 – Neutralità della rete; art. 5 – Tutela dei dati personali; art. 6 – Diritto all’autodeterminazione informativa; art. 7 – Diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici; art. 8 – Trattamenti automatizzati; art. 9 – Diritto all’identità; art. 10 – Protezione dell’anonimato; art. 11 – Diritto all’oblio; art. 12 – Diritti e garanzia delle persone sulle piattaforme; art. 13 – Sicurezza in rete; art. 14 – Governo della rete).

Oggi Internet rappresenta uno dei principali strumenti di esercizio dei diritti di cittadinanza, di partecipazione al potere pubblico e di sviluppo della persona umana, con la conseguenza che il rischio di un progressivo aggravamento del digital divide determina una significativa discriminazione tra coloro che hanno accesso ad Internet e sono nelle condizioni di disporre degli strumenti informatici e coloro che ne sono esclusi a causa di una serie fattori economici, geografici, culturali e sociali che alimentano la nota analfabetizzazione informatica, con gravi ricadute negative sulla partecipazione paritaria dei cittadini alla vita pubblica politica e democratica e sulle condizioni effettive di esercizio dei diritti civili, sociali e politici attraverso cui si realizza lo sviluppo della personalità dell’individuo.

Per tale ragione, la regolamentazione della Rete Internet deve assumere una centralità prioritaria nell’agenda politica, proprio per disciplinare in maniera efficace ed adeguata le implicazioni socio-giuridiche dell’era digitale.

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