Negli ultimi decenni le singole persone hanno acquisito visibilità e possibilità di agire (agency), facendosi attori in molti processi di cui prima erano solo fruitori: informare, recensire, formare e formarsi sono solo alcuni esempi. Principale fautore di questa rivoluzione è stato lo sviluppo tecnologico: per quanto mettere a disposizione di tutti risorse di apprendimento sia sempre stato desiderabile, il salto numerico permesso dai sistemi e-learning non sarebbe mai stato possibile mantenendo strumenti analogici.
Ora c’è un altro processo di cui è tempo che i cittadini prendano in mano il timone: il riconoscimento delle proprie competenze. La formazione si è già notevolmente aperta rispetto alla tradizione, dando vita a uno standard condiviso per i percorsi di studio (almeno europei), a offerte formative fuori dal classico percorso di istruzione formale, ai MOOCS e così via. Manca però un adeguato riconoscimento delle competenze che vengono sviluppate nei più vari ambiti: si hanno al più attestati di partecipazione ai corsi e alle altre attività, ma rimane totalmente a carico di chi legge queste informazioni – il potenziale employer – dedurne le abilità e competenze della persona. Le competenze sviluppate in contesti non formali rimangono sostanzialmente invisibili, e relegate ad una narrazione autonoma di sé che – benché fondamentale – è poco verificabile e quindi scarsamente d’aiuto a chi si trova a dover valutare una persona in breve tempo.
Come passare dalla certificazione della frequenza all’attestazione delle competenze? Come permettere a ogni cittadino di vedersi riconosciute le proprie competenze, indipendentemente da come sono state acquisite? Come realizzare un’attestazione di competenze che sia rapida e flessibile ma anche verificabile e in grado di dare loro il giusto valore? Si tratta di aprire il processo di riconoscimento, di permettere a più enti di attestare competenze nelle persone e di farlo in modo sicuro, semplice e flessibile.
Questi sono i temi della Open Recognition (dove open è inteso come open source), delineati dalla recente Bologna Open Recognition Declaration (BORD), presentata proprio a Bologna da un gruppo internazionale di studiosi, aziende e istituzioni di ambito formativo per portare all’attenzione di pubblico e istituzioni l’emergente necessità non solo di consentire ai cittadini di apprendere liberamente ma anche di vedersi adeguatamente riconosciute le competenze sviluppate.
Per permettere un riconoscimento agile e verificabile delle competenze è necessario in primo luogo un modo digitale e condiviso per rappresentarle, e un modo sicuro verificabile per consegnarle ai learner. Questo ruolo è svolto al momento dalla tecnologia degli Open Badge, fotografie digitali di una competenza acquisita, che grazie ai metadati e alla verificabilità in tempo reale sulle piattaforme emettitrici si propongono ad un tempo come “digital micro-credentials” e come “verifiable claims”: micro flessibile verificabile e digitale sono esattamente gli aggettivi che servono ad un sistema di riconoscimento delle competenze che sia anche il più possibile aperto a tutti gli attori. E il sistema è tutt’altro che chiuso e concluso: le numerose evoluzioni allo studio vanno dall’ampliamento dello standard Open Badge per coprire nuovi casi d’uso al trasferimento della banca dati degli Open Badge assegnati dalle piattaforme, alla blockchain per garantire la massima sicurezza di rintracciabilità e verificabilità.
Una volta individuati negli Open Badge gli elementi costruttivi di base è necessario costruire il sistema che abiliti l’interazione fra gli attori coinvolti, coerentemente con i principi del riconoscimento aperto: deve essere semplice per tutti gli enti farsi riconoscitori, devono essere facilmente attivabili e vantaggiose per tutti delle interazioni virtuose tra circuiti formativi formali e non formali, deve essere facile per tutti i learner accedere a tale riconoscimento, ottenerlo e condividerlo pubblicamente, chi legge un riconoscimento di questo tipo deve poter facilmente verificarne la validità e giudicarne il valore, ed infine – pur incoraggiando l’interoperabilità e la standardizzazione – il sistema deve rimanere by design dinamico e flessibile, in modo da poter servire adeguatamente all’attestazione di tutte quelle competenze nuove e sempre in divenire che soprattutto hanno bisogno di una modalità nuova per essere verificate e dimostrate.
La open architecture per la open recognition è stata appena invocata ed è quindi tutta da costruire: il Cineca, già attivo nel contesto del riconoscimento delle competenze e degli Open Badge tramite il progetto Bestr, è tra i primi firmatari della BORD come implementatore tecnologico. Il presidente, prof. Emilio Ferrari, ha spiegato che “L’obiettivo è di sostenere gli Atenei italiani in questo contesto, e abilitare tecnologicamente i ruoli che gli stessi Atenei riterranno opportuno rivestire, per costruire un nuovo ampliato processo di riconoscimento delle competenze, a vantaggio di tutti i cittadini e del tessuto formativo e produttivo del Paese.”
Le università italiane a loro volta non si sono fatte attendere: l’università di Milano Bicocca è stata infatti la prima università a firmare istituzionalmente la BORD e a mettersi così attivamente in gioco nel nuovo scenario: il prof. Cherubini, prorettore alla didattica dell’Università Milano Bicocca, ha dichiarato: “La dichiarazione di Bologna, che per primi in Italia abbiamo sottoscritto e di cui siamo convinti sostenitori, è un progetto ambizioso che caratterizzerà significativamente il futuro della formazione. Gli Open Badge permettono, infatti, di consolidare il percorso di valorizzazione dei curricula e di certificare le soft skill, accelerando in tal modo la diffusione dell’innovazione in ogni settore sociale e produttivo”.
Il testo della BORD ed i suoi firmatari sono consultabili sul sito http://openrecognition.org